Riassunto dettagliato del testo di Marcuse, Eros e Civiltà. PDF

Title Riassunto dettagliato del testo di Marcuse, Eros e Civiltà.
Author Raffaele Filoso
Course Ermeneutica filosofica
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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Riassunto dettagliato del testo Eros e civiltà, nel quale Marcuse tenta di estrapolare dalla metapsicologia freudiana la possibilità di una società non repressiva....


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EROS E CIVILTA’, MARCUSE “Eros e Civiltà”, uno dei libri più noti di Marcuse, sviluppa le premesse della filosofia sociale di Freud. Civiltà e felicità, secondo Freud, sono incompatibili per un motivo profondo: il progresso è fondato sulla repressione degli istinti, cioè vive della rinuncia alla felicità, della sottomissione di Eros. Partendo dalle premesse freudiane, e non ignaro dell’esperienza marxista, Marcuse si chiede se non sia lecito prospettare all’uomo la possibilità di una società non repressiva, nella quale all’insincero benessere del consumo faccia seguito la felicità dell’Eros ritrovato. PARTE PRIMA. SOTTO IL DOMINIO DEL PRINCIPIO DELLA REALTA’ 1. LA TENDENZA NASCOSTA DELLA PSICOANALISI. Secondo Freud, la storia dell’uomo è la storia della sua repressione. La cultura impone costrizioni non solo alla sua esistenza nella società, ma anche alla sua esistenza biologica, alla sua struttura istintuale. Ma queste costrizioni sono la condizione preliminare del progresso. La civiltà comincia quando si è rinunciato alla soddisfazione integrale dei bisogni. La realtà che dà forma agli istinti ed anche ai loro bisogni e alla soddisfazione di questi, è un mondo storico sociale. L’uomo animale diventa un essere umano soltanto in virtù di una trasformazione fondamentale della sua natura, che non incide soltanto sulle sue mete istintuali, ma anche sui valori istintuali, cioè sui principi che governano il raggiungimento delle mete. Freud ha descritto questo cambiamento come la trasformazione del principio di piacere in principio della realtà. L’interpretazione dell’apparato psichico nei termini di questi due principi corrisponde alla distinzione tra processi inconsci e processi consci. L’inconscio, governato dal principio del piacere, comprende i processi più antichi, primari. Essi lottano unicamente per conquistare il piacere. Ma il principio del piacere, non frenato, entra in conflitto con l’ambiente naturale e umano. L’individuo viene costretto ad accorgersi in modo traumatico che una soddisfazione piena e indolore dei suoi bisogni è impossibile. Dopo l’esperienza di questa delusione, diviene dominante un nuovo principio di funzionamento psichico. Il principio della realtà si sovrappone al principio del piacere: l’uomo impara a rinunciare a un piacere momentaneo, incerto e distruttivo, in favore d’un piacere soggetto a costrizioni, differito, ma sicuro. Con l’istituirsi del principio della realtà, l’essere umano è diventato un Io organizzato. Una sola attività del pensiero è scissa dalla nuova organizzazione dell’apparato psichico, e rimane libera dal dominio del principio della realtà: la fantasia. Il campo dei desideri dell’uomo e lo strumentario per la loro soddisfazione sono immensamente aumentati. Ma d’ora in poi i suoi desideri non gli appartengono più: ora sono organizzati dalla sua società. E questa organizzazione reprime e transustanzia i suoi bisogni istintuali originali. Se l’assenza di repressione è l’archetipo della libertà, la civiltà è la lotta contro questa libertà. La sostituzione del principio della realtà al principio del piacere costituisce il grande episodio traumatico dello sviluppo dell’uomo, tanto dello sviluppo della specie(filogenesi) quanto di quello dell’individuo(ontogenesi). Filogeneticamente, esso avviene per la prima volta nell’orda primitiva, quando il padre primordiale monopolizza potere e piacere, e costringe i figli a rinunciarvi. Ontogeneticamente, esso ha luogo durante il periodo della prima infanzia, e la sottomissione al principio della realtà viene imposta da parte dei genitori e degli educatori. Ma sia sul piano della specie che su quello dell’individuo, la sottomissione si ripete