Assolutismo e Antico Regime - Illuminismo e Autori - 700 Riformatore PDF

Title Assolutismo e Antico Regime - Illuminismo e Autori - 700 Riformatore
Course Storia Moderna
Institution Università del Salento
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APPUNTI UTILI PER L'ESAME DI STORIA MODERNA - ACCOMPAGNARE CON LO STUDIO DEL MANUALE...


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ASSOLUTISMO e ANTICO REGIME – ILLUMINISMO – 700 RIFORMATORE Assolutismo: definizione. Il concetto di assolutismo deriva dalla formula rex legibus solutus = il re è sciolto dal vincolo delle leggi. Poiché il re stesso rappresentante di Dio, fonte della legge, il sovrano è insieme legislatore e giudice supremo. La teoria del potere assoluto della monarchia nacque nella seconda metà del 500 durante le guerre di religione in Francia come antidoto al disordine sociale e politico e fu poi perfezionato nel corso del XVII secolo. Si deve pensare all’assolutismo non come a un regime compiuto e realizzato di dominio totale sui sudditi. Vi sono alcuni limiti: il limite imposto dalla legge divina, il dovere di rispettare ordinamenti, consuetudini, il patrimonio giuridico accumulato dal paese nel suo corso storico. Inoltre la monarchia assoluta di tipo occidentale doveva fare i conti con la molteplicità di forze politiche organizzate con un pluralità di poteri, con organismi e ceti rappresentativi della società. Tra il XVI e il XVIII secolo si può vedere il rapporto dialettico tra l’accentramento come progetto dello stato assoluto e i tentativi di resistenza dei diversi corpi. Ma non sempre questi corpi svolsero una funzione antagonista nei confronti della monarchia assoluta; a volte parteciparono al consolidamento della centralizzazione del potere e dello stato moderno. L’assolutismo è uno stadio più evoluto dello stato moderno. Al vertice della società di ordini si colloca la nobiltà di origine antica, qui segue la nobiltà di dignità, mentre chi esercita un mestiere o svolge un lavoro manuale si ritrova in basso nella scala gerarchica. Importante nella seconda metà nel XVII è il nesso tra politica internazionale e politica interna degli stati. Questo periodo sancì la preponderanza europea della Francia. Inghilterra e Olanda dopo 3 guerre non ebbero più un rapporto conflittuale ma costruirono un’alleanza. La pace di Oliva (1660) segnò l’inizio dell’ascesa della Prussia degli Hohenzollern. Anche la monarchia austriaca di Leopoldo I consolidò il suo ruolo internazionale. Antico regime: definizione. Questo concetto nacque durante la Rivoluzione francese, all’origine della formula è perciò il suo significato negativo. Antico regime era tutto ciò che si opponeva alle conquiste della rivoluzione. Questo termine, usato in coppia con quello di assolutismo sta a indicare i caratteri del rapporto tra lo stato e la società nei 150 anni che precedono la rivoluzione francese. Questi sono: La fonte della sovranità non è la nazione ma la persona del re; La proprietà delle potere è del sovrano che ne è unico titolare ma la sua gestione è affidata a corpi specializzati: esercito professionale, burocrazia, diplomazia; Non esiste ancora una divisione tra i 3 poteri dello stato (legislativo, esecutivo e giudiziario); Esistono corpi privilegiati che godono di giurisdizioni separate.

