C. Magris, Grande stile e totalità, in Id., L’anello di Clarisse PDF

Title C. Magris, Grande stile e totalità, in Id., L’anello di Clarisse
Author Lorenzo Ficano
Course Letteratura tedesca
Institution Università degli Studi di Catania
Pages 8
File Size 187.2 KB
File Type PDF
Total Downloads 47
Total Views 146

Summary

Download C. Magris, Grande stile e totalità, in Id., L’anello di Clarisse PDF


Description

La "dissoluzione" dell'io e il problema della responsabilità. Robert Musil e Hugo von Hofmannsthal: percorsi paralleli nella letteratura austriaca del primo Novecento. La crisi del soggetto tematizzata dalla letteratura, dalla filosofia e dall’arte del primo Novecento ha grandi implicazioni per categorie fondamentali. Le opere di due grandi scrittori austriaci, Robert Musil e Hugo von Hofmannsthal, costituiscono l’espressione letteraria più efficace di un’epoca in cui svanisce la possibilità di concepire la vita come un «tutto organico e concluso». La fine della totalità, tematizzata filosoficamente da Nietzsche e rappresentata artisticamente dal movimento della c.d. “secessione viennese”, investe il soggetto e, inevitabilmente, il linguaggio che dovrebbe renderlo presente al mondo. «La realtà non ha una base di valori sulla quale poggiare né un sistema di valori in cui comporsi e abitare: la totalità assente è una dimora dalla quale la vita è stata sfrattata. La totalità, che non abita più nel tutto, perde i confini che le davano forma e ordine e trabocca da ogni argine. […] L’illimitata incompiutezza della vita si risolve» , come scrive Nietzsche, «in una “anarchia di atomi”, che sconvolge ogni gerarchia del reale e dello stesso discorso che dovrebbe dargli ordine». La fine della stessa possibilità del «grande stile» ottocentesco e della compiutezza dell’opera letteraria è conseguenza diretta della dissoluzione dell’idea di un soggetto capace di fornire un senso intellegibile al mondo, selezionando e ordinando la molteplicità del reale: l’io occidentale, simboleggiato da Odisseo, è al crepuscolo, perché non è più in grado di formare credibilmente la propria realtà attraverso le arti, le scienze e il diritto. Al suo posto troviamo l’immagine del soggetto offerta dalla psicologia e dalla fisica moderna: la teorizzazione dello scienziato Ernst Mach (per il quale «ci sono maggiori differenze tra un uomo nel corso di un anno che tra diversi Io»), da una parte, e la psicologia della Gestalt, dall’altra, scompongono l’io in una inesauribile frammentarietà, in un aggregato di relazioni psichiche, la cui unità è solo fittizia, frutto di un pensiero organizzante capace soltanto di arbitrari e compiaciuti «pezzi di bravura», senza pretese veritative. Come scrive Musil, studioso di Mach, «l'io perde il senso che ha avuto finora, di un sovrano che compie atti di governo». Una tale disgregazione dell’io è ambivalente: da un lato è liberatoria, in quanto «scioglie i particolari da ogni gerarchia che pretende di unificarli», sottrae l’individuo alla violenza senz’armi dei filosofi e lo riconsegna alla sua primordiale libertà; ma, dall’altro, è insoddisfacente perché dopo che la realtà è stata vivisezionata e scomposta, rimane la necessità di dar conto del significato delle decisioni e delle azioni dell’individuo. L’incompiutezza de L’uomo senza qualità di Musil e l’ansia di un significato oltre il segno linguistico che caratterizza la Lettera di Lord Chandos di Hofmannsthal sono espressione della ricerca di un senso oltre la crisi. Un’aspirazione, potremmo dire “programmatica” è di muovere oltre la crisi, oltre la consapevolezza della “dissoluzione” dell’io, cercando di (ri)costruire la possibilità di fondare la responsabilità personale del soggetto per le sue azioni e omissioni. Certo, questa aspirazione non può più permettersi di ignorare le conoscenze scientifiche (ad esempio gli studi sulla psicologia del profondo e le recenti acquisizioni neuro scientifiche circa le correlazioni tra attività mentale e sostrato biologico) e di ascoltare le “narrazioni” letterarie che hanno saputo cogliere precocemente le implicazioni; e ciò comporta un impegno a rimodulare ed affinare le proprie categorie per renderle aderenti e adeguate al sostrato socio-psicologico che gli è dischiuso con crescente 1

