Aut-aut - riassunto del testo di kierkegaard utilizzato nel corso PDF

Title Aut-aut - riassunto del testo di kierkegaard utilizzato nel corso
Author Carmen SAN DIEGO
Course Psicologia Dello Sviluppo E Psicologia Dell'Educazione
Institution Università telematica e-Campus
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riassunto del testo di kierkegaard utilizzato nel corso...


Description

Aut Aut Søren Kierkegaard nasce a Copenhagen, Danimarca, il 5 maggio 1813. Riceve dal padre un’educazione fortemente religiosa. Fra le opere più importanti di Kierkegaard ricordiamo, sicuramente, Aut Aut, la quale fu scritta dall’autore in soli undici mesi a Berlino, città in cui si era rifugiato poco dopo la rottura con Regina Olsen. L’opera apre le porte al mondo del pensiero di Kierkegaard, descrive attraverso la storia di due personaggi il giovane esteta e Jacob, due modi di vivere antitetici, l’uno orientato al soddisfacimento dei piaceri, la vita mondana e l’indifferenza nei confronti di valori morali, l’altro invece basato sul dovere etico e la responsabilità Quindi “aut - aut” ci impone davanti ad una scelta, ed è proprio quello che Kierkegaard vuole: costringere il lettore a prendere una decisione. Kierkegaard sottolinea con forza una prospettiva incentrata sulla persona, che si caratterizza per la possibilità di scelta libera, e di scelta tra alternative inconciliabili. Non un et-et, secondo la visione hegeliana che dispensa dalla scelta un singolo visto come trascinato dall'inesorabile flusso della collettività storica, ma un aut-aut, che impegna la persona nella sua indelegabile, indemandabile libertà personale, in un dramma assolutamente personale, in cui ne va del proprio destino eterno. Così in “Aut - aut” Kierkegaard confronta due 'stili' di vita che lui definisce: l'estetico e l'etico. Lo stadio estetico è il comportamento di chi, rifiutando ogni vincolo o impegno continuato, vive la vita all’insegna della novità e dell’avventura. Infatti, l’esteta, che trova il suo simbolo più significativo nel Don Giovanni, si propone di fare della propria vita un’opera d’arte da cui sia eliminata la monotonia e nella quale trionfino le emozioni nuove. Tuttavia, al di là della sua apparenza gioiosa e frivola, la vita estetica è destinata alla noia e al fallimento esistenziale. Infatti, vivendo attimo per attimo ed evitando il peso de scelte impegnative, ossia scegliendo di non scegliere, l’esteta, secondo Kierkegaard, finisce per rinunciare ad una propria identità e per riscontrare il vuoto della propria esistenza senza centro e senza senso. Quindi al termine estetico, lui dà un significato diverso da quello che solitamente gli diamo noi; egli intende l'immediato e il piacere illusorio dei sensi, che è il punto di partenza della vita di ogni uomo. Nella prima parte della sua opera Kierkegaard ci mostra una varietà di vite estetiche: dalla più bassa che vive in balia dei sensi, e in questi si disperde senza mai impegnarsi eticamente, come viene ben esemplificato nella figura del “Don Giovanni”, all'uomo che si è reso conto del vuoto e della nullità di una vita puramente estetica, ma che, ciononostante, si aggrappa ancora disperatamente ad essa pur sapendo bene che quest'ultima può condurre solo alla disperazione. Ma perché una vita puramente estetica ci porta alla disperazione? Perché, secondo Kierkegaard, l'uomo ha dentro di sé qualche cosa d'altro, che non potrà mai essere soddisfatto da una vita puramente 'sensibile'.

