Cap 21 e 22, disturbi alimentari e abuso di sostanze (neuropsicologia-la personalità e i suoi disturbi) PDF

Title Cap 21 e 22, disturbi alimentari e abuso di sostanze (neuropsicologia-la personalità e i suoi disturbi)
Course Neurologia e Psichiatria
Institution Università degli Studi di Messina
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DIISTURBI ALIMENTARI E ABUSI DI SOSTANZE ...


Description

I DISTURBI DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE – CAPITOLO 21 La diffusione epidemica dei disturbi alimentari è stata accompagnata da una progressiva trasformazione delle forme cliniche, dalla prevalenza dell’anoressia restrittiva degli anni 60 allo spostamento progressivo verso le forme di bulimia alla fine degli anni 80. Secondo il DSM IV TR, i disturbi alimentari potevano essere suddivisi in due grandi categorie: anoressia nervosa e bulimia nervosa, più la categoria residuale dei disturbi alimentari non altrimenti specificati; l'anoressia nervosa veniva diagnosticata in base a quattro criteri, ossia il rifiuto di mantenere un peso corporeo nella norma, la paura di acquistare peso, un disturbo dell'immagine corporea, e comprendeva due sottotipi: una forma restrittiva e una forma con abbuffate. La bulimia nervosa, invece, era caratterizzata da ricorrenti abbuffate con perdita di controllo e condotte di compensazione, con una frequenza di almeno due volte a settimana per tre mesi e un’influenza indebita della forma e del peso sull'autostima; anche in questa categoria erano presenti due sottotipi: quella con condotte di eliminazione e quella senza condotte di eliminazione. Infine, l'ampia categoria diagnostica dei disturbi alimentari non altrimenti specificati includeva tutte le forme anoressiche e bulimiche sotto soglia e il disturbo da alimentazione incontrollata. Altre forme di disturbo alimentare come l'anoressia inversa, la sindrome delle abbuffate notturne, l’ortoressia, hanno fatto la loro comparsa negli ultimi anni sulla scena diagnostica senza al momento definirsi come disturbi altrimenti specificati. Uno dei principali problemi della classificazione del DSM-IV-TR era rappresentato proprio da questa categoria; il DSM-V, nel tentativo di superare questa criticità, ha apportato alcuni cambiamenti significativi nella classificazione dei disturbi alimentari: è stata eliminata la sezione dei disturbi solitamente diagnosticati in infanzia, fanciullezza e adolescenza e i disturbi della nutrizione ivi inclusi sono stati inseriti all'interno della più ampia categoria dei “disturbi della nutrizione e dell'alimentazione”. Secondo il DSM V, le caratteristiche essenziali dell’ anoressia nervosa sono: una persistente restrizione nell’ assunzione di calorie e un peso corporeo al di sotto del minimo normale per età, sesso, traiettoria di sviluppo e salute fisica, un’ intensa paura di aumentare di peso o di diventare grassi e una significativa alterazione della percezione di sé relativa al peso. Questa paura non è alleviata dalla perdita di peso, la percezione attribuita al peso e alla forma del corpo sono distorti e influenzano notevolmente i livelli di autostima. Degna di nota è l'eliminazione dell’ amenorrea come criterio utile a fare diagnosi di disturbo e la possibilità di specificare la gravità della patologia in relazione all’ indice di massa corporea del soggetto. Anche l’ICD 10 descrive l'anoressia nervosa come un disturbo caratterizzato da una deliberata perdita di peso e dal terrore di diventare grassi, sottolineandone la prevalenza in adolescenti e adulti di sesso femminile e l'associazione con una psicopatologia specifica per cui la paura di ingrassare si configura come un'idea intrusiva e pervasiva. Il DSM V definisce la bulimia nervosa come un disturbo caratterizzato da ricorrenti abbuffate e inappropriate condotte compensatorie finalizzate