continuamente. Il fatto che nel corso dello sviluppo dell’uomo sia continuamente necessario ristabilire il principio della realtà, indica l’incompletezza e insicurezza del suo trionfo sul principio del piacere. L’inconscio custodisce gli obiettivi dello sconfitto principio del piacere. La piena forza del principio del piacere non soltanto sopravvive nell’inconscio, ma incide anche in vari modi su quella realtà che aveva soppiantato il principio del piacere. Il ritorno del represso costituisce la storia sotterranea della civiltà. Il convincimento che una civiltà non repressiva sia impossibile è una pietra angolare della costruzione teorica freudiana. Ogni libertà esistente nel regno della coscienza sviluppata e nel mondo che essa ha creato, è soltanto una libertà derivata, frutto di un compromesso, acquistata con la rinuncia alla completa soddisfazione dei bisogni. E poiché la completa soddisfazione dei bisogni è felicità, la libertà che si trova nella civiltà è l’antagonista della felicità: essa comporta la modificazione repressiva(sublimazione) della felicità. All’opposto, l’inconscio è l’impulso verso una soddisfazione integrale. Come tale, in esso necessità e libertà sono immediatamente identiche. Per Freud, l’equiparazione di libertà e felicità, repressa dalla coscienza, è conservata nell’inconscio. La sua verità continua a preoccupare la psiche; quest’ultima conserva il ricordo di fasi passate della vita individuale, nelle quali era stata realizzata una soddisfazione integrale. E il passato

continua a far valere le proprie esigenze verso il futuro. L’analisi di Freud dello sviluppo dell’apparato psichico repressivo si svolge su due piani: ontogenetico: la crescita dell’individuo represso dalla prima infanzia fino alla sua esistenza conscia nella società; filogenetico: la crescita della civiltà repressiva dall’orda primitiva fino allo stato civilizzato completamente costituito. Questi due piani sono in continua correlazione. 2. L’ORIGINE DELL’INDIVIDUO REPRESSO(ONTOGENESI). Freud rintraccia lo sviluppo della repressione nella struttura istintuale dell’individuo. Il destino della libertà e della felicità dell’uomo viene deciso nella lotta degli istinti. L’ultima teoria degli istinti era stata preceduta da almeno due concezioni diverse dell’anatomia della personalità psichica. Nella primissima fase del suo sviluppo, la teoria di Freud è costruita intorno all’antagonismo tra istinti sessuali(libidici) e istinti dell’io(di autoconservazione); nella sua ultimissima fase, essa è centrata sul conflitto tra istinti di vita(Eros) e l’istinto di morte. Durante un breve periodo intermedio, la concezione dualistica fu sostituita dall’ipotesi di una libido unica, che permea ogni cosa. Ma è molto importante notare che, introducendo la nuova concezione, Freud è condotto a ricordare in vari punti la natura comune degli istinti, anteriore alla loro differenziazione. Dalla natura comune della vita istintuale si sviluppano due antagonisti. Gli istinti di vita ottengono il sopravvento sugli istinti di morte. L’Eros viene definito come la grande forza unificatrice che conserva tutta la vita. Gli strati principali della struttura psichica vengono designati come Es, Io e Super Io. Lo strato fondamentale, quello più antico e vasto, è l’Es, il regno dell’inconscio, degli istinti primari. Sotto l’influenza del mondo esterno, una parte dell’Es che è dotato di organi per la recezione degli stimoli e la protezione contro di essi, si sviluppò fino a diventare Io. Questo è il mediatore tra Es e mondo esterno. L’io adatta se stesso alla realtà e modifica quest’ultima nel senso dei propri interessi. La funzione principale dell’io consiste nel coordinare, alterare e organizzare gli impulsi dell’Es in modo da ridurre al minimo i conflitti con la realtà. In questo modo l’io esautora il principio di piacere e lo sostituisce con principio della realtà che promette maggiore sicurezza e maggiori successi. L’io però è pur sempre un rampollo dell’Es, sente la realtà come prevalentemente ostile e il suo atteggiamento è in prevalenza un atteggiamento di difesa. Ma d’altro lato, poiché la realtà fornisce soddisfazione(seppur modificata), l’io deve respingere gli