Cinema d autore degli anni 60 PDF

Title Cinema d autore degli anni 60
Course Cinema italiano
Institution Università degli Studi Roma Tre
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CINEMA D'AUTORE ANNI '60 Anni '60 > età dell'oro della società italiana e del suo cinema. Il periodo del miracolo economico strettamente inteso ( 1958-63) è il momento in cui esplodono Fellini, Visconti e Antonioni ma anche in cui trionfa la commedia all'italiana e si affaccia una generazione coetanea delle nouvelle vagues ( Rosi, Olmi, Pasolini e Bertolucci). Il boom è da intendersi come un'accelerazione sensibile ma non clamorosa del processo espansivo iniziato nel 1951-52. Nascono nuovi consumi e nuovi ceti > il consumismo esige una disponibilità discrezionale di reddito e un'accentuata omogeneità nei gusti > alfabetizzazione di massa + pervasività dei media . Quella del boom sarà la prima generazione di giovani percepiti in quanto tali nel discorso pubblico e al loro interno. Dal punto di vista dell'industria del cinema questo implica la nascita di un nuovo pubblico e, quindi, la necessità di nuovi temi, luoghi e forme del racconto. 1957 > Belle ma povere ( Bragaglia); Arrivederci Roma (Rowland); Vacanze a Ischia (Camerini) 1960 > La dolce vita (Fellini); Rocco e i suoi fratelli (Visconti); La ciociara (De Sica); Tutti a casa (Comencini) Si tratta di un mutamento decisivo ma anche di un unicum: nella storia del cinema italiano successivo non si ripeterà più il caso di un cinema d'autore in testa alle classifiche degli incassi. Anzi, a partire dalla metà del decennio, si assisterà alla divaricazione tra un cinema ''alto'' sempre più privo di pubblico e di un cinema popolare sempre più indirizzato verso generi ''bassi''. Inoltre il cinema, dalla metà egli anni Sessanta, sarà soppiantato dalla televisione quale forma di spettacolo principale per gli italiani. Nel 1957-60 si modifica l'identità dello spettatore cinematografico, che assume un profilo anagrafico preciso : un giovane di meno di 35 anni, maschio, che vive nei grandi centri urbani. Per questo pubblico, che comincia a costruire la propria identità come generazione autonoma appoggiandosi più ai media che alle istituzioni sociali o familiari, la visione del film è un momento di cultura. E' come pubblico che la generazione di nati nel dopoguerra risulta centrale per capire il ruolo e il senso del cinema in quel periodo, dato che non sono quasi mai i protagonisti del cinema d'autore. Primi anni Sessanta > periodo ricco di nuovi talenti, anche se dominato dalla triade Fellini - Visconti - Antonioni, quali : Pasolini, Olmi, Bertolucci, Petri, Leone, Bava. Eppure gli storici hanno notato come l'Italia costituisca una sorta di eccezione, essendo tra le cinematografie che hanno risentito meno di una nouvelle vague nazionale. In Italia la nuova ondata si pone in decisa continuità con la stagione neorealista: non c'è un conflitto frontale come in Francia.