evidenza, senza peraltro rinunciare all’essenziale funzione regolativa e ordinativa, il cui esercizio è la premessa stessa per un reale riconoscimento delle realtà e singolarità dell’uomo. Se «tanta letteratura ha guardato con astio al diritto, considerandolo arido e prosaico rispetto alla poesia e alla morale» e se «democrazia, logica e diritto sono spesso disprezzati dai retori vitalisti quali valori “freddi” in nome dei valori “caldi” del sentimento», non si deve dimenticare che «quei valori freddi sono necessari per stabilire le regole e le garanzie di tutela del cittadino, senza le quali gli individui non sarebbero liberi e non potrebbero vivere la loro “calda vita”, come la chiamava Saba. Sono i valori freddi – l’esercizio del voto, le formali garanzie giuridiche, l’osservanza delle leggi e delle regole, i principi logici – a permettere agli uomini in carne ed ossa di coltivare personalmente i propri valori e sentimenti caldi, gli affetti, l’amore, l’amicizia, le passioni e le predilezioni d’ogni genere. A differenza di chi declama le profonde ragioni del cuore pensando in realtà che esista solo il suo cuore, la legge parte da una conoscenza più profonda del cuore umano, perché sa che esistono tanti cuori, ognuno con i suoi insondabili misteri e le sue appassionate tenebre, e che proprio per questo solo delle norme precise, che tutelano ognuno, permettono al singolo individuo di vivere la sua irripetibile vita, di coltivare i suoi dèi e i suoi demoni, senza essere impedito né oppresso dalla violenza di altri individui, come lui preda di inestricabili complicazioni del cuore, ma più forti di lui». (da: C. Magris, Grande stile e totalità, in Id., L’anello di Clarisse, Einaudi, Torino, 1984, pp. 4-15; Id., Letteratura e diritto. Davanti alla legge, in Cuadernos de Filología Italiana , 2006, vol. 13, pp. 175-181). Robert Musil nasce a Klagenfurt il 6 novembre 1880, in Austria. Il giovane Musil riceve un’istruzione prevalentemente tecnico-scientifica, che prosegue prima all’Accademia militare di Vienna (fino al dicembre 1897) e poi, da civile, al Politecnico di Brünn (1898-1901), dal quale esce con il titolo di ingegnere. Parallelamente alla carriera tecnico-scientifica e militare, Musil percorre un diverso processo di maturazione e di formazione culturale. Fin dagli anni del collegio, avverte la necessità di una cultura umanistico-letteraria, da affiancare a quella tecnica: è in questa condizione di «diciottenne semibarbaro», come Musil si definisce nei Diari, che avviene l’incontro con Nietzsche. La riflessione filosofica di Nietzsche influenzerà tutta l’opera di Musil, dai suoi scritti giovanili a L’uomo senza qualità, senza, tuttavia, sfociare in un recepimento passivo e acritico: se, infatti, del filosofo tedesco, Musil apprezza e tematizza, già a cavallo tra i due secoli, la posizione antimetafisica, il moralismo che mette a nudo l’immoralità di molte convenzioni, il «saggismo» capace di vivisezionare tutti i problemi, tuttavia egli esplicitamente rifiuta l’irrazionalismo e l’assolutizzazione del soggettivismo dell’ultimo Nietzsche, evidenziandone limiti e contraddizioni proprio ne L’uomo senza qualità, attraverso il personaggio di Clarisse. L’incontro con la cultura umanistica fa nascere in Musil la volontà di abbandonare gli studi tecnici per dedicarsi sistematicamente allo studio del pensiero filosofico. Si iscrive, quindi, nell’anno 2

