ARTE E Architettura IN Italia PDF

Title ARTE E Architettura IN Italia
Author Catalina Lungu
Course Storia II (storia dell'architettura)
Institution Politecnico di Torino
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ARTE E ARCHITETTURA IN ITALIA, 1600-1750 Roma: da papa Sisto V a papa Paolo V Il sacco di Roma, avvenuto nell’anno 1527, segna la fine di un’epoca ricca di valori intellettuali e di promettenti sviluppi. L’opera di riforma della Chiesa ebbe inizio con il Concilio Laterano del 1512 per iniziativa di Giulio II. L’ultima convocazione avvenuta nel dicembre 1563 del Concilio di Trento, segnò il completamento dell’opera di riforma che era durata quasi vent’anni. La raffigurazione di soggetti sacri era ammessa, anzi favorita, a sostegno dell’insegnamento religioso. Il periodo che va da Sisto V (1585-90) a Paolo V (1605-21) è contraddistinto da caratteristiche comuni che lo differenziano nettamente all’epoca precedente e a quella successiva. L’influenza spagnola che l’italia aveva assimilato durante il secolo XVI in tutti i campi dell’attività umana, cominciò a declinare. Dal 1570-80 in avanti il protestantesimo era in atteggiamento di difesa, inoltre, i movimenti religiosi progressisti, sorti all’epoca del Concilio di Trento, erano ora ben consolidati. I più importanti, l’Oratorio di San Filippo Neri e la Compagnia di Gesù di Sant’Ignazio di Loyola. Il periodo che va da Sisto V a Paolo V ha poco o nulla dell’entusiasmo estroverso proprio di quel barocco che si era affermato intorno al 1620 e che dominò Roma per circa quarant’anni. Il contrario avvenne dal pontificato di Urbano VIII in poi. Lo “stile Sisto V” e la sua trasformazione In confronto alla metà del XVI secolo, gli ultimi decenni videro una notevole estensione dell’attività artistica. Il cambiamento si verificò durante il breve pontificato di Sisto V. È noto che Roma sotto di lui subì una trasformazione radicale, più di quanto fosse mai stato fatto da qualsiasi altro papa precedente. Lo sviluppo urbanistico rivela in lui un uomo di ampie vedute. L’ideazione di di lunghi e dritti viali (es. Strada Felice, che congiunge P.zza del Popolo al Laterano), di piazze stellari (P.zza Santa Maria Maggiore e P.zza del Popolo prima dell’interv. del Valadier), nonchè la costruzione di fontane e di obelischi come punti focali di lunghe prospettive, anticipano le concezioni urbanistiche del XVII sec. Sisto affidò la ricostruzione di Roma a Domenico Fontana (1543-1607), sebbene avrebbe potuto avvalersi di Giacomo della Porta. È vero che Clemente VIII favorì Giacomo della Porta e che dopo la sua morte, nel 1602, il Maderno assunse il suo posto come architetto di San Pietro. Ma è anche vero che chi godette di particolare benevolenza di Paolo V fu Flaminio Ponzio (1559-1613), il quale perpetuò fino alla morte una versione del manierismo accademico degli anni 1580-1600. La natura prosaica e la volgarità del gusto ufficiale, sotto Sisto V e Clemente VIII, sono dimostrate dagli affreschi della Biblioteca Vaticana (Domenico Fontana), da quelli del transetto di San Giovanni in Laterano e dalla cappella papale eretta dal Fontana in Santa Maria Maggiore. Paolo V e il cardinale Scipione Borghese mecenati Il mecenatismo ufficiale a Roma si occupava dei tre incarichi principali: San Pietro, la Cappella Paolina in Santa Maria Maggiore e il Palazzo del Quirinale. Di gran lunga il più importante dei problemi che Paolo V doveva affrontare era il completamento della Basilica di San Pietro. Presa la decisione di abbandonare il progetto Michelangiolesco a pianta centrale, il papa procedette con grande determinazione. Carlo Maderno incominciò la facciata nel 1607 e la navata nel 1609 e terminò entrambe nel 1612 (ad eccezione dei due intercolunni alle estremità). Poco dopo (1615-16) costruì anche la confessione, che si apre a forma di ferro di cavallo davanti all’altare maggiore sotto la cupola. La Cappella Paolina in Santa Maria Maggiore, che il papa aveva deciso di costruire già fin dal giugno 1605, fornisce un’idea più coerente del gusto ufficiale. Quasi delle dimensioni di una chiesa, la cappella a croce greca con la sua alta cupola, fu progettata da Flaminio Ponzio, che era strettamente vincolato al modello della cappella di Sisto V. Queste due cappelle, che formano una specie di transetto per la nuova basilica cristiana, sono testimonianza del principio e della fine di un’epoca. La struttura del Ponzio fu completata nel 1611: marmi colorati, ori e pietre preziose contribuiscono a dare un’impressione di abbagliante splendore. Fu Sisto V che, con la sua policroma cappella, lanciò una moda che rimase fino alla fine del XVIII secolo.

