Nietzsche - riassunto completo e dettagliato dalle lezioni di Matteo Saudino PDF

Title Nietzsche - riassunto completo e dettagliato dalle lezioni di Matteo Saudino
Course Scienze Linguistiche, Letterarie e della Traduzione
Institution Sapienza - Università di Roma
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riassunto completo e dettagliato dalle lezioni di Matteo Saudino...


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NIETZSCHE La nascita della tragedia greca La prima opera di Nietzsche, datata 1972, è “La nascita della tragedia greca”. Questa è in realtà un'opera filologica e testimonia quello che fu il suo interesse giovanile per il mondo classico greco. Nietzsche rilegge in modo originale il mondo greco, interpretazione che non ha precedenti nel mondo accademico. Tale originalità gli impedisce infatti di fare carriera accademica, perchè non trova riscontro negli altri intellettuali. Si tratta di un'opera altamente provocatoria. Ovviamente non si tratta solo si un'opera filologica ma affronta i grandi temi della filosofia, dell'estetica e della cultura a 360°. E' il filosofo che più di tutti trasgredisce, criticando la cultura occidentale, rovesciando e distruggendo le certezze della società e smentendo le menzogne metafisiche e politiche dell'Occidente. Possiamo cogliere già nella sua prima opera uno sguardo totalmente diverso rivolto alla cultura occidentale, a partire dalla sua origine nel mondo greco. Da Shopenauer riprende la critica all'ottimismo, entrambi vedono il pessimismo come frutto di un'attenta analisi di una realtà illusoria. Per Nietzsche però il pessimismo non costituisce un punto di arrivo, ma un punto di partenza a cui contrapporre il vitalismo, l'esaltazione delle forze vitali della terra e dell'uomo. Tale concezione lo avvicinerà alla musica di Wagner, con cui instaurerà un forte legame di amicizia che finirà solo dopo diversi anni. “La nascita della tragedia greca” è una sorta di visione della realtà attraverso delle categorie estetiche. Secondo Nietzsche l'arte è in grado di spiegare l'essenza del mondo e della realtà. Grande recupero delle tematiche romantiche. Secondo Nietzsche l'Occidente si è formato su una immagine parziale, se non falsa, del mondo greco. I greci sono generalmente rappresentati come degli “illuministi ante litteram”, filosofi e pensatori, organizzatori razionali della realtà. Per lui non vi è sempre stato questo prevalere della razionalità ma vi erano due impulsi ben distinti: l'Apollineo e il Dionisiaco. Il mondo greco ha trovato una sintesi perfetta tra questi due spiriti nella tragedia, in particolare quelle di Sofocle e di Eschilo. L'apollineo scaturisce dalla forma, dalla razionalità, dall'armonia, dalla plasticità delle forme. Rappresenta ordine, luce, chiarezza. Contrapposto all'Apollineo vi è il Dionisiaco, quello spirito che scaturisce dalla forza vitale, dal divenire (ripreso da Eraclito), la continuazione mutazione che si esprime nella forza creatrice della musica, della poesia lirica (non quella epica come l'Apollineo) e troverà piena esaltazione nella tragedia classica. Nel momento in cui queste due tendenze sono perfettamente armonizzate abbiamo la tragedia di Eschilo e Sofocle, che esprimono pienamente la duplicità del mondo greco. Viene rappresentata la vicenda epica dell'eroe e si ha uno svolgimento di fatti lineare (apollineo) che sono però travolti dal fato e dalla tragicità che viene comunicata attraverso il coro e gli strumenti (dionisiaco). Eroe che drammaticamente cerca di dare un senso alle vicende sconvolte dal destino. Un esempio di ciò è Edipo che inconsapevolmente uccide il padre, sposa la madre ed è al contempo fratello e padre dei suoi figli. Il fato si oppone ai suoi piani, distruggendo le sue convinzioni, la sua vita, la città che aveva governato. Altro esempio di ciò è Medea che tenta di costruire il proprio percorso con le sue scelte, le si oppone però un destino avverso che la porterà ad uccidere i suoi stessi figli. I responsabili della morte di questa dualità sono Socrate in ambito filosofico e Euripide in ambito tragico. Entrambi distruggono il Dionisiaco. Socrate da razionalità al divenire, pretendendo di racchiudere l'esistenza intera in un concetto e pensando che la mente potesse racchiudere la totalità dell'abisso dell'esistenza. La vita per Nietzsche è impossibile da racchiudere in un concetto in quanto è lacerazione, furia, divenire. Nella tragedia di Euripide ogni avvenimento aveva la giusta collocazione, un punto di fuga e di equilibrio. Il realismo di Euripide uccide Dioniso, senza però riuscire a cogliere la totalità dell'esistenza. Il mondo ha una

