Tocqueville l\'antico regime e la rivoluzione riassunto PDF

Title Tocqueville l\'antico regime e la rivoluzione riassunto
Author Marco Orsino
Course Storia Moderna
Institution Università degli Studi di Firenze
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Summary

Riassunto schematico suddiviso per capitoli, che considera gli aspetti fondamentali del pensiero dell,autore....


Description

L’ANTICO REGIME E LA RIVOLUZIONE LIBRO PRIMO Nel libro primo l’obiettivo di Tocqueville è di sottolineare l’identità propria della Rivoluzione francese distinguendo ciò che ha di universale e di singolare, di democratico e di propriamente rivoluzionario, insomma di spiegare il carattere specifico della rivoluzione. CAPITOLO I Furono diversi i giudizi dati sulla rivoluzione al suo sorgere. Al di fuori della Francia essa desta la curiosità di tutti; ovunque fa nascere nello spirito dei popoli una specie di nozione indistinta di nuovi tempi che si preparano, vaghe speranze di mutamenti e di riforme; ma nessuno sospetta ancora che cosa dovrà essere. I principi la considerano da principio come una di quelle malattie periodiche a cui è soggetto l’organismo dei popoli. In Francia alla vigilia della rivoluzione, non si ha un’idea esatta di quanto essa farà. Si teme la preponderanza che deve conservare il potere regio, la corte. Intanto la rivoluzione segue il suo corso; a mano a mano che la testa del mostro appare e la sua fisionomia singolare e terribile si rivela, dopo aver distrutto le istituzioni politiche essa abolisce quelle civili, e dopo le leggi cambia i costumi, gli usi e perfino la lingua. Ciò che in un primo tempo era apparso ai principi d’Europa e agli uomini di stato come un incidente ordinario nella vita dei popoli si rivela un fatto nuovo, contrario a quanto è accaduto prima nel mondo, e così generale mostruoso e inconcepibile che nello scorgerlo lo spirito dell’uomo si smarrisce. C’è chi addirittura la considera come l’azione del demonio sulla terra, “la rivoluzione francese ha carattere satanico” dice De Maistre. Altri invece scoprono in essa i benefici disegni di Dio, che vuole rinnovare non solo la Francia, ma il mondo e creare un’umanità nuova. CAPITOLO II Una delle prime mosse della rivoluzione fu quella di aggredire la chiesa; fra le passioni suscitate da questa rivoluzione, la passione irreligiosa fu la prima ad accendersi. Anche quando l’entusiasmo per la libertà era svanito, si restava sempre contrari all’autorità religiosa. Ad accendere questa passione irreligiosa furono i filosofi dell’epoca (i principali ispiratori della rivoluzione). I filosofi del XVIII secolo si sono accaniti contro la chiesa non tanto come dottrina religiosa, quanto come istituzione politica; non perché i preti pretendevano regolare le cose dell’altro mondo, ma perché erano proprietari signori amministratori e riscuotevano decime in questo; non già perché la chiesa non potesse prendere posto nella società nuova che stava per essere fondata, ma perché occupava allora il posto più privilegiate più forte in quella vecchia società che si doveva ridurre in polvere. CAPITOLO III Tutte le rivoluzioni civili e politiche hanno avuto una patria nella quale si sono circoscritte. La Rivoluzione francese non ha avuto un territorio proprio; di più, ha avuto per effetto di cancellare dalla carta tutte le vecchie frontiere. Se guardiamo tra gli annali della storia non troveremo una sola rivoluzione politica che abbia avuto questo medesimo carattere: lo si trova solo in certe rivoluzioni religiose. La Rivoluzione francese è dunque una rivoluzione politica che ha operato con i modi, e in qualche cosa ha preso aspetto di una rivoluzione religiosa. Non soltanto si diffonde lontano come quelle, ma come esse, penetra con la predicazione e la propaganda. Caratteristica abituale delle religioni è quella di considerare l’uomo in sé, senza fermarsi a quel che le leggi, gli usi, le tradizioni di un paese hanno potuto aggiungere a questo fondo comune. Da ciò dipende che le rivoluzioni religiose abbiano avuto spesso vastissimi teatri e siano state raramente circoscritte, come le rivoluzioni politiche nel territorio di un solo popolo o in quello di una sola razza. La Rivoluzione francese ha operato come una rivoluzione religiosa, ha considerato il cittadino in modo astratto,

fuori di ogni particolare società. Essa non ha cercato soltanto quale fosse il diritto particolare dei francesi, ma quali fossero i diritti e i doveri generali degli uomini in materia politica. E poiché sembrava tendere alla rigenerazione del genere umano, più che alla riforma della Francia, ha acceso una passione mai vista fino ad allora; ha ispirato il proselitismo e fatto nascere la propaganda, è divenuta essa stessa una specie di religione. CAPITOLO IV Dalla massa eterogenea di corpi scaturita dal crollo dell’Impero Romano in Europa nel medioevo nasce un insieme di leggi uniformi. Suddetta legislazione la si ritrova più o meno dappertutto, e in molti paesi essa regna escludendone ogni altra. Le istituzioni politiche di Germania, Francia e Inghilterra nel medioevo sono estremamente simili tra di loro. In tutti e tre i paesi lo stato è guidato secondo le medesime massime, le assemblee politiche sono formate dagli stessi elementi e munite degli stessi poteri. Le costituzioni delle città si assomigliano, le città sono governate allo stesso modo. Questa antica costituzione europea a poco a poco si indebolisce e cade in rovina, tanto che nel XVIII secolo essa era dovunque per metà distrutta. CAPITOLO V in questo capitolo l’autore si chiede qual è lo scopo della rivoluzione. La rivoluzione non è stata fatta come si è creduto, per distruggere il potere della fede religiosa, è stata una rivoluzione essenzialmente sociale e politica; e nell’ambito di tali istituzioni si è proposta di accrescere il potere e i diritti dell’autorità pubblica. Il risultato di questa rivoluzione fu l’abolizione degli istituti politici che, durante parecchi secoli, avevano regnato in modo esclusivo sulla maggior parte dei popoli europei e che si definiscono come istituti feudali, per sostituirvi un ordine sociale e politico più uniforme e semplice, basato sull’eguaglianza delle condizioni. Fu necessaria una spaventosa convulsione per distruggere ed estrarre di colpo, dal corpo sociale, una parte a cui si collegavano tutti i suoi organi. Per quanto sia radicale, la rivoluzione ha rinnovato meno di quanto si suppone in genere. È vero invece che essa ha distrutto interamente tutto quanto nell’antica società derivava dalle istituzioni aristocratiche e feudali. Del vecchio mondo ha conservato solo ciò che era estraneo a tali istituzioni. Se la rivoluzione non fosse avvenuta, comunque il vecchio edificio sociale sarebbe egualmente caduto, qui più presto, la più tardi; soltanto, avrebbe continuato a cadere pezzo a pezzo, invece di sprofondare di colpo.

LIBRO SECONDO Nel libro II l’autore si preoccupa di dimostrare che la rivoluzione ha avuto luogo prima della rivoluzione, che un processo di sovversione è già all’opera sotto la facciata tradizionale dell’antico regime. CAPITOLO I Tocqueville in questo primo capitolo sottolinea come i diritti feudali erano divenuti più odiosi in Francia che in altri paesi. Uno degli obiettivi primari della rivoluzione era quello di abolire le vecchie istituzioni feudali a partire dai diritti feudali. Tali diritti erano ancora in vigore nella maggior parte degli stati europei dell’epoca, nei vari stati della Germania in Prussia e in Austria era ancora praticata la servitù della gleba. In Francia invece non esisteva nulla di simile ormai da tempo. Il contadino non solo non era più considerato un servo della gleba ma addirittura era divenuto proprietario fondiario. Questo cambiamento di stato del contadino aveva portato ad un ulteriore frazionamento delle terre già prima della rivoluzione. Un risultato della rivoluzione fu dunque quello di liberare le terre dai feudatari. Il Feudatario in Francia (ma non altrove) perde tutti i suoi poteri medievali (applicare le leggi di stato, imporre tasse ecc.). il feudatario è riconosciuto solo come il primo abitante del villaggio, mantiene solo pochi diritti (laudemio, diritto di molitura, riscuote i diritti sulle fiere e sui mercati). In questa nuova condizione i contadini emancipati dal servaggio odiavano ancora di più i diritti feudali residui. La feudalità quindi destava molto odio perché era rimasta la più grande delle istituzioni civili pur cessando di essere un’istituzione politica.