Il punto è che il neorealismo è stata la prima nouvelle vague mondiale, per questo non sarebbe esistita una vera e propria nouvelle vague italiana: manca un cenacolo critico paragonabile ai Cahiers, manca la riscrittura del canone che escluda la mitologia realistica. Infine la situazione politica italiana sarebbe tutto sommato meno vivace di quella che caratterizza la Francia durante la guerra d'Algeria. Quella che si vede in Italia, sostiene Micciché, è una politica dei produttori e non una politica deli autori : un'operazione che dura un paio di anni ed è pilotata soprattutto da Goffredo Lombardo della Titanus > sponsorizza una nuova leva di esordienti con film a basso costo e di qualità. Il Giovane Cinema è, nelle intenzioni dei produttori, un genere/piccolo filone che si estingue nel 1964, quando la Titanus è travolta dai costi di Il Gattopardo. Anche altri produttori operano in quel periodo : la 22 dicembre produce Olmi e De Bosio, Bini e Doria producono rispettivamente Pasolini e Bellocchio. Aprà > sostiene che c'è stata una novità nel cinema italiano, ma sul fronte opposto a quello della Nouvelle Vague. Lo sviluppo del cinema italiano nella seconda metà degli anni '50 è stata inversa: da un cinema che era stato ''nouvelle vague'' all'inserimento di questo cinema nell'industria. Ma nouvelle vague può essere anche inteso come sinonimo di modernità cinematografica. Buccheri ha ordinato gli esordi degli anni Sessanta secondo una serie di filoni tematici: 1. coloro che si avvicinano al cinema di argomento resistenziale (Vancini, Montaldo) e al giallo psicologico (Damiani, Petri). 2. Un filone di neo-neorealismo, che racconta i margini del miracolo economico (Olmi, Pasolini, De Sica, Taviani, Pandolfi). 3. I generi di profondità (Bava, Leone) 4. Serie di titoli che entrano più specificamente nel canone della Nouvelle vague: cinema giovanile regionalistico o di commedia. Sempre Buccheri identifica due tendenze nella rappresentazione del rapporto tra individui e società: 1. I personaggi rappresentati appaiono minacciati dalle istituzioni e dalle pratiche del controllo sociale. 2. I personaggi appaiono ossessionati dalla presenza dei mass media, che vengono visti con sospetto e fastidio. Alcune esperienze del cinema italiano costituiscono indiscutibilmente una svolta linguistica e tematica e segnano una riconoscibile via italiana alla modernità cinematografica. 1. ANTONIONI > egli si confronta con le novità culturali e artistiche : il nouveau roman, il rapporto tra letteratura e neocapitalismo, i nuovi ceti e i nuovi consumi. 2. FELLINI > inventa una via che si nutre di materiali ''bassi'' (fumetto, avanspettacolo, circo) in cui l'esplosione della narrazione classica è raggiunta tramite una polifonia che tende al tableau. 3. PASOLINI > è portato dalla sua concezione del cinema '' di poesia'' a evidenziare il lavoro della mdp infrangendo le regole fondamentali del

montaggio, secondo una linea che si riallaccia a una frontalità dall'immagine derivata dai pittori prerinascimentali. Tutti e tre questi nomi partecipano della caratteristica fondamentale della modernità cinematografica come l'hanno descritta i teorici: la combinazione dell'impegno metalinguistico con il recupero dell'aspetto riproduttivo del cinema o il nuovo rapporto col personaggio, che scivola attraverso le situazioni senza una meta, per cui lo spettatore, garante dell'identificazione, diventa quasi più la figura dell'autore che quella del protagonista. I tre autori adempiono la caratteristica centrale del ''film moderno'' ossia la presenza di protagonisti che hanno perso i legami col mondo circostante. Un segno di forte rottura generazionale avviene in Italia a metà del decennio con Prima della rivoluzione e I pugni n tasca (1965) > si potrebbero opporre i due film nel segno di una duplice lettura delle nouvelle vagues europee : Bertolucci è infatti forse il primo regista a proporsi esplicitamente come referente italiano della Nouvelle Vague francese, mentre per Bellocchio l'influenza diretta sembra essere quella del Free Cinema. Ma si tratta di film che chiudono un periodo di forte creatività. E' sempre necessario distinguere i vari piani della nozione di Nouvelle Vague: stile / generazione / espressione di bisogni culturali. Nella prima accezione possono essere considerati titoli di registi giovanissimi; nella seconda gli elementi di continuità politica superano quelli di frattura generazionale. In Francia la Nouvelle Vague rimane pietra di paragone intorno alla quale giudicare le svolte successive del cinema. In Italia, invece, il richiamo che fa scattare la similitudine e l'opposizione non è il cinema moderno ma la commedia all'italiana, mentre per tutti i film drammatici si usa il rimando al neorealismo o al cinema politico italiano. Il cinema d'autore del boom venne recepito anche utilizzando gli strumenti di lettura ''contenutista'' del neorealismo. Della triade Antonioni - Fellini - Visconti, solo l'ultimo proviene in senso stretto dal neorealismo; ma Fellini è lo sceneggiatore di Rossellini e Antonioni nasce nel gruppo di ''Cinema'', ed entrambi esordiscono nel lungometraggio nel 1950. Gli altri registi-simbolo del neorealismo rimangono sostanzialmente estranei alla grande stagione dei primi anni Sessanta:  De Sica smette di fare film d'autore e cavalca pienamente l'onda del ''superspettacolo d'autore'' realizzando film di una certa ambizione artistica, ma al riparto da fonti letterarie altre. Dopo di allora diventa uno dei registi della commedia all'italiana.  Rossellini è un caso a parte: esita tra tante strade diverse per poi dedicarsi alla didattica televisiva. Il suo cinema appare ondivago, difficilmente classificabile e ,dunque, la sua presenza è secondaria sia nell'apporto diretto sia nell'influenza sulla nuova generazione. Più ricca è l'influenza di Visconti e Zavattini: il primo rimane il simbolo più ufficiale del cinema italiano di sinistra, mentre il secondo continua senza sosta a promuovere iniziative e idee che oggi si direbbero multimediali.

