Le Neoavanguardie degli anni \'60 e \'70 PDF

Title Le Neoavanguardie degli anni \'60 e \'70
Author Manuela Liò
Course Storia dell'Arte Quinto Liceo Scientifico
Institution Liceo (Italia)
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Libro: Arti Visive - Protagonisti e Movimento - Il Novecento, vol. 3A, di Gillo Dorfles e Angela Vettese, Casa Editrice ATLAS...


Description

15. LE NEOAVANGUARDIE DEGLI ANNI ’60 E ’70 L’enorme successo dell’Espressionismo dapprima e poi della Pop Art favorì la nascita di tendenze contrapposte, che facevano proprie le aperture tecniche della Pop Art stessa, ma che ne criticavano l’aspetto commerciale e l’indifferenza verso la nuova etica del consumismo. Queste nuove tendenze svilupparono l’eredità delle avanguardie storiche e per questo vengono definite Neoavanguardie. Si possono individuare alcuni tratti comuni nei differenti movimenti:  L’attenzione si rivolse non solo verso l’opera come risultato finale, ma soprattutto verso l’analisi del metodo, dell’idea, dell’atteggiamento mentale e fisico, del processo, delle condizioni preliminari che la determinano;  Il dissenso ideologico si trasformò in un’aperta protesta contro il sistema commerciale e si spinse contro la trasformazione delle opere in merce per circuito di lusso;  Questa protesta assunse spesso la veste di una fuga dai luoghi tipici dell’arte, dai metodi tradizionali di allestimento e dai materiali tradizionali delle opere;  L’allargamento delle tecniche portò a contaminazioni con altri ambiti creativi;  Spesso la manifattura dell’opera viene ad affidata ad altri. Il compito dell’autore tende a fermarsi alla fase progettuale, con schizzi, disegni e riflessioni teoriche e scritte;  La figura dell’artista visivo si avvicina a quelle dell’architetto; la creatività non è più riconosciuta in quanto legata alla manualità, ma all’inventiva e al senso interno delle opere.

IL MINIMALISMO Il Minimalismo , fenomeno tipicamente americano, il termine coniato dal filosofo Richard Wollheim, indica un’arte fondata sull’utilizzo di forme primarie ed elementari, spesso tratte dal mondo della produzione industriale e sviluppate in sequenze ripetitive animate da minime variazioni sul tema. Le radici di questa poetica sono state individuate in esperienze europee come il Costruttivismo russo . Il metodo seriale con cui sono costituite molte opere si riconduce all’avanzare della produzione in serie dei prodotti industriali. Inoltre va ricordato come le città americane siano spesso state costruite secondo piani geometrici regolari, per blocchi semplici e perpendicolari che possono aver ispirato le opere. Il personaggio che traghettò la pittura americana dall’Espressionismo astratto alla costruzione di strutture primarie fu Frank Stella. Egli giunse alla convinzione che un dipinto è un oggetto fisico, una superficie piatta con sopra della pittura. Egli ebbe l’onore di esporre al MoMA di New York. Le sue opere apparvero come un commento sarcastico all’espressività soggettiva dell’Action Painting, si trattava di dipinti in cui delle righe nere regolari erano separate da sottili intercapedini bianche, come in Die Fahne Hoch. Semplificò la struttura del quadro fino a ridurlo solo a ciò che si può vedere. Per rendere le opere ancora meno emozionali l’artista utilizzò smalti metallici e le montò su telai molto alti, che le facevano sembrare più oggetti tridimensionali.

Dai primi Anni Sessanta le strisce divennero colorate e iniziarono ad accogliere forme geometriche diverse, come in Gran Cairo.

Carl Andre ha lavorato seguendo tipologie diverse in cui ricorre la presenza di un modulo che si ripete, come costruzioni di mattoni refrattari che possiamo trovare in Lastre di zinco e ottone. Le agglomerazioni che si generano non hanno legami fissi, per cui le opere possono essere smontate e rimontate. La scultura non si erge necessariamente verso l’alto, ma rimane a livello del pavimento e può essere calpestata dallo spettatore, un modo per contestare il rispetto aulico normalmente tributato alle opere. Il fatto di non nascondere i materiali ma di mostrarli nel loro aspetto naturale dava al lavoro il valore della “sincerità”.