L’Illuminismo. Il secolo dei lumi vide l’uso spregiudicato della ragione applicata a tutti i campi. Possiamo riconoscerne 4 fasi: Presupposti e fondamento delle idee guida di questa rivoluzione intellettuale furono costituti tra il tardo 600 e gli anni 30 del 700. Fu questa l’epoca della crisi della coscienza europea, l’età del preilluminismo. Tra gli anni 30 e 50 del 700 ci fu il periodo di formazione della più importante iniziativa editoriale degli illuministi, l’enciclopedia. Dall’attenzione concentrata sui problemi religiosi e morali dell’uomo si passò al primato delle questioni politiche e sociali. Tra gli anni 60 e 70 ci fu l’economia al primo posto e l’esperienza di governo illuminato di alcuni sovrani assolutisti. Nel 20ennio precedente alla rivoluzione francese la crisi dell’antico regime e l’ansia di un mondo nuovo si espressero nelle forme più diverse, nella vivacità di proposte riformatrici come nell’aspirazione utopica alla libertà e all’uguaglianza La prima idea guida del dibattito illuministico fu il nesso religione-libertà-tolleranza e il tema fu affrontato per la prima volta dall’olandese Spinoza. In Olanda visse per alcuni anni un altro dei padri fondatori del moderno principio della tolleranza: Bayle, il quale prospettò la possibilità di una società laica che poteva fare a meno della religione. Ci furono poi le correnti del deismo (l’affermazione dell’esistenza di Dio entro una religione naturale non rivelata) e dell’ateismo. Deista fu Voltaire mentre fra gli atei ci fu Diderot, che insieme a d’Alembert fu autore dell’Enciclopedia. L’illuminismo fu una cultura universale, cosmopolita, ma anche fortemente connotata nelle diverse aree europee e Parigi fu al centro del movimento. Le forme dello sviluppo economico del 1700. Il 700 è un secolo di espansione economica. Il movimento di crescita riguardò demografia ed economia. Nella seconda metà del 700 diminuirono anche le epidemie, fattore tradizionale di mortalità. L’agricoltura sino al 1850 occupò ancora il primo posto nell’economia dell’Europa. Distribuzione della ricchezza e differenziazione sociale crescente nella popolazione rurale furono le due conseguenze della tendenza a una maggiore produttività della terra e i due fenomeni furono la base per accelerare la trasformazione profonda dei rapporti di proprietà nelle campagne attraverso l’abolizione del feudalesimo. A spingere in alto i prezzi dei prodotti agricoli contribuì l’aumento della domanda concentrata soprattutto nella città.

AUTORI. Montesquieu. Nel 1748 fu pubblicato “Lo spirito delle leggi”, il suo capolavoro. Egli riflette sull’Inghilterra, in particolare sulla sua costituzione: questa si regge sulla separazione dei poteri, in quanto il re detiene il potere esecutivo; le camere detengono il potere legislativo. Questi poteri sono distinti, ma cooperanti tra di loro; il potere giudiziario interprete delle leggi. Dall’analisi della costituzione inglese emerge l’ideale della libertà politica per Montesquieu: essa consta non solo della separazione tra i 3 poteri dello stato ma anche dell’equilibrio tra stato e società, fra una monarchia forte e ceti, ordini sociali, corpi intermedi, garanzia di una costituzione moderata dallo spirito delle leggi. Una massima fondamentale dello spirito delle leggi è “il potere freni il potere”. la porta è aperta su 2 grandi modelli costituzionali: la monarchia inglese e la repubblica presidenziale degli USA, che realizzerà attraverso il contrappeso del federalismo e dei suoi poteri il bisogno di corpi intermedi teorizzato da Montesquieu. Rousseau: il padre della democrazia. Rousseau, la cui opera principale è il “Contratto sociale” del 1762 parla del contratto sociale il quale fonda la società civile. Con il patto si passa dallo stato di natura allo stato civile e per Rousseau lo stato di natura è uno stato felice. Sono state le prime istituzioni umane, la proprietà privata, la divisione di funzioni economiche e sociali, che hanno favorito l’origine della disuguaglianza. Per Rousseau si può conciliare la necessità dell’associazione con la libertà e la felicità di cui gode l’individuo nello stato di natura solo se i diritti individuali vengono totalmente alienati a favore della comunità che costituisce la base della società. Cesare Beccaria. Giurista Milanese, nel trattato “Dei delitti e delle pene” denunciò la tortura e la pena di morte come strumenti giudiziari e inumani e sostenne l’esatta proporzionalità tra reato e pena. Quest’ultima doveva avere come fine il recupero del reo. Adam Smith. La sua opera del 1776, “Indagine sulla natura e le cause della ricchezza delle nazioni” è il testo base della scienza economica moderna. Smith ha come riferimento base la società inglese del suo tempo che sta vivendo, in anticipo verso gli altri paesi europei, la rivoluzione industriale. Da un lato ci sono la proprietà fondiaria e il capitale; dall’altro la forza produttiva del lavoro, ormai trasformato in lavoro salariato. Il lavoratore non gode più dell’intero prodotto del suo lavoro ma ne è stato espropriato. Per Smith il valore di scambio delle merci è basato sulla quantità di lavoro o sul tempo di lavoro in essa incorporato. La teoria dei prezzi tiene conto delle 3 classi naturali: nella determinazione del prezzo entrano il salario dei lavoratori; il profitto, cioè la quantità addizionale di lavoro vivo per remunerare il capitale investito dagli imprenditori; la rendita fondiaria, che è la parte di ciò che è raccolto o prodotto dal contadino lasciata al proprietario della terra. Profitto e rendita formano il plusvalore, l’eccedenza del lavoro fornito e realizzato nella merce sul lavoro pagato, sul lavoro che ha ottenuto il proprio equivalente nel salario. Per Smith è il lavoro sociale, è la quantità di lavoro necessaria che crea il valore e il plusvalore è la parte del lavoro di cui si appropria colui che gestisce le condizioni del lavoro, cioè il proprietario terriero, il capitalista.

