Obblighi giuridici in tema di disturbi alimentari PDF

Title Obblighi giuridici in tema di disturbi alimentari
Author Agnese Tassi
Course Sociologia del diritto
Institution Università degli Studi di Perugia
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Utile approfondimento sociologico giuridico riguardo alla condizione dei malati di disturbi alimentari nello stato. Cosa possiamo fare per legge, intervento medici e prevenzione fenomeno....


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MARIA CAPORALE NEL DIRITTO.IT La sicurezza alimentare I disturbi del comportamento alimentare. L’obesità. Nei Paesi a sviluppo avanzato dell’occidente si osserva una crescita esponenziale del fenomeno dell’obesità. Il mancato bilanciamento tra consumo di energie e introduzione di calorie è causa frequente di accumulo di grasso, di sovrappeso e di obesità. In alcuni casi rari (meno del 2%) l’obesità è determinata da fattori genetici, metabolici o endocrini; nella generalità dei casi essa ha origine in fattori esogeni, sociali, ambientali, comportamentali, ecc. L’obesità può essere di tipo progressivo, dovuta in prevalenza ad una dieta eccessiva in rapporto all’esercizio fisico svolto, o di tipo reattivo, da un aumentato consumo del cibo in risposta a una situazione di stress o di depressione. L’incremento ponderale nelle obesità reattive non ha, a differenza delle prime, un andamento progressivo ma episodico. Il livello del sovrappeso in età giovanile risulta avere un’importanza fondamentale per la probabilità dello svilupparsi, anche in età adulta, di patologie e disagi gravi. La ricerca medico scientifica ha individuato l’esistenza di una correlazione significativa fra obesità e insorgenza di fattori di rischio come l’ipertensione arteriosa e l’insulino-resistenza. Le cause del manifestarsi di patologie croniche sono da ricercarsi in fattori determinanti come l’invecchiamento della popolazione, l’affermarsi di stili di vita sedentari, il proliferare di abitudini alimentari scorrette. I dati sulla distribuzione geografica delle cause di rischio raccolti dall’OMS indicano l’incidenza di fenomeni di malnutrizione, gravi carenze igieniche, rapporti sessuali non protetti in Paesi in via di sviluppo con alta mortalità; abuso di alcol, fumo di tabacco, ipertensione arteriosa, ipercolesterolemia, inquinamento ambientale in Paesi in via di sviluppo con bassa mortalità e in Paesi tecnologicamente avanzati. Studi recenti nel campo della nutrigenomica (scienza che studia le scelte alimentari più appropriate allo specifico assetto genetico di

ciascun individuo) mostrano la stretta correlazione fra alimentazione e prevenzione delle patologie tumorali. A fronte di alimenti che aumentano la probabilità di insorgenza di malattie non trasmissibili (cardiovascolari, diabete, cancro, disturbi respiratori cronici) vi sono prodotti come frutta e verdura che ne riducono il rischio[8]. Il modello alimentare mediterraneo si contraddistingue per l’equilibrio nutrizionale ed è coerente con le linee-guida sull’alimentazione per la prevenzione delle principali malattie croniche oltre a caratterizzarsi per un minore impatto ambientale. Sovrappeso e obesità hanno ricadute significative in termini di costi economici diretti sul Servizio Sanitario Nazionale. La drammaticità delle evidenze empiriche disponibili su tali patologie e le gravi ripercussioni sul sistema salute impongono una seria riflessione. La cura delle patologie cardiovascolari implica mediamente costi sanitari elevati per l’ospedalizzazione dei pazienti nella fase acuta della malattia, per la somministrazione di farmaci e per gli interventi di riabilitazione e assistenza domiciliare compresi nel programma di cura. La condizione di cronicità dei pazienti rappresenta una delle principali cause di infermità di lunga durata e di abbandono dell’attività lavorativa. Tali patologie modificano globalmente la qualità di vita dei pazienti e comportano una sensibile incidenza sui costi indiretti per lo Stato implicando la riduzione di produttività lavorativa, ossia della capacità di determinare reddito. Vi sono poi i riflessi sulla spesa assistenziale per le pensioni di invalidità che, secondo le stime fornite dall’IMPS, presentano come causa fondamentale le patologie cardiovascolari. La diagnosi di obesità – basata sulla valutazione della quantità di tessuto adiposo – viene compiuta in modo indiretto mediante la determinazione dello spessore della plica cutanea in una serie di punti prestabiliti e/o del peso. Accanto alle complicanze fisiche, vi sono disturbi del comportamento. L’obesità se grave, tende ad influenzare la relazione dell’adolescente con i propri coetanei e con l’universo adulto, sino ad alterarne, nell’età evolutiva, l’identità sessuale. L’approccio terapeutico all’obesità prevede, in primo luogo, un trattamento correttivo del consumo alimentare favorendo un maggiore esercizio fisico, e, nel contempo, un intervento motivazionale attraverso un programma di psicoterapia di sostegno.