struttura tragica, è in continuo divenire e non può essere racchiuso nella razionalità e nel positivismo. L'uomo stesso contiene a contrapposizione tra Apollineo e Dionisiaco, negare questa tensione significa mentire e distruggere una parte di noi, trasformarci in ciò che non siamo per razionalizzarci e definirci. Euripide dimentica la drammaticità della vita. Nel momento in cui l'arte di è appiattita sulla razionalità è diventata anti-vitale, volendo mettere ordine in un mondo fatto di caos e l'artista non può leggere il mondo se ne elimina l'aspetto più lacerato. Wagner esalta la forza, la vitalità, l'energia. Non esalta la forma e la plasticità ma la tensione. Si contrappone ai contemporanei decadenti, che cantavano la perdizione e vedevano l'uomo sulla base della sua utilità. Per Nietzsche l'uomo deve perdersi nella tragicità del mondo diventando “oltre-uomo”, non rifugiandosi nel Nichilismo passivo. Bisogna avere la forza di guardare alla realtà come alla tensione caotica che essa è e non rifugiarsi nell'illusione metafisica. La seconda “Inattuale” e la storia come malattia L'opera “Quattro considerazioni inattuali” è composta da Nietzsche dopo “La Nascita della tragedia greca”, tra il 1873 e il 1875. Quest'opera negli intenti di Nietzsche averebbe dovuto proporre la rinascita dell'Occidente, che aveva rinnegato la propria derivazione tragica. In realtà quest'opera più che proporre una rinascita della tragedia diventa un insieme di critiche serrate alla cultura contemporanea. La seconda inattuale si chiama “Sull'utilità e il danno della storia per la vita”. Si esprime contro le opinioni filosofiche storiciste e contro le opere storiografiche. In particolare attacca Hegel e la sua convinzione che la realtà si dispieghi storicamente e gli storiografi che producono volumi e volumi di opere storiografiche che ingessano la vita. Secondo Nietzsche un eccesso di storia soffoca le potenzialità creatrici dell'uomo, la storia diventa una sorta di malattia che inibisce. L'uomo dell'800 per Nietzsche non è un uomo che vive il presente e guarda al futuro ma è rivolto al passato. Cerca nella storia il senso del presente e cerca di interpretare tramite essa presente e futuro. Diventa un uomo “epigonale” ed imitatore. L'umanità si sta facendo imitatrice del passato, invece di evolversi si limita a copiare se stessa. Dunque si tratta di una cultura storicista che vede i fatti solo come da catalogare e incasellare, imbrigliando la creatività umana. Per Nietzsche bisogna innescare un meccanismo di oblio, dobbiamo essere meno consapevoli della storia passata, l'uomo che è troppo cosciente non è felice (Schopenhauer e Leopardi): per vivere bene il presente dobbiamo cancellare il passato. Dunque la memoria non è sempre pro-vita. C'è un tipo di memoria che aiuta realmente a comprendere il presente e c'è un tipo di memoria che invece tarpa le ali al presente e preclude il futuro. La buona memoria permette di instaurare un rapporto proficuo col passato, che diventa mezzo per un presente più fecondo. Nel momento in cui la memoria preclude il presente diventa cattiva. L'uomo ha bisogno della storia per 3 motivi: 1) per capire il passato al fine di soddisfare le proprie aspirazioni; 2) perché ama conservare e venerare il passato; 3) perché soffre e aspira quindi ad una liberazione. Da questi nascono 3 tipi di storie: 1) la storia monumentale, che guarda al passato per cercare dei modelli per il presente che possano ritornare in futuro, si rischia però di mitizzare il passato; 2) la storia antiquaria che guarda indietro con amore e attaccamento, si diventa spesso “collezionisti storici”, senza trarne insegnamento ma solo idolatrandola; la storia critica, secondo cui la storia va interrogata per giungere alla conclusione che essa è ingiusta e per liberarsene.

La filosofia del mattino e la “gaia scienza” Per Nietzsche la filosofia del mattino è quella che deve liberare gli uomini dalle tenebre del passato e deve liberare il mondo dalla menzogna della metafisica, è un tipo di filosofia di stampo illuminista. Per fare ciò serve una gaia scienza. “Gaia” proprio perché ha un valore liberatorio e deve rimuovere le catene che attanagliano l'uomo, cioè le false credenze. La filosofia del mattino è l'alba di un nuovo mondo e di un nuovo uomo. Il vecchio uomo è quello della metafisica, delle religioni, quello che ha sacrificato lo spirito dionisiaco e la natura viandante dell'uomo che dovrebbe vivere coraggiosamente sulla terra. Il mondo è un caos eterno e vivere nel caos è rischioso, ma esso costituisce tutto ciò che è. E' l'unica forma che il mondo possa offrire, non c'è giustizia, non c'è ordine, non c'è equilibrio. A partire da Platone si è sacrificato il mondo del caos a favore di un mondo vero e perfetto aldilà del reale. Platone, dicendo che questo mondo è la copia imperfetta di un mondo perfetto, lo ha svilito. Racconta delle favole, favole ottimistiche per cercare di orientare e guidare l'uomo. Anche i cristiani sono inventori di favole. Raccontano storie che concedono all'uomo una sorta di serenità, proprio come ad un bambino si raccontano le favole affinché vada a dormire a cuor leggero. Queste hanno creato credenze collettive e illusioni di felicità (Schopenhauer e Leopardi). Per distruggere la metafisica bisogna distruggere l'illusione più antica di tutte: Dio. Per Nietzsche Dio non è solo quello delle religioni di derivazione ebraica, ma è ogni illusione ultra-mondana. E' ogni orizzonte metafisico, è la fuga dalla vita è la personificazione di ogni certezza dell'umanità e rappresenta tutti i tentativi dell'uomo di dare un senso alla vita. L'uomo dovrebbe liberarsi dal presupposto che la vita abbia un senso, è la nostra mente che tenta disperatamente di scorgere un ordine nel mondo al fine di sopportare le durezze della vita. Dio nasce sostanzialmente dalla paura. Questa menzogna per Nietzsche è ormai morta. La morte di Dio e l'ateismo come istinto filosofico Nella Gaia Scienza il folle annuncia la morte di Dio. La domanda che Nietzsche si pone è come l'uomo possa sopravvivere al peso della morte di Dio, come possa vivere dopo un delitto di tale portata. La morte di Dio è annunciata dal folle con un afflato che potrebbe far sembrare un credente in preda ad un trauma. Nonostante l'uccisione di Dio sia in effetti un evento traumatico, è un trauma liberatorio. L'uomo è shockato da ciò perché in realtà non è ancora pronto ad accettare la vita terrena come unica prospettiva. L'uomo è disorientato in quanto non ha ancora subito quell'evoluzione che lo renderà un oltreuomo in grado di ergersi egli stesso a divinità. Solo una nuova e potenziata umanità può colmare il vuoto lasciato dalla fede. L'umanità non è ancora pronta a vivere senza Dio o senza divinità surrogate (Sublimazione------>Freud). La morte di Dio è il crollo di ogni assoluto e di ogni aspirazione metafisica. Il crollo degli assoluti fa precipitare l'uomo in una vertigine che deve saper affrontare. L'uomo non deve cercare una nuova divinità ma deve affrontare un mare in tempesta, il mare delle nostre responsabilità. Dio non è solo “storicamente” morto, quello era già successo con i positivisti o con gli antimetafisici come Feuerbach e Marx. L'ateismo di Nietzsche è diverso, non è scientifico e razionale. È un istinto filosofico. Non deriva dalla mancanza di prove scientifiche a supporto dell'esistenza di Dio come per i positivisti, o dalle indagini sociologiche di Marx. Deriva da un semplice sentire che Dio non esiste e comportarsi di conseguenza. Solo gli spiriti liberi hanno questo istinto ateo e vivono in una “nuova aurora”. Non sono più illuminati dal sole che è la fede, ma da un sole nuovo e personale. Sono oltreuomini che invece di creare nuove divinità devono camminare sul cadavere di ogni Dio, senza scappare o essere spaventati dalla mancanza di fede. Deve accettare la morte di Dio, Dio inteso come quello di