700 riformatore: l’assolutismo illuminato. L’età dell’assolutismo illuminato rappresentò lo sviluppo più maturo dei principi e delle funzioni dello stato moderno, ma anche la difficile sintesi tra assolutismo e illuminismo. I sovrani intesero portare a compimento un progetto di ulteriore concentrazione ed efficacia del potere sovrano, capacità di governo del territorio, consolidamento interno e internazionale degli stati attraverso la promozione di riforme e l’avvio di un processo di rinnovamento politico e sociale ispirato alle idee dell’illuminismo. Il processo riformatore gettò le basi per la crisi del vecchio ordine economico, sociale e politico ma non fu sufficiente per la sua trasformazione radicale. Per raggiungere questo obiettivo fu necessaria la rivoluzione. Si può distinguere tra assolutismo e dispotismo. Monarchia dispotica era quella dello zar di Russia che trattava i sudditi come schiavi, faceva applicare pene brutali nel paese, disponeva a piacimento della vita e dei beni. Governava oltre la legge. Monarchia assoluta era invece il regime del sovrano per diritto divino che governava attraverso la legge. Una seconda distinzione interna all’assolutismo era fra quei regimi in cui il potere dei sovrani era limitato da altri organi costituzionali (parlamenti, diete, stati del regno) e regimi in cui la libertà d’azione del sovrano era meno vincolata (Prussia, Spagna, Danimarca). L’amministrazione centrale. Nel XVIII secolo ci fu uno sforzo più consistente per rendere più efficace, esteso ed efficiente l’esercizio del potere monarchico attraverso la specializzazione della pubblica amministrazione. Il bisogno di potenza nell’equilibrio degli stati, l’esigenza di un coordinamento tra il centro e la periferia del territorio nazionale, l’efficace controllo sociale, furono all’origine del rinnovamento delle strutture degli apparati amministrativi che investì l’intera Europa. Ministeri e segreterie di stato divennero gli organi politico-amministrativi più importanti degli apparati statali. Ma in Francia la vera emanazione del re era il primo ministro che doveva costituire il canale di mediazione tra la volontà del re e i sudditi, assisteva tutti i consigli e ne filtrava gli affari. Un ruolo essenziale dopo Colbert giocò nella monarchia francese il controllore generale: era lui che metteva in moto tutta l’amministrazione del regno ed era in genere reclutato tra la nobiltà di toga. In Inghilterra la vera novità politico-istituzionale fu il consiglio di gabinetto, una specie di consiglio dei ministri presieduto dal primo lord della tesoreria e cancelliere dello scacchiere, responsabile delle sue decisioni collegiali davanti al parlamento. Più lenta fu in Spagna l’evoluzione del sistema amministrativo, che vide comunque nel corso del 700 l’ascesa dei segretari di stato. Le riforme fiscali. Le riforme intervennero in materia fiscale e tesero a fornire allo Stato strumenti di certificazione relativamente più attendibili, capaci di colpire più in profondità e in maniera più equa i sudditi, divisi per categorie sociali e professionali. Attraverso la compilazione dei catasti si passò da un sistema fiscale fondato da un labirinto di espedienti provvisori pensati senza alcuna coordinazione a piani organici di accertamento della ricchezza mobiliare, validi per l’intero territorio statale.