a prevenire l'aumento di peso, che si verificano con una frequenza di almeno una volta alla settimana per tre mesi; le abbuffate sono accompagnate dalla sensazione di perdere il controllo e continuano finché l'individuo non si sente sgradevolmente pieno; anche l’ICD 10 descrive la bulimia nervosa come un quadro caratterizzato da ripetuti eccessi di iperalimentazione, seguiti da vomito o uso di lassativi e da un’ eccessiva preoccupazione per il peso corporeo e il corpo, IL RUOLO DELLA PERSONALITA’ Negli studi di Westen sono stati identificati, attraverso la Swap-200, tre diversi cluster di personalità in campioni ampi di pazienti con disturbi alimentari: gruppo ad alto funzionamento/perfezionista  in questo gruppo rientrano pazienti che mostrano caratteristiche fra cui la coscienziosità e l'empatia nei confronti degli altri, ma in cui predominano anche la forte autocritica personale, il perfezionismo, la colpa e l'ansia. La patologia di questi pazienti comprende caratteristiche ossessive e depressive di alto funzionamento, dove la sintomatologia alimentare sembra riflettere i tentativi di regolare l'ansia e la colpa e i problemi legati all'autostima. Gruppo ipercontrollato un altro gruppo di pazienti è caratterizzato da una generale coartazione emotiva, da una significativa passività e inibizione sia dell’ autoconsapevolezza sia della riflessività sui processi mentali; gruppo disregolato emotivamente una certa percentuale di pazienti presenta

caratteristiche di personalità dove la difficoltà nella regolazione delle emozioni è il tratto più caratteristico. I sintomi alimentari, che sono prevalentemente di tipo bulimico, così come i comportamenti impulsivi, l'uso di sostanze, sembrano rappresentare sforzi disperati di regolare affetti scarsamente modulati. Gli studi di Westen hanno dimostrato che il 60% dei pazienti con disturbi alimentari presenta una grave patologia della personalità e che le caratteristiche di personalità, hanno una maggiore validità predittiva sia per quanto riguarda la frequenza e la gravità della sintomatologia sia per quanto riguarda la prognosi e il trattamento. COMPRENSIONE PSICODINAMICA DEL COMPORTAMENTO ALIMENTARE L’individuazione di profili di personalità nei disturbi alimentari costituisce una base anche per la comprensione degli aspetti dinamici e del significato soggettivo della sintomatologia del paziente. Il PDM descrive i disturbi alimentari sulla base dell'esperienza interna che i pazienti possono sperimentare, vengono segnalate le principali preoccupazioni emotive, i sentimenti di fallimento, debolezza e vergogna, i pattern cognitivi e gli stati somatici di confusione. La funzione del sintomo nell'anoressia e nella bulimia può assumere significati molto diversi, ma spesso è indicativa di una sottostante problematica legata al tema dell'identità. L’egosintonia che caratterizza il vissuto di molti pazienti suggerisce che la costruzione di un'identità patologica centrata attorno al sintomo rappresenti uno stabilizzatore della personalità; le tematiche originarie possono essere individuate nei compiti dell’adolescenza, che rappresentano fattori determinanti nella forma che assume il disturbo e che ne segnano temporalmente l'esordio sintomatico. Alcuni fra i più significativi passaggi psichici che l'adolescente anoressico-bulimico sembra non poter sostenere sono: l'emergere del corpo sessuato, lo spostamento dagli attaccamenti infantili verso nuovi legami oggettuali, l'esperienza di separazione psicologica dalle figure dell'infanzia. La sintomatologia alimentare, con il suo alternarsi di digiuni, crisi bulimiche e pratiche di svuotamento, mette in luce le modalità relazionali di questi pazienti, che oscillano tra il desiderio di una relazione poco differenziata, a carattere narcisistico, e le angosce che essa suscita e che conducono