Cricco Di Teodoro versione rossa Il Seicento Monumentalità e Fantasia (parte prima) PDF

Title Cricco Di Teodoro versione rossa Il Seicento Monumentalità e Fantasia (parte prima)
Author Maria Teresa Lardieri
Course Storia dell'arte
Institution Università degli Studi di Firenze
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Riassunto dell'unità 21 Il seicento (parte prima)...


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Il Seicento: Monumentalità e Fantasia (parte seconda) Guido Reni (1575-1642)

Nato e morto a Bologna, inizia i suoi studi nella bottega dell’artista fiammingo Denijs Calvaert, che lo vede disegnare ad un concerto del padre. Quasi ventenne, si avvicina all’Accademia degli Incamminati e segue gli insegnamenti dei Carracci. Nel 1600 si reca a Roma per studiare le opere di Annibale Carracci, Caravaggio e Raffaello e dal 1603 al 1614 torna a Bologna, visitando, però spesso, Roma. Reni crede fermamente che il pittore debba imitare la realtà, non quella quotidiana preferita da Caravaggio, ma una “ideale”, creata selezionando quanto di più bello ha da offrire la natura stessa. Egli ricerca la bellezza ideale e non solo quella che ha sotto gli occhi. Il disegno: Guido ha un tratto rapido negli studi a penna, spesso rinforzata dall'acquerello per una migliore la resa spaziale e per dotare le figure di una più decisa consistenza volumetrica. In tal modo può conferire al disegno quella tragicità che il soggetto richiede. Studio per la Crocifissione di San Pietro (ca. 1604-1605) - penna e inchiostro bruno, acquerello bruno - Szépmüvészeti múzeum, Budapest É un disegno preparatorio per l’analogo dipinto ora conservato alla pinacoteca vaticana. La penna è rinforzata dall’acquerello per una migliore resa spaziale e volumetrica delle figure. In questo modo l’artista conferisce la tragicità che il soggetto richiede. Studio di donna inginocchiata (ca.1611) - carboncino, rialzi di biacca su carta grigia Gabinetto Disegni e Stampe degli Uffizi, Firenze È il disegno preparatorio per una delle tre madri della strage degli innocenti. Il carboncino dà immediatezza al disegno e i rialzi di biacca vengono utilizzati per creare la luce. Strage degli innocenti (ca 1611) – olio su tela - Pinacoteca Nazionale, Bologna Dipinta per la Chiesa di San Domenico a Bologna, è ora conservata nella Pinacoteca Nazionale. Re Erode per avere la certezza di sopprimere il piccolo Gesù, decretò la morte di tutti i bambini di Betlemme al di sotto dei due anni. Due angioletti distribuiscono le palme (simbolo del martirio). L’artista attribuisce la capacità di provare sentimenti solo alle madri e ai bambini, ai carnefici riserva l'ombra sui volti. Il dipinto è caratterizzato da una chiara geometria compositiva e un notevole senso di spazialità, nonostante le dimensioni della tela lunga e stretta. L’asse della rappresentazione pittorica passa per la mano alzata del carnefice di sinistra e poco diverge dalla direzione della lama del pugnale che stringe. Due triangoli opposti definiscono la collocazione e le inclinazioni divergenti delle figure. La composizione, il colore e lo spazio hanno il sopravvento sulle emozioni e sul messaggio della rappresentazione. Atalanta e Ippomene (ca 1618-1619) – olio su tela - Museo del Prado, Madrid Atalanta, figlia di Giasone, sposerà solo chi riuscirà a batterla nella corsa, uccidendo chiunque perda. Ippomene riesce a sconfiggerla facendo cadere delle mele d’oro dategli da Afrodite, che la ragazza si ferma a raccogliere. Come già con Caravaggio, la luce naturale proveniente da sinistra ha la funzione di costruire i volumi dei corpi. Lo sfondo non è però scuro e un barlume di tramonto segna l’orizzonte. La composizione si basa su una rigorosa griglia di diagonali incrociate lungo le quali si articolano le membra dei due corpi divergenti. Le due figure sono concepite all'interno di due triangoli aventi lo stesso vertice, tali che in alto e in basso si formano due cunei occupati dal cielo e dalla pianura. Il gioco di ombre è ottenuto con i drappi che avvolgono i corpi dei due giovani. Nesso e Deianira (1621) – olio su tela - Museo del Louvre, Parigi È una delle quattro tele richiestagli dal duca di Mantova, Ferdinando Gonzaga, per una delle sale della Villa La Favorita, aventi per tema episodi della vita di Ercole. Ercole per sposare Deianira deve vincere il Dio fluviale Acheloo, che si trasforma continuamente, fino a tramutarsi in toro, a cui Ercole riesce a strappare un corno. Dovendo attraversare un fiume, Deianira viene traghettata dal centauro Nesso che, però, cerca di rapirla. Ercole allora lo colpisce al cuore con una freccia intinta nel sangue dell’Idra, uccisa durante le sue 12 fatiche.

Nesso prima di morire confessa alla donna che il suo sangue è un potente afrodisiaco ed ella fa indossare al marito che la tradisce un mantello imbevuto di tale sangue. Il sangue era però avvelenato e ercole, preda di dolori fortissimi, decide di uccidersi imolandosi su una pira. Ercole viene dipinto sullo sfondo della tela mentre prepara la freccia. In primo piano stanno il centauro e Deianira. Deianira tiene una mano sulla spalla di nesso e un piede sulla groppa. Il rosa del mantello del centauro si confonde con il rosso e il giallo delle vesti di Deianira. Una fascia grigio-azzurra stringe la fanciulla sui fianchi L’artista pare voler superare sé stesso nel drappeggiare il mantello di Nesso e nel gonfiare le vesti di Deianira. La fiammata di colori sembra presagire le sofferenze future e il fuoco che porrà fine alla vita dell’eroe.

Guercino (1591-1666)

Francesco barbieri passa la sua vita a Cento, la cittadina dove era nato, e Bologna, dove morì nel 1666. Il suo soprannome Guercino è dovuto al suo strabismo all’occhio destro. Inizialmente affascinato da Tiziano, passò poi allo studio delle opere dei Carracci e in particolare di Ludovico. Fu chiamato a Roma da papa Gregorio Gregorio Xv e vi rimase fino alla morte del pontefice nel 1623. Tornato a Cento rifiutò di andare sia alla corte di Carlo I in Inghilterra che a quella francese di Maria de’ Medici. Alla morte di guido reni, si trasferisce a Bologna e diventa caposcuola dei pittori bolognesi. Il disegno: L’artista utilizza varie tecniche per disegnare Giovane seduto in veduta frontale (ca.1618) - carboncino grasso, lumeggiatura ad acquerello bianco su carta grigio-bruna - The Metropolitan Museum of Art, New York Questo disegno è contraddistinto dall’uso del carboncino grasso, che conferisce contorni e ombre vellutate. Il giovane è visto frontalmente con la testa volta a sinistra e abbassata ed è appoggiato su una bassa seduta davanti ad un drappo. Il braccio destro è appoggiato sul ginocchio sinistro e il braccio sinistro è portato in alto. Cleopatra (ca.1630) - matita rossa - British Museum, Londra Disegno preparatorio di un quadro perso, è realizzato a matita rossa. La giovane, vista frontalmente, ha il busto e la testa volte verso destra e guarda in alto. Il braccio sinistro è quasi all’altezza del braccio sinistro e con la mano destra tiene un serpente. Un tratteggio lungo e parallelo ombreggia la figura e delle linee ondulate e larghe definiscono il panneggio. Il ritorno del figliol prodigo (1619) - olio su tela - Kunsthistorisches Museum, Vienna Il dipinto ha come soggetto il momento più elevato della parabola del figliol prodigo. Il vecchio padre cinge le mani sulle spalle del figlio appena tornato dopo aver speso tutti i suoi soldi e prende per lui una camicia pulita dalle mani dell’altro figlio, accorso per portare calzari e abiti sontuosi. Il figliol prodigo si toglie la lacera camicia, mentre i pantaloni pieni di toppe gli coprono ancora i fianchi. I protagonisti sono in primo piano e coprono la quasi totale superficie della tela. Le figure sono a mezzo busto e l’ambientazione è ridotta all’essenziale. Numerosi assi direzionali sono definiti dalle braccia distese o leggermente piegate del vecchio e dei due giovani. La forza del dipinto sta nei diversi ritmi delle sue due metà: quella di sinistra ha un ritmo lento e quella di destra ha ritmi più serrati definiti dall'affollarsi dei corpi e dall'aggrovigliarsi di braccia e mani. Annunciazione (1648) - olio su tela - Pinacoteca Civica, Forlì Fu eseguita per la chiesa forlivese di San Filippo Neri. Guernico invertì i pesi tra la parte inferiore e quella superiore di alcune pale a soggetto sacro. La tradizione, infatti, proponeva una sorta di moto ascensionale che vedeva molte figure in basso e una in alto. Egli avvicina così le dimensioni terrena e divina, rendendo più spirituale la prima e caricando la seconda di caratteristiche più umane. In un ambiente spoglio, la Vergine è inginocchiata verso sinistra e di tre quarti e ha in mano il libro delle preghiere. È avvolta a spirale da un mantello azzurro che si raccoglie in pieghe sul pavimento davanti a lei e indossa una veste rosa-violacea. È posta esattamente in corrispondenza dell’asse verticale della tela. Sopra di lei in uno spazio rettangolare sono collocate le figure dell’Eterno, dell’Arcangelo Gabriele,

entrambi disposti lungo una delle due diagonali del rettangolo, e quattro angioletti. Dio emerge dalle nuvole, tiene a sinistra un globo su cui poggia la colomba dello Spirito Santo e istruisce l’Arcangelo Gabriele per la sua missione indicando Maria. L’Arcangelo, avvolto in una tunica azzurro-violacea, ascolta esaltato l’Eterno, un vecchio semicalvo, dalla barba e dai capelli lunghi. Il movimento e l’atteggiamento familiare dei celesti serve a risaltare la Vergine che, ignara, continua a leggere. L'Angelo appare ad Agar e Ismaele (1652) - olio su tela - National Gallery, Londra Gli ingredienti di questo quadro sono la commozione e il sentimento. Il soggetto, ripreso dall’Antico testamento, è costituito da Agar, schiava egiziana di Sara, e Ismaele, il figlio che aveva dato ad Abramo, Sara, dopo aver avuto un figlio, gelosa della schiava, fa cacciare sia lei che il figlio, i due vagano nel deserto ma, appena finiscono l’acqua, il piccolo stremato si accasciò morente. Agar, dopo essersi allontanata per non vedere il figlio morire, vide l’angelo mandato da Dio che gli indicò la via per una sorgente d’acqua. La scena rappresentata è quella in cui la donna, con gli occhi gonfi, sta ascoltando l’angelo. I due personaggi in primo piano sono rappresentati con pose teatrali. Una fascia diagonale, comprendente Agar e l’angelo, costituisce la zona densa del dipinto. Le linee verticali, dove si trovano il braccio e la gamba sinistri di lei e braccio sinistro di Ismaele, si sommano a quelle diagonali dando un senso di equilibrio e misura. Il bambino è rappresentato in modo sfumato per indicarne la lontananza, mentre la madre ha una gamba distesa e l’altra flessa, le sue braccia sono piegate in senso opposto e il busto spinto leggermente in avanti. Porta gli occhi al cielo incredula e ascolta l’angelo, che appoggia la mano sul petto per richiedere fiducia. Lo sfumato ricorda quello del Correggio. L'azzurro oltremarino del cielo, si sposa con il grigio rossastro delle nubi e l’artista accosta tinte calde e fredde nella figura di Agar, come la contrapposizione nelle vesti di viola, rosso e verde.

Guarino Guarini (1624-1683) Nato a Modena e morto a Milano, Guarino Guarini era sacerdote dell’ordine dei Teatìni, architetto, trattatista, matematico e filosofo del settecento. La sua attività è strettamente legata a Torino, città per la quale progettò importanti edifici religiosi e civili. Fu attivo anche a Messina, Parigi e Lisbona, ma le opere che vi realizzò sono andate purtroppo distrutte. Torino e il suo sviluppo urbano Torino, che era diventata la capitale del Ducato di Savoia, aveva mantenuto ancora i caratteri di cittadella fortificata, ma in pochi decenni divenne un esempio di organismo urbano barocco. Le fasi della sua crescita furono tre, a cominciare dal 1584, quando Carlo Emanuele I di Savoia nchiese all’architetto Ascanio Vitozzi un piano di ampliamento a partire dal castello, situato presso le mura orientali, in posizione periferica nello scacchiere quadrato del vecchio insediamento romano. Il Vitozzi creò alcuni quartieri nuovi a Sud-ovest, come prosecuzione del vecchio castrum romano e creò la Via Nuova porticata che partiva verso Sud da piazza Castello. Fondò un nuovo palazzo ducale che si sarebbe affacciato sul cortile della medesima piazza. I suoi progetti furono ampliati dal suo collaboratore Carlo di Castellamonte, che proseguì con un ampliamento verso sud e la costruzione della piazza Reale, ora Piazza San Carlo. La piazza è conclusa con due chiese quasi gemelle di San Carlo e Santa Cristina. L’opera di Carlo fu proseguita dal figlio Amedeo, che dal 1673 costruì il palazzo ducale previsto da Vitozzi e ampliò la città verso est. Le strade ortogonali sono tagliate obliquamente dalla Via Po (1763), che mette in comunicazione Piazza castello con la Porta di Po e il ponte che valicava il fiume. Il centro di questo nuovo insediamento fu Piazza Carlina, ma la vera novità fu la strada obliqua, che metteva in comunicazione il centro della città con la campagna in prossimità del fiume. Il terzo ampliamento venne affidato, nel 1715, da Vittorio Amedeo II all’architetto Filippo Juvara, che organizzò il nuovo quartiere intorno a due piazze: Piazza Susina e Piazzetta dei Quartieri Militari. Guarino Guarini e Torino È Torino la città che conserva le maggiori opere di Guarino Guarini. Nato a Modena, compie i primi

studi a Roma nel p0eriodo in cui Bernini, Borromini e Pietro da Cortona realizzano i loro capolavori. Dal 1656 si sposta in Sicilia, in Portogallo e in Spagna. Nel 1662 è a Parigi, mentre nel 1666 si stabilisce a Torino, dove resterà fino al 1681, quando si reca a Milano, dove morirà improvvisamente nel 1683. Cappella della Santa Sindone (1667-1690) - Torino Il primo intervento nella città è la prosecuzione dei lavori per laCappella della Santa Sindone, avviati da Amedeo di Castelmonte. L’artista trasforma l'impianto circolare della cappella, che collega la cattedrale al Palazzo Ducale, inmodo da trovare riscontro anche in una soluzione triangolare. I tre vertici di un triangolo individuano in pianta tre spazi secondari: due ambienti circolari, che in parte penetrano all'interno della cappella, e uno ad arco di cerchio: i primi due hanno la funzione di collegare la cappella al presbiterio tramite due scalinate, il terzo ambiente ammette direttamente al Palazzo Ducale. Anche in alzato il triangolo e il cerchio si fondono poiché tre ampie arcate individuano altrettanti pennacchi sui quali si imposta un tamburo anulare formato dall’alternarsi di sei ampi piedritti e altrettante arcate, al di sopra del quale si innalza una cupola. Un elaboratissimo sistema, fatto di segmenti di trabeazione sormontati da elementi ad arco, si ripete per sei volte a partire dalla sommità delle arcate del tamburo e ogni elemento base (costituito dall’insieme del segmento di trabeazione e dell’archetto) si dispone sempre in maniera da congiungere la sommità di due archetti sottostanti. In tal modo lo spazio della cupola, che dal basso è visto restringersi gradualmente dando vita a tanti esagoni sovrapposti, concentrici e fra loro ruotati, è delimitato in alto da una struttura che individua una stella a dodici punte. Esternamente l copertura della cappella rivela la struttura interna attraverso un insieme di elementi concentrici. Chiesa di San Lorenzo (dal 1668) - Torino Un grande ambiente a pianta centrale, preceduto da un vestibolo e formato da un ottagono dai lati curvilinei, fa seguito un presbiterio ellittico avente l'asse maggiore parallelo alla facciata; entrambi coperti da cupole sorrette da costoloni intrecciati. Lo spazio principale è invaso dagli altri ambienti curvi, fra cui cappelle e il presbiteri, coperti da cupole sorrette da costoloni intrecciati. Gli elementi strutturali a vista che si impongono sul piano estetico sono il risultato di riflessioni sulla geometria delle forme e sul comportamento dei materiali. Attraverso l’accostamento di ambienti curvi con continue dilatazioni e compressioni, l’artista trasferisce alle strutture inanimate il carattere del mondo animato, creando quasi un respiro e conferendo alla chiesa una forma ondeggiante. Palazzo Carignano (1679-1685) - Torino Voluta dal principe Emanuele Filiberto di Carignano, la grande fabbrica, caratterizzata da una geometria assecondata dall’uso generalizzato del mattone, ha il suo fulcro nell'atrio ellittico sovrastato dal salone di rappresentanza, mentre gli appartamenti privati sui sviluppano lungo ali ortogonali al blocco di facciata. Il fronte della piazza si compone di due tratti rettilinei che stringono una superficie ondulata e fanno apparire la facciata come una superficie concava premuta da una massa retrostante. La facciata è scandita da alte lesene, che diventano binate avvicinandosi all’ingresso in pietra.: quelle dell'ordine inferiore hanno il fusto decorato in maniera che, da lontano, sembrano bugnate, quelle superiori sono lisce ma le sormonta un'ornatissima trabeazione. Nel fronte posteriore gli ordini architettