ANTI- Edipo - Riassunto del testo di Deleuze e Guattarì PDF

Title ANTI- Edipo - Riassunto del testo di Deleuze e Guattarì
Author servio tullio
Course Filosofia della scienza
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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Riassunto del testo di Deleuze e Guattarì...


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GILLES DELEUZE E FÉLIX GUATTARI L’ANTI-EDIPO, CAPITALISMO E SCHIZOFRENIA, 1972 a cura di Silvia D’Offizi L’onnipotenza dell’ES è minata dalla compresenza invadente delle macchine. Ovunque sono macchine tra loro collegate e tutti siamo bricoleurs. Esistono macchine-organo e macchine-energia al centro di flussi e interruzioni. Chi vive al centro di questa meccanizzazione, che identifica nelle macchine le parti e le funzioni di un gigantesco meccanismo di produzione, è lo schizofrenico. Egli non vede la natura per come è, ma unicamente come processo di produzione “non c’è più né uomo né natura, ma unicamente processo che produce l’una nell’altra e accoppia le macchine. Ovunque macchine produttrici e desideranti, le macchine schizofreniche, tutta la vita generica: io e non-io, esterno e interno, non vogliono più dir nulla”. Eppure Edipo presuppone una repressione delle macchine desideranti. Il rapporto uomo-natura, così come lo codifica anche Marx, si sviluppa per sfere autonome «produzione», «distribuzione», «consumo», ma questo livello di distinzione è una falsa coscienza perché il processo non prevede circuiti indipendenti: la produzione è immediatamente anche consumo e registrazione. Non c’è ulteriore distinzione uomo-natura “l’essenza umana della natura e l’essenza naturale dell’uomo si identificano nella natura come produzione o industria”. Uomo e natura sono un’unica e medesima realtà di produttore e prodotto. La produzione si riconduce al desiderio, è una produzione desiderante che ha come fine la “causazione della schizofrenia artificiale”. Lawrence lo diceva dell’amore “di un processo abbiamo fatto uno scopo”, il fine di un processo è il proprio compimento non un’estremizzazione. “Per la schizofrenia è come per l’amore: non c’è alcuna specificità né entità schizofrenica, la schizofrenia è l’universo delle macchine desideranti produttrici e riproduttrici, l’universale produzione primaria come realtà essenziale dell’uomo e della natura”. Le macchine sono sempre collegate, il desiderio produce l’accoppiamento di flussi continui. Alle macchine organi si oppone il corpo senza organi prodotto dal desiderio di morte. Le macchine desideranti dicono al corpo che non è un organismo e quindi non ha bisogno di organi, le macchine solo sono organismi, il corpo è vuoto. La macchina paranoica è il prodotto di questa repulsione tra macchine desideranti e corpo senza organi, si genera dall’opposizione tra il processo produttivo delle macchine e l’improduttività del corpo. “La macchina paranoica è una incarnazione delle macchine desideranti: essa risulta dal rapporto tra le macchine desideranti e il corpo senza organi, in quanto questo non può più sopportarle”. Bisogna istituire a questo punto un parallelismo tra la produzione desiderante e la produzione sociale, un parallelo fenomenologico. Le forme di produzione sociale prevedono anch’esse un elemento di improduzione abbinato al processo. Il capitale è il corpo senza organi del capitalista, produce il plusvalore come il corpo senza organi si riproduce in sé. Il plusvalore sviluppa la produttività e il lavoro, ma le forze produttive e sociali sembrano a quel punto staccarsi dal processo produttivo e passare dal lavoro al capitale. Sul corpo senza organi si innestano le macchine non come appendice ma come punti di disgiunzione tra i quali si intesse una rete di sintesi nuove; non c’è più