CAPITOLO II In questo secondo capitolo Tocqueville sostiene che l’accentramento amministrativo è una conquista dell’antico regime e non della rivoluzione come sostenuto da altri. Secondo Tocqueville suddetto accentramento è la sola parte della costituzione politica dell’antico regime che sia sopravvissuta alla rivoluzione. Sono esclusi da questo fenomeno di accentramento i così detti paesi di stato che si amministravano da sé. Prima di tale accentramento la Francia è piena di corpi amministrativi o di funzionari isolati che non dipendono gli uni dagli altri, da città a città la costituzione è diversa. Ma gradualmente questi resti degli antichi poteri vengono sostituiti da un corpo amministrativo nuovo: il consiglio del re. Esso è contemporaneamente suprema corte di giustizia tribunale superiore amministrativo, ha podestà legislativa, discute e propone le leggi, stabilisce le regole che devono guidare gli agenti di governo. Questo consiglio è composto da personaggi umili di bassa estrazione sociale e tutti i membri sono revocabili. Gli affari interni del paese sono affidati alle cure di un solo agente: il controllore generale. Ogni provincia è posta sotto il governo di un intendente. Costui è un uomo di nascita comune sempre estraneo alla provincia, è scelto dal governo tra i membri secondari del consiglio di stato ed è revocabile. L’intendente nella provincia è l’unico agente di tutte le volontà del governo. Alle sue dipendenze vi è il sotto delegato che è sempre un plebeo. Tutte le attività amministrative sono sottoposte al governo di questi organi: diritto di imposta (ripartizione e riscossione delle tasse tra cui la taglia la capitazione e la ventesima); coscrizione militare; lavori pubblici (tutte le grandi strade o ponti erano aperte e mantenute con il prodotto delle contribuzioni generali, il consiglio di stato ne stabiliva il tracciato e aggiudicava il lavoro. L’intendente dirigeva il lavoro il sotto delegato riuniva gli uomini della corvée); il governo centrale si assumeva da solo l’incarico di mantenere l’ordine pubblico; il governo centrale si occupa anche dei bisogni dei poveri e dell’istruzione. CAPITOLO III In Francia la libertà municipale è sopravvissuta al feudalesimo. La libertà municipale però svanisce verso la fine del XVII secolo quando cioè nel 1692 furono abolite le elezioni e gradualmente l’amministrazione delle città passo sotto il controllo del governo. Anche se non tutte le città erano governate allo stesso modo in linea di massima si può dire che il governo della città è affidato a due assemblee. La prima assemblea è composta di uffici municipali e detiene il potere esecutivo, ma gli ufficiali municipali non ricevono salario e godono di esenzioni di imposte e privilegi. La seconda assemblea detta assemblea generale elegge il corpo cittadino. Inizialmente tale assemblea si componeva spesso di tutto il popolo ma dal diciottesimo secolo essa si compone solo di notabili. A mano a mano che ci si inoltra nel secolo il numero di notabili si moltiplica in seno a quest’assemblea, tanto che il governo municipale delle città degenera in piccola oligarchia. Per evitare che il potere dei notabili dilaghi gli intendenti tendono a spostare sempre più i poteri locali verso il governo centrale. Di qui in avanti le città non possono più stabilire dazi riscuotere tasse ecc. Attraverso l’operato dell’intendente e dei suoi sotto delegati il governo allunga le mani su tutti gli affari della città. Se passiamo dalle città alle campagne incontriamo altri poteri altre forme ma la medesima dipendenza. La parrocchia (che rappresenta il villaggio) dipende strettamente dallo stato. Nella maggior parte delle parrocchie del XVIII secolo vi sono due funzionari: il collettore e il sindaco. Il collettore riscuote la taglia sotto gli ordini dell’intendente, il sindaco posto sotto la guida del sotto delegato lo rappresenta in tutte le operazioni. Il feudatario rimane estraneo ai compiti di governo. CAPITOLO IV La giustizia amministrativa e la garanzia dei funzionari sono istituzioni dell’antico regime. In Europa non v’era paese in cui i tribunali ordinari dipendessero meno dal governo che in Francia. Poiché il re non poteva quasi niente sulla sorte dei giudici (né revocarli né trasferirli, né elevarli di grado), si era ben presto urtato di questa indipendenza. E ciò lo aveva indotto a toglier loro la conoscenza degli interessi che riguardavano direttamente il suo potere e a creare per proprio uso personale un tribunale dipendente. I giudici ordinari quindi avevano solo il compito di occuparsi dei casi privati, il resto competeva ai tribunali