impulsi che, se soddisfatti, distruggerebbero la propria vita. La difesa dell’io è dunque una guerra su due fronti. Nel corso dello sviluppo dell’io sorge un’altra entità psichica: il Super Io. Esso ha origine nel lungo periodo di dipendenza del bambino dai suoi genitori. Successivamente, un certo numero di influenze sociali e culturali vengono incluse nel super io, finché esso concentra in se stesso la rappresentazione potente della moralità costituita. Ora le restrizioni esterne vengono introiettate nell’io e diventano la sua coscienza; d’ora in poi il senso di colpa, il bisogno di punizione generato dalle trasgressioni o dal desiderio di trasgredire queste restrizioni permea la vita psichica. Ben presto le repressioni diventano inconsce, automatiche, e una gran parte del senso di colpa rimane inconscio. Il principio della realtà sorregge l’organismo nel mondo esterno. Nel caso dell’organismo umano, questo è un mondo storico. Il mondo esterno è in ogni sua fase una specifica organizzazione storico sociale della realtà, che influisce sulla struttura psichica dell’uomo. E’ stato obiettato a Freud il fatto che egli faccia di contingenze storiche necessità biologiche: l’analisi di Freud generalizza una forma storica specifica della realtà facendola diventare la realtà pura e semplice. Questa critica, per quanto valida, non intacca quanto di vero c’è nella generalizzazione di Freud, ossia che un’organizzazione repressiva degli istinti si trova alla base di “tutte” le forme storiche del principio della realtà nella società civile. Per Freud la civiltà è progredita come dominio organizzato e proprio perché ogni civiltà è stata dominio organizzato, lo sviluppo storico assume la dignità e la necessità di uno sviluppo biologico universale. I termini freudiani che non distinguono tra le vicissitudini biologiche degli istinti e le vicissitudini storico sociali, devono venire accompagnati da termini corrispondenti atti a designare la componente storico sociale specifica. Marcuse introduce due di questi termini: repressione addizionale: le restrizioni rese necessarie dal dominio sociale. Essa si distingue dalla repressione fondamentale, cioè dalle modificazioni agli istinti strettamente necessarie per il perpetuarsi della razza umana nella civiltà; principio di prestazione: la forma storica prevalente del principio di realtà. Durante tutto il corso della civiltà il bisogno prevalente fu sempre organizzato in modo tale da non distribuire mai collettivamente la penuria a seconda delle necessità individuali, cosi come la conquista dei beni necessari alla soddisfazione dei bisogni non fu organizzata con l’obiettivo di soddisfare nel modo migliore le necessità degli individui. Al contrario la distribuzione della penuria come anche lo sforzo di superarla con il lavoro, sono stati imposti agli individui, dapprima con la violenza pura, più tardi con un’utilizzazione più razionale del potere. Ma per quanto utile possa essere stata questa razionalità per il progresso dell’insieme, essa rimase una razionalità del dominio, e la

graduale vittoria sulla pena fu indissolubilmente legata agli interessi degli individui dominanti. Mentre ogni forma di principio della realtà esige comunque un grado e una misura notevole di indispensabile controllo repressivo degli istinti, le istituzioni storiche specifiche del principio della realtà e gli specifici interessi del dominio introducono controlli addizionali al di là di quelli indispensabili all’esistenza di una comunità civile. Questi controlli addizionali che provengono dalle specifiche istituzioni del dominio costituiscono ciò che Marcuse chiama repressione addizionale. Nella storia della civiltà si è creato un collegamento inestricabile tra repressione fondamentale e repressione addizionale. Gli interessi del dominio imposero repressioni addizionali all’organizzazione degli istinti sotto il principio della realtà. Il principio del piacere fu detronizzato non soltanto perché esso militava contro il progresso della civiltà, ma anche perché militava contro una civiltà il cui progresso perpetua la dominazione e la fatica del lavoro. La modifica degli istinti sotto il principio della realtà incide tanto sull’istinto