uno schizofrenico “ma… sia”, ma un “e poi”. Lo schizofrenico invece non riconosce la congiunzione, ma vede sul proprio corpo solo una serie di disgiunzioni. “La sintesi disgiuntiva di registrazione viene a sovrapporsi alle sintesi connettive di produzione”. Corpo e macchine sono tenuti insieme dall’energia. C’è una nuova genealogia desiderante, la sua natura è edipica? La forma della genealogia desiderante è rappresentata dalle disgiunzioni. In termini psicoanalitici bisognerebbe trovare il padre nascosto dietro l’energia che unisce le disgiunzioni. La produzione desiderante si pone come un sistema lineare binario e il corpo pieno è il terzo termine della serie: CORPO SENZA ORGANI, MACCHINE DESIDERANTI CORPO, PIENO SENZA ORGANI. Ma il corpo pieno senza organi è un’Antiproduzione, interviene solo per rifiutare ogni triangolazione che implichi una produzione parentale. Se si genera da se stesso rifiuta di essere definito come prodotto dai genitori. Su di esso si distribuisce l’energia e le disgiunzioni si distribuiscono indipendentemente da ogni proiezione. Lo schizofrenico ha un codice che non coincide con il codice sociale il suo codice è delirante, o desiderante, è fluido. Lo schizofrenico in realtà passa da un codice all’altro componendo tutti i codici, il suo codice in realtà è connettivo. Quando le macchine si agganciano ad un corpo senza organi questo non riacquista i suoi organi, non diventa cioè di nuovo un organismo, ma resta fluido. Tutto ciò che avviene intorno entra in rapporto con l’energia che attraversa le disgiunzioni e viene registrato sul corpo senza organi. Nel significato del termine “processo” la registrazione ripiega nella produzione, ma la produzione di registrazione è produzione di produzione e il consumo succede alla registrazione. Sulla superficie di registrazione qualcosa si lascia individuare come soggetto. È un soggetto senza identità fissa ed erra sul corpo senza organi a lato delle macchine desideranti. Il soggetto, nella metamorfosi continua, è definito dalla parte che assume nel prodotto. Ogni produzione desiderante e consumo ha una parte di godimento, ma il soggetto non ne partecipa ancora perché è troppo preso ad orientarsi nelle disgiunzioni. La libido, in quanto energia di produzione, si è scissa in registrazione e consumo. L’energia residua di questo processo anima nell’inconscio una sintesi delle parti. Tale sintesi produce il soggetto e il soggetto è scisso tra le macchine desideranti e il corpo senza organi e questo fa di lui una macchina paranoica. La congiunzione può avvenire solo in una nuova macchina che funziona come ritorno del rimosso. Questa nuova macchina può essere chiamata macchina celibe. Il soggetto quindi è prodotto come lo scarto tra macchine desideranti e la macchina miracolante (frutto della repulsione tra macchine desideranti e corpo senza organi). È lo scarto frutto della sintesi congiuntiva. La macchina celibe, che pure trova esempi di raffigurazione in letteratura, porta la testimonianza di una macchina paranoica, ma non è a sua volta paranoica. Essa manifesta qualcosa di nuovo e solare: la nuova macchina ha capacità produttive, produce quantità intensive. Queste intensità provengono dalle forze precedenti di attrazione e repulsione e dalla loro opposizione e tuttavia le intensità non sono mai in opposizione, e non esprimono mai un equilibrio finale, ma un numero illimitato di stati attraverso i quali passa il soggetto. Tutto questo non può essere ridotto ad Edipo e alla teoria dei rapporti familiari. Al centro di tutto ci sono le macchine desideranti, il punto di disgiunzione sul corpo senza organi che formano cerchi concentrici. E il

soggetto passa per tutti questi cerchi, ma sempre lontano dal centro, sempre senza fissa identità. Oppure attrazione e repulsione tra macchina paranoica e macchina miracolante producono movimenti attrattivi nel corpo senza organi e sulla macchina celibe. Il soggetto non trova mai il proprio centro in queste oscillazioni, ma non vede neanche il circolo di cui lui stesso fa parte. Ogni identità è necessaria, nessuna è definitiva. L’intensità di partenza del corpo senza organi è pari a zero. Fino alla macchina desiderante ci sono una serie di stati che il soggetto occupa alternativamente e il suo godimento è in ciò che la macchina fa funzionare. Lo schizofrenico non può più dire “io”. L’io non può essere riportato alla formula edipica trinitaria: papà-mamma-io. Almeno non l’io schizofrenico. La psicoanalisi ha scoperto la grande produzione desiderante, la produzione dell’inconscio, ma Edipo ha poi