La riforma della giustizia. Sull’amministrazione della giustizia nell’antico regime pesavano le esistenze di una molteplicità di giurisdizioni tra cui la più importante era quella feudale, e la confusione nell’amministrazione tra sfera giudiziaria e sfera esecutiva. Inoltre l’ordinamento non era realmente unificato. Su questo terreno le riforme dei sovrani assoluti furono limitate sia nella loro natura che nel grado della loro efficacia. La codificazione del diritto e la sua semplificazione contribuirono a modificare l’ordinamento ma le giurisdizioni privilegiate non furono abolite. L’assolutismo in Prussia e Austria alla fine del 1600. Dopo la pace di Westfalia negli stati germanici il rafforzamento del potere dei principi territoriali va a svantaggio dell’imperatore della dieta imperiale. Al sud i ceti territoriali hanno ancora notevoli poteri ma in altri stati la centralizzazione delle funzioni militari, economiche e amministrative tende a rafforzare il principe. Il modello in cui meglio si realizza il processo di centralizzazione è quello del Brandeburgo-Prussia di Federico Guglielmo (1640-88). La tappa importante nell’ascesa della Prussia è la Pace di Oliva: la Prussia viene annessa al Brandeburgo. Anche qui l’assolutismo non è un sistema di facile realizzazione e si afferma una via all’assolutismo che a differenza della Francia ha un fondamento nobiliare: i posti più importanti dell’amministrazione militare e civile sono conferiti all’antica nobiltà (junker). Essi controllano anche tutte le funzioni del governo locale del territorio. La base militare di quella che sarà la grande potenza prussiana e l’artefice dell’unificazione della Germania è rappresentata nell’organo più importante del governo, il commissariato generale della guerra. Una monarchia in fase di consolidamento potrebbe definirsi quella dell’Austria sotto Leopoldo I d’Asburgo (1658-1705). Il suo predecessore Ferdinando II aveva unificato i ducati austriaci e il regno di Boemia sotto il profilo di un comune sentimento di appartenenza alla comunità politica degli Asburgo d’Austria. Ferdinando e Leopoldo si posero anche l’obbiettivo di rafforzare l’amministrazione pubblica e di formare un esercito permanente. Il problema della monarchia asburgica era una piccola parte della Ungheria che non era caduta sotto la giurisdizione ottomana. L’Ungheria si rivelava un ostacolo alla creazione di una assolutismo omogeneo e accentrato. La dinastia asburgica regnava nel paese solo in virtù di un unione personale; la sua autorità era elettiva e revocabile; la potente nobiltà del paese vigilava sulla sua costituzione e le prevaricazioni monarchiche; lo ius resistendi, il diritto di reagire con la forza al mancato rispetto monarchico dei privilegi ungheresi legittimava le rivolte nobiliari. Il problema ungherese era anche intrecciato con il rapporto tra la monarchia asburgica e gli ottomani. Nel 1660 la Transilvania insorse contro il dominio turco: gli ottomani ebbero la meglio e si diressero verso Vienna ma a 100 KM dalla capitale vennero sconfitti dalle truppe austriache. L’intervento dell’esercito asburgico era dettato anche dal disegno di Leopoldo di distruggere l’opposizione dell’aristocrazia magiara alla monarchia. Il sovrano annullò tutti i privilegi politici di cui godevano gli ungheresi e diede il via a una repressione delle minoranze protestanti. La reazione fu la rivolta dei magiari nel 1678 che furono appoggiati dai turchi. Nel 1683 Vienna fu assediata dai turchi. Le truppe austro-polacche ebbero però la meglio e allontanarono il pericolo ottomano da Vienna.