Dan Favlin si è soprattutto concentrato sui fenomeni luminosi generati da tubi al neon. Nella serie di Monumenti a Vladimir Tatlin vediamo come lo stesso numero di tubi standard al neon possa essere composto in maniera da dare luogo a forme fisiche ed aure luminose diverse. Flavin utilizza il tubo al neon come fosse un segno, ma ne ha anche utilizzato la luce come fosse un colore.

Donald Judd progettò sculture in cui i materiali erano più finiti e sofisticati, rame, ferro, alluminio, acciaio, plexiglas, nell’intenzione di mettere in evidenza le loro potenzialità visive, tattili e sensoriali. Judd preferiva definire le sue opere come “oggetti specifici”, ovvero concepiti senza altra finalità di quella estetica. La maggior parte della sua collezione consiste in ciò che potremmo definire “mensole” disposte in serie e con variazioni di ritmo; la combinazione tra due o più materiali fa sì che essere appaiano diverse da diversi punti di vista e secondo il mutare dell’illuminazione, come in Ottone e plexiglas verde chiaro.

Ha spesso dipinto interi ambienti, è il caso della Chiesa Rossa di Milano. Un anno prima della sua morte Flavin ha progettato per essa un sistema di colorazioni luminose che rispetta le simbologie cristiane:  Azzurro: per la volta, luogo che allude alla serenità del paradiso;  Giallo oro: per il retro dell’altare, luogo dell’apparizione e della gloria divina;  Violetto: per le zone che ricordano la Passione di Cristo.

Il principio operativo di Sol LeWitt consisteva nel partire da premesse metodologiche date per eseguirle poi o farle eseguire alla stregua di un progetto architettonico. L’opera risultava dall’unione di un pensiero “a priori” e di un’esperienza “a posteriori”. Creare un disegno murale composto da una griglia di linee verticali, orizzontali e diagonali, partendo da punti dati di una superficie, come in Cubo modulare. La costruzione dell’opera partiva da premesse date ma poteva condurre ad un risultato imprevedibile, esattamente come accade nella crescita dei cristalli, delle piante e in ogni forma di proliferazione, dove s’incontrano la sostanza della regola e l’accidente del caso.

Robert Morris aveva proposto opere che andavano nella direzione della distruzione della forma ordinata, statica e determinata in ogni suo aspetto dall’artista; per questo parte del suo lavoro passò sotto l’etichetta di Antiform. Ricordiamo le sue sculture in feltro, come Casa dei Vetti, strutture composte con un materiale che tende a conservare le forme che gli vengono imposte ma che nel tempo si deformano seguendo il suo stesso peso. L’opera viene dunque proposta come qualcosa di mai definitivo.

Tra le prime opere di Richard Sella ricordiamo dei nastri di feltro appesi al muro e dei fogli di gomma vulcanizzata, tutti sistemati in maniera che fosse il loro stesso peso a determinarne le forme; più tardi iniziò a concepire grandi sculture geometriche di ferro non trattato, posizionate soprattutto all’esterno, come Green Point. L’agire delle intemperie su queste lastre ne fa delle sinopie del passaggio del tempo, su cui la ruggine crea i propri disegni e la cui imponenza dimostra il potere assoluto che la natura ha su di noi.