accademico 1903-‘04 alla facoltà di filosofia di Berlino. Gli studi filosofici si concluderanno il 14 marzo 1908 con il conseguimento del dottorato con la tesi Sulle teorie di Ernst Mach. Musil assimila in questi anni la teoria machiana, radicalmente empirista e sensista, secondo cui la realtà altro non è che uno sterminato intreccio di elementi e di sensazioni: gli oggetti e la stessa costruzione causale sono considerate costruzioni fittizie, il cui valore risiede soltanto nella loro utilità “economica” di strumento per orientarsi nel mondo. Negli anni berlinesi, Musil entra a contatto anche con la nascente psicologia della Gestalt. In essa, egli trova confermata la convinzione che le sostanze rappresentino mere relazioni funzionali, ma arricchisce il suo pensiero attraverso l’idea gestaltica della loro organizzazione in modo estremamente rigoroso: le forme o Gestalten preesistono all’esperienza, ma la rendono possibile in quanto fattori che organizzano e permettono la percezione. In quegli anni, inoltre, Musil porta a compimento il suo primo romanzo I turbamenti del giovane Törless (1905). In quest’opera, «parabola romanzesca dell’insufficienza del segno rispetto alla totalità indefinibile e amorfa degli oggetti reali e dei loro molteplici segni», sono anticipati molti dei temi che confluiranno poi ne L’uomo senza qualità. Rifiutata la prospettiva di una carriera accademica, Musil, stimolato dall’ambiente berlinese, si dedica prevalentemente all’attività letteraria. A quegli anni risalgono le novelle Il compimento dell’amore (1910) e La tentazione della silenziosa Veronika (1911), pubblicate insieme con il titolo di Incontri (1911). Questi primi tentativi letterari non hanno il successo sperato. Musil è costretto a lasciare Berlino e ad accettare un posto da bibliotecario presso il Politecnico di Vienna (1911). Convinto, tuttavia, che lo «stato» di scrittore - «fare il poeta non è una attività, ma uno stato» scrive nei Diari - non si possa assumere a mezzo servizio, lascia dopo pochi anni l’impiego statale e torna a Berlino dove farà il redattore presso la Neue Rundschau (1914). La guerra sconvolge l’esistenza dello scrittore. Dapprima affascinato dalla prospettiva del conflitto bellico, poi irrimediabilmente amareggiato dai lunghi anni trascorsi al fronte in Alto-Adige (prima come comandante e poi come redattore di un giornale militare), matura in Musil l’ambizioso progetto de L’uomo senza qualità, il grande romanzo che lo impegnerà fino alla morte. A partire dal 1920, comincia a delinearsi in Musil, a seguito del rifiuto sia dell’Idealismo che dell’Empirismo, l’idea che compito precipuo del poeta sia di ridurre all’esattezza la sfera irrazionale dell’individuo, così conciliando scientificità e umanesimo. Assume grande importanza, in questo senso, il dramma I fanatici (1921), primo tentativo di tematizzazione letteraria delle teorie di Nietzsche e di Mach, che vale a Musil il premio Kleist (1923) e prepara il terreno per il successo più ampio della commedia Vinzenz e l’amica degli uomini (1923), subito rappresentata a Berlino e accolta dal favore del pubblico. In quello stesso anno, Musil viene eletto vicepresidente dell’«Associazione degli scrittori tedeschi in Austria» (presieduta da Hofmannsthal). A partire dal 1925, Musil si dedica completamente a L’uomo senza qualità. Comincia così la lunga e travagliata gestazione della grande opera, che assorbirà pressoché tutte le energie dello scrittore e richiederà tempi molto diversi da quelli programmati. Il primo volume (comprendente la I e la II parte) esce infatti solo alla fine del 1930. L’uomo senza qualità viene accolto con favore dalla 3