ogni religione e come ogni surrogato che voglia imporsi come “fede” e vivere in un mondo sdivinizzato. Zarathustra fu il primo profeta a illudere l'uomo dell'esistenza di una vita metafisica aldilà della corporeità, di conseguenza è il prima a rendersi conto del suo errore e ad annunciare un nuovo mondo senza Dio. Nietzsche rovescia la prospettiva rendendo Zarathustra non profeta di Dio ma della morte di Dio. Nietzsche è inequivocabilmente ateo, anche se in alcuni passi si coglie una nostalgia del divino ciò non implica che egli sia un credente. La morte di Dio è il tramonto del platonismo, egli fu infatti il primo a fondare la metafisica, una prospettiva filosofica ultraterrena orientata a raccontare favole e a far credere all'uomo che vi fosse di più della vita sulla terra. Platone è il calunniatore per antonomasia. Ha opposto al mondo vero un mondo più vero, creando nell'iperuranio una perfezione ideale atta a svilire il mondo terreno. Nel mondo greco il mondo metafisico era inconoscibile, vi arrivano solo pochi eletti, i saggi e i filosofi. In un secondo momento la religione cristiana costruisce una nuova idea di un paradiso che si svela solo agli uomini buoni. Dopo aver sofferto nella vita e aver vissuto rettamente, gli sarà concesso di conoscere la realtà del mondo di Dio. In Kant, il mondo vero è precluso a tutti, ma è ormai una sorta di postulato, un obbligo morale. Di conseguenza secondo Kant l'uomo deve vivere come se Dio esistesse e deve rendere la sua anima e la sua coscienza un anima degna. L'ultima tappa è il positivismo, che segna la morte della metafisica ma sostituisce all'immagine di Dio l'idea di una scienza che porta salvezza e progresso. L'oltre uomo e le tre metamorfosi Il concetto di “oltre uomo” o “superuomo” è, insieme a quello della morte di Dio, uno dei più celebri pensieri di Nietzsche. Come tutti i concetti estremamente celebri tra le folle questi subiscono una volgarizzazione e una banalizzazione, diventando pericolosi. Il superuomo appare per la prima volta nella “gaia scienza” perché, alla morte di Dio e al venir meno di tutte le menzogne che hanno coperto il drammatico caos della vita, avviene l'annuncio dell'avvento di una nuova idea di uomo. L'uomo per sopravvivere alla morte di Dio deve trasformarsi in divinità, solo il superuomo può reggere l'urto di quello che ha compiuto, l'uccisione di Dio. L'opera in cui Nietzsche annuncia definitivamente la venuta del superuomo è “Così parlò Zarathustra”, l'ultima opera prima dello sprofondare della malattia. Il superuomo vive nel contesto dell'eterno ritorno. Nietzsche evidenzia qui la sua volontà di potere. E' Zarathustra ad annunciare ciò in quanto fu il primo profeta a fondare una morale ultramondana, essendo il primo a sbagliare deve essere quindi il primo a rendersi conto dell'errore. Nietzsche fa di Zarathustra il profeta che ritorna sulla terra per annunciare la fine di quella menzogna millenaria. In questo momento vi sono due alternative: può prevalere l'uomo mediocre, che finge di non vedere la morte di Dio e tiene le chiese come grandi tombe della fede, oppure il superuomo. L'annuncio dell'oltre uomo è forte. Non si tratta del superuomo di D'Annunzio o del Dorian Gray di Wilde e non è un macista, guerriero, vate di parole o politica. Non vuole rendere la sua vita un'opera d'arte. E' al limite tra il reale e il metafisico. L' oltreuomo è colui che rimane fedele alla terra e che esalta il suo corpo, non facendone un'opera d'arte o diventando un seduttore o un guerriero, ma facendo del corpo la propria dimora senza fuggire in chiese o paradisi metafisici. Il superuomo capisce che il suo corpo, la sua mente, il suo sangue rappresentano la sua prospettiva di vita. E' colui che accetta totalmente la vita per quello che è. E' colui che di fronte al dolore, all'assenza di senso e alla sofferenza dell'esistere, non fugge e accetta lo spirito dionisiaco. Per essere degno figlio di questa terra deve vivere e soffrire a pieno, deve faticare e reggere il peso dello sforzo senza scappare. Possiamo ben cogliere il concetto di oltreuomo nel “Discorso delle tre metamorfosi”, qui dice che assimila lo spirito del mondo al processo di metamorfosi di cammello-leone-bambino. Il cammello rappresenta