I comportamenti alimentari errati influenzano il processo di crescita dell’adolescente, determinando ritardi nello sviluppo sessuale. E’ nota l’importanza dei fattori nutrizionali e metabolici nella regolazione di una normale cronologia della maturazione puberale e nel mantenimento della ciclicità mestruale negli anni successivi al menarca. Si ritiene che vi sia una correlazione fra apporto nutritivo, peso corporeo e comparsa di pubertà. Il raggiungimento di un peso corporeo adeguato e di una percentuale di grasso sufficiente sembra costituire una condizione fondamentale per lo sviluppo del processo puberale. La quantità di tessuto adiposo influenza sia le concentrazioni che il metabolismo degli estrogeni circolanti e i loro meccanismi di feed-back a livello ipotalamico. La più precoce maturazione puberale delle adolescenti rispetto ai loro coetanei sarebbe legata ad un più precoce accumulo di grassi. Stati di denutrizione si associano spesso a un ritardo del menarca. Anoressia e bulimia Identificata come entità nosografica sin dal XVII secolo da R. Morton che descrisse l’anoressia come uno stato di atrofia nervosa caratterizzato da dimagrimento estremo sino alla consunzione conseguente ad una prolungata malnutrizione, amenorrea primaria o secondaria, iperattività motoria, senza la concomitante presenza di rialzi termici, tosse o dispnea. Nel corso del tempo se ne è specificata meglio l’eziologia e nei primi anni del Novecento è stata definitivamente classificata fra le patologie psichiche. Tra i sintomi si segnala la perdita di peso per la restrizione progressiva dell’assunzione di cibo. Ciò determina un calo ponderale significativo (peso al di sotto del 20-40 % di quello previsto per altezza, sesso ed età). L’anoressia nervosa colpisce quasi esclusivamente il sesso femminile di razza bianca appartenente a classi sociali medio-elevate. (rapporto maschifemmine pari a 1/10). I criteri identificativi della patologia si basano su parametri sintomatologici che possono essere così schematizzati: assenza di almeno tre cicli mestruali consecutivi quando non vi siano altri fattori responsabili; rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra del peso minimo normale per l’età e per la statura o l’incapacità di raggiungere il peso previsto durante la fase di crescita (peso al di