L’ARTE CONCETTUALE L’origine dell’espressione Conceptual Art risale all’artista George Brecht. La si può accogliere relativamente ad un gruppo di artisti di New York che hanno assunto un atteggiamento analitico nei confronti del linguaggio dell’arte tra cui ricordiamo Joseph Kosuth, Bruce Nauman, Robert Barry, Keith Sonnier, Mel Bochner, Lawrence Weiner. Gli artisti operavano centrando il loro lavoro sui processi, sugli atteggiamenti, sulle idee più che su risultato del materiale finito; era ciò che Lucy Lippard definì come smaterializzata, cioè sempre meno dipendente dai materiali e dalla manualità. L’idea dell’opera è più importante della sua esecuzione. Tra i maggiori protagonisti e teorici del gruppo newyorkese troviamo Joseph Kosuth. Egli ha esordito nel 1965 con la sua opera più famosa, One and Three Chairs. Vengono esibite una fotografia di una sedia, la sedia stessa e una definizione della parola sedia tratta da un dizionario. Il punto centrale del lavoro è mettere in evidenza le relazioni che intervengono nel pensiero quando si cerchi di formulare un concetto, il quale deriva inevitabilmente dalla cosa, dalla sua immagine e dalla sua rappresentazione verbale. In seguito l’artista ha allestito enormi stanze su cui muri si rincorrono citazioni da diversi scrittori, fogli di giornale, fotografie serigrafate e a volte oggetti o anche opere d’arte di altri artisti. Bruce Nauman ha fortemente influenzato gli artisti degli Anni Novanta. Il suo obiettivo è la difficoltà di ogni comunicazione, anche fisica, corporea, gestuale. Da opere fondate soprattutto sull’impiego del linguaggio, con frasi scritte prevalentemente attraverso la luce al neon, è passato a creare sculture, video, ambientazioni. Nel pannello di scritte al neon One Hundred Live and Die si accendono alternativamente frasi composte da un verbo comune (cadere, sedere provare, giocare) e le parole vivere o morire. Il ritmo al quale si accendono le frasi mette lo spettatore in uno stato d’ansia, come se ogni più piccola azione che compiamo ed ogni parola che diciamo sia decisiva per il nostro destino.

Le opere di On Kawara consistono in tele a olio nere e rosse, su cui è dipinta una data. Il modo in cui è scritta la data riconduce ad una certa area linguistica, minime differenze, come la scritta “ott.” al posto di “oct.” ci dicono che l’artista si trovava in Italia al momento in cui ha concepito il lavoro. La data è la stessa riportata sul foglio di un quotidiano che fa da imballo alla tela, comperato dall’artista in quel giorno e in quel luogo. Ogni opera ricorda all’artista un suo particolare vissuto individuale o un importante fatto di cronaca collettiva, ma induce anche lo spettatore a domandarsi dov’era e cosa faceva in quel periodo.

LA RELAZIONE CON L’AMBIENTE VISSUTO Molti artisti concettuali finirono per occuparsi soprattutto della relazione con l’ ambito naturale. Le loro opere si pongono in relazione strettissima con la storia dell’architettura e la sua rilettura critica. Dan Graham ha iniziato con ricerche fotografiche sulle condizioni abitative popolari in America e che ha poi proseguito progettando e facendo costruire padiglioni specchianti, adatti a recuperare una relazione naturale tra luoghi privati e luoghi esterni, naturali o urbani. Daniel Buren è partito dal raggiro della pittura come I coniugi tedeschi Bernd e Hilla Becher linguaggio retorico, riducendo i suoi quadri a semplici pezzi di hanno iniziato dagli Anni Sessanta a stoffa a strisce, ha poi utilizzato questo pattern per segnare la viaggiare, muniti di macchina fotografica, differenza di senso implicita nelle diverse architetture: alla ricerca di strutture agricole e l’installazione permanente che gli è stata commissionata per la soprattutto industriali in disuso. Corte d’Onore del Palais Royal di Parigi, accosta alle colonne Le fotografie hanno un aspetto esistenziale preesistenti colonne tronche di marmo bianco e neri. molto vivido, esibiscono questi mostri in declino dando loro l’aspetto di relitti, di sculture decadute o anche di esseri viventi abbandonati.

Denunciò un forte interesse per l’interazione tra uomo e ambiente costruito Gordon Matta Clark. Le sue opere consistettero in edifici abbandonati che egli faceva letteralmente affittare, bucare, mutilare con l’aiuto di ruspe rendendone in questo modo visibile il tessuto abitativo interno.

Gli edifici, prescelti soprattutto nei quartieri malfamati come il Bronx di New York e la zona portuale di Anversa, diventavano gigantesche sculture temporanee che l’artista definì anarchitetture, usando un gioco di parole che significa analisi, distruzione e fuga dall’architettura, da un’edilizia che è l’ambito in cui le gerarchie sociali trovano la loro espressione più visibile.

