Barbara Grespi figure del corpo PDF

Title Barbara Grespi figure del corpo
Author Chiara Battini
Course Teoria e tecniche del linguaggio visuale: Video narrazioni (ex Filmologia) + Teorie e tecniche del linguaggio televisivo avanzato
Institution Università degli Studi di Bergamo
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Barbara Grespi - Figure del corpo...


Description

BARBARA GRESPI – FIGURE DEL CORPO GESTO Il cinema viene visto come luogo di verifica delle differenti riflessioni sull’espressività, per aver trattato i gesti riprodotti dalle immagini. Il cinema è una logica d’esposizione dei gesti nel loro transito temporale (questione già molto presente nella questione warburghiana), macchina che li prolunga, manuale di istruzioni a cui ricorrere per assimilarli. Il cinema ha rappresentato uno strumento attraverso cui intercettare i gesti, ritrasmetterli, rimodellarli. È la prima tecnologia in grado di visualizzare il corpo in movimento, è considerato la patria del gesto. Quando parliamo di gesto alludiamo a tante cose. Spesso si parla di gesti in sostituzione al parlato: quando le parole vengono meno si risolve con un gesto. È come se fosse l’ingresso di un’altra sfera della comunicazione e dell’espressione, come se fosse parte di un’altra sfera umana fortemente ancorata che entra dove la parola fa difetto, dove è il corpo che deve manifestar qualcosa nei sensi più diversi. Il gesto ha una dimensione culturale molto forte, molti gesti si sono sedimentati nelle nostre culture e hanno cominciato a significare qualcosa in modo convenzionale (gesto del saluto con il cappello, vari rituali), ma ci sono anche gesti che non hanno una codifica unica, non sono convenzionali. Con l’implicazione del gesto nelle nuove tecnologie, esso è tornato ad essere uno strumento di controllo dei corpi. Il gesto è tante cose, ha diverse dimensioni: -

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Gesto come espressione: gesto legato all’espressione di un affetto, un’emozione, un sentimento. Va dalla fisiognomica all’emoticon. Quando i segni non sono convenzionali, che dipendono dallo stile corporeo di ognuno di noi. Ognuno di noi ha un modo di esprimersi con il corpo, di esistere, di stare. La postura, i gesti con le mani, il camminare: dal camminare si può riconoscere una persona. Non hanno una codifica univoca, sono molto legati allo stile corporeo. La dimostrazione che qualcosa all’interno del soggetto è accaduto, sono indici, all’esterno si esprime qualcosa. L’interno che si manifesta sull’esterno, un movimento interno che va a tracciarsi sulla pelle, crea una contrazione dei muscoli e crea un’espressione Gesto come rituali: convenzioni, cerimonie, arti magiche nella antichità. Alcuni gesti sono codificati culturalmente, hanno una codifica univoca e vengono utilizzati convenzionalmente. Gesto come manipolazione: Leroy Gorain, antropologo, ha esaminato i gesti di manipolazione che sono passati dalla scimmia all’homo habilis, che riusciva a creare con le mani delle forme di manipolazioni che avevano un’efficacia sulla materia. Intorno ai gesti delle mani di tipo manipolativo è nata la specie umana. L’uomo si differenzia dalla scimmia perché con le mani può fare cose per manipolare. Gesto come modi d’uso: le manipolazioni possono diventare automatiche, possono essere applicate agli oggetti in maniera automatizzata: con le tecnologie si automatizzano una serie di gesti che compiamo involontariamente che hanno perso tutta la valenza, sono modi d’uso automatizzati che crescono sempre di più con il progresso dell’umanità.

Intorno a questa varietà di gesti si cerca di distinguere tra due dimensioni primarie, tutti questi gesti rientrano in due dimensioni: -

Gesto espressivo Gesto tecnico

Essi sono i due poli della gamma gestuale. Questa contrapposizione ci permette di avere i due margini estremi del discorso sul gesto. Tra questi due poli si sviluppano una serie di sfumature di gesto, che comprendono tutte quelle sopra elencate, ma nessun gesto è mai totalmente puro.

