Pedagogia del corpo 10 - sostitutivo del libro PDF

Title Pedagogia del corpo 10 - sostitutivo del libro
Course Educazione degli adulti
Institution Università degli Studi di Catania
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sostitutivo del libro...


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PEDAGOGIA DEL CORPO di Ivano Gamelli INTRODUZIONE Nella cultura contemporanea, e soprattutto negli ultimi decenni, il corpo è diventato argomento di grande interesse per medici, filosofi, antropologi, psicologi, sociologi, neuroscienziati. Solo nell'ambito della pedagogia vediamo che la teoria educativa ha sempre guardato le discipline del corpo e del movimento soltanto per gli aspetti igienici e salutistici e riconoscendo in loro, superato il periodo dell'infanzia, una generica valenza formativa. Perchè tutto ciò? Perchè il corpo per essere osservato e studiato non si presta a venir separato e messo a distanza. Noi abitiamo il nostro corpo, inoltre la corporeità assume una natura complessa. Ivano Gamelli è stato il primo a introdurre l'insegnamento della Peda del corpo in Italia. Parla Gamelli: "Ciò che mi portò a ideare la peda del corpo si fondava sulla consapevolezza di una mancanza. Nonostante si sostenga l'inefficacia dell'uso di modalità di apprendimento che non tengano conto del sentire del soggetto, e al contrario si sostenga una didattica fondata sull'esperienza npn ci sono ancora state modificazioni sulle modalità di formazione e insegnamento. La preparazioner delle figure professionali in campo educativo, avviene dedntro un contesto culturale e strutturale ancora poco sensibile alla molteplicità di linguaggi, ad una didattica capace di accogliere, già solo nella predisposizione degli spazi, una domanda di formazione corporea capace di mettere in gioco concretamente le emozioni e tutti i sensi. Noi siamo, indubbiamente, esseri di parola ma la parola può assumere uno spessore comunicativo più incisivo se integrata con altri codici. La pedagogia del corpo è caratterizzata dalla dimensione della scoperta, dall'apertura ai sensi, dalla messa in gioco di pensiero- corpo- emozione nella relazione. La pedagogia del corpo intende rivisitare criticamente gli abituali scenari dell'educazione e della cura, dove il corpo risulta spesso assente. I sette capitoli del libro intendono scandirne idealmente le tappe. I primi cinque presentano un itinerario conoscitivo. Il sesto e il settimo descrivono il tentativo di esprimere le potenzialità che la pedagogia del corpo ha per i professionisti della formazione e della cura. Il valore dell'esperienza del corpo nei vari ambiti."

PARTE PRIMA: TEORIE E CONTESTI CAPITOLO 1: IL CORPO IN GIOCO. LA NATURA PSICOMOTORIA DEL BAMBINO Tra terra e cielo Nei giorni successivi al concepimento, l'embrione si presenta come una struttura piena. Dopo circa una settimana, si crea al suo interno un "vuoto", rivestito da una sorta di primitiva pelle. Man mano che procede nel suo sviluppo, l'embrione si divide in una zona inferiore semisferica piena e una zona superiore cava: quest'ultima è detta cieloma, cioè "cavità del cielo". E' il primo cielo sulla prima terra! "L'uomo sta tra cielo e terra" amavano dire i saggi cinesi che quindi rappresentavano l'uomo con la sommità del capo cava, aperta verso l'alto. Questa cavità che racchiude il cielo dell'embrione non comunica con l'esterno (con il resto del cielo): l'embrione non respira ancora. Respira e si alimenta grazie al sangue placentare materno, attraverso l'ombelico, legame assenziale con il mondo. L'embrione dipende dal suo sangue e da quello della madre. Circondato e protetto dall'acqua, il bambino cresce nel grembo materno. Per quanto lo spazio

uterino, con il tempo, diminuisca, quel vuoto (il cieloma iniziale), è sempre lì, presente e potenzialmente attivo. Si è anzi dilatato, accumulando una pressione interna negativa- una depressione- come se dall'esterno si fosse gonfiato un pallone elastico. Questo vuoto espanso, tende però a tornare alle sue dimensioni originarie, attirando verso di sè le pareti che lo racchiudono che sono quelle dei polmoni. Il vuoto vorrebbe tornare alle sue origini e per questo induce le pareti polmonari a dilatarsi verso il rigido torace. Quando l'acqua avrà esaurito il suo compito, la madre avrà nutrito il figlio, il sangue lo avrà reso vivo, il cielo all'esterno si farà sentire e premerà finchè finalmente il piccolo esca all'aria. Il bimbo nasce e vive grazie all'aria che può respirare da solo. Nel tempo, accompagnato dalla sua mamma, scoprirà di potersi alimentare da solo ma arriverà a dimenticarsi di quel vuoto che originariamente ha richiamato l'aria nei suoi polmoni. Il vuoto che lo ha spinto a respirare e a nascere. Il vuoto dentro di noi.

Corpo a corpo Quando ancora si trova nella pancia della mamma il bambino non è solo un corpo invisibile nel corpo di lei: è un essere che esiste nel desiderio della madre, un essere che lei attende. Nascendo perde la protezione dell'utero e fa esperienza di un mondo spiacevole, conosce la fame, la privazione, il caldo, il freddo... Ma vive anche il piacere nel rapporto con la mamma, colei che soddisfa ogni suo bisogno. Ogni mamma parla con il suo bimbo prima che egli sia capace di parlare, e già dall'età di 3 mesi gli occho del bambino si illuminanon e guardano la mamma. Lo sviluppo emotivo del bambino è profondamente legato al riflesso di sè che coglie sul volto della madre: "Ciò che il lattante vede è se stesso". Questo specchio non perde il proprio potere con l'avanzare degli anni. Infatti continua tutta la vita e ciò spiega il perchè continuiamo a vedere i nostri timori, desider, successi, fallimenti riflessi in altre persone. (Inizialmente il viso della madre riflette l'idea di un figlio perfetto, in seguito questa immagine subisce qualche modifica. Il figlio non vede più un'immagine indiscriminatamente adorata, ma una più meditata percezione di se stesso come individuo. Si tratta di un aggiustamento essenziale). Il bambino attraverso l'osservazione e l'imitazione e le sollecitazioni del mondo esterno, imapara a riconoscere e ad esprimere le proprie emozioni. Egli comunica attraverso la globalità del suo corpo e la madre è in grado di comprendere perfettamente questa comunicazione non verbale del bambino (Spitz parla di sensibilità qusai telepatica). Il bambino, fino a circa 2 anni, (stadio sensomotorio di Piaget) vive in un universo magico, animato dall'attività del sistema sensorio globale. Le funzioni più mature e regolari risultano essere quelle cinestesiche (da kineo, "io mi muovo" e aisthetikos "capace di sentire") come l'equilibrio, il tono, la posizione, la temperatura, il contatto, il ritmo, la durata, il suono... La madre imita l'intensità e il ritmo dell'espressione, del movimento del corpo, dello sguardo, della vocalizzazione del suo bambino. Anche il verbale dell'adulto che si relaziona al piccolo si fa più lento, sillabato, esagerato fino alla caricatura. Il bambino, che dispone di una precoce capacità di trasferire informazioni da un canale sensoriale reagisce all'adulto che gli parla con dei movimenti, delle contrazioni muscolari. Una volta conquistata la lallazione , egli persisterà in tali movimenti, accompagnandoli, questa volta, alla pronuncia di vocali e consonanti. Ma in che modo questa sintonizzazione corporea della madre, del padre e dell'adulto contribuisce a formare il suo mondo emotivo pre-verbale? Daniel Stern afferma che attraverso il processo della selezione. Infatti l'adulto nell'interazione del bambino gli restituisce soprattutto l'imitazione di certe emozioni e non di altre. Ad esempio, per una serie di ragioni culturali e psicologiche i genitori prima e gli educatori poi, tendono ad entrare in relazione con il bambino quando egli comunica allegria e rabbia piuttosto che quando manifesta tristezza e depressione; non è allora difficile comprendere perchè i nostri bambini sviluppino con maggior facilità gli schemi motori connessi all'allegria e alla rabbia e meno quelli legati alla tristezza e alla depressione. Le radici delle emozioni sono nel corpo e sono legate al dialogo tonico (alternanza di contrazioni e

decontrazioni muscolari). La forma delle proprie emozioni discende dal tipo di dialogo tonicocorporeo instaurato dai genitori fin dai primi giorni di vita. Stern parla di alfabeto emotivo primario chiamato "alfabeto degli affetti vitali": un alfabeto creato sull'esperienza cinetica della vita fetale. Il carattere di ciascuno di noi dipenderebbe da qualità dinamiche che sono state introiettate: dal modo in cui siamo stati coccolati, cullati, accuditi nella prima infanzia. Una piena sintonizzazione corporea produce degli importanti risultati a livello dei processi di apprendimento. E' attraverso la sintonizzazione corporea che noi tutti abbiamo imparato che gli altri individui possiedono differenti stati interiori e modi diversi di comunicarli.

Psicomotricità: una breve storia Alla fine del 19° secolo, un medico francese, Philippe Tissiè, tratta un caso di instabilità mentale attraverso una nuova disciplina chiamata GINNASTICA MEDICA. Il malato, un adolescente con idee ossessive e collerico, rifiutava la compagnia dei suoi compagni di scuola; in compenso, cammina molto: nel giardino, nella sua camera...Tissiè decide di fargli fare dei movimenti elementari di coordinazione, di flessione, di equilibrio....A intervalli regolari, lo costringe a docce fredde. Con tutto ciò il ragazzo inizia a fare progressi: la paura lo abbandona, l'ossessione di camminare diminuisce. Tissiè spiega questi cambiamenti così : "la ginnastica medica gli ha permesso di integrare la forza che prima utilizzava nella fuga" Tissiè è partito da un modello energetico: l'uomo visto come riserva di forza e di energia. Nello stato normale, la forza si ripartisce proporzionalmente ai bisogni, ma sotto l'impulso tutta l'energia si utilizza permanentemente in una sola direzione. Per Tissiè la GINNASTICA MEDICA METTE ORDINE NELL'ORIENTAMENTO DELL'ENERGIA. Qualche anno dopo egli perfezionerù la sua teoria completandola con l'azione psicodinamica della ginnastica respiratoria in grado di stimolare "i centri psico-motori e la suggestione". La ginnastica medica con il controllo della respirazione sviluppa il controllo di sè e sollecita a livello cerebrale l'incontro tra pensiero e movimento. Trovando un legame tra i centri psicomotori e il movimento, nel 1899 Tissiè costruisce nuovi concetti che colloca tra la fisiologia e la psicologia. Nei primi del 900 in ambito clinico accadeva qualcosa di simile all'ospizio parigino di Salpetrière (la più importante scuola europea post-universitaria di spichiatria) diretto da Jean Martin Charcot (uno dei padri della psichiatria) che utilizzava l'ipnosi per studiare i sintomi. Charcot, davanti a pazienti diagnosticati come parilizzati isterici, mostrava lui i movimenti dopo averli messi sotto ipnosi; gli mobilizzava poi manualmente l'arto danneggiato, domandando al malato di fare uno sforzo per percepire i movimenti attraverso tutti i sensi, a occhi chiusi. Gli chiedeva quindi di descriverli a parole, infine di riprodurli con l'arto simmetrico sano, per arrivare a trasferire, con uno sforzo d'attenzione, quelle sensazioni all'arto paralizzato per provare ad ottenere, con la ripetizione qualche leggero miglioramento. Per Charcot DOVEVA ESISTERE UNA RELAZIONE ATTIVA TRA IL MOVIMENTO E LA SUA RAPPRESENTAZIONE. Questo è l'inizio dell'avventura di impronta francese della psico-motricità (parola inizialmente divisa da un trattino in mezzo) Tra Tissiè e lo scenario attuale bisogna ricordare diversi protagonisti in questo ambito: -Julien de Ajuriaguerra, lo psichiatra spagnolo, che subito dopo la conclusione della guerra lavora per cercare l'origine del disturbo del linguaggio, della lettura, della scrittura e del calcolo. Egli li mette in relazione con la motricità, una sorta di rieducazione del tono muscolare. Per de Ajuriaguerra ciò avviene attraverso il rilassamento che insegna al bimbo a conoscere il suo corpo. La dislessia diventa un disturbo che può essere corretto con la psicomotricità in quanto si sviluppa l'idea che si può passare attraverso la motricità per correggere le mancanze simboliche. -Nel 1961 si istituisce all'Ospedale di Henri- Rousselle della capitale francese il primo diploma di rieducatore della psicomotricità. La Facoltà di Medicina di Parigi riconosce formalmente il valore di questa iniziativa. Sul versante educativo, la psicomotricità fa il suo ingresso ufficiale nell'educazione nazionale

francese attraverso quelle che allora erano le "Scuole speciali. Gli insegnanti di educazione fisica che vi lavaravano (oggi assimilabili agli insegnanti di sostegno) erano contro i metodi tradizionali di impronta militare della ginnastica. Ciò avviò una lotta con gli insegnanti sportivi, ai quali veniva rimproverato di costringere gli allievi a gesti ripetitivi e stereotipati per ottenere il successo a tutti i costi, senza valutare la possibilità di raggiungere ugualmente gli stessi obiettivi stando più attenti agli aspetti educativi. Gli educatori fisici specializzati svilupparono una PSICOMOTRICITA' EDUCATIVA nella scuola, mentre nelle istutuzioni continuava a crescere, sotto la tutela della psichiatria, una PSICOMOTRICITA' DALLE VALENZE NEUROFISIOLOGICHE. Agli inizi degli anni 70 i due territori si separarono trascinando con sè una domanda: la psicomotricità è da considerarsi una tecnica di rieducazione (fa riferimento alla psicomotricità dalle valenze neurofisiologiche) o un autentico progetto educativo (fa riferimento alla psicomotricità educativa) ? Queste due dimensioni si disputeranno lo spazio del sapere psicomotorio. La prima rimarrà fissata alla visione psichiatrica, la seconda invece una psicomotricità legata alla pedagogia che si occupa degli studenti in difficoltà senza farli entrare in una logica curativa. Tre gli anni 70 e 80 la psicomotricità rimette in discussione la convinzione di poter modificare la psiche attraverso dei semplici esercizi, per privilegiare la relazione tra bimbo e adulto. Dall'esercizio l'attenzione si sposta al processo, cioè un interesse vivo per gli aspetti simbolici e inconsci del movimento. Quindi, il concetto di anormalità svanisce per lasciare spazio a quello di bimbo che soffre. Si arriva a sostenere che i suoi disagi psicologici nascano in stretta connessione con il mal d'essere dell'adulto. E'il gioco libero, l'espressione corporea in tutte le sue forme che permette di rimuovere i blocchi generatori dei sintomi. Le stesse alterazioni del movimento, come l'ipercinesia e la catatonia, diventano manifestazioni dei conflitti del corpo con il mondo, e il ruolo dell'educatore quello di andare oltre l'esercizio per disporsi a decifrare il linguaggio proprio del corpo, portatore di una verità particolare del soggetto. L psicomotricità, che prima era aspetto privilegiato rivolto all'insegnante di sostegno, diventerà uno strumento e una competenza diffusa nella scuola materna ed elementare, trovando nella scuola media spazio nella ridefinizione dei programmi e delle attitudini dell'insegnante di ed. Fisica.

La psicomotricità naturale del bambino La psicomotricità fa la sua comparsa sulla scena pedagogica italiana intorno agli anni 60, per definire un campo di intervento rivolto alla crescita e all'apprendimento del bimbo dalla nascita fino ai 6-8 anni, quindi all'inizio dell'esperienza scolastica. La psicomotricità oggi è diventata condizione necessaria a chiunque lsi trovi a dover operare a livello non verbale con l'infanzia e nei vari ambiti dell'educazione. Nei suoi primi anni di vita, il bimbo vive la globalità dell'essere, disponendo di un linguaggio fondato sull'unità di azione e pensiero, un'unità che egli esprime attraverso il piacere del movimento. Prima del raggiungimento di acquisire le rappresentazioni mentali e quindi la consapevolezza mentale di avere un corpo, il bambino è un corpo che sente e conosce. E' su questa consapevolezza che la psicomotricità crea la sua ricerca rivolta a mettere in luce gli stretti rapporti esistenti fra il mondo delle sensazioni ed emozioni e il divenire delle rappresentazioni mentali nella vita psichica del bimbo. Con la psicomotricità si inaugura una nuova attenzione alla crescita e allo sviluppo del bambino all'insegna del "corpo vissuto". Si dà quindi molta importanza all'aspetto educativo del rapporto empatico del bimbo con la sua mamma e del dialogo corporeo pre-verbale. Si assiste, quindi, anche ad un rinnovato interesse per la cultura del parto: molte donne cominciano ad avvertire l'esigenza di appropiarsi della relazione e della comunicazione con i figli. Si gettano così i semi di una pratica alternativa al parto fondata sulla valorizzazione di una dimensione per molti versi psicomotoria delle relazioni primarie. La PSICOMOTRICITA' AD ORIENTAMENTO GLOBALE si definisce per la sua non direttività e il suo non giudizio: lo spicomotricista si concentra su quello che c'è di positivo nel soggetto, su

ciò che il bimbo sa fare, piuttosto che su ciò di cui egli è carente. Nel setting psicomotorio non si interviene in modo autoritario ma si adotta un diverso approccio, rispetto al solito contesto educativo, per accompagnare e favorire l'apprendimento. Lo psicomotricista(rispetto a qualsiasi altra figura adulta che si occupa di insegnare) non ha un ruolo di protagonista che dirige ma si apre alla sua ricerca, alle nuove scoperte: dall'osservazionbe del bimbo che usa gli oggetti, si muove nello spazio, si relaziona con gli altri e con se stesso si ricavano informazioni per modificare attivamente il contesto e le dinamiche. Il bimbo, coinvolto nel suo gioco (troppo preso a giocare) non è in grado di vedersi in azione, quindi trova nell'educatore psicomotorio (che non partecipa al gioco e si udecentra da esso) trova un partner simbolico finalmente in grado di restituirgli la sua immagine mentre gioca. La psicomotricità ad orientamento globale rimette in discussione il ruolo dell'educatore. L'educazione di un non adulto da parte d un adulto è, per definizione, asimmetrica e di conseguenza non è qualcosa di democratico: educare un fanciullo significa, inevitabilmente forzarlo. La funzione dell'osservazione e dell'ascolto è proprio quella di entrare in contatto con il mondo del bimbo in modo da orientare efficacemente la formazione. L'educatore che ascolta è l'educatore che educa. Il setting psicomotorio chiede all'educatore di operare a livello del corpo affinchè il bimbo, in un'alternanza discontinua di regressioni e avanzamenti, possa percorrere tutte le tappe che dal piacere-dispaciare sensomotorio iniziale conducono all'autonomia propria del pensiero operatorio piagetiano.

La pedagogia dei luoghi psicomotori di Bernard Aucouturier Il lavoeo educativo dello psicomotricista non può essere avvicinato senza un'attenta considerazione del suo setting, della sala di psicomotricità, il cui allestimento e la cui cura (scelta e predisposizione dei materiali da proporre ai bimbi) sono parte integrante della sua personalità. In questa ampia e accogliente sala rivestita di legno o moquette( in cui si entra senza scarpe), a fianco dei tradizionali attrezzi di cui è dotata una normale palestra (spalliere, cavalletti, materassi...) trovano posto: -soffici cuscini rivestiti di tessuti colorati -parallelepipedi di gommapiuma -palle di differenti dimmensioni e grandi palloni gonfiabili -tessuti e teli adatti ai travestimenti -mattoni di legno per le costruzioni -tutto ciò che serve per disegnare e colorare -plastilina da manipolare -oggetti non solo convenzionali per produrre suoni, ritmi -una lavagna -un'ampia specchiera a muro All'interno della sala di psicomotricità, ambiente di raccordo simbolico tra l'aspetto cognitivo e l'aspetto affettivo, il bimbo ripercorre (con la vigile presenza di un adulto) le dimensioni dell'esperienza ludica infantile. Secondo Lapierre e Aucouturier questa esperienza avviene grazie alla delimitazione e alla struttura del setting psicomotorio in tre luoghi principali: 1-il luogo del gioco sensomotorio; 2-il luogo del gioco simbolico; 3-il luogo del gioco di rappresentazione Nel 2002 queste tre aree sono state ampliate da Cartacci nelle seguenti progressive sei aree: 1. AREA DEL GIOCO TONICO-EMOZIONALE. Interessa il tono muscolare, inteso come veicolo di espressione e relazione, e la sensibilità vestibolare, e implica i giochi di equilibrio, i rotolamenti, i dondolii, gli scivolamenti, le cadute: tutto quanto riconduce alle esperienze originarie, al primo dialogo tonico fatto di contatti, accudimento e manipolazioni del bimbo da parte della madre. 2. AREA DEL GIOCO PRE-SIMBOLICO. Il termine pre-sim...


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