sotto del 15% di quello previsto); la paura di acquistare peso quando si è sottopeso; l’alterazione del rapporto con il proprio corpo e con l’immagine di sé, del modo in cui il soggetto vive le proprie misure e forme. Il quadro clinico si definisce nei primi mesi, la durata della malattia varia da 2 a 3 anni mentre i disturbi del comportamento e la sintomatologia da depressione post-anoressica spesso permangono a lungo. Il termine bulimia (dal greco= fame da lupo) indica un comportamento alimentare caratterizzato da episodi ricorrenti di iperalimentazione parossistica da parte di soggetti in normopeso o sovrappeso. La diagnosi consta della valutazione della compresenza dei seguenti sintomi: ricorrenti episodi di consumazione frenetica di una gran quantità di cibo in un modesto periodo di tempo; sensazione di mancanza di controllo sul proprio comportamento alimentare; vomito procurato, uso di lassativi o diuretici; diete ristrette/digiuno o forme di rigorosa disciplina ad evitare aumenti di peso; media minima di assunzione rapida di gran quantitativo di cibo di due episodi per settimana per tre mesi. La bulimia si associa dunque di frequente ad anoressia nervosa. Elementi prognostici sfavorevoli per la guarigione da anoressia sono: precedente obesità, persistenza di un’errata percezione del proprio corpo. Episodi di morte si verificano nel 55% dei casi per deperimento organico, suicidio. Nella fase del primo manifestarsi del disturbo anoressico, la paziente assume un comportamento pressoché normale, mentre nelle fasi successive, con il consolidamento della patologia, modifica le sue relazioni con il mondo esterno. Al rifiuto del cibo si associa un’intensa attività fisica e intellettuale sostenuta dalla convinzione di poter resistere allo stress corporeo senza apporti calorici e in assenza di riposo. L’insorgenza della patologia in una fase di maturazione puberale altera l’equilibrio psichico bloccando lo sviluppo ad un livello pre-genitale. L’eziopatogenesi dell’anoressia nervosa mostra una patologia a genesi organica o psichiatrica. Secondo l’ipotesi organica il sintomo anoressico è conseguenza di una disfunzione primitiva dell’ipotalamo: al riguardo permangono dubbi basati sulla constatazione del regresso delle alterazioni organiche con il ritorno al peso ideale. Secondo l’ipotesi psichiatrica, all’origine del disturbo vi sono cause di ordine psicologico, disagi individuali e familiari. La malattia si sviluppa

come reazione a relazioni interpersonali contrastate, a difficoltà comunicative, crisi identitarie, costruzioni errate di sé e del mondo circostante. L’adolescente anoressica vive spesso in un contesto familiare medio-elevato, con genitori iperprotettivi o attenti ai successi scolastici, madre dominante con cui stabilisce una relazione conflittuale, di antagonismo e instaura dinamiche difensive effetto di meccanismi ossessivi. Lo sviluppo della personalità in un ambiente non recettivo può determinare nel soggetto in evoluzione fenomeni di strutturazione duale del sé: un “io” esterno, “costruito”, a imitazione dell’immagine genitoriale ed un “io” profondo, segreto. A base dei meccanismi di rifiuto della propria identità corporea vi è spesso il confronto con modelli dominanti proposti dalla cultura dei mezzi di comunicazione di massa. La preoccupazione per il proprio aspetto fisico è condizionante nella decisione di diete drastiche associate all’assunzione di lassativi o diuretici e alla pratica del vomito procurato. L’intervento medico deve essere finalizzato al superamento delle fasi critiche mediante un’adeguata reintegrazione calorica e idroelettrolitica e un supporto psicoterapeutico e psicofarmacologico a lungo termine. In taluni casi di maggior gravità vi sono indicazioni per un’ospedalizzazione della paziente allo scopo di rimediare allo squilibrio metabolico indotto da prolungata ipoalimentazione e ristabilire un quadro clinico normale. Esiste un obbligo giuridico di alimentarsi? E’ ammissibile il ricorso all’alimentazione forzata per una paziente anoressica? L’imposizione di misure di sostentamento vitale mediante sondino nasogastrico sembra sconsigliabile per pazienti capaci pienamente d’intendere e volere benché minorenni e sottoalimentati. Il ricorso a interventi coercitivi di nutrizione parenterale o enterale può rappresentare l’ultima ratio a fronte di comportamenti ostinatamente non collaborativi della paziente ed in presenza di un quadro clinico allarmante. Ove la paziente mostrasse resistenza opponendo scusanti come l’inappetenza, la nausea, o comportamenti aggressivi, nonché reazioni di vomito auto-indotto, si porrebbe l’interrogativo sulla legittimità di interventi di coartazione della volontà della persona e ricorso all’alimentazione coattiva. Le condizioni che potrebbero rendere indispensabile un ricovero d’urgenza sono le seguenti: perdita significativa di peso (al di sotto dei 40 chili); rifiuto di alimentarsi; squilibri elettrolitici;