amministrativi. Il giudice ordinario è sottoposto a regole fisse, che lo obbligano a reprimere ogni fatto contrario alla legge; ma il consiglio può sempre per uno scopo utile, allontanarsi dalle regole. In base a questo principio si vedono spesso l’intendete e il consiglio avocare a sé processi che solo per un legame invisibile si riallacciano con l’amministrazione pubblica. Tra le diverse costituzioni emanate in Francia negli ultimi 60 anni se ne trova una che stabilisce che gli agenti amministrativi non possono essere citati davanti ai tribunali ordinari senza autorizzazione. In realtà si tratta di una conquista dell’antico regime e dell’antica monarchia. CAPITOLO V Come l’accentramento è riuscito ad introdursi tra gli antichi poteri e sostituirli senza abbatterli. Ben prima della rivoluzione in Francia si era compiuto un enorme passo verso l’accentramento amministrativo. Quest’accentramento verrà in seguito emulato da tutti gli stati europei, ma allora esso era specifico solo della Francia. Questo grazie ad un’opera di pazienza, destrezza e tempo. Al momento in cui scoppiò la rivoluzione, quasi nulla dell’antico edificio amministrativo era stato abbattuto. Se ne era costruito un altro nell’interno di quello. Il governo dell’antico regime si abbandonò all’istinto che porta ogni governo a voler condurre da solo tutti gli affari, istinto che rimaneva eguale attraverso la diversità degli agenti. Prima di essere rovesciato dalla rivoluzione il governo si sviluppa, si perfeziona, l’amministrazione pubblica è trasformata, a mano a mano che essa è divenuta più minuziosa e più estesa, si è fatta più regolare e più sapiente. Quindi in conclusione l’accentramento non muore nella rivoluzione perché esso stesso era il principio e il segno della rivoluzione; e Tocqueville aggiunge che un popolo, quando distrugge nel proprio seno l’aristocrazia, corre da sé verso l’accentramento. CAPITOLO VI Gli usi amministrativi sotto l’antico regime Nella Francia prerivoluzionaria l’amministrazione è affidata quasi interamente ai ministri del governo. Il ministro controlla e gestisce in ogni particolare tutte le questioni e si pone come obiettivo di regolare ogni cosa a Parigi. I particolari affidati ai ministri sono immensi. Il controllore generale non domanda solo rapporti sugli affari ma anche informazioni sulle persone, sulla natura delle terre, la quantità dei prodotti, il numero di bestiame, l’industria i costumi degli abitanti ecc. I funzionari amministrativi sono quasi tutti borghesi e formano una classe distinta che ha il suo spirito le sue tradizioni le sue virtù, è l’aristocrazia della società nuova la quale attende soltanto che la rivoluzione le prepari il posto libero. In Francia l’amministrazione pubblica è caratterizzata dall’odio violento che le ispirano tutti coloro che al di fuori di essa vogliono occuparsi d’interessi pubblici. L’amministrazione pubblica si scaglia principalmente contro i giornali (gazzetta). Tanto che dal 1761 Luigi XV decide di far comporre la GAZZETTA DI FRANCIA sotto gli occhi stessi del governo. Per facilitarne la lettura da parte del popolo Luigi dispone che la GAZZETTA sia pubblicata più spesso e ad un costo inferiore. Il governo francese non si impadronisce di tutto per poi lasciare sterile questo tutto (come accade in molti governi dell’Europa meridionale), ma la sua attività è spesso improduttiva o addirittura malefica. Non intraprende affatto o abbandona presto le riforme necessarie ma cambia continuamente le leggi e i regolamenti. Anche quando la legge non cambia, la maniera di applicarla cambia ogni giorno. L’antico regime è dunque nella sua interezza: una regola rigida, una pratica fiacca, tale è il suo carattere. La sottomissione del popolo all’autorità è ancora completa prima della rivoluzione, ma la sua obbedienza è frutto più dell’abitudine che della volontà; perché se gli accade per caso di agitarsi, la più piccola emozione lo spinge alla violenza. Quando comincia a farsi sentire il lungo malessere che precede la rivoluzione, si vede sbocciare ogni genere di nuovi sistemi sociali e amministrativi. Questi nuovi riformatori vogliono utilizzare la mano del potere centrale per abbattere e ricostruire tutto secondo un piano concepito da loro stessi. CAPITOLO VII