ribaltato questa scoperta trasformando la produzione dell’inconscio in una rappresentazione. In essa l’inconscio non produce, si esprime: il processo si arresta e diventa uno scopo. Se si fissa il processo di produzione la specificità del prodotto tende a sparire. La schizofrenia non è solo la produzione dello schizofrenico, ma è anche il processo della produzione del desiderio e delle macchine desideranti. Come si passa dall’uno all’altro? Jaspers da la risposta. Opponendo il concetto di processo a quello di sviluppo della personalità, indicava nel processo una realtà a sé stante coincidente con la Natura. In effetti alla logica del desiderio manca il proprio oggetto. L’oggetto reale può essere prodotto solo da meccanismi di causa esterna, il desiderio non può generare l’oggetto: la realtà di un oggetto prodotto dal desiderio è una realtà psichica. Se il desiderio è mancanza dell’oggetto, la sua realtà risiede in una “essenza della mancanza”. Il desiderio produce, ma produce fantasmi. L’oggetto reale invece rinvia ad una produzione naturale o sociale estrinseche. È come se ci fosse una produzione mentale dietro ogni oggetto reale. Solo il bisogno produce oggetti reali. Il desiderio tuttavia non manca del suo oggetto ideale, è il soggetto che manca al desiderio. Oggetto e desiderio sono un’unica cosa, sono una macchina. Il reale deriva dal desiderio come autoproduzione dell’inconscio. Il desiderio non si puntella sui bisogni, ma al contrario i bisogni derivano dal desiderio, la mancanza è prodotta nella realtà dal desiderio che resta sempre vicino all’esistenza oggettiva. Esso è una potenza produttrice e produce vita in maniera più intensa quanti meno bisogni si hanno. La mancanza è qualcosa di organizzato nella produzione e si contrappone all’autoproduzione , non viene mai prima, ma sempre dopo la produzione e la pratica del vuoto come pratica economica è tipica della classe dominante. Il desiderio viene spostato verso la grande paura di mancare (desiderare è produrre: produrre in realtà).La produzione sociale di realtà e la produzione desiderante di fantasmi non sono scisse tra di loro e neanche sono in comunicazione. In realtà la produzione sociale è la produzione desiderante in determinate condizioni. Esistono solo desiderio e socialità e nient’altro: la produzione sociale è prodotta dal desiderio come lo sono la schiavitù e i regimi totalitari, così come dice Reich, i soggetti desiderano le proprie produzioni sociali, ma non si può identificare, come fa lui, la razionalità con la produzione e l’irrazionalità col desiderio. Il reale è sia nelle forme razionali che in quelle irrazionali come prodotto della produzione desiderante, essa è produzione sociale e il fantasma non è individuale ma di gruppo. Ogni produzione sociale deriva dalla produzione desiderante, ma la produzione desiderante è anzitutto

sociale. La schizofrenia è la malattia del nostro tempo e questo non vuol dire che la vita moderna renda pazzi, ma che questa ha a che fare col processo di produzione. Il capitalismo, nel suo processo di produzione, produce una forte carica schizofrenica: “più la macchina capitalistica deterritorializza, decodificando e assiomatizzando i flussi per estrarne il plusvalore, i suoi apparati annessi, burocratici e polizieschi, riterritorializzano a più non posso assorbendo una parte crescente di plusvalore”. Ultima territorialità ricostruita è Edipo sul quale ripiega il moderno nevrotico fino allo studio dello psicoanalista. Lo schizofrenico invece si tiene sul limite del capitalismo (la schizofrenia è una produzione desiderante come limite della produzione sociale).Una macchina si definisce come sistema di tagli, ma il taglio non è qui inteso come separazione. La macchina è in rapporto col flusso nel quale essa recide, i tagli operano dei prelievi nel flusso associativo. La macchina produce un taglio nel flusso perché innestata su un’altra macchina che produce il flusso ed è stata a sua volta flusso per quella innestata su di essa. Questa è la legge di produzione di produzione. Le macchine producono catene di connessioni che sono significanti perché danno vita a segni, i quali però non sono