EARTH WORKS E LAND ART L’attitudine ad intervenire con il paesaggio ha origini molto antiche nella storia dell’uomo, ma negli Anni Sessanta ebbe un impulso specifico. Queste esperienze sono state definite Earth Works o Land Art, le opere di questa corrente accettano di porsi in balia delle modificazioni che la natura imporrà loro, in questo senso possono essere considerate mai-finite. L’opera può dilatarsi nello spazio fino a raggiungere dimensioni ambientali. Il caso più eclatante di questa tipologia è la Spiral Jetty che Robert Smithson ha fatto costruire sulla costa del Lago Salato nello Utah. Si tratta di una passerella a forma di spirale, costruita con materiale prelevato dalla collina vicina. La spirale è stata scelta come forma primordiale ed evocativa dei primi processi di vita. La grande scultura si propone come un omaggio alla natura che alla natura ritorna, infatti non appena l’opera dell’artista terminò, incominciò quella dell’acqua salata. La superficie laterale della passerella iniziò a coprirsi di microorganismi che l’acqua più rossa al centro, poi violacea, per ritornare blu ai bordi ne fecero il proprio habitat; poi la dell’opera. Negli anni, la spirale è stata coperta da un concentrazione del sale iniziò a salire innalzamento del livello del lago, rendendola sempre più abitata verso il centro della spirale, rendendo da alghe e da animaletti e visibile solo dall’elicottero.

Robert Heizer ha disegnato sul deserto del Nevada come fosse un foglio di carta, servendosi di ruspe invece che di matite e spostando 240.000 tonnellate di pietra arenaria e riolite in Double Negative.

Walter De Maria ha creato nel deserto del New Mexico il Lightning Field, una struttura di 400 pali d’acciaio alti circa sei metri ciascuno, lucide aste verticali che si ergono dal terreno orizzontale, destinati a diventare appariscenti quando la luce del giorno o di una notte di luna o di lampi li metta in particolare evidenza.

’altra direzione in cui si è sviluppata l’arte ambientale, soprattutto a Los Angeles, è stata l’elaborazione di suggestivi ambienti chiusi modificati da fasci di luce artificiale. Robert Irwin nell’intervento a Villa Panza ha scelto di James Turrel ha aperto un’area quadrata del all’interno di una stanza evidenziare semplicemente un pezzo di natura. Irwin ha soffitto creato una finestra senza infissi che incornicia un grande completamente vuota e bianca. Privato di albero; l’immagine varia al variare delle stagioni. La finestra altre sensazioni, il visitatore è spinto a aiuta a leggere il vuoto come un pieno, come un quadro che guardare quella porzione di cielo come fosse muta nel tempo tenendo fisse le sue dimensioni. un dipinto variabile, a volte blu monocromo,

a volte costellato di nuvole in movimento, in altri casi segnato dai colori del tramonto.

CHRISTO & JEANNE CLAUDE Le vaste realizzazioni ambientali di Christo e Jeanne-Claude nascono per essere temporanee e non modificano durevolmente il territorio in cui intervengono. Christo aveva abbandonato la sua pratica di ritrattista per creare azioni ambientali, nel 1960 “nascose” una via di Parigi costruendo una barricata di bidoni. Questo principio del “rinchiudere”, lo condusse alla sua tipologia di lavori più nota, ovvero impacchettare oggetti rendendone il contenuto al tempo stesso misterioso e valorizzato. Nel 1968 riuscì a ricoprire di grandi fogli di plastica e corda il primo edificio pubblico e, dopo questa realizzazione le sue opere divennero sempre più ambientali. Spesso le sue coperture suscitarono uno scandalo pubblico, perché venivano vissute come un insulto anziché, come nelle intenzioni dell’artista, un omaggio. Dopo essersi trasferito a New York nel 1964, iniziò a lavorare con la moglie e ad aumentare la dimensione degli oggetti fino a giungere a territori naturali. Ad esempio circondò con plastica rosa alcune isole (Surrounded Islands). Il suo metodo tocca diversi nodi problematici riguardanti il modo di concepire sia l’opera d’arte, sia il suo autore:

 È difficile stabilire quale sia l’opera, se il risultato finito o il processo di progettazione che lo ha determinato attraverso sopralluoghi e disegni;  L’artista costruisce delle strutture raffinate ma effimere, sfidando le modalità consuete della produzione artistica. L’opera in quanto risultato finito rinuncia ad ogni ambizione di eternità e si propone come temporanea;  L’opera si propone come un happening che coinvolge migliaia di persone.