Questo qualche cosa d'altro è l'eterno. L'uomo è costituito dalla sintesi di due elementi opposti: corpo e spirito, temporale ed eterno, finito ed infinito, necessità e libertà. È caratteristica dell'estetico enfatizzare un elemento solo della sintesi: il corporale, il temporale, il finito e il necessario. La mancanza dell'altro elemento della sintesi causa nell'essere umano ansietà; Kierkegaard la definisce “una simpatica antipatia, un'antipatia simpatica”, che allarma e attira allo stesso tempo. Il termine che meglio descrive questa esigenza dello spirito nel mondo sensibile è angoscia. L’angoscia è il segno della presenza dell'eterno nell'uomo. Senza l'eterno non ci sarebbe nessuna angoscia. Ma l'uomo che ha sentito l'angoscia dentro di sé e che ancora ostinatamente persiste in un'esistenza estetica finirà col disperare. L’uomo che ha sentito dentro di sé l'angoscia della disperazione non può non cogliere l'inadeguatezza di una vita vissuta tutta nella sfera estetica, e chi, nell'angoscia e nella disperazione, non vuol più rimanere in essa, è ormai maturo per scegliere qualche cosa d'altro ed entrare così nella sfera etica. Lo stadio etico è il momento in cui l’uomo, scegliendo di scegliere, ossia assumendo in pieno la responsabilità della propria libertà, si impegna in un compito al quale rimane fedele. In altri termini, nella vita etica, che è simboleggiata dallo stato matrimoniale, l’individuo si sottopone ad una forma o ad un modello universale di comportamento, che implica, al posto del desiderio dell’estremo, la scelta della normalità. Simbolo di tale vita etica è Jacob, marito fedele, professionista laborioso ed onesto, combattente e ottimista che consapevolmente lotta per una buona causa e ha senza dubbio la forza di convincere i suoi amici e il mondo intero su quello che è il 'buono'. Quello che è importante sottolineare è che sia il Don Giovanni che Jacob hanno un punto in comune, ovvero il senso della loro esistenza è estrinseco, quindi l’ordine che stanno seguendo viene dall’esterno. Per questo pur collocandosi su un piano più alto rispetto alla vita estetica, la vita etica è destinata anch’essa al fallimento. Infatti, l’uomo etico non può fare a meno di riconoscere la propria finitudine peccaminosa e quindi di pentirsi. E’ come se quella che sembrava una griglia di valori che lo guidava, in realtà fosse diventata, ad un certo punto, una prigione. Tutto questo porta nuovamente all’angoscia e alla disperazione. La disperazione, secondo Kierkegaard è già presente nell’uomo, ma l’uomo forse non se ne rende conto. Ad esempio, il Don Giovanni, forse, usa la ricerca del piacere per non pensare e rendersi conto della disperazione. Quindi la disperazione, non è causata del cambiamento, ma è intrinseca all’uomo.

E’ dalla disperazione che vi è il passaggio da un tipo di vita all’altra. L’unico momento in cui il soggetto vive secondo un senso intrinseco è la vita religiosa. L’unica via di salvezza dell’uomo, quindi, è lo stadio religioso, che però non fa riferimento ai mistici, in quanto anche il mistico è da condannare considerandosi migliori degli altri, come se fosse preferito davanti a Dio. Inoltre il mistico, mettendosi nelle mani di Dio è come se si affidasse ad un terzo per le proprie scelte. Lo stadio religioso è lo stadio della fede in cui l’individuo, andando al di là della vita etica, limitata e limitante, si apre totalmente a Dio, riuscendo a vincere l’angoscia e la disperazione che lo costituiscono come uomo. Fra lo stadio etico e quello religioso esiste un abisso, incarnato dalla figura di Abramo. Quello che c’è da sottolineare è che scegliere la vita estetica o etica non è la scelta tra bene e male, ma fra due modi di vivere differenti, quindi in entrambi possono esserci il bene e il male. L’uomo estetico è come se scegliesse indifferentemente o questo o l’altro, l’importante è che ne scaturisca il proprio piacere. E’ come se vivesse in solitudine perché tutto torna su di se. L’uomo etico, invece, non è solo, quindi non sceglie indifferentemente. Kierkegaard dice che, forse, lo stato estetico è quello che noi siamo naturalmente, quello etico, invece, è quello che vorremmo diventare. Non si “diventa” per graduale comprensione etica, ma si diventa per rottura, da questo, dunque Aut Aut cioè o questo o quello e non et et come diceva Hegel. Kierkegaard in aut aut valuta il tempo dell’esistere. Per il Don Giovanni è l’istante, il momento; mentre per Jacob c’è l’orientamento verso il futuro ed ha il culto della memoria perché ha costruito un’identità. Per Kierkegaard gli stadi dell’esistenza sono tre: - quello dell’istante e del momento, che fa riferimento al Don Giovanni - quello che ha il culto della memoria e progetta il futuro, che fa riferimento a Jacob - quello della religione. Noi siamo uomini perché sentiamo il tempo, da questo Kierkegaard dice che Gesù è davvero uomo quando dice a Giuda “quello che devi fare, fallo in fretta”. Quando parla di vita estetica o etica non fa solo riferimento al Don Giovanni per l’uno o a Jacob per l’altro, ma fa riferimento a coloro che incarnano quel tipo di vita. Ad un certo punto, ad esempio, per la vita estetica, fa riferimento ad un conte ed una contessa, i quali vivevano secondo la vita estetica e che nonostante non fossero più giovani avevano mantenuto la loro bellezza ed erano ancora la coppia più bella del paese. Quindi ricchi, educati e belli nonostante il passare del tempo. Questa, però, secondo Kierkegaard è una vita vuota, perché cerca cenni della bellezza che fu ed ancora resta nei loro occhi ed è quello che regge la loro unione. L’unica cosa da augurarsi è che essi non se ne accorgano....


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