Gran parte del marmo colorato fu presa da edifici antichi. Gli artisti che lavorarono alle statue e ai rilievi, appartenevano generalmente alla generazione più anziana nata intorno al 1560, come Pietro Bernini, padre di Gianlorenzo. Lo studio della terza grande impresa papale, il Palazzo del Quirinale, permette di rivedere, fino a un certo punto, l’impressione che aveva riportato dalla Paolina. Più tardi, nel 1605, il papa affidò al suo architetto di corte, Flaminio Ponzio, l’incarico di ampliare l’edificio esistente, opera che Carlo Maderno ricevette l’ordine di proseguire dopo la morte del Ponzio nel 1613. Due opere meritano una speciale attenzione: la Sala Regia, ora detta “dei Corazzieri”, e la cappella privata del papa (cappella dell’Annunciata). La cornice decorativa del fregio dipinto lungo le pareti della Sala dei Corazzieri (1616-17) fu disegnato, pare, da Agostino Tassi. La gloria maggiore del palazzo è la Cappella dell’Annunciata, che fu decorata tra il 1609 e il 1612 da Guido Reni; qui finalmente ci troviamo di fronte ad un opera interamente compiuta e coordinata dai giovani maestri bolognesi. Dopo la morte di Ponzio, l’architetto che Scipione Borghese scelse per gli edifici ecclesiastici pagati da lui, fu Giovan Battista Soria (1581-1651). La sua facciata di Santa Maria della Vittoria (1625-27), il suo capolavoro, la facciata e l’atrio di San Gregorio Magno (iniziati nel 1629) e la navata della Cattedrale di Monte Compatri vicino Roma (1630), furono tutte eseguite per Scipione Borghese. Per tutta la vita, Ponzio fu l’architetto di famiglia e con tale mansione continuò il palazzo al quale Martino Longhi il Vecchio aveva lavorato per il cardinale Dezza e che Paolo V aveva acquistato poco prima di divenire papa (febbr. 1605). Irregolare nella forma, la facciata occidentale, la più lunga facciata a Roma, è in gran parte opera di Ponzio. Esso esegue la tradizione del Palazzo Farnese. Il Palazzo Borghese fu riservato da Paolo V ai suoi fratelli, inoltre, il cardinale Scipione costruì per sè l’attuale Palazzo Rospigliosi in Piazza Monte Cavallo, iniziato nel 1613. L’entusiasmo del cardinale era concentrato sulla sua Villa al Pincio (l’attuale Galleria Borghese) che egli voleva fosse costruita dal Ponzio, ma ancora una volta intervenne la morte e Vasanzio (l’olandese Jan van Santen) fu l’architetto dell’edificio che sorse tra il 1613 e il 1615. Il modello è quello della villa suburbana romana, fissato quasi un secolo prima dal Peruzzi nella Farnesina. Ma dove il Peruzzi aveva usato un’austerità classica, Vasanzio coprì l’intera facciata a forma di U con nicchie, rientranze, statue classiche e rilievi (gran parte della decorazione fu tolta all’inizio del XIX sec.). Ma il panorama delle opere durature eseguite per Paolo V e il nipote sarebbe incompleta se non citassimo le numerose fontane con le quali abbellirono Roma: ne sorsero nella Piazza di Santa Maria Maggiore, Piazza del Laterano, Piazza Scossa Cavalli, Piazza Castello. Nessuna di queste può però competere con la maestosità della fontana del Maderno a forma di fungo, in Piazza San Pietro e con la imponenza della facciata dell’arco trionfale dell’Acqua Paola (al Gianicolo) costruita dal Ponzio (1610-1614). Fin dal tempo di Sisto V le fontane avevano sempre avuto una parte rilevante nello sviluppo urbanistico di Roma. Le nuove chiese e la nuova iconografia Poche chiese erano state costruite a Roma durante la prima metà del XVI sec. Ma con il passare degli anni la nuova ondata di devozione nelle masse richiedeva energici provvedimenti e soprattutto, i nuovi ordini avevano necessità di nuove chiese per le loro numerose congregazioni. Dette l’avvio la Chiesa del Gesù, la chiesa madre dell’ordine gesuita, iniziata nel 1568 e consacrata nel 1584. Con la sua unica ampia navata, il breve transetto e la cupola imponente, questa chiesa era idealmente adatta a predicare dal pulpito a un gran numero di fedeli. Essà instaurò il prototipo di della vasta chiesa congregazionale, che fu seguito centinaia di volte durante il XVII sec. con qualche piccola variazione. Nei decenni seguenti Roma vide sorgere altre tre chiese di questo tipo: Santa Maria in Vallicella, Sant’Andrea della Valle e Sant’Ignazio.

