Autoefficacia: Teorie e Applicazioni capitoli 1-5-6 PDF

Title Autoefficacia: Teorie e Applicazioni capitoli 1-5-6
Course Psicologia della personalità e dei processi cognitivi
Institution Università degli Studi di Enna Kore
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AUTOEFFICACIA: TEORIE E APPLICAZIONI Albert Bandura (capitoli: 1, 5, 6)

CAPITOLO 1 LE BASI TEORICHE DELL’AUTOEFFICACIA E PROSPETTIVE TEORICHE AFFINI Esercitando la propria influenza su ciò che si può controllare, si è maggiormente in grado di realizzare gli scenari desiderati e di prevenire l’avverarsi di quelli indesiderati. La crescita delle conoscenze nel corso della storia ha aumentato molto la capacità umana di predire gli eventi e di esercitare un controllo su di essi. La fede in sistemi di controllo soprannaturali ha lasciato il campo a concezioni che ammettono la possibilità di modellare il proprio destino. Questo cambiamento nella visione che l’uomo ha di sé e il passaggio da una visione della vita basata sul controllo soprannaturale a una concezione basata sul controllo personale hanno inaugurato un importante cambiamento nel modo in cui si pensa alle cause degli eventi, estendendo l’esercizio del potere umano a un numero di ambiti sempre maggiore. La ricerca di controllo sulle circostanze della vita caratterizza quasi ogni azione umana in tutto il corso dell’esistenza, dal momento che il controllo degli eventi garantisce innumerevoli vantaggi personali e sociali. L’incertezza riguardo a questioni importanti da precipitare le persone in uno stato di confusione: nella misura in cui si è in grado di modificare il corso degli eventi, si è anche in grado di prevederli, e la prevedibilità favorisce l’adattamento. L’incapacità di controllare ciò che influisce negativamente sulla propria vita alimenta l’ansia, l’apatia e la disperazione; la capacità di procurarsi ciò che si desidera e di prevenire eventi indesiderati dà un forte incentivo allo sviluppo e all’esercizio del controllo personale. Quanto più si è in grado di influenzare gli eventi della propria vita, tanto più si è in grado di fare assumere a essi la piega desiderata. Dal momento che il controllo è così importante nella vita, nel corso degli anni sono state proposte molte teorie a riguardo. Il livello di motivazione, gli stati affettivi e l’azione si basano su ciò che le persone credono più che sulla realtà oggettiva delle cose, quindi il principale oggetto di studio è la convinzione personale delle proprie capacità causative. Le teorie secondo cui la lotta per il controllo personale sarebbe l’espressione di una pulsione innata limitano l’interesse per il processo di sviluppo dell’autoefficacia, dal momento che, secondo tali teorie, le persone verrebbero al mondo già completamente dotate di essa. Il fatto che quasi tutte le persone cerchino di esercitare almeno un minimo di influenza su alcune delle cose che hanno un effetto su di loro non indica necessariamente l’esistenza di un fattore motivante innato; la ricerca di controllo, inoltre, non è fine a se stessa. Le persone contribuiscono a determinare il loro funzionamento psicosociale attraverso i meccanismi di agentività personale, e nessun meccanismo di agentività è più importante o pervasivo delle convinzioni di autoefficacia. Se le persone non credessero di poter produrre con le loro azioni gli effetti che desiderano, avrebbero pochi stimoli ad agire. Le convinzioni di autoefficacia, quindi, sono un importante fondamento per l’azione. La nostra vita è guidata dal nostro senso di autoefficacia: il senso di autoefficacia corrisponde alle convinzioni circa le proprie capacità di organizzare ed eseguire le sequenze di azioni necessarie per produrre determinati risultati. La natura dell’agentività umana Nella valutazione del ruolo dell’intenzionalità nell’agentività umana occorre distinguere fra la produzione personale di un’azione mirata al raggiungimento di un risultato e gli effetti che l’esecuzione di tale corso d’azione produce effettivamente. L’agentività riguarda gli atti compiuti intenzionalmente; tuttavia, le azioni mirate a un determinato scopo possono far accadere qualcosa di piuttosto differente.