a misure difensive di evitamento e rifiuto. Ciò che spesso si rende evidente è la contemporanea intolleranza sia della solitudine, sia della vicinanza relazionale, entrambe minacciano l'equilibrio e l'integrità narcisistica del soggetto indicandone il problema di identità. E’ necessario articolare la valutazione in maniera differente a seconda delle diverse organizzazioni e dei diversi stili della personalità;gli stessi sintomi, infatti, possono avere funzioni diverse a seconda dello stile di personalità del paziente. Lo stile della personalità si articola in base all'organizzazione strutturale della stessa, per alcuni pazienti il sintomo anoressico e bulimico si costituisce in un’organizzazione di personalità nevrotica come una manovra relazionale, un modo per sollecitare l'altro e renderlo al tempo stesso impotente nel tentativo di realizzare una manovra separativa che è stata ostacolata. Questo tipo di soggetti, caratterizzati da oppositività e negativismo, possono essere avvicinati a quelli che Westen chiama i perfezionisti; in altri casi possiamo invece parlare di un disturbo nella strutturazione del Sé, dove è messa in luce una peculiare struttura di alcuni pazienti anoressico-bulimici caratterizzata da una scissione tra un falso sè esterno, adattivo, e un sè interno, segreto o un disturbo narcisistico in cui il sè viene sentito in costante pericolo. Le difficoltà nelle relazioni precoci hanno interrotto la crescita della capacità di consapevolezza enterocettiva che a sua volta preclude la possibilità di consolidare le abilità di autoregolazione; il rifiuto ostinato del cibo assume in questi casi il significato di un tentativo di comportamento assertivo e finalizzato a stabilire un senso di competenza o controllo su di sé, al contrario, l'assunzione sregolata di cibo sembra rispondere a un tentativo di automedicazione. I pazienti con questo tipo di organizzazione del Sé vivono la tematica della separazione in maniera molto angosciante, le relazioni sono vissute con ambivalenza: da una parte hanno il bisogno di contare su un altro significativo, dall'altra questi suscita la sensazione di essere inghiottiti. Possiamo riscontrare anche una significativa percentuale di pazienti che presentano un’ organizzazione di personalità borderline, caratterizzati dall’utilizzo di meccanismi di difesa primitivi (come la scissione e l'identificazione proiettiva), la vulnerabilità a episodi temporanei di depersonalizzazione e frammentazione del sé, comportamenti impulsivi, fra cui abbuffate e automutilazioni, che vengono utilizzati nel tentativo di evitare delle regressioni. La

sintomatologia autolesiva può rappresentare il bisogno di punire un sè svalutato, ma in certi casi può essere anche un tentativo di evitare esperienze di depersonalizzazione; per questa ragione,questi pazienti utilizzano difese paranoidi, dove il grasso diventa il focus simbolico della difesa anoressica, nello sforzo di proteggere il sè fragile e non sentirsi sopraffatti. La considerazione del trauma nei disturbi alimentari è un altro aspetto centrale della valutazione diagnostica, in quanto le ricerche indicano una presenza molto significativa di eventi traumatici (come maltrattamenti fisici, trascuratezza e abusi sessuali) nella storia di queste pazienti. Queste esperienze destrutturanti si configurano come non elaborabili e mettono in primo piano il ruolo del corpo; questo può costituirsi come un oggetto estraneo, da punire per salvare la relazione con l'altro o come il responsabile dell'abuso stesso a cui sottrarsi attraverso la cancellazione di qualsiasi carattere sessuale. Lo stile e la struttura di personalità, così come l'impatto del trauma e la funzione psicodinamica dei sintomi, devono essere considerati aspetti centrali della valutazione clinica nei diversi quadri di anoressia e bulimia.

ABUSO DI SOSTANZE – CAPITOLO 22 L'abuso e la dipendenza da sostanze sono annoverati tra i principali problemi di salute pubblica in molti paesi occidentali; in generale, le sostanze permettono di vivere stati emotivi positivi e di alleviare sentimenti di tensione e dolore. L'abuso di sostanze rappresenterebbe una via di fuga da un disagio e una sofferenza psichica pre-esistente. L’Organizzazione Mondiale della Sanità definisce “doppia diagnosi” la coesistenza nel medesimo individuo di un disturbo dovuto al consumo di sostanze psicoattive e di un altro disturbo psichiatrico. Nelle prime due edizioni del DSM le diagnosi di abuso di dipendenza da sostanze erano subordinate alla diagnosi di un disturbo di personalità, è solo a partire dal DSM III che sono diventate quadri diagnostici indipendenti. Il DSM III e IV definivano l'abuso di sostanze come un quadro caratterizzato da un uso continuativo della sostanza, a dispetto delle conseguenze e dei rischi connessi al suo utilizzo, e la dipendenza da sostanze come una condizione contraddistinta dai fenomeni di tolleranza, astinenza e uso compulsivo e incontrollato della sostanza in risposta al craving. La tolleranza si riferisce ai fenomeni di neuroadattamento del sistema nervoso centrale che si traducono nel bisogno di aumentare le dosi della sostanza per sortire gli effetti desiderati, l'astinenza si riferisce, invece, all’ emergere di sintomi fisici e psichici in risposta alla diminuzione o all'interruzione dell'assunzione della sostanza. Il craving è un desiderio intenso e incontrollabile di sperimentare l'effetto della sostanza che spinge l'individuo a ricercarla. Anche l’ICD 10 distingue l'abuso nocivo dalla sindrome da dipendenza da sostanze; il DSM V fa confluire la diagnosi di abuso di dipendenza da sostanze all'interno di un unico quadro diagnostico: “il disturbo da uso di sostanze” . La parola dipendenza viene omessa dal manuale e le viene preferito il termine più neutro di “disturbo da uso di sostanze”, a descrivere un'ampia gamma di condizioni, da quelle più lievi a quelle più gravi. Nei disturbi correlati a sostanze e disturbi da addiction del DSM 5 troviamo i disturbi da uso di sostanze e i disturbi indotti da sostanze; le 10 classi di sostanze contemplate sono: l'alcol, la caffeina, la cannabis, gli allucinogeni, gli inalanti, gli oppiacei, i sedativi, gli ipnotici e gli ansiolitici, gli stimolanti, il tabacco e altre sostanze. Il PDM tratta i disturbi da uso e dipendenza da sostanze all'interno dell’Asse S e individua il nucleo di questi comportamenti nel disagio psichico acuto e cronico vissuto dai soggetti che fanno ricorso alla sostanza, riconoscendo sia il ruolo dei disturbi di personalità nella comparsa e stabilizzazione dei disturbi da sostanze, sia l'uso della sostanza come forma di automedicazione tesa a migliorare, controllare e attenuare esperienze affettive troppo intense e confusive. In termini di stati affettivi le sostanze modificano o rendono più tollerabile il disagio provato dalle persone che ne dipendono e può essere preferita una specifica classe di sostanze rispetto ad altre. Il profilo psicopatologico che emerge dal PDM descrive individui incapaci di regolare le proprie emozioni, la propria autostima, le relazioni e la cura di sé. I pattern relazionali possono includere sentimenti intensi di bisogno, che si alternano con l'affermazione di non avere alcun bisogno dell'altro e i pattern cognitivi sono centrati sulle razionalizzazioni che sostengono la dipendenza e sulla negazione dei problemi connessi all’abuso. PERSONALITA’ E ADDICTION Il termine addiction viene introdotto per riferirsi alla tradizionale dipendenza da sostanze e, contemporaneamente, alle diverse forme di dipendenze comportamentali. Con questo termine si intende qualsiasi forma morbosa determinata dall’ uso distorto di una sostanza o di un comportamento;secondo questa prospettiva, i comportamenti di dipendenza, tanto quanto le sostanze, hanno la capacità di provocare stati di piacere e di euforia, alterazioni dello stato di coscienza ordinario, che costituiscono la motivazione principale che alimenta le dipendenze. Si ipotizza, inoltre, che la scelta di una specifica sostanza o di uno specifico comportamento sia funzione dello stato emotivo che si intende curare. Sembra che in presenza di un disturbo di personalità l'esordio delle condotte da abuso sia più precoce e che i disturbi del cluster B aumentino il rischio di sviluppare una dipendenza. La peculiarità del rapporto fra personalità e dipendenze è confermata anche dagli studi che hanno indagato la presenza di disturbi da sostanze in pazienti con disturbi di personalità e, infatti, circa la metà dei pazienti con disturbo di personalità presenta una diagnosi life-time di uso di sostanze. Gli studi longitudinali hanno poi