Gesto tecnico: esso mira ad operare, modificare, intervenire in modo più o meno concreto sulla materia. C’è un discorso sulla tecnica che attraversa la storia della filosofia e delle immagini. I due poli di questo discorso sono tecnica e corpo. Come è stata sviluppata la tecnica? Si è costituito un duplice nesso: -

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La tecnica come gesto. Nella prima parte il gesto tecnico è stato pensato come la tecnica come prolungamento di un gesto. Quando l’ominide crea una cavità nelle mani per poter bere, egli fa un gesto, e con le sua mani crea una forma, la quale forma diventa un oggetto tecnico (una sorta di ciotola). Ecco che è uscita una tecnica dell’uomo da un suo gesto. Questo tipo di discorso si sviluppa tra 800 e 900 con una serie di filosofi. Gli oggetti tecnici sono, secondo un pensiero iniziale, il prolungamento di un gesto, che quando il gesto finisce l’oggetto tecnico rimane. Si tratta di un’intuizione sensibile, corporea (se chiudo le mani posso bere): tutto questo è qualcosa di molto radicato nella nostra essenza di specie viventi. Questa prima parte è condivisa anche da Simondon. Il gesto come tecnica del corpo. Nell’età moderna, a partire dagli anni 30, un antropologo, Marcel Maus rovescia questo pensiero, inventando la definizione di “tecniche del corpo”: il nostro corpo ha delle tecniche che sviluppa e che apprende dall’ambiente. Queste tecniche non sono naturali, non nascono con l’uomo stesso. Egli dice che tutto quello che noi compiamo è appreso dall’ambiente, ma non nel senso che c’è una convenzione culturale, ma proprio il modo in cui mi siedo, cammino, tutta la forma gestuale che sembrava essere innata, per Mauss è tecnico, è un esistere corporeo che apprendiamo dall’ambiente. Es. apprendiamo dal cinema: il modo del camminare del femminile si è sviluppato dall’ondeggiare delle attrici iconiche hollywoodiane.

Questa grande distinzione riguarda i due modi a come può essere visto il gesto tecnico. Gesto espressivo. Il gesto espressivo è il tirar fuori da dentro qualcosa, ma c’è tutto un mondo sull’espressività. Domanda ancora più antica di che cos’è il gesto tecnico. La fisiognomica ha da sempre studiato l’espressione umana, cercando di compararla a quella animale. La fisiognomica è una pseudoscienza, ma insieme a questo bagaglio di pregiudizi ci sono alcune conoscenze che ci sono state tramandate: ci sono delle intuizioni. Charles Lebrin aveva suddiviso il volto in una serie di tavole: la parte degli zigomi, bocca, sopracciglia, per cercare di dimostrare che una contrazione di una di queste parti produceva l’espressione. Per la fisiognomica il correlato esterno e interno è diretto, ma in realtà non è assolutamente diretto: l’esterno è una lastra dove si proiettano gli stati d’animo, ma la fisiognomica non si è occupata di dimostrare il controllo delle espressioni. Per essa gli esseri umani sono completamente trasparenti. Passo per passo si costruisce una pseudoscienza dell’espressione che studia le singole contrazioni muscolari e il loro significato. L’espressione è stata quindi prima pensata dalla fisiognomica e poi da Darwin: lui dice che le espressioni che l’uomo compie sono il residuo di antiche operazioni efficienti (quando sei arrabbiato e contrai il labbro in un certo modo non è solo un problema di energia che crea la contrazione, ma per Darwin è qualcosa che l’uomo primitivo faceva per spaventare l’avversario, per mostrare i canini. È un’espressione che nasce dalla rimodellazione di un gesto precedente). Tutta l’analisi dei gesti di Darwin è un’analisi che ha diverse evoluzioni, per lui c’è un’incisione organica nella materia, vede le espressioni corporee come residui di atti efficienti, utili. Scienza prossemiologica: applicata alla scienza della menzogna è molto utile (Lie to me) Incipit 2001 odissea nello spazio: prologo ben noto da considerare nei suoi aspetti gestuali. In esso vediamo una scimmia capire progressivamente nei confronti dell’osso di tapiro che ha davanti che

può compiere un gesso violento attraverso quell’osso, e con esso dominare la natura. La tecnica è una prosecuzione dell’espressione, che tra i due elementi del gesto non c’è una totale distanza. I gesti che compie sono un tragitto verso l’umano. Il gesto del braccio armato dalla scimmia è reso evidente dal relenti: il ralenti trasforma quindi la tecnica in espressione, che rende evidente il sentire che accompagna il gesto. C’è un’emozionalità che supporta quel gesto tecnico, non avrebbe usato quell’osso come arma se non avesse sentito l’esigenza di dominare. L’aggressività che diventa espressione del volto anima il gesto tecnico. Il cinema si insinua tra diverse dimensioni dell’umano, collegandole tra loro: esso mostra spesso gesti che mutuano nel loro farsi, che soddisfano più bisogni contemporaneamente, che si estendono all’ambiente. Sotto lo sguardo del cinema il gesto oscilla fra alcune dimensioni di senso: -

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Umano/animale: il fatto che il gesto sia lo strumento primordiale dell’interazione sociale sollecita il confronto con l’animalità. Quanto c’è di animale in un gesto, in che modo permette di far risalire ai nostri comportamenti primitivi? Il cinema annulla le contrapposizioni produce, già dalla cronofotografia, un’iconografia anti-fisiognomica capace di creare nuovi parallelismi tra uomo e animale. Volontario/involontario: quando si tenta di circoscrivere il contributo della coscienza nella produzione dei gesti si crea questo binomio. Da un lato c’è l’associazione tra mano e mente, dall’altro la totale emancipazione del corpo. In questa contrapposizione il cinema le unisce con la macchina da presa che, tradizionalmente assimilata all’occhio e al cervello, rivela il proprio tratto “corporeo”, diventa un corpo inanimato che imita e associa (i registi) Individuale/sociale: divisione tra chi pensa che il gesto sia una manifestazione della nostra individualità inimitabile e chi pensa che nel gesto prevalgono forme di contagio sociale, processi imitativi. Il cinema mette in discussione anche questo binomio con alcune personalità come Charlie Chaplin, che nel cinema muto crea forme gestuali uniche ma che le esibisce come risposte all’ambiente. All’interno di questa contrapposizione se ne trovano altre due: a. culturale/universale: alcuni gesti appartengono al nostro patrimonio genetico, sono universali. Nel cinema, l’attore deve mediare tra la proposta di un corpo spontaneo in cui tutti possano rivedersi e l’uso di codici e convenzioni specifiche del contesto di riferimento. b. animato/inanimato: il cinema rende visibile la migrazione di gesti non solo fra epoche e culture, ma anche fra corpi e cose. A trasmettersi può essere sia un’affettività pura, come secondo Warburg, o una matrice di pensiero, un concetto somatico che si incide, si inscrive nella materia creando lo strumento tecnico, come secondo Simondon, Mauss e Leroi Gourhan.

La grande domanda del volume è: c’è davvero una totale separazione tra la sfera espressiva e quella tecnica, o in realtà il gesto è proprio quello che li congiunge? La tesi che il volume sostiene è che tra le due dimensioni del gesto ci sia un dialogo e che il cinema sia stato lo strumento in grado di pensare questa interrelazione. L’immagine in movimento è capace di mostrarci i gesti nella loro polivalenza di significati e motivazioni. Il cinema fa in modo che il gesto venga situato tra diverse dimensioni dell’umano, collegandole tra loro. Nella contemporaneità si trova un nuovo regime gestuale e una nuova potenza del gesto. Alcune tecniche del corpo rappresentano rigide regole di accesso al mondo virtuale: nella rete i gesti del navigatore sono liberi, ma vengono valutati e commercializzati. Questo commercio virtuale di gesti riguarda il cinema sia in senso astratto (poiché ha attivato la valenza gestuale dello sguardo, il

guardare come atto dotato di conseguenze materiali), sia in senso specifico nelle attuali forme di fruizione (i display digitali uniscono mani e occhio in un’unica pratica dii visione). Oggi c’è l’affermarsi della visione come gesto vendibile, acquistabile e commerciabile. Pascal Krajewski ragiona sulla creazione da parte delle nuove tecnologie di una precisa gamma di gesti d’uso capaci di riconfigurare il nostro senso del corpo: es. il mouse ha introdotto un nuovo rapporto tra l’uomo e la sua mano, il cellulare ha prodotto nuovi tic. Egli pensa ci sia un forte stacco tra i gesti tecnici (del passato) e i gesti tecnologici (nati con l’avvento della rivoluzione informatica) e evidenzia le loro differenze in base al design degli oggetti a cui il corpo di applica: il design dell’oggetto tecnico era finalizzato a innescare operazioni della massima efficacia, quello delle tecnologie digitali punta tutto sulle abilità dell’utilizzatore, introducendo gesti anche personalizzabili. Inoltre, se nel campo della tecnica era lo schema funzionale dell’apparecchio a disegnare il gesto, in quello della tecnologia si impone uno “spettro d’uso” che funziona con piccole variazioni su tutti i dispositivi anche di diversa forma. Nell’ultima fase della rivoluzione digitale si è sentito il bisogno di creare una relazione più intima nell’interazione fra uomo e macchina: è quello che ha fatto Apple con il suo gesto accarezzante e non più cliccante. Essenso sempre più intimamente legato alla macchina, il gesto umano finisce per divenirne concretamente parte: a questo proposito Apple ha introdotto progressivamente l’idea di brevetto del gesto, brevettando una serie di gesti non ancora in uso per garantire al proprio marchio la possibilità di servirsene. Viene a delinearsi un commercio di gesti. Due filmati di Julien Previeu: videoartista francese che ha molto studiato i gesti del nostro tempo, del tardo capitalismo, perché i gesti oggi non sono solo tecnici automatizzati, ma sono anche gesti che sono stati brevettati. Tra tecnica e gesto si crea un nesso, ma un nesso commerciale: per far funzionare la mia tecnica innovativa io ho bisogno di gesti. Nel momento in cui creo la mia tecnica io voglio il diritto di sfruttamento commerciale dei gesti correlati. Questo rapporto è problematico. What shall we do next?: si divide in sequenza 1 e sequenza 2. -

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Sequenza 1: si mostra un film muto di animazione dove ci vengono presentati in astratto i gesti che noi compiamo, con sotto la data di quando sono stati brevettati, poiché con l’invenzione della tecnologia vengono inventati anche i gesti necessari per quella tecnologia. Ci sono alcuni gesti che ci sono molto familiari, altri sono nuovi. Es. il dito puntato del “I want you” si trasforma in un dito puntato per cliccare, o toccare un’immagine. C’è tutto un lavoro sul nostro immaginario corporeo che le nuove tecnologie stanno facendo, e con questa installazione molto vintage dove vengono proiettate le immagini delle mani viene mostrato il gesto senza la tecnica: non si vede cosa tocca o clicca il dito, ci sono solo le mani. Queste sono le forme di gestualità del presente un po’ automatiche e molto significative. Sequenza 2: Preveux raccoglie una serie di gesti brevettati negli ultimi anni dai produttori di videogiochi e di computer, e viene creata una installazione con un gruppo di sei ballerini. Ogni attore doveva enunciare la data di quando secondo loro il gesto che dovevano compiere era stato brevettato, e poi lo riproducevano, con volto inespressivo. Si crea un forte contrasto fra corpi rigidi quasi robotici e gesti morbidi e complessi. dovevano inscenare dei vari gesti della tecnologia. Prolungamento della tecnica dal corpo. Si sceglie uno sfondo molto astratto, colori chiari ed elettronici. I ballerini sono distribuiti in una struttura a griglia, in modo che lo spettatore veda l’immagine in un certo modo, che ci dia senso dello spazio. I ballerini hanno totale inespressività quando eseguono questi gesti, che a confronto con la scena kubrickiana della scimmia è completamente diversa. I gesti qui non hanno una loro espressività, non sono scatenati da nessuna emotività. I gesti creano una

forma di uso del corpo che non mantengono vivo il nesso sulla gestualità illustrato prima: sono puramente operativi senza nesso espressivo. Non sono dunque gesti, ma operazioni. Questo essere puramente operativi è l’orizzonte di rischio del nostro presente. CINEMA COME GESTO (TECNICO) La dimensione gestuale è sempre stata essenziale nel cinema. Nell’era della cultura visuale il gesto diventa più importante della parola. Il cinema muto è l’arte che fin dall’inizio ci fa guardare l’espressività corporea con un’attenzione particolare. Fino alla fine degli anni 10 vediamo attori che usano il corpo con la massima precisione nell’esecuzione di gesti, movimenti e atti, questi film ci allenano a rivedere una dimensione un po’ scomparsa nell’era della parola. Nel cinema muto si vedevano più che altro volti, che erano specchio di una certa interiorità, e non più tutto il corpo, come espressione di questa interiorità ed intelligenza somatica. Intelligenza somatica è l’intelligenza del corpo che pensa con i suoi strumenti che non sono la ragione ma sono la carne, i muscoli che agiscono e reagiscono che sono fatti di conoscenza del mondo. Il cinema da sempre è portatore di questa dimensione gestuale. Da un lato ci sono i gesti rappresentati nei film, quelli che interpretano gli attori (gesto filmato) dall’altro i gesti filmici (gesto che il regista e tutti quelli che lavorano alla lavorazione di un film compiono principalmente per dar forma all’opera). Esiste una modalità affettiva con la quale ci si dispone a filmare: filmare per testimoniare, per raccontare con una certa nostalgia (a seconda di essa cambia il modo di posizionare la cinepresa, il modo di riprendere, la prospettiva etc): si compiono quindi gesti, e con il corpo do forma alle immagini, non con l’occhio. Non è con l’occhio che il cinema lavora. È il corpo che entra nella costruzione delle immagini, perché il cinema richiede che il soggetto prenda una posizione nei fatti: il soggetto deve stare a una certa altezza, in una certa prospettiva. Il cinema si innesta nel corpo perché è una macchina: è stato uno dei giocattoli ottici del 19esimo secolo: un dispositivo di visualizzazione basato su alcuni atti speciali, che hanno incrociato due sfere del nostro pensiero, che il cinema cerca di equilibrare e inscrivere nella propria macchina: -

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Il controllo: con il cinema inizialmente si è tentato di controllare l’invisibile, di mettere in forma e di mettere sotto controllo (vedi GoPro e prime macchine da presa). Il videoartista per eccellenza che ha colto le articolazioni del gesto del controllo inscritto nella macchina del cinema è Farocki. Egli riscrive la storia del cinema a partire da gesti umani, e comprende che essi, depositandosi nel film, mutano in rapporto al gesto della regia. In Cinematographic Thesaurus egli vuole costruire un archivio di espressioni filmiche che taglia diversamente la storia del cinema estraendo da essa solo formule gestuali. Nel mettere insieme le voci del suo archivio fa i conti con la dimensione del filmare come gesto. Egli parla di un’immagine prodotta dal legame tra l’atto del filmare e i gesti catturati dall’operatore, l’intreccio tra gesto filmico e filmato. Il gioco: il cinema è stato un grande aspetto di liberazione del gioco. Questo si può vedere anche solo guardando le radici delle parole nelle varie lingue che indicano “filmare”: nel linguaggio anglosassone si dice “to shoot”: sparare, mirare, abbattere ma anche filmare; in francese si dice “tourner”: questione legata alla ruota, giro e faccio ruotare. Il cinema lavora sull’equilibrio tra questi due gesti, che inscrive nella propria macchina. La macchina cinema è riuscita a inscrivere nel suo design di oggetto tecnico, nella cinepresa, l’atto del mirare e del far ruotare. Sono gesti che sviluppano due sfere completamente opposte della nostra espressività.

Questo shooting è stato così concreto alle origini del cinema che è nato uno strumento precinematografico che si chiama il fucile fotografico, di Albert Marey. Il fucile fotografico era uno strumento con il quale Marè voleva fotografare gli uccelli, perché voleva imprimere il volo di essi. Quindi egli ha inventato un design molto simile a quello dell’arma, ma non sparava agli uccelli, li fotografava. C’è quindi tutta una sfera dello sparare, del controllare, del tenere puntati gli occhi e lo sguardo su qualcosa. Questa dimensione viene visitata da Harun Farocki, nella sua opera “I thought I was seen convicts” (2000), dove usa i filmati di sorveglianza realizzati dalle videocamere di un carcere di massima sicurezza i...


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