'' Film d'autore'' non significa opera artisticamente riuscita ma anzitutto film che chiede di essere riconosciuto, attraverso una serie di strategie comunicative precise, come opera di un' individualità creatrice, il regista. Se ha senso parlare di qualcosa come di un cinema d'autore, ossia di una preminenza del lavoro del regista, autopercepita e riconosciuta come tale, di una scelta dei temi e di una riconoscibilità immediata dello stile , è proprio sul cinema italiano dei primi anni Sessanta che bisogna concentrarsi. Riprendendo la teorizzazione dei generi cinematografici di Altman, l'idealtipo del ''film d'autore'' sarà caratterizzato da uno stile che mette in primo piano la soggettività di un regista-artista; un film di ambientazione contemporanea; quasi sempre dramma e non commedia; con una riconoscibilità stilistica e comunque una visibilità della macchina da presa, cui è subordinato il lavoro degli sceneggiatori; con un occhio rivolto ai ''grandi temi'' del mondo contemporaneo, ma con uno sguardo più morale che politico. Esso tenderà, di conseguenza, alle ambientazioni borghesi o alto-borghesi, e sarà quasi tassativamente girato in bianco e nero. In questa chiave appaiono fondamentali per il suo riconoscimento, il rimando al neorealismo e i premi internazionali. Non a sottovalutata la sua capacità di attivare dibattiti al di fuori delle pagine specialistiche. Dapprima, il cinema d'autore viene offerto al pubblico come marchio proprio nei titoli decisivi del ''superspettacolo'' d'autore: sono alcuni produttori a concepirlo come tale, e quindi come prosecuzione di un proprio cinema ad altro costo, come fascia alta per un pubblico emergente, come cinema antitelevisivo. Ma è ovviamente la critica a promuovere e autorizzare la lettura di un film come ''film d'autore'' basandosi su una lunga tradizione >> per la critica del tempo il cinema d'autore si caratterizza soprattutto per alcuni elementi di contenuto, ossia per l'altezza dei temi. Ma i rapporti più complessi il cinema d'autore li intrattiene da un lato con il genere mainstream di quegli anni, ossia la commedia all'italiana, e dall'altro con il melodramma del decennio precedente. Il film d'autore è un genere drammatico e eminentemente maschile: il confronto continuo tra i sessi è il tema centrale dei film di Antonioni e di Fellini. Entrambi mantengo una certa distanza dalla figura femminile principale. Ma il primo la pone al centro di una serie di relazioni figurative tra oggetti, facendone il vettore di forme di affettività che rendono possibile la comprensione e la partecipazione dello spettatore, mentre Fellini moltiplica le figure femminili intorno a un osservatore sempre più autobiografico. Il cinema d'autore finisce per definirsi anche attraverso la censura: tutti i grandi registi italiani dei primi anni Sessanta incorrono in censure politiche o per blasfemia o per oscenità; questo li colloca tacitamente nell'ambito di un cultura progressista, rendendoli partecipi di una ''battaglia per la modernizzazione''. Infatti pressoché tutti i film d'autore vanno in sala con il divieto di visione ai minori di sedici anni >> succés de scandale? Pezzotta > concetto di ''autore impari'', ovvero alcuni registi italiani che esordiscono negli anni Sessanta con opere ambizione per poi conoscere una rapida decadenza all'interno dei generi e scomparire con l'avvento delle tv private.