Nel 1575 fu iniziata la chiesa di Santa Maria in Vallicella, per gli oratoriani di San Filippo Neri; Sant’Andrea della Valle, fu disegnata da Giacomo della Porta per i teatini, il cui ordine era stato fondato nei

primi anni della lotta religiosa (1524). Iniziato nel 1591, l’edificio venne affidato a Carlo Maderno nel 1608 e ultimato nel 1623 a eccezuone della facciata. Infine una seconda grande chiesa dei gesuiti, Sant’Ignazio, fu progettata dopo la canonizzazione del fondatore e iniziata nel 1626. Dopo la canonizzazione di San Carlo Borromeo nel 1610, gli vennero subito dedicate in Roma non meno di tre chiese: San Carlo al Corso, San Carlo ai Catinari e la piccola chiesa di San Carlo alle Quattro Fontane, che più tardi i trinitariani scalzi sostituirono con la struttura del Borromini. In aggiunta a questi nuovi edifici, nei tre decenni del pontificato di Clemente VIII e di Paolo V, sorsero più chiese di dimensioni medie e piccole: Santa Maria della Scala (1592), San Nicolò da Tolentino (1599-1614), San Bernardo alle Terme (1598-1600) e Santa Susanna (1597) durante il pontificato di Clemente VIII, o Santa Maria della Vittoria (1606), San’Andrea delle Fratte (1612), e Santa Maria Liberatrice (1617), sotto Paolo V. I grandi maestri dell’era postpaolina trovarono soluzioni brillanti, ricche di fantasia ed estremamente personali per assolvere i consueti incarichi della chiesa. Il mutamento durante il pontificato di Urbano VIII non è meno rivoluzionario per questo che per altri aspetti. Per la Cappella Aldobrandini in Santa Maria sopra Minerva (1600-1611) l’architetto fu Giacomo della Porta e, dopo la sua morte, Carlo Maderno. Le opere di gruppo divennero la regola nel periodo che va da Sisto V alla fine del pontificato di Paolo V, ma gli artisti, sebbene impegnati nella stessa opera, seguivano spesso orientamenti diversi. Questa tendenza fu capovolta sotto Urbano VIII, dove ad esempio, cappelle come quelle della famiglia Raimondi e Cornaro mostrano l’impronta del Bernini; i collaboratori erano assistenti piuttosto che artisti autonomi.

Carlo Maderno (1556-1629) Come tanti costruttori e architetti, Maderno proveniva dal Nord; era nato nel 1556 a Capolago sul lago di Lugano, andò a Roma prima del pontificato di Sisto V e insieme ai suoi quattro fratelli acquistò la cittadinanza romana nel 1588. Egli incominciò a lavorare in posizione subordinata con lo zio, Domenico Fontana e dopo la partenza di quest’ultimo per Napoli, egli si mise in proprio e prima del 1600 si era fatto un nome. L’anno 1603 deve essere considerato una svolta nella carriera del Maderno: fu nominato “Architetto di San Pietro” e finì la facciata di Santa Susanna. Con questo unico lavoro, la più rilevante esecuzione del Maderno, l’architettura si mise al passo con gli avvenimenti rivoluzionari della pittura. È basata su una concentrazione progressiva, di una chiarezza quasi matematica di intercolunni, ordini e decorazione verso il centro. La triplice proiezione del muro è coordinata con il numero degli spazi tra le colonne che sono saldamente racchiusi negli ordini; l’ampiezza di tali spazi aumenta verso il centro e la superficie del muro viene a poco a poco eliminata in un processo che capovolge lo spessore del muro, dai cartigli manieristici alle nicchie con figure e la porta d’entrata che riempie l’intero intercolunnio centrale. L’ordine superiore sotto il semplice frontone triangolare è concepito come una realizzazione più leggera della fila inferiore, con pilastri che corrispondono alle mezze e tre quarti di colonne sottostanti. Il Maderno impartì un movimento chiaramente diretto e dinamico alla struttura, sia orizzontalmente sia verticalmente, nonostante questa sia costituita da singole unità. La cupola di Sant’Andrea della Valle, la più grande di Roma dopo quella di San Pietro, mostra il genio del Maderno nella luce migliore. Ovviamente derivante dalla cupola di Michelangelo, è di una maestosa semplicità. In confronto alla cupola di San Pietro, il Maderno innalzò l’altezza del tamburo a spese della volta ed aumentò l’area riservata alle finestre.