LA BODY ART Dai tardi Anni Sessanta si è assistito alle manifestazioni con artisti che usarono il loro corpo come unico strumento di espressione. L’opera può essere priva di materiali e ridursi al corpo dell’artista. Ricordiamo innanzitutto il movimento austriaco denominato Actionismus. Arnulf Rainer ha elaborato una Rudolf Schwarzkogler era solito Hermann Nitsch concepì un serie di performances e di mettere in scena azioni in cui si teatro di cui era il sacerdote, dove fotografie in cui faceva smorfie di feriva davanti al pubblico, infatti avvenivano sacrifici di animali e dolore o di emozioni estreme; le morì dopo un’azione spargimenti di sangue votivi nel fotografie che lo ritraevano particolarmente violenta. ricordo di quanto accadeva nelle venivano ritoccate da pittura stesa civiltà precristiane. con le mani in gesti di rabbia e Le opere che derivavano da sfogo. queste azioni si mostrano come lenzuola macchiate di sangue.

Anche alcuni artisti americani hanno spinto le soglie del rischio fino ai limiti del pericolo:  Chris Burden: mise in atto azioni come farsi sparare da un amico da una distanza di 15 pasi o distendersi su una strada trafficata coperto da un telone;  Vito Acconci: nelle sue prime performances cercava di spingere i propri gesti più semplici, per esempio l’emettere saliva il più a lungo possibile, verso il limite estremo delle esperienze fisiche e delle relazioni interpersonali.

Molti protagonisti della Body Art hanno utilizzato in maniere diverse il travestimento, come a giocare con la propria identità ricercando identità multiple. In questa linea si collocano le azioni della coppia Gilbert & George che si proposero come sculture viventi. Nella loro performance più famosa Underneath the Arches, apparvero su un tavolo quadrato con le facce dipinte e le loro tipiche giacchette a tre bottoni, un abbigliamento tradizionale che si voleva contrapporre gli abiti lacerati del mondo giovanile.

Esiste poi un versante di azioni al femminile, la cui esperienza del corpo è più complessa di quella maschile a causa di aspetti come il parto, l’allattamento, la fine della fertilità. Louise Bourgeois, pur servendosi di mezzi tradizionali, ha cercato di sondare le viscere della relazione tra una persona e il suo corpo. In Distruzione del padre visualizzò l’atto simbolico di distruggere il padre attraverso una scultura ambientale che suggeriva l’apparato digerente e l’equivalenza tra digerire e distruggere.

Gina Pane si presentò al pubblico vestita con dei jeans bianchi con un bouquet di rose in mano. Gli attributi della sposa, il bianco e i fiori, servivano a sottolineare il dono di sé, reso dalla metafora del tagliuzzarsi i polsi con una lametta e dalla sopportazione di varie spine di rosa infilzate nell’avambraccio.

Le performance eseguite dai primi Anni Settanta da Marina Abramovic, che assunse farmaci per epilettici attendendone l’effetto, si fece scorrere sul viso un serpente, lavò un mucchio di ossa di bovino per otto ore al giorno nel sotterraneo della Biennale di Venezia. Azioni tutte fondate sull’esibizione del massimo autocontrollo, della capacità di tollerare ogni sorta di paura, umiliazione e fatica.

JOSEPH BEUYS Joseph Beuys, il personaggio dagli occhi scarni, dal cappello di feltro, dal giubbotto da pescatore, fu l’artista tedesco che diede corpo alla crisi della cultura europea e alla necessità di intervenire a salvarla. Durante la Seconda Guerra Mondiale fu reclutato come aviere e cadde dal suo apparecchio. Riuscì a salvarsi grazie ad un gruppo di nomadi che lo trovò moribondo e lo curò secondo una sapienza antica, il suo corpo semicongelato venne cosparso di grasso e poi avvolto in coperte di feltro. Beuys aderì al credo teosofico ed elaborò una sua concezione dell’arte come mezzo di salvezza non solo personale ma collettiva e planetaria.

Egli raccolse l’attitudine a considerare come opere non soltanto gli oggetti, ma anche l...


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