messo in evidenza una relazione tra comportamenti antisociali nell'infanzia e abuso di alcol in età adulta. La relazione tra disturbi di personalità del cluster B e addiction sembra mediata da tratti come l'impulsività e l'instabilità emotiva;la novelty seeking è un tratto di personalità associato all’ attività esplorativa in risposta a stimoli nuovi e si traduce in una tendenza ad agire impulsivamente e a evitare le situazioni frustranti, alti livelli di novelty seeking sembrano differenziare l'alcolismo di tipo 2 (più grave e a esordio più precoce) dall'alcolismo di tipo 1. Analogo alla novelty seeking è il tratto della sensation seeking, che predispone i soggetti alla ricerca di sensazioni forti per sfuggire alla noia. I tratti di personalità sembrano influenzare anche le diverse motivazioni che sottendono l'uso di una sostanza, per esempio, i soggetti dipendenti da cocaina con tratti ansiosi sembrano far uso della sostanza nel tentativo di autocurare l'umore disforico e depresso. Anche l'ipotesi per cui le caratteristiche dei vari disturbi di personalità influenzano la scelta della sostanza di abuso sembra trovare conferma empirica: i disturbi del cluster B, in particolare quello narcisistico, accrescono il rischio di abuso e dipendenza da cocaina, mentre tratti di personalità antisociale e borderline, quello da eroina. Inoltre, nell'ultimo decennio si è assistito al diffondersi del fenomeno del poliabuso, per cui l'uso di due o più sostanze può essere simultaneo nel tempo e avere la funzione di modulazione degli effetti di intossicazione e astinenza. NUOVE ADDICTION Si definiscono nuove dipendenze o dipendenze comportamentali quelle forme di addiction nelle quali non c'è assunzione di sostanze psicoattive, ma una dedizione eccessiva a un'abitudine o a un comportamento, per lo più socialmente accettato, che può determinare disagio e rendere problematiche molte relazioni sociali e familiari. Dal punto di vista descrittivo, con questo termine si fa riferimento allo shopping compulsivo, alle dipendenze tecnologiche, alle dipendenze dal lavoro, al sesso compulsivo. Le dipendenze comportamentali condividono con quelle da sostanza la capacità di ridurre gli stati emotivi percepiti negativamente dall’ individuo e di favorire una percezione positiva di sé e del mondo e sono simili alle dipendenze da sostanze per l'elevata frequenza di poli-dipendenza. GIOCO D’AZZARDO Il DSM-IV-TR collocava il gioco d'azzardo all'interno dei disturbi del controllo degli impulsi non altrove classificati, questa collocazione, tuttavia, era tutt'altro che condivisa perché la manifestazione clinica del gioco d'azzardo appare come un vero e proprio crocevia di sintomi riconducibili a disturbi diversi. Anche l’ICD 10 colloca il gioco d'azzardo tra le abitudini abnormi e i disturbi del controllo degli impulsi e lo descrive come un quadro caratterizzato da episodi frequenti e ripetuti di gioco d'azzardo che dominano la vita del soggetto a scapito dei valori e degli obblighi sociali, lavorativi e familiari. Il DSM-V colloca il disturbo da gioco d'azzardo all'interno della macro categoria dei “disturbi correlati a sostanze e disturbi da addiction”; le ricerche dimostrano che i comportamenti legati al gioco attivano circuiti cerebrali simili a quelli attivati dall’ assunzione di droghe e producono sintomi comportamentali che sembrano comparabili a quelli prodotti dai disturbi da uso di sostanze. Il DSM V chiede al clinico di specificare se il disturbo si presenta con un’intensità lieve, moderata o grave. Sulle possibili cause del gioco d'azzardo si rilevano in letteratura posizioni molto articolate: alcuni autori sostengono l'ipotesi di una predisposizione genetica, altri segnalano la presenza di un conflitto intrapsichico non risolto. Zuckerman propone invece di considerare il gioco d'azzardo come un comportamento teso alla ricerca di sensazioni, il cui rinforzo positivo sarebbe fornito dall’arousal anticipatorio o provato durante l'attività di gioco; gli individui amano il rischio di perdere perché produce in loro un'intensa eccitazione. Anche la depressione gioca un ruolo paradigmatico nel contesto dei disturbi gioco correlati e, se da un lato c'è chi interpreta il gioco patologico come un modo per affrontare uno stato depressivo, dall'altro c'è chi considera la depressione come una conseguenza. Tra i possibili fattori predittivi del gioco d'azzardo, gli studi empirici hanno individuato variabili come la presenza di problemi comportamentali, i disturbi dell'umore e della personalità, la precoci...


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