Lunghi periodi della sua attività furono spesi al servizio di San Pietro. Il disegno della navata, che presentava immense difficoltà, dimostra che egli progettava con circospezione e tatto ma, naturalmente, la navata rovinava per sempre la vista della cupola dalla piazza.

Per il disegno della facciata egli fu legato dal sistema di Michelangelo del coro e dei transetti e, inoltre, dalle esigenze del rito della grande Loggia della Benedizione sopra il portico. Le proporzioni del disegno originale sono state rovinate dalla decisione papale del 1612, dopo che l’attuale facciata era finita, di aggiungere le torri, delle quali solo la sottostruttura era costruita. Come disegnatore di palazzi il Maderno è presente nella forma migliore nel Palazzo Mattei, iniziato nel 1598 e finito nel 1616. La nobile, austera facciata di mattoni dimostra che egli padroneggiava la tradizione locale. Nel cortile egli si valse ddi antichi busti, statue e rilievi, e il rapporto con facciate manieristiche è evidente. Rimane da esaminare il massimo problema della carriera del Maderno, la sua parte di progettazione del Palazzo Barberini. La storia del palazzo è, fino a un certo punto, ancora oscura, nonostante le numerose testimonianze. Nel 1625 il cardinale Francesco Barberini comprò da Alessandro Sforza Santafiora il Palazzo delle Quattro Fontane. Un anno più tardi il cardinale Francesco regalò il palazzo al fratello Taddeo. Il papa Urbano VIII incaricò il Maderno di ridisegnare il palazzo esistente e di ingrandirlo. Il Maderno morì il 30 gennaio 1629 e il papa nominò Bernini suo successore. È chiaro che il Bernini (assistito da Borromini) fu il responsabile di quasi tutta l’esecuzione. Il progetto del Maderno è conservato in un disegno agli Uffizi che mostra una lunga facciata di diciannove intercolunni foggiati sul modello del Palazzo Farnese. In pratica, con alcune modificazioni, fu usato per le attuali ali nord ed est. Il Maderno fece uno schema che corrispondeva grosso modo al tradizionale palazzo romano, consistente in un blocco con quattro lati uguali e un cortile ad arcate. Nell’attuale palazzo, la cui pianta potrebbe essere paragonata a una H, il tradizionale cortile è abolito e sostituito da un lungo cortile antistante al palazzo. La facciata principale consiste di sette intercolunni di arcate in tre piani, collegati al sistema completamente diverso delle ali aggettanti da un intercolumnio di transizione leggermente retrocesso da ogni lato. Il vecchio Palazzo Sforza, che il Maderno doveva incorporare nel suo progetto, si ergeva su un terreno elevato sopra le rovine di un antico tempio. Il palazzo dava su Piazza Barberini, ma non avrebbe mai potuto formare uno dei suoi lati, nè era possibile allineare la facciata ovest con la Strada Felice (l’attuale Via Sistina). Era quindi scontato che la forma a blocco dovesse essere abbandonata e sostituita con il tipo che divenne tradizionale per la villa suburbana dalla Farnesina del Peruzzi in poi e che Vasanzio aveva usato per la Villa Borghese. D’altra parte è certo che modifiche al progetto del Maderno furono apportate sia all’interno sia all’esterno dopo che gli era successo il Bernini. Le celebri finestre della terza fila, collocate entro bordi di finte prospettive sono, comunque, del Maderno. Si può supporre che anche l’arricchimento degli ordini, colonne incastrate nella seconda fila, pilastri accoppiati con due mezzi pilastri nella terza fila, venisse eseguito mentre Maderno era ancora vivo. Il pianterreno e il piano nobile delle ali lunghe sono articolati da strisce che incorniciano un espediente costantemente adoperato dai tardi manieristi e anche dal Maderno. L’ampio scalone con quattro rampe che salgono lungo la tromba aperta quadrata tradizionalmente attribuito al Bernini, può darsi che sia del Maderno.