l'uomo che sopporta il peso della tradizione nell'ottica del “tu devi”, che si piega ai costumi, alla morale, ai padri del pensiero, alla religione. Il peso del “tu devi” è simboleggiato dalla gobba del cammello. In un secondo momento diventa leone, liberandosi dai fardelli della metafisica, della menzogna, della costrizione, dall'etica. Il leone riesce ad affrontare i mostri e a sconfiggerli. Risponde al “tu devi” con “io voglio” e rappresenta una libertà negativa che non corrisponde all'oltreuomo, ne è solo l'anticamera. Il vero superuomo è il fanciullo, in quanto è una creatura non normata, che non conosce la tradizione e non si sente vincolato. Egli è prima della morale ed è aldilà del bene e del male. Mentre il leone era libero DA vincoli, tradizioni e morale, il bambino è libero DI fare, inventare, smontare. Non deve rispondere al “tu devi”. Il bambino è volontà creatrice senza sovrastrutture, è inventore di sé e del mondo. Può essere ogni giorno diverso dal giorno prima ed è libero di decidere che ordine conferire alle cose, ad esempio può rendere la stanza che normalmente è adibita a cucina la sua stanza dei giochi. Il fanciullo è spirito ludico e gioca con il mondo. La volontà di potenza e la genealogia della morale La volontà di potenza (pubblicata postuma e forse incompleta) è il concetto più ambiguo di Nietzsche ed è quello che più di tutti ha generato dibattiti, è infatti la prospettiva filosofica che più si è prestata ad essere affiancata al nazismo. Furono Colli e Montanari a “denazificare” le sue opere e a collocarle in un giusto contesto, dichiarando che erano state “nazificate” dalla sorella e dal Terzo Reich stesso che aveva elevato Nietzsche a propugnatore di un avvento politico di superuomini. Il pensiero di Nietzsche è sicuramente elitario e antidemocratico, ma non contiene elementi di antisemitismo. Il concetto di “volontà di potenza” è un punto chiave per chiudere il cerchio intorno all'oltreuomo. Questo pensiero giunge in un momento in cui in realtà la volontà di potenza è già emersa. Già nella genealogia della morale Nietzsche presenta diversi tipi di morale. Quella più seguita ed esemplare, all'inizio. era la morale di signori, guerrieri e uomini coraggiosi, coloro che accoglievano lo spirito dionisiaco e si davano alla vita e agli eroici furori (c.f.r. Giordano Bruno). Questo abbracciare la vita è andato perduto nel tempo, è un atteggiamento adatto solo a uomini eccezionali e la maggior parte degli uomini non riuscivano a realizzarlo. Questo suscitò un alcuni un senso di invidia che portò alcuni uomini abili in parola e ragionamento a diventare “sacerdoti”, una sorta di sofisti che ingannarono gli uomini forti. Trasvalutarono i valori, facendo dell'obbedienza e della sottomissione delle doti e assumendo così il controllo della maggior parte degli uomini, visto che la maggior parte degli uomini non sono abbastanza forti per abbracciare la morale del corpo, del sangue e dalla potenza, destinata solo a pochi. I sacerdoti trasformarono il concetto di mondo in senso negativo, attribuendo alla corporeità i mali. La vera morale, secondo i sacerdoti, non sta nell'esaltare la vita del corpo, ma nell'aspirare ad un futuro nell'aldilà tramite miseria, povertà e umiltà. L'intelligenza era bandita, in quanto non gestibile ed è biasimata. Per Nietzsche l'intelligenza deve avere una sorta di connotazione erotica e furente e spingersi continuamente oltre i limiti imposti ed è impossibile da esercitare per la maggior parte degli uomini. Mentre per la morale professata dai sacerdoti questo mondo è una zona di passaggio, per Nietzsche questo mondo è tutto ciò che abbiamo, è il nostro paradiso anche se contiene la tragicità ed è la nostra occasione per essere superuomini. La morale apollinea è atta ad imbavagliare le nostre vite e a silenziare le nostre voci. Il cristianesimo ad esempio per Nietzsche è la massima espressione della rinuncia alla vita, i cristiani infatti rinunciano alla tragicità della vita in cambio della promessa di una vita eterna come ricompensa per il loro agire rettamente...


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