1. l'autore impari inizia con ambizioni alte, è salutato dalla critica come una promessa, e poi man mano decade 2. Possiede una poetica anche se non sa esprimerla in modo adeguato 3. Possiede un elemento di follia 4. Il suo stile è all'insegna dello spreco 5. Si impossessa con sicurezza e disinvoltura della cultura altra in un contesto basso 6. E' spesso in anticipo sui tempi anche se non se ne accorge nessuno 7. Si autodistrugge con cognizione di causa La tacita idea che la modernità cinematografica riguardi esclusivamente il cinema d'autore è un errore prospettico. Esistono anche un cinema moderno di genere e un cinema d'autore classico. Se si assume il cinema d'autore come forte riconoscibilità di stile e contenuto e la modernità con la presenza di personaggi senza coordinate, la predominanza di immagine-tempo o la spiccata autoriflessività dei testi, appare chiaro che registi come Bava o Sergio Leone possono essere considerati esempi di cineasti moderni. La riflessività propria del cinema moderno è anche confronto con il cinema precedente e certi autori che giungono in un genere in una fase di decadente o postuma, con la piena coscienza di esso, possono perciò incarnare una forma particolare di modernità, a confronto con delle regole di genere che appaiono sempre più ''a nudo''. L'idea di cinema ''manierista'' potrebbe anche servire a rendere chiara la distinzione tra cinema moderno e cinema d'autore, cogliendo ad esempio le somiglianze di famiglia tra soggettivismo autoriale e semplice ''stile pop'' per favorire la loro successiva distinzione. Tra le personalità ''autoriali'' degli anni Sessanta quella di Leone sarà forse la più influente sulle generazioni future: proprio come stile registico, non come rilettura e ricombinazione di elementi del genere. Morto il western all'italiana, infatti, non è difficile vedere il manierismo leoniano incarnarsi nel cinema di Argento, nei colossi degli anni '80 di Bertolucci e, più avanti, nel cinema di Tornatore. Il rilievo della triade Fellini-Visconti-Antonioni ha soprattutto messo in secondo piano, negli anni, la ricchezza e le articolazioni di un periodo complesso, favorendo una tacita gerarchia tra ''maggiori'' e ''minori''. Per la definizione del cinema d'autore è essenziale il suo rapporto con il contesto culturale. La stagione d'oro del cinema d'autore è il momento in cui il cinema sembra rispondere meglio di ogni altra forma espressiva alla efficace presentazione dei grandi temi contemporanei. In Italia il fenomeno è particolarmente evidente, specialmente se lo si paragona con i decenni successivi. In nessun momento il cinema è stato così al centro della riflessione culturale come nei primi anni '60. Certo la storia del rapporto tra letterati italiani e cinema è molto antica, e già negli anni '50 una delle caratteristiche delle rubriche di critica cinematografica è la massiccia e stabile presenza di letterati, che aiutano questo settore a trovare una collocazione di rilievo all'interno dei periodici. Si nota però un mutazione significativa: se negli anni Cinquanta era magari ''Cinema Nuovo'', con periodiche inchieste, a chiedere l'intervento dei letterati su questioni cinematografiche, cercando di accreditare il cinema del proprio tempo, adesso sono invece le riviste letterarie a sentirsi in dovere di

confrontarsi con il cinema d'autore. Diventa allettante per il letterato la figura del regista, sancita definitivamente da Fellini con 8 1/2. E se al cinema arrivano scrittori-sceneggiatori di nuova leva sono numerosi gli scrittori e i letterati che puntano alla regia con ambizioni pienamente artistiche o spinti dalla curiosità, Antonioni rimane l'autore che più si presta al confronto (e all'equivoco) da parte degli intellettuali, anche perché tende a presentarsi come un'operazione rivolta anche a loro, un'operazione di modernizzazione della cultura italiana. Il ruolo delle riviste letterarie che si occupano di cinema non è secondario nella costruzione culturale del cinema d'autore: non sono a vario titolo vi partecipano gli intellettuali, ma esso è riconosciuto, descritto e promosso nelle sedi canoniche del dibattito estetico, politico e culturale nazionale come pieno fatto di cultura, non eccezione (come era nel caso del neorealismo) né come divertissement ma fenomeno equiparato in tutto alla letteratura. Il caso Antonioni è dunque il banco di prova degli intellettuali dell'epoca, anche se oggi la parte più caduca del suo cinema è proprio quella che era più discussa, i temi dell'alienazione e dell'incomunicabilità. Mentre i letterati italiani si volgono al cinema come mai fino allora, specularmente è anche il cinema di quegli anni a sentirsi in dovere di mettere in scena la crisi degli intellettuali come tema rilevante. Anzi, si potrebbe ipotizzare che la presenza di figure di intellettuali, raccontate quanto tali, sia uno dei topoi del cinema d'autore > senso di una circolarità di richiami:  Giovanni Pontano in '' La Notte''  Steiner in ''La dolce vita'' > torna incrociato con Marcello in 8 1/2 Con la congiuntura economica del 1964 e il consolidamento politico del centrosinistra comincia la storia di quello che Crainz ha definito '' il Paese mancato'' parallelamente al lungo declino, e poi l'agonia, del cinema italiano. Già alla metà del decennio tutti i grossi nomi del cinema italiano conoscono delle svolte radicali, verso il mito, il passato, l'incubo o l'evasione in luoghi esotici. Nel suo studio su Cinema e Pubblico, Spinazzola individua la novità del boom nella creazione di un cinema ''medio'' maggioritario per una borghesia più ampia, e dunque nella fine di un cinema ''popolare'' in senso stretto verso un cinema ''di massa'': al cinema popolare appartengono le opere destinate al consumo esclusivo delle classi subalterne; il cinema di massa è invece programmato in vista di un'unificazione del pubblico, borghese e proletario, e appare perciò dotato di una valenza interclassista […] due fasi storico-culturali distinte > 1) il film dichiaratamente di serie B si contrappone in modo netto alle pellicole che ambiscono a una qualifica di nobiltà espressiva; in seguito, l'avanzata dei prodotti per un fruizione tendenzialmente universale determina un restringimento d'area d'influenza nati per incontrare il consenso delle élite intellettuali: da ciò le fughe in avanti dello sperimentalismo avanguardistico , fuori e contro il mercato industrialmente strutturato. In parallelo, anche il film popolare è confinato entro margini più ristretti, dove può ancora conservare qualche tratto di autonomia specialistica ma perde il suo carattere separato e si qualifica prevalentemente nel senso di una ripetizione immediata dei modelli offerti dal consumo corrente.

A metà del decennio si costituisce un robusto filone mainstream, che coincide sostanzialmente con la commedia, e il cinema d'autore perde l'occasione per poter guidare l'evoluzione del pubblico italiano. Il cinema popolare conosce per quasi una ventina d'anni un avvicendarsi di generi e filoni di qualità sempre più bassa, fino all'avvento delle tv private. Nella seconda metà degli anni '60 aumenta la forbice tra pochissimi titoli che rastrellano molti incassi e una moltitudine di invisibili. Dal 1966 il calo delle presenze comincia a farsi avvertibile, soprattutto al Nord, che aveva sancito il trionfo di Fellini e Visconti. E ciò a dispetto di una nuova legge sul cinema > Legge Corona: estende la composizione della commissione ministeriale ai rappresentanti delle varie categorie, e istituisce un fondo speciale per i film con particolari scopi artistici. L'anno dopo verrà istituita l'Italnoleggio, istituzione pubblica destinata a operare nel campo della distribuzione cinematografica. Ma già dai primi anni i contrasti tra democristiani e socialisti all'interno della sua gestione ne determinarono la vita tormentata. I successivi interventi dello stato e della televisione italiana nel cinema segneranno la storia del cinema d'autore per decenni, separandolo anche economicamente dal resto del cinema italiano. Esso va in contro, più che a una riconoscibilità, a una vera e propria sclerotizzazione in alcuni stilemi più o meno moderni, derivati dalle nouvelle vagues ...


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