disturbi psichici gravi e rischio di suicidio; necessità di separazione dal nucleo familiare per interazioni patologiche non controllabili. Interrogativi di ordine etico-legale si impongono all’attenzione di medici e operatori sanitari. Il principio di libertà inviolabile della persona sancito dall’articolo 13 della Costituzione configurerebbe un diritto fondamentale dell’individuo all’autodeterminazione in ordine alla propria salute e alla propria sfera fisica. Sussiste un obbligo per il medico di rispettare la volontà del paziente di “lasciarsi morire”? Il diritto alla salute non sembrerebbe implicare un dovere generale di curarsi per il soggetto, non essendo la salute passibile di imposizione coattiva. L’obbligo di cura trova opposizione nella cosciente, libera informata volontà di rifiuto di terapie ex art. 32, secondo comma, che riconosce il diritto inviolabile della persona al rifiuto-rinuncia a cure mediche quando in contrasto con la propria volontà consapevolmente e liberamente espressa. L’art. 53 del codice deontologico dei medici vieta l’imposizione di manovre coattive di nutrizione artificiale su pazienti maggiorenni e consapevoli. A chi spetta la decisione in ordine alla salute e alle cure e all’alimentazione artificiale di minori? Il consenso a trattamenti diagnostico-terapeutici su soggetti minorenni compete al genitore e/o tutore, al legale rappresentante investito della potestà di decidere. Ad eccezione dello stato di necessità ex art. 54 c.p. in cui il medico è obbligato ad intervenire in caso d’urgenza e grave pregiudizio per la vita e la salute del soggetto incapace di intendere e volere, l’unico caso di intervento coercitivo nell’ambito della sfera fisica del soggetto non consenziente è la disposizione di un trattamento sanitario obbligatorio per disposizione di legge, il TSO, disciplinato dalla Legge 833/1978 e 180/1978. Si tratta dei casi di pazienti infermi di mente o affetti da gravi alterazioni psichiche tali da richiedere e giustificare interventi impositivi. Il minore anoressico può essere classificato come paziente incapace, psichicamente infermo a cui applicare le misure estreme del trattamento sanitario obbligatorio? In linea di principio l’intervento ordinato a ripristinare lo status di salute si giustifica in caso di necessità ed urgenza, di estrema gravità clinica, di perdita di coscienza conseguente al digiuno protratto, di sopravvenuta incapacità di intendere e volere per malattia mentale. In tutti gli altri casi è dovere del medico

ricercare il consenso al trattamento di nutrizione artificiale del paziente quando pienamente cosciente e capace di intendere e volere, obiettivo ritenuto prioritario anche per il sostegno psicoterapeutico generalmente accettato dall’anoressico. Una rialimentazione adeguata può essere accettata o tollerata solo all’interno di una relazione psicologica di chiarezza e fiducia. Tuttavia si configura, in caso di minore, un obbligo del genitoretutore di provvedere al mantenimento vitale e a prestare il consenso per l’autorizzazione a trattamenti obbligatori di alimentazione a fronte del rifiuto-rinuncia del minore alle cure mediche. Nella prospettiva etica personalista che ispira il dettato costituzionale, il rispetto della vita fisica e dell’integrità corporea rappresenta un prius insuperabile, opponibile alla libertà della persona di rifiutare cure indispensabili per la sopravvivenza. Interventi impositivi che contrastino la volontà liberamente ed inequivocabilmente espressa dal paziente di diniego nei confronti di trattamenti sanitari configurerebbe per alcuni, il reato di violenza privata ex art.610 c.p. o del sequestro di persona. Diverso valore è invece da attribuirsi, secondo l’opinione di altri, al comportamento omissivo del medico che accogliesse la richiesta di rinuncia a terapie di sostegno vitale di pazienti in situazione di grave defedamento da anoressia. Le fattispecie delittuose ipotizzabili vanno dal rifiuto-omissione di atti d’ufficio e dall’omissione di soccorso alle lesioni personali, nonché dall’omicidio del consenziente all’omicidio colposo, ecc.[9] In caso il soggetto sia consapevole, occorre informarlo delle implicazioni e conseguenze delle proprie scelte sulla salute umana allo scopo di evitare manovre costrittive. Nel corso del ricovero, la ri-alimentazione deve essere effettuata evitando metodi coercitivi e rischiose reintegrazioni massive. L’informazione e tecniche di tipo cognitivo-comportamentale possono essere di grande utilità. La rieducazione alimentare costituisce l’obiettivo centrale associato ad un trattamento psicoterapeutico sistematico. L’atteggiamento di rifiuto è frutto di dinamiche psicologiche disturbate; nel rifiuto ostinato di qualsiasi forma di alimentazione si può identificare il tentativo della paziente di riappropriarsi di sé e della propria identità ed autonomia. Più proficuo sarebbe un dialogo improntato all’alleanza terapeutica che alla ricerca del consenso. Compito del terapeuta è di empatizzare con l’esperienza interna dell’anoressica. L’approccio empatico-supportivo, costruttivo dell’Io facilita l’introiezione dello psicoterapeuta[10]. Le false percezioni riguardo

a sé e al proprio corpo e le credenze cognitive errate andrebbero esplorate in modo non giudicante ed in modo da sviluppare il pensiero critico. Le distorsioni dell’immagine corporea possono essere refrattarie agli sforzi educativi e terapeutici. Il percorso deve tendere a raggiungere una valutazione obiettiva della propria condizione così da gestire in modo autonomo e responsabile la propria salute. La scelta della via enterale o parenterale va valutata di volta in volta a seconda delle specifiche problematiche psichiatriche o cliniche che investono il paziente. Occorre orientare ogni sforzo a instaurare una relazione d’aiuto fondata su un percorso educativo in un’ottica della libertà responsabile. La prevenzione di comportamenti alimentari errati passa attraverso l’informazione-formazione ad un’alimentazione sana, equilibrata. Prevenzione e alimentazione L’analisi del rapporto fra prevenzione e alimentazione pone in evidenza la necessità di delineare ambiti di intervento prioritari:1) promuovere efficacemente stili alimentari sani ed equilibrati secondo quanto emerge dagli studi scientifici più accreditati; 2) migliorare le conoscenze scientifiche disponibili attraverso approcci di ricerca integrati e interdisciplinari; 3) adottare politiche sociosanitarie orientate alla diffusione di sani comportamenti alimentari; 4) migliorare i processi di comunicazione ai fini dell’adozione di stili di vita e comportamenti alimentari in linea con le conoscenze scientifiche disponibili con l’obiettivo di sviluppare percorsi formativi per le future generazioni. Uno stile alimentare corretto costituisce un’efficace tutela per la salute della persona. Le modalità stesse di assunzione del cibo giocano un ruolo fondamentale: il consumo compulsivo (“fast”) di cibo determina un eccesso di apporto calorico dannoso dal punto di vista nutrizionale per l’organismo umano. Le implicazioni per l’ambiente delle scelte produttive legate a stili di vita dietetici sono rilevanti. Occorre sviluppare una consapevolezza critica in merito alla consumazione del cibo migliorando il livello di comprensione delle dinamiche cibo-salute; approfondire studi relativi ai meccanismi di invecchiamento e riparazione delle cellule e sulle relazioni gene nutriente-malattie, sviluppare metodologie atte alla precoce identificazione di individui che presentino alcuni dei fattori

di rischio tipici dell’insorgenza delle patologie di volta in volta considerate; promuovere in modo sistematico la ricerca sul tema della restrizione calorica per comprendere le esigenze del nostro organismo dal punto di vista alimentare, favorire approcci di ricerca integrati e interdisciplinari sulla nutrizione, acquisire nuove conoscenze sull’interazione cibo-individuo. Un programma di prevenzione in materia di alimentazione non può non prevedere misure per la tutela della sicurezza alimentare, la rimozione dei fattori di rischio per la salute dei cittadini, l’adeguamento dei settori industriali, agricolo e zootecnico, strategie e piani operativi coerenti, la definizione di regole chiare ed efficaci per i produttori di cibo, l’adozione di politiche socio-sanitarie orientate alla diffusione di sani comportamenti alimentari. Nodo fondamentale è migliorare i processi di comunicazione ai fini dell’adozione di stili di vita e comportamenti alimentari equilibrati in linea con le conoscenze scientifiche. Un’alimentazione ordinata dipende da...


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