di vita come su quello di morte; per comprendere fino in fondo lo sviluppo di quest’ultimo, è indispensabile contrapporlo allo sviluppo dell’istinto di vita, cioè all’organizzazione repressiva della sessualità. Gli istinti sessuali subiscono l’urto del principio della realtà. La loro organizzazione culmina nella sottomissione degli istinti sessuali parziali al primato della genitalità, cioè nella loro subordinazione alla funzione procreativa. La soddisfazione degli istinti parziali e della genitalità non procreativa viene repressa come perversione. La sessualità procreativa nella maggior parte delle civiltà viene incanalata in istituzioni monogamiche. Freud rilevò in parecchie occasioni che senza la sua organizzazione, la sessualità precluderebbe tutti i rapporti non sessuali e quindi tutti i rapporti civili della società. Quando un rapporto amoroso è al suo culmine, non c’è posto per alcun interesse per il mondo circostante. Ma questa interpretazione della sessualità come può giustificare la definizione di Eros come forza che tiene assieme tutto ciò che esiste a questo mondo? Secondo l’interpretazione di Marcuse, l’Eros libero non ostacola rapporti civilizzati duraturi nella società, ma rifiuta soltanto l’organizzazione iper repressiva dei rapporti umani in una società dominata da un principio che è la negazione del principio del piacere. Il principio di prestazione, che è il principio di una società acquisitiva e antagonistica in processo di espansione costante, presuppone un lungo sviluppo durante il quale il dominio è stato sempre più razionalizzato: adesso, il controllo del lavoro sociale riproduce la società in una scala più vasta e in condizioni migliori. Per la grande maggioranza della popolazione, la misura e il modo della soddisfazione sono determinati dal loro lavoro. La libido è stata deviata per consentire prestazioni socialmente utili. Comunque, e questo è il punto decisivo, l’energia istintuale sottratta in questo modo, non va ad aumentare gli istinti aggressivi, poiché la sua utilizzazione sociale(nel lavoro) sostiene e arricchisce la vita dell’individuo. Nello sviluppo normale, l’individuo vive liberamente la propria repressione come vita propria. Il conflitto tra sessualità e civiltà si acuisce con lo sviluppo del dominio. Sotto la legge del principio di prestazione, corpo e anima vengono ridotti a strumenti di lavoro alienato. L’uomo esiste come strumento di prestazione alienata soltanto in certe ore, nei giorni lavorativi. Il tempo libero è potenzialmente disponibile per il piacere. Ma il principio del piacere che governa l’Es non conosce tempo, è senza tempo. Inoltre, l’alienazione penetra e si diffonde dalla giornata lavorativa nelle ore libere. Il controllo fondamentale delle ore libere viene ottenuto dalla durata della giornata lavorativa stessa, dalla routine faticosa e meccanica del lavoro alienato; per queste ragioni le ore libere si riducono ad ore di rilassamento passivo e di ri-creazione di energie per altro lavoro. E’ soltanto nell’ultima fase della civiltà industriale che la tecnica della manipolazione delle masse ha creato un’industria dei divertimenti che controlla direttamente il tempo libero. L’organizzazione della sessualità rispecchia i tratti fondamentali del principio di prestazione e il suo modo di organizzare la società. In questa organizzazione, Freud mettere in rilievo l’aspetto della centralizzazione. Essa riesce particolarmente efficace nell’unificazione dei vari oggetti degli istinti parziali in un solo oggetto libidico di sesso opposto, e nella costituzione della supremazia genitale. In tutti e due questi casi, il processo unificatore è repressivo, vale a dire che gli istinti parziali non si sviluppano verso un grado superiore di soddisfazione che conservi i loro obiettivi, ma vengono staccati e ridotti a funzioni subordinate. Questo processo conclude la desessualizzazione socialmente necessaria del corpo: la libido si concentra su di una sola parte del corpo, e buona parte del resto rimane libera per essere usata come strumento di lavoro. Alla riduzione temporale della libido si aggiunge quindi la sua riduzione spaziale. L’organizzazione degli istinti sessuali imposta dalla società interdice come perversioni tutte le loro manifestazioni che non servano o preparino la funzione procreatrice. Le perversioni esprimono la ribellione contro il soggiogamento della sessualità da parte dell’ordine della procreazione, e contro le istituzione che salvaguardano quest’ordine. La teoria psicoanalitica vede nelle pratiche che escludono o prevengono la procreazione, un rifiuto all’ordine di continuare la catena della riproduzione e quindi del dominio paterno. Le