significanti di per se stessi. Questi segni, o disgiunzioni, non hanno un significato perché non escludono nulla, escludere significherebbe fissare l’identità personale; invece ogni catena cattura frammenti di altre catene in maniera casuale e il significato che ne deriva non era preordinato o cercato, è solo plusvalore. L’unico scopo per cui le catene si organizzano in segni di per sé non significanti è produrre del desiderio. Le catene sono le sedi di “stacchi” che procedono idealmente in tutte le direzioni. Un ultimo taglio la macchina lo fa per produrre un soggetto accanto alla macchina e tale soggetto non ha identità “Il soggetto procede così alla sua partorizione dalla sua partizione” e lo stato del soggetto è lo stato civile. I tagli come si vede hanno poco a che fare con la castrazione edipica. Ricapitolando: la macchina desiderante opera attraverso tre modalità:1. SINTESI CONNETTIVA (mobilita la libido come energia di prelievo)2. SINTESI DISGIUNTIVA (mobilita il numen come energia di stacco)3. SINTESI CONGIUNTIVA (voluptas come energia residua)Il processo di produzione desiderante sotto questi tre aspetti è produzione di produzione, produzione di registrazione e produzione di consumo, e tutto simultaneamente. Prelevare, staccare, restare sono le operazioni del desiderio e sono operazioni di produzione. Ogni operazione, nella macchina desiderante, avviene simultaneamente ma il tutto non è mai somma delle parti, l’unica categoria che può riassumere la somma delle parti è quella di molteplicità. Questa molteplicità è irriducibile all’unità. La produzione desiderante non è edipica (è anedipica) perché nella molteplicità che la caratterizza non permette alcuna forma di rappresentazione dell’inconscio, né della produzione desiderante che, così com’è frammentaria, non può essere schiacciata sulle figure parentali. Gli oggetti parziali sono pezzi di macchine desideranti che rinviano a processi di produzione e non familiari. Edipo rappresenta la costellazione familiare: mamma, papà ed io. Ma la psicoanalisi non ignora relazioni pre-edipiche nel bambino, esoedipiche nello psicotico e para-edipiche in altri popoli. In ogni caso ne fa un dogma generalizzato. È l’interpretazione strutturale che fa dell’Edipo un simbolo cattolico universale e anche lo schizofrenico viene ricollocato sull’asse edipico in prospettiva

generazionale (chiamando in campo i nomi e le generazioni precedenti). Il problema è scoprire se ci sia adeguazione tra al struttura edipica e le macchine desideranti. Ciò che si discute è l’edipizzazione forzata a cui la psicoanalisi ha costretto l’interpretazione del Reale. Freud con la tecnica edipica scoprì non tanto il dominio psichico sulla realtà biologica, ma anche il campo delle connessioni, delle sintesi. Scopre l’inconscio produttivo e quindi da una parte il confronto tra produzione desiderante e produzione sociale e dall’altra la repressione esercitata dalla macchina sociale sulla macchina desiderante e la rimozione di tale repressione. Tutto questo viene poi compromesso dall’instaurazione dell’Edipo sovrano. Tutta la produzione desiderante viene schiacciata nella rappresentazione del processo e della cura, l’inconscio produttivo così non è altro che un inconscio che sa solo esprimersi nei propri sogni, nel mito…Il vero nemico di questa rappresentazione a carattere familiare è lo schizofrenico, poiché anche anteponendo Edipo a tutto è chiaro che dietro di lui ci sono le macchine desideranti che prima o poi irromperanno sulla scena della terapia costruita sulla famiglia, distruggendo ogni cosa. La psicoanalisi spiega tutta la produzione del desiderio su una determinazione familiare che non ha nulla a che vedere con il campo sociale realmente investito dalla libido. Torniamo alle tre modalità attraverso le quali opera la macchina desiderante. Sintesi connettiva di produzione: dalla nebulosa statistica delle identità possibili se ne distacca una. Si possono fare due usi della sintesi connettiva, uno globale e specifico e uno parziale e non specifico. Nel primo caso è la sintesi di registrazione che pone un IO determinabile e differenziabile attraverso una serie di interdizioni costitutive (per Edipo ad esempio il tabù dell’incesto con la madre). Eppure si determina che ciò che è interdetto lo è in quanto desiderato. La persona non preesiste all’interdizione, questa crea la differenziazione, il suo opposto è il baratro dell’indifferenziato. L’interdetto che preesiste alla persona sin dall’inizio sposta il desiderio. Prima crea il triangolo edipico e poi, in una seconda fase, sposta il desiderio creando la persona della sposa e della sorella. La trasmissione della forma del triangolo edipico è assicurata da questo spostamento perché, prendendo in moglie una donna diversa dalla sorella, chiunque potrà a sua volta costituire un triangolo. Uscire da Edipo vuol dire anche riprodurlo, in questo modo si riproduce e prolunga la sintesi di produzione, che è sintesi connettiva perché usa un regime di coniugazione di persone. Il triangolo si forma nell’uso parentale e si riproduce nell’uso coniugale. Non è tuttavia attribuibile, come vorrebbe la psicoanalisi, unicamente ad una produzione dell’inconscio tutta la produzione desiderante del reale, compreso il triangolo edipico ed è similmente criticabile il fatto che la psicoanalisi appoggi sull’inconscio tutto l’impianto della cura. L’analisi va totalmente spostata verso i tagli-flusso della produzione desiderante che non si trovano in un luogo mitico dell’inconscio, ma in una dimensione anedipica. Edipo è la metafisica della psicoanalisi, la rivoluzione materialista non può vincere se non distruggendo Edipo. Sintesi disgiuntiva di registrazione: il triangolo edipico è in psicoanalisi la precondizione per definire l’identità del soggetto quanto a generazione, sesso e stato. È anche un riverbero della trinità religiosa (e non a caso Kant pone Dio come principio a priori del sillogismo disgiunti); la psicoanalisi è pervasa da sillogismi disgiuntivi. Solo la schizofrenia rimane come realtà extra-edipica perché si fonda su sillogismi affermativi, inclusivi. Non si è padre

“oppure” figlio, ma i rapporti sono inclusivi, basati su un “sia… sia”. La disgiunzione nello schizofrenico non è un oppure, ma semplicemente un secondo polo di uno spazio non scomponibile. Come dice Beckett, tutto si divide, ma in se stesso. Non identifica due contrari in uno, ma afferma lo spazio che passa per i due punti. Si tratta di una disgiunzione inclusiva, non contano le affermazioni parentali ma solo l’uso che se ne fa. Edipo dice che rifiutando la differenziazione si cade nel pozzo nero dell’indifferenziato, ma rifiutare la creazione edipica non vuol dire abbracciare ciò che si suppone sia il suo contrario. Per la psicoanalisi il passaggio edipico è obbligato e risolverlo vuol dire interiorizzarlo per poterlo affrontare all’esterno sotto forma di autorità sociale e da qui poi passarlo ai più piccoli. Edipo è il labirinto, per uscire bisogna entrare. La soluzione al dramma edipico, sempre secondo la psicoanalisi, oscilla fra due poli (di nuovo, disgiunzione esclusiva): identificazione nevrotica oppure interiorizzazione normativa. Ma questi restano vicoli ciechi, dietro di essi resta il problema della latenza in una società di “fratelli” in cui gli uni impediscono agli altri il gesto criminale cercando di favorire il processo di interiorizzazione. Per Freud la società americana, con l’anonimato nella gestione del potere, ci è presentata come una sorta di “società senza padri”. È chiaro che o si è su un polo di Edipo o sull’altro, non ci sono alternative. La latenza, nella società dei fratelli, nasconde il meccanismo della produzione e delle macchine desideranti. Chi non si lascia edipizzare è un matto e va curato o arrestato. In tal senso la psicoanalisi ha mostrato la sua propensione alla repressione sociale. Doppio vicolo cieco. Dal vicolo cieco permette di uscire la schizoanalisi che non risolve l’Edipo ma si propone di de-edipizzare l’inconscio. I due poli di Edipo sono: 1. polo di figure immaginarie identificatorie; 2. polo di funzioni simboliche differenzianti. È come il movimento del pendolo, da una parte Edipo come crisi e dall’altra come struttura. In realtà la differenza non passa dai due usi di ...


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