Nel 1699 con la pace di Carlowits i turchi cedettero agli austriaci Ungheria e Transilvania, Leopoldo ottenne dagli stati magiari il consenso alla dinastia asburgica come monarchia non più elettiva ma ereditaria. Assolutismo illuminato del 1700 in Prussia e in Austria. La potenza prussiana. Con Federico II (1740-86) la Prussia consolidava il suo ruolo di grande potenza. A definire questo ruolo avevano concorso: la frantumazione delle realtà politiche della Germania e l’assenza di concorrenti tedeschi in grado di competere con le grandi monarchie europee; il rapporto tra la dinastia Hoenzollern e la formazione sociale prussiana, nominata dal potere feudale degli Junker, che, in cambio del riconoscimento statale del loro regime su uomini, terre, città, avevano garantito ai sovrani fedeltà ed erano entrati nei ranghi dell’amministrazione militare e civile; la necessità di costruire unno stato forte sul piano militare, capace di difendersi dalla maggiore minaccia straniera, la Svezia, e di resistere alla sua espansione nell’area baltica e centroeuropea. La formazione della potenza prussiana fu avvantaggiata sia dall’assetto interno della Germania sia dalla politica internazionale. L’assetto interno della Germania aveva visto emergere sin dal 500, 3 costruzioni statali particolarmente significative nella parte orientale del territorio: la Baviera, la Sassonia, il Brandeburgo- Prussia. Nella parte occidentale del paese la forza della chiesa e la densità delle città avevano reso difficile la nascita dell’assolutismo. Furono gli sviluppi della congiuntura politica internazionale ad avvantaggiare la Prussia. Dapprima lo scacco subito dagli Asburgo durante la guerra dei 30anni bloccò il sogno imperiale di espansione in Germania e indusse i sovrani austriaci ad attestarsi sui confini tedeschi. Poi l’ascesa della potenza svedese impegnò tutte le forze degli Hoenzollern nella costruzione di un potente stato militare. La consapevolezza e la logica dell’equilibrio indussero le grandi potenze a riconoscere il peso militare dello stato prussiano che, schierato in uno dei blocchi contrapposti avrebbe potuto sconvolgere tutti gli assetti faticosamente costruiti. Nel 1748, con la pace di Aquisgrana Federico II ottenne il riconoscimento dell’annessione della Slesia, sottratta all’Austria. Tra il 1756 e il 1763 la Prussia fu impegnata nella guerra dei 7 anni. L’impegno di energie finanziarie e militari fu enorme: ma Federico II riuscì a farsi riconoscere lo status quo territoriale. Con la prima spartizione della Polonia fu annessa la Prussia occidentale. Alla morte di Federico II la superficie dello stato prussiano era raddoppiata rispetto al 1740 e la popolazione quasi triplicata. Nella politica interna il punto di forza di Federico II fu la capacità di introdurre alcuni principi di riforma dello stato senza intaccare le fondamenta della formazione sociale del paese. Il modello dell’assolutismo illuminato, cioè di una monarchia assoluta che promuove riforme per rafforzare l’unità e la centralizzazione del potere politico, trovò nella Prussia di Federico II un luogo di efficace applicazione. Egli aveva ereditato il militarismo e il rigido calvinismo del padre Federico Guglielmo I ma aveva dimostrato sensibilità per la filosofia, letteratura, arte e per i valori laici della cultura illuministica. Favorì la libertà di stampa, rese obbligatoria l’istruzione elementare.

Inoltre l’intervento riformatore di Federico II si attuò nel campo dell’amministrazione e della giustizia. Federico II abolì la tortura, limitò la pena di morte e affidò al giurista Cocceji il progetto per la riforma dei codici. Inoltre intervenne nell’economia favorendo programmi pubblici in campo agricolo e industriale. Ma le basi della società prussiana rimasero immutate e persisteva la servitù della gleba. L’Austria di Maria Teresa e Giuseppe II. Risolto il problema della successione, l’ascesa al trono della figlia di Carlo VI, Maria Teresa d’Asburgo (1740-80) aprì una fase di riforme anche per l’Austria. L’intero apparato di governo fu rinnovato, furono unificate le cancellerie d’Austria e di Boemia e le rispettive corti di appello. L’aristocrazia e il clero dovettero contribuire in misura maggiore al carico fiscale. Maria Teresa fondò collegi per l’educazione e la formazione del personale statale. Ma le riforme teresiane furono superate in quantità e qualità da quelle del figlio dell’imperatrice Giuseppe II. Egli alla morte del padre Francesco Stefano (1765) gli successe nel titolo imperiale e fu nominato coreggente degli stati ereditari asburgici. Dal 1780 al 1790 regnò sul trono che e...


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