perversioni sembrano opporsi all’intero asservimento del principio di piacere al principio della realtà, dell’io del piacere all’io della realtà. Le perversioni rivelano una profonda affinità con la fantasia, quale attività psichica rimasta esente dalle prove della realtà, e subordinata unicamente al principio del piacere. Contro una società che impiega la sessualità a scopo utilitario, le perversioni sostengono la sessualità come fine a se stessa; esse si pongono quindi al di là del dominio del principio di prestazione, e minacciano i suoi fondamenti stessi. Le perversioni fanno intuire un’identità di Eros e istinto di morte, o l’asservimento dell’Eros all’istinto di morte. L’intero progresso della civiltà è stato reso possibile soltanto dalla trasformazione e dall’utilizzazione dell’istinto di morte. La deviazione della distruttività originale dall’io verso il mondo esterno alimenta il progresso tecnico, e l’intervento dell’istinto di morte nella formazione del super io conclude il soggiogamento punitivo dell’io del piacere al principio della realtà, e garantisce infine una morale civilizzata. In questa trasformazione, l’istinto di morte viene messo al servizio dell’eros; gli impulsi aggressivi provvedono continuamente l’energia per la modifica, il dominio e lo sfruttamento della natura a vantaggio dell’umanità. Nella costruzione della personalità, l’istinto di distruzione si manifesta nel modo più chiaro nella formazione del super io. Il super io costruisce e protegge l’unità dell’io, salvaguarda il suo sviluppo sotto il principio della realtà, e opera in questo modo al servizio dell’eros. Ma il super io raggiunge questi obiettivi aizzando l’io contro il suo es, indirizzando una parte degli istinti distruttivi contro una parte della personalità, disgregando l’unità della personalità nel suo insieme; cosi esso agisce al servizio dell’antagonista dell’istinto di vita. Quanto più l’uomo frena le sue tendenze aggressive contro gli altri, tanto più intense diventano le tendenze aggressive del suo io ideale contro il suo io. E’ in questo contesto che la metapsicologia di Freud si trova di fronte alla funesta dialettica della civiltà: è proprio il progresso della civiltà che porta alla liberazione di forze sempre più distruttive. Allo scopo di chiarire questa connessione tra psicologia individuale di Freud e teoria della civiltà, sarà necessario riprendere su un altro piano, cioè su quello filogenetico, l’interpretazione della dinamica degli istinti. 3. LE ORIGINI DELLA CIVILTA’ REPRESSIVA(FILOGENESI). Le esperienze infantili che diventano traumatiche sotto l’urto della realtà, sono pre individuali, generiche: le variazioni individuali, la dipendenza prolungata dell’infante, la situazione edipica e la sessualità pregenitale, sono tutti fenomeni che appartengono all’uomo come specie. L’analisi della struttura psichica della personalità è quindi costretta a risalire al di là della prima infanzia, dalla preistoria dell’individuo a quella della specie. Secondo Otto Rank, nella personalità opera un senso biologico di colpa che è l’esponente delle esigenze della specie. I principi morali che il bambino assorbe dalle persone che hanno la funzione di allevarlo durante i suoi primi anni di vita ricordano certi echi filogenetici dell’uomo primitivo. La civiltà continua ad essere determinata dalla sua eredità arcaica, e questa eredità, secondo l’asserzione di Freud, comprende non soltanto disposizioni, ma anche contenuti ideativi, tracce di memoria delle esperienze di generazioni passate. La psicologia individuale è quindi in se stessa psicologia di gruppo in quanto l’individuo stesso continua a trovarsi ...


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