Come la FRANCIA, era già, fra tutti i paesi europei quello in cui la capitale aveva acquistato maggiore potere sulle provincie Non è né la situazione né la grandezza né la ricchezza delle capitali che causa la loro preponderanza politica sul resto dell’impero, ma la natura di governo. Allo scoppiare della rivoluzione Parigi rappresenta la Francia stessa. Nel 1740 Montesquieu scrive che in Francia vi sono soltanto Parigi e le provincie distanti, perché la capitale non ha avuto il tempo di divorarle. La crescita esponenziale di Parigi che raggiunse il suo apice nel XVIII secolo preoccupava il governo centrale, il quale temeva che diventasse difficile amministrare una città troppo grande. S’incontrano un gran numero di ordinanze dei re francesi intese ad arrestare questa crescita. Più volte soprattutto Luigi XIV cerca di fermare la crescita della capitale, ma fallisce. Nello stesso tempo che Parigi cresce le libertà locali scompaiono, e non perché la nazione si illanguidisce, il movimento al contrario era dovunque, ma l’unico motore era ormai Parigi. Il celebre viaggiatore Arthur Young scorge il contrasto che ha visto tra la capitale e quello che trova fuori. In Parigi tutto era attività e rumore fuori da Parigi tutto gli sembra inerzia e silenzio. Nel medesimo tempo in cui Parigi finisce con acquistare l’onnipotenza all’esterno si compie un cambiamento al suo interno. Non solo diventa centro politico ma anche città di scambi, di affari di consumi e di piacere. Parigi diventa anche una città di fabbriche e manifatture diventa la capitale industriale del paese, ed attira un numero sempre maggiore di operai. Cosi Parigi era divenuta padrona della Francia. Tocqueville in conclusione constata che dall’accentramento amministrativo e dall’onnipotenza di Parigi dipende, in buona parte la caduta di tutti i governi nati nei quarant’anni antecedenti la rivoluzione. CAPITOLO VIII La Francia era il paese in cui gli uomini erano divenuti più simili tra di loro chi osserva attentamente la Francia dell’antico regime incontra due tendenze opposte: tutti gli uomini che la abitano sembrano tutti uguali gli uni agli altri, ma in mezzo a questa folla uguale si eleva ancora una moltitudine prodigiosa di piccole barriere e in ognuno di questi piccoli recinti vediamo una società particolare, che si interessa solo degli interessi propri. l’estinzione della vita particolare nelle provincie aveva contribuito a rendere i francesi molto eguali tra di loro. A mano a mano che si scende lungo il XVIII secolo, si vede crescere il numero di editti, dichiarazioni del re, decreti del consiglio, che applicano le stesse leggi, negli stessi modi, in ogni parte del regno. E non soltanto i governanti ma sono gli stessi governati a concepire l’idea di una legislazione generale e uniforme eguale in ogni luogo per tutti. Non soltanto le provincie si somigliano sempre di più, ma in ogni provincia gli uomini delle stesse classi sono sempre più simili tra di loro. A favorire questo livellamento fu il graduale decadimento della nobiltà anche a causa dello spezzettamento della proprietà fondiaria. Gli affari dei nobili si intrecciano sempre più con quelli dei borghesi che acquistano sempre più potere e ricchezze. In conclusione, tutti gli uomini al di sopra del popolo si assomigliano, hanno le stesse idee, le stesse abitudini, ecc. Questo generale livellamento delle classi si verifica solo in Francia e secon...


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