L’Età del Barocco (1625-1675) Il periodo riceve la sua impronta dalla predominante figura del Bernini, che per più di mezzo secolo imperò sulla vita artistica italiana a Roma. Il suo successo fu reso possibile dal fatto che egli ebbe la fortuna di servire cinque papi. La nuova era incomincia con il pontificato di Urbano VIII (1623-44), il quale era molto diverso dai papi della Controriforma e si vide come un rinato Giulio II. Fu soprattutto per opera di Urbano VIII Barberini, Innocenzo X Panphili (1644-55) e Alessandro VII Chigi (1655-1667) che a Roma fu dato un volto nuovo, un aspetto di splendore che cambiò davvero il carattere della città. Per valutare questa trasformazione basta confrontare il Palazzo Laterano di Domenico Fontana e il Palazzo di famiglia del papa Paolo V, con edifici come il Palazzo Barberini e il Palazzo Chigi-Odescalchi. In contrasto con le tendenze livellatrici della fase precedente, la varietà di stili ora diventa quasi incredibile. Contrariamente all’opinione generale, la maggior parte delle nuove chiese costruite a Roma durante questo periodo erano piccole. Molti edifici più belli del barocco romano sono monumentali solo nell’aspetto, non

nelle proporzioni. I papi del barocco prodigarono grandi somme di denaro per le loro imprese private: Urbano VIII per il Palazzo Barberini e Innoenzo X per il Centro Panphili, la Piazza Navona con il palazzo di famiglia e Sant’Agnese. Ma il loro obiettivo principale era quello di San Pietro. Subito dopo l’accesso di Urbano, il Bernini incominciò a lavorare al Baldacchino e ben presto fu assunto per riorganizzare tutta l’area sotto la cupola e quella della tomba del papa. In ogni caso durante il pontificato di Urbano VIII, l’opera di decorazione di San Pietro non fu mai sospesa e quasi ogni anno vide l’inzio di una nuova impresa. Il ritmo rallentò sotto Innocenzo X, ma Alessandro VII di nuovo diede impulso alla continuazione dell’opera con la massima energia.

Gianlorenzo Bernini (1598-1680) Bernini nacque a Napoli il 7 dicembre da madre napoletana e padre fiorentino. Pietro, il padre, fu uno scultore di talento superiore alla media e che si trasferì a Roma con la sua famiglia intorno al 1605. Fino alla sua morte, Gialorenzo lasciò la città solo una volta per un periodo un pò lungo, quando nel 1665, al culmine della fama, fu chiamato da Luigi XIV a Parigi. L’attività di suo padre nella cappella di Paolo V in Santa Maria Maggiore fissò l’inizio della sua carriera. Fu così che l’attenzione del papa e del cardinale Scipione Borghese fu attratta verso il giovane prodigio. Fino al 1624 egli rimase al servizio del cardinale creando le statue e i gruppi che sono tuttora alla Villa Borghese. Nel febbraio 1629, dopo la morte del Maderno, egli fu nominato “architetto di San Pietro” e, benchè la sua attività in quella chiesa fosse incominciata già nel 1624 con la commissione del Baldacchino, la maggior parte della sua collaborazione scultorea, decorativa e architettonica sta fra il 1630 e la sua morte. Le opere più vaste, come tombe, statue, cappelle, chiese, fontane, monumenti e Piazza San Pietro, sono tutte comprese nei tre pontificati di Urbano VIII, Innocenzo X e Alessandro VII. Sviluppo stilistico Per circa cinquant’anni egli lavorò simultaneamente a numerose grandi imprese, molte delle quali furono condotte avanti per lunghi periodi, mentre cambiamenti e modifiche venivano inserite fin quando il progresso del lavoro lo permetteva. Così gli ci vollero nove anni per finire il Baldacchino, dieci anni per il Longino, tredici per la Cattedra e quasi venti per la tomba di Urbano VIII. Al primo gruppo di opere, databile tra il 1615 e il 1617, appartiene la Capra Amaltea con Giove infante e un satiro, il San Lorenzo, il San Sebastiano e inoltre i busti del Santoni e del Vigevano. La fase succe...


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