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Molte azioni vengono compiute nella convinzione che esse produrranno un certo esito desiderato, ma in realtà producono risultati che non sono né previsti né voluti: per esempio, molte persone hanno contribuito alla propria disgrazia compiendo intenzionalmente atti trasgressivi generati da una previsione grossolanamente errata delle conseguenze. In sintesi, la caratteristica essenziale dell’agentività personale è la facoltà di generare azioni mirate a determinati scopi; che poi l’esercizio di tale agentività produca effetti benefici o dannosi, o che produca conseguenze impreviste, è un’altra questione. Le convinzioni di autoefficacia sono l’elemento chiave dell’agentività umana. Se le persone credessero di non avere la possibilità di produrre risultati, non tenterebbero neanche di farlo. Nella teoria sociocognitiva il senso di autoefficacia è rappresentato in forma di convinzioni proposizionali. Rottschaefer presenta un’intelligente analisi in cui l’agentività umana opera attraverso cognizioni intenzionali e generative. Nel corso della vita, le persone sono agenti attivi e non semplici spettatori di meccanismi cerebrali organizzati da eventi ambientali. I sistemi sensoriale, motorio e cerebrale sono strumenti che le persone utilizzano per realizzare compiti e raggiungere gli obiettivi che danno un senso e una direzione alla loro vita. Attraverso i loro atti intenzionali, le persone modellano la struttura funzionale dei loro sistemi neurobiologici. Nel corso delle transazioni quotidiane, le persone analizzano le situazioni che incontrano, considerano le diverse possibilità di azione, giudicano la propria capacità di eseguirle con successo e valutano i risultati che probabilmente esse produrranno. Agiscono in base ai loro giudizi, poi riflettono su quanto i loro pensieri sono stati utili per gestire gli eventi e modificano consequenzialmente pensieri e strategie. Si diche che la persona è agente causale quando agisce sull’ambiente, ma che è anche oggetto quando riflette e agisce su di sé. L’agentività umana nella causazione reciproca triadica Nella teoria sociocognitiva l’agentività umana opera all’interno di una struttura causale interdipendente che coinvolge una causazione reciproca triadica; in questo contesto, il termine causazione viene usato con il significato di dipendenza funzionale tra eventi. Secondo questa concezione, i fattori personali interni (P), il comportamento (C) e gli eventi ambientali (E) operano come fattori causali interagenti che si influenzano reciprocamente in modo bidirezionale. Il fatto che le tre classi di fattori causali si influenzino reciprocamente non significa che esse abbiano lo stesso peso: la loro relativa influenza varierà a seconda delle attività o delle circostanze. L’agentività personale opera all’interno di un’ampia rete di influenze sociostrutturali. Nelle transazioni in cui si producono effetti le persone sono sia produttori sia prodotti dei sistemi sociali. Le strutture sociali non sono frutto del caso, ma una creazione dell’attività umana, e impongono vincoli e forniscono risorse per lo sviluppo personale e il funzionamento quotidiano; ma né i vincoli né le risorse strutturali preordinano ciò che gli individui diventano e fanno in determinate situazioni. All’interno delle strutture di regole resta molta variabilità personale per quanto riguarda la loro interpretazione, applicazione, adozione, violazione o opposizione ad esse. Le persone efficaci non hanno difficoltà a trarre vantaggio dalle strutture di opportunità, né a escogitare modi per aggirare i vincoli istituzionali o per modificarli attraverso l’azione collettiva. Viceversa, le persone inefficaci sono meno inclini a sfruttare le opportunità offerte dal sistema sociale e si lasciano scoraggiare facilmente dagli impedimenti istituzionali. Le teorie della facoltà umana di produrre effetti sono state associate all’agency individuale. Ma la teoria sociocognitiva adotta una visione dell’agentività molto più ampia: le persone non conducono la loro vita isolatamente, ma collaborano per produrre i risultati che desiderano. La crescente interdipendenza della vita sociale ed economica pone ancor più in risalto la necessità di estendere il centro di interesse della ricerca oltre l’esercizio dell’influenza individuale, comprendendovi l’azione collettiva mirata a dare un certo corso agli eventi. La teoria sociocognitiva estende quindi l’analisi dei meccanismi dell’agentività umana e si occupa dell’esercizio dell’agentività collettiva. Un elemento cruciale dell’agentività collettiva è la condivisione della fiducia nella capacità di produrre risultati collettivamente. L’efficacia collettiva non è la somma delle convinzioni di efficacia individuali; è un attributo emergente a livello di gruppo che deriva da dinamiche di cooperazione e interazione reciproca. 2

Il determinismo e l’esercizio dell’autoinfluenza L’esame della facoltà umana di produrre effetti solleva le questioni fondamentali del determinismo e della libertà di esercitare un controllo sulla propria vita. Il termine determinismo viene in questo senso usato per indicare la produzione di effetti attraverso eventi, piuttosto che nel significato secondo cui le azioni sono completamente determinate da una precedente sequenza di cause indipendenti dall’individuo. All’interno del sistema del determinismo reciproco gli eventi producono effetti probabilisticamente piuttosto che inevitabilmente. L’esercizio della facoltà umana di produrre effetti si basa sull’autoregolazione cognitiva, che viene raggiunta attraverso il pensiero riflessivo, l’uso generativo della conoscenza e delle abilità a propria disposizione e altri strumenti di autoinfluenza richiesti dalla scelta e dall’esecuzione dell’azione. Le autoinfluenze agiscono deterministicamente sul comportamento così come le influenze esterne: a parità di condizioni ambientali, le persone capaci di mettere in atto molte possibilità di azione ed esperte nella regolazione della loro motivazione e del loro comportamento avranno una maggiore libertà di provocare eventi rispetto a coloro che dispongono di mezzi di agentività personale limitati. La scelta delle azioni da compiere non è determinata da eventi ambientali, piuttosto si avvale del pensiero riflessivo, attraverso il quale viene esercitata una buona parte dell’autoinfluenza. Le persone influiscono su ciò che fanno attraverso le alternative che considerano, il modo in cui prevedono e valutano i risultati immaginati e il modo in cui valutano la loro capacità di eseguire le alternative considerate. Non sarebbe corretto affermare che gli individui producono pensieri che poi diventano agenti causali dell’azione: le attività cognitive costituiscono i processi di autoinfluenza che vengono applicati ai corsi di azione da intraprendere. L’esercizio della facoltà umana di produrre effetti comporta la capacità di comportarsi in modo diverso da quello dettato dalle forze ambientali, piuttosto che cedere inevitabilmente a esse. Nelle situazioni in cui ci si sente attratti da qualcosa o costretti a fare qualcosa, l’agentività personale si esprime nella possibilità di astenersi dal compiere certi atti. L’autostima anticipatoria per azioni che corrispondono agli standard personali e l’autobiasimo anticipatorio per le azioni che non vi corrispondono sono fattori che regolano il comportamento. Le persone fanno ciò che dà loro un senso di soddisfazione e di valore personale, si astengono invece dal compiere atti che violano i loro standard personali, per evitare l’autobiasimo. L’autoinfluenza ha un effetto non soltanto sulle nostre scelte ma anche sul successo delle azioni che scegliamo di compiere: le persone contribuiscono a realizzare il futuro desiderato sia utilizzando strategie cognitive e autoincentivi, sia scegliendo e costruendo ambienti adatti ai loro propositi. Grazie alla capacità di esercitare un’autoinfluenza, le persone sono almeno in parte architetti del proprio destino. Autoefficacia e concetti affini ➢ Il concetto di sé L’autovalutazione è stata spesso analizzata in termini di concetto di sé. Il concetto di sé è un’idea composita di se stessi che si costituirebbe attraverso l’esperienza diretta e l’adozione delle valutazioni di altre persone che si considerano importanti. Viene misurato chiedendo al soggetto di valutare quanto si addicano alla sua persona alcune descrizioni di attributi. L’esame dei processi autovalutativi in termini di concetto di sé ci aiuta a comprendere gli atteggiamenti verso di sé e il modo in cui questi possono influire sulla visione della vita. Per la maggior parte, riguardano immagini di sé globali. Anche se il concetto globale di sé è legato a certe aree di funzionamento, esso non rende giustizia alla complessità delle convinzioni di efficacia, che variano a seconda delle diverse sfere di attività, del livello di difficoltà all’interno della stessa sfera e nelle diverse circostanze. Nei test comparativi di capacità predittiva, le convinzioni di efficacia si dimostrano altamente capaci di predire il comportamento, laddove l’effetto del concetto di sé è più debole e incerto.

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➢ Differenze fra autoefficacia e autostima I concetti di autostima e autoefficacia vengono spesso usati come se rappresentassero lo stesso fenomeno; in realtà, si riferiscono a cose completamente diverse. Il senso di autoefficacia riguarda giudizi di capacità personale, mentre l’autostima riguarda giudizi di valore personale. Non c’è una relazione definita fra le convinzioni circa le proprie capacità e il fatto di piacersi o non piacersi. Una persona può giudicarsi inefficace in una data attività senza per questo patire una perdita di autostima, viceversa ci si può sentire molto efficaci in una data attività senza per questo gloriarsi delle proprie prestazioni. È vero, d’altra parte, che le persone tendono a coltivare le proprie capacità in attività che danno loro un senso di valore personale. Per riuscire bene in qualcosa ci vuole molto più che una buona autostima. Molte persone sono dure con se stesse perché adottano standard difficili da raggiungere; altre possono godere di una buona autostima perché non pretendono molto da sé o perché tale autostima deriva da fonti diverse dai risultati personali. Così, il fatto di piacersi o non piacersi non è necessariamente causa di buone prestazioni; queste ultime sono il prodotto di impegno e autodisciplina. Per mobilitare e mantenere l’impegno necessario a riuscire ci vuole un saldo senso di autoefficacia. Alcuni strumenti per la misurazione dell’autostima comprendono sia valutazioni di autoefficacia sia valutazioni di valore personale, confondendo così fattori che dovrebbero essere distinti. Alcuni autori considerano erroneamente l’autostima come una forma di autoefficacia generalizzata. Per esempio, Harter tratta i giudizi di valore e di efficacia personale come aspetti di diverso livello di generalità di uno stesso fenomeno: il valore personale viene considerato globale mentre il senso di competenza viene considerato relativo a un ambito di azione specifico. I giudizi di valore personale e di autoefficacia costituiscono fenomeni differenti, non relazioni parte/tutto all’interno di uno stesso fenomeno. Inoltre, l’autostima non è meno multidimensionale del senso di efficacia. Per esempio, uno studente può essere orgoglioso dei suoi risultati scolastici ma insoddisfatto delle proprie capacità sociali; un manager può avere un’alta stima di sé per quanto riguarda il lavoro ma non apprezzarsi come genitore. Utilizzando misura di valore personale relative ad ambiti di vita specifici possiamo rilevare le aree di autostima e quelle di vulnerabilità all’autodenigrazione. Non esistono ragioni concettuali o empiriche per concepire il senso di valore personale come qualcosa di globale, e l’autostima non è una variabile generale in cui confluiscono convinzioni di efficacia. L’autostima ha diverse fonti. Essa può derivare da autovalutazioni basate o sulla competenza personale o sul possesso di attributi investiti di valore positivo o negativo. Nell’autostima che deriva dalla competenza personale, le persone si sentono orgogliose quando rispettano i loro standard, svolgono bene il proprio lavoro e sono scontente quando non riescono a essere all’altezza dei propri standard. Spesso le valutazioni riflettono l’apprezzamento o il disprezzo delle caratteristiche delle persone piuttosto che un giudizio sul loro operato. In questi casi, le valutazioni sociali sono connesse alle caratteristiche personali e allo status sociale invece che alle competenze. Il senso di valore personale di ognuno tende a riflettere le valutazioni ricevute da altri. Inoltre, spesso le persone sono oggetto di critiche e disapprovazione perché non riescono a essere all’altezza degli ideali o degli standard imposti da altri. Il senso di valore personale è influenzato anche dagli stereotipi culturali. Spesso le persone vengono classificate in gruppi apprezzati o disprezzati sulla base della loro etnia, della razza, del sesso o delle loro caratteristiche fisiche; nelle situazioni in cui viene dato rilievo allo stereotipo, le persone che ne sono vittime patiscono una perdita di autostima. Dato che l’autostima deriva da diverse fonti, i metodi per svilupparla sono molteplici. Le persone che possiedono competenze limitate, standard di autovalutazione elevati e attributi che la società denigra sono quelle che più probabilmente nutrono un senso generale di svalutazione personale. Queste diverse fonti di autosvalutazione richiedono diverse misure correttive. L’autosvalutazione che trae origine dall’incompetenza richiede la coltivazione di capacità che possano favorire risultati positivi e un recupero della soddisfazione di sé. Le persone che si autodenigrano perché si giudicano sulla base di standard troppo elevati possono essere aiutate ad adottare standard più realistici. L’autosvalutazione che dipende da giudizi sociali svilenti richiede un trattamento più umano da parte degli altri, che riaffermi il valore della persona. Se l’autosvalutazione è la conseguenza di uno svilimento discriminatorio di attributi personali, può essere utile modellare e incentivare un senso di orgoglio per tali attributi. 4

➢ La motivazione alla competenza White postulò l’esistenza di un motivo rivolto alla competenza, concepito come un bisogno intrinseco di affrontare efficacemente l’ambiente. La produzione di effetti attraverso le attività di esplorazione incrementa le competenze e sarebbe in sé una fonte di soddisfazione. La motivazione alla competenza si svilupperebbe attraverso l’accumulo di conoscenze e di abilità che deriva dalla gestione dell’ambiente. È difficile verificare l’esistenza di una motivazione alla competenza o al controllo, dal momento che tale motivazione viene inferita dallo stesso comportamento di esplorazione di cui si presuma essa sia causa; ciò crea un problema di circolarità. Se non disponiamo di una misura indipendente della forza del motivo, non possiamo dire se le persone esplorano e manipolano gli oggetti perché sono spinte da una motivazione alla competenza o se lo fanno per la soddisfazione che traggono o prevedono di trarre. Nel corso degli anni, i teorici hanno discusso sul fatto se sia la spinta della noia e l’attrazione della novità a spronare gli organismi ad esplorare l’ambiente. Alcuni critici delle pulsioni di esplorazione sono riusciti a spiegare e a modificare certe forme di comportamento di esplorazione manipolandone i risultati, senza chiamare in causa una pulsione sottostante. Va detto, comunque, che le teorie che prestano attenzione soltanto agli stimoli esterni e agli incentivi immediati per l’azione spiegano a fatica il fatto che le persone possano persistere a lungo in certi comportamenti diretti a uno scopo anche quando gli incentivi presenti nella situazione immediata sono deboli, assenti o persino di segno opposto. La teoria della motivazione alla competenza non è stata formulata in modo abbastanza dettagliato da permettere un confronto esauriente con altre teorie. Ciò nonostante, possiamo dire che la teoria della competenza e la teoria sociocognitiva differiscono fra loro per diverse ragioni. Dal punto di vista sociocognitivo, la scelta di un comportamento, l’impegno e la persistenza sono regolati in larga misura dalle convinzioni di autoefficacia piuttosto che da una pulsione di competenza. Dal momento che le convinzioni di efficacia vengono definite e misurate indipendentemente dalla prestazione, esse costituisco...


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