critica, ma non trova quel successo di pubblico in grado di assicurare allo scrittore un futuro più sereno. Nonostante alcuni riconoscimenti, l’esistenza di Musil diviene economicamente e psicologicamente precaria a misura della difficoltà di portare a termine il romanzo. Ad assisterlo economicamente saranno anche Thomas Mann e Oscar Loerke, che gli faranno assegnare dall’«Accademia prussiana delle arti» un discreto contributo finanziario. Si arriva così nel 1933 alla pubblicazione del II volume dell’opera, contenente però solo 38 capitoli della III parte. Da allora Musil, pur continuando a lavorare senza soste, non consegnerà più nulla all’editore, lasciando così incompiuto il romanzo. Tale incompiutezza segna il distacco, anche formale, dai grandi modelli ottocenteschi e sembra essere conseguenza, più che della improvvisa morte, del rifiuto di qualsiasi forma di assolutizzazione, soggettiva o oggettiva, e del tentativo di trattare il mondo e la propria vita «come nei vari capitoli di un saggio si considera un oggetto da molti lati diversi senza comprenderlo tutto». In virtù di questi principi, ogni soluzione “finale” de L’uomo senza qualità non poteva che apparire un atto di violenza nei confronti della mutevolezza e della sovrabbondanza del reale. L’annessione dell’Austria al Reich hitleriano costringe Musil ad abbandonare Vienna, non solo perché la moglie è ebrea, ma anche perché L’uomo senza qualità è messo all’indice in Austria e in Germania (1938). Si rifugia così in Svizzera, prima a Zurigo poi a Ginevra, dove morrà di colpo apoplettico il 15 aprile 1942. (Le informazioni biografiche sono tratte da G. Dolei, Invito alla lettura di Musil, Mursia, Milano, 1985, pp. 5-35; le citazioni sono tratte da C. Magris, Dietro quest’infinito: Robert Musil, in Id., L’anello di Clarisse, Einaudi, Torino, 1984, pp. 212-255). Hugo von Hofmannsthal nasce a Vienna il 1 febbraio 1874. La sua vocazione letteraria si manifesta molto precocemente quando esordisce, ancora adolescente, negli ambienti letterari viennesi con alcune poesie e drammi lirici vicini alle correnti impressioniste ed estetizzanti di fine secolo. Già in queste prime produzioni si possono scorgere nel giovanissimo poeta una musicalità e una sensibilità tutta decadente per i valori della lingua e della forma. Partecipa alla cerchia della Giovane Vienna, animata da scrittori quali Hermann Bahr, Arthur Schnitzler e Richard BeerHofmann. Tra le opere di quegli anni si ricordano le Terzine sulla caducità (1891), tra cui la Ballata della vita apparente, e i drammi lirici Ieri (1891), La morte di Tiziano (1892), Il folle e la morte (1893), La donna alla finestra (1897), Il piccolo teatro del mondo (1897) e Il ventaglio bianco (1897). Come scrive Claudio Magris, «… la precocissima lirica di Hofmannsthal è affascinata dall’indivisibile e continuo fluire della vita, che sfugge ad ogni rappresentazione definita e si riflette in immagini vaghe e sfumate. […] Sono immagini che rimandano al grande dissidio fin de siècle tra la vita e la forma». Dopo una prima fase in cui approfondisce le correnti e gli esponenti del Simbolismo e del Decadentismo europeo, culminata con l’opera L’avventuriero e la cantante (1899), Hofmannsthal inizia una fase di ricerca della forma teatrale tradizionale, sentita dal poeta come l’unica in grado di riportare l’arte al servizio della vita, lontana dagli eccessi dell’Estetismo di fine ottocento. Hofmannsthal spazia fra generi drammatici diversi: dalla tragedia greca ai drammi rinascimentali, dal teatro barocco spagnolo al mistery play della tradizione letteraria inglese, fino alla commedia in

4

prosa e per musica. Molière, Calderòn de la Barca e Goldoni sono alcuni degli autori dai quali attinge spunti e suggerimenti formali e tematici. Nel 1901-‘02, scrive la Lettera di Lord Chandos, una lettera immaginaria pubblicata il 18 ottobre 1902 su Der Tag, inviata da Lord Chandos, un giovane che sta vivendo una crisi linguistica, al suo maestro Francis Bacon, per giustificarsi della propria rinuncia all’attività letteraria. In quest’opera, Hofmannsthal tematizza la scissione tra il linguaggio e la vita: il segno corrisponde oramai solo al significante, il concetto rimane inattingibile alla parola. «Le “parole astratte” necessarie per esprimere un giudizio vengono corrose da una “ruggine”dilagante: il Lord non riesce più a rimproverare sua figlia per una bugia, non sopporta di udire elementari opinioni sulla malvagità, la bontà o l’avarizia delle persone». Nel 1906, con l’adattamento della tragedia Elettra, Hofmannsthal avvia la lunga, feconda collaborazione artistica con Richard Strauss, per il quale comporrà numerosi libretti d’opera, come Il cavaliere della rosa , Arianna a Nasso, La donna senz’ombra, Arabella. Ne La donna senz’ombra, in particolare, Hofmannsthal teorizza quello che chiama principio «allomatico»: il principio per cui l’unica salvezza per la soggettività in bilico tra l’irrigidimento e la dissoluzione è nel rapporto con l’altro, in una integrazione dell’io con gli altri, che non confonda le due parti, ma le arricchisca in una relazione reciproca, possibile solo dove le componenti del dialogo non si annullino. Allo scoppio del primo conflitto mondiale, Hofmannsthal è dispensato dal servizio attivo e destinato a compiti di propaganda culturale nei territori neutrali o di occupazione. Dopo una prima fase di adesione, prova presto orrore della guerra, tanto da prendere le distanze dagli entusiasmi nazionalistici e annessionistici dei pur cari amici tedeschi, come Eberhard von Bodenhausen. Negli anni immediatamente successivi alla Prima guerra mondiale, profondamente scosso dal crollo dell’impero sovranazionale asburgico e dalle violenze immani che sembravano minare le fondamenta stesse della civiltà europea, Hofmannsthal si adopera con un’instancabile attività pubblicistica ed editoriale per proporre, attraverso l’esempio dei classici della letteratura europea, un nuovo umanesimo, nella tradizione goethiana della Weltliteratur. Nel 1920 fonda con il compositore tedesco Richard Strauss e con il regista teatrale austriaco Max Reinhardt il Festival di Salisburgo. In quegli anni, tuttavia, Hofmannsthal smette di scrivere racconti e rinuncia anche a proseguire il romanzo iniziato, ripreso e abbandonato nel corso di molti anni, Andrea o I ricongiunti, nei cui frammenti molti dei temi sviluppati nel corso della sua produzione letteraria sembrano trovare unità nella limpidezza del linguaggio. In Andrea o I ricongiunti, Hofmannsthal affronta infatti con decisione il tema della scissione dell’io, cercando di superarla su di un piano non strettamente psicologico, ma più spirituale e religioso: anche questo percorso, però, è sempre un movimento vitale, che non si irrigidisce in un finale compiuto, ma «in una serie di abbozzi e sviluppi potenziali che il lettore può montare a suo piacimento, rimescolandoli come un mazzo di carte e componendo diverse storie possibili». Del 1921 è L’uomo difficile, una commedia in cui il protagonista, Hans Karl, è un disilluso aristocratico, che alla Camera Alta non apre mai bocca. Eroe della riservatezza e del distacco di fronte al declino di una civiltà, l’uomo difficile considera ogni parola «indecente» perché si basa su 5

una «indecente sopravvalutazione di se stessi». Il suo problema, afferma, è «di non saper quasi mai vedere il definitivo» perché la molteplicità del reale lo rende scettico e malinconico di fronte ad ogni entusiasmo e a ogni decisione. L’ultima opera di Hofmannsthal, il dramma La torre (1925-1927), mostra ancora come «le contraddizioni della vita e della storia siano irresolubili e come nessuna superiore unità del pensiero possa conciliare o sanare le selvagge lacerazioni del reale». Il 15 luglio 1929 Hofmannsthal muore colpito da emorragia cerebrale mentre con la moglie Gerty e con i figli Raimund e Christiane si reca ai funerali del figlio Franz, morto suicida due giorni prima. (Le informazioni biografiche sono tratte da E. Raponi, Nota biografica, in H. von Hofmannsthal,L’uomo difficile, a cura di E. Raponi, Quodlibet, Macerata, 2007, pp. XVII-XVIII; le citazioni sono tratte da C. Magris, La ruggine dei segni. Hofmannsthal e La lettera di Lord Chandos, in Id., L’anello di Clarisse, Einaudi, Torino, 1984, pp. 33-62).

Bibliografia di base: Broch H., Hofmannsthal e il suo tempo, a cura di P. M. Lützeler, Adelphi, 2010 De Angelis E., Robert Musil, Biografia e profilo critico, Einaudi, 1982 Hofmannsthal von H., L'incorruttibile, Einaudi, 2010 Hofmannsthal von H., Lettera di Lord Chandos, Mimesis, 2007 Hofmannsthal von H., L’uomo difficile, Quodlibet, 2007 Hofmannsthal von H., Il libro degli amici, Adelphi, 1996 Hofmannsthal von H., Ieri, Edizioni Studio Tesi, 1992 Hofmannsthal von H., Der Kaiser und die Hexe, in Id., Sämtliche Werke, Bd. III: Dramen 1, hrsg. von G. E. Hübner - K. G. Pott - C. Michel, S. Fischer Verlag, 1982, pp. 177-208 Hofmannsthal von H., Andrea o I ricongiunti, Adelphi, 1976 Hofmannsthal von H., Piccoli drammi, Rusconi, 1971 Magris C., L’anello di Clarisse, Einaudi, 1984 Magris C., Letteratura e diritto. Davanti alla legge, in Cuadernos de Filología Italiana, 2006, vol. 13, pp. 175-181 Monti C, Musil. La metafora della scienza, Pironti, 1983 Musil R., L’uomo senza qualità, II volumi, Mondadori, 1992 Musil R., Romanzi brevi, novelle, aforismi, Einaudi, 1986 Musil R., Teatro, in Racconti e Teatro, Einaudi, 1964 Raponi E., Hofmannsthal e la commedia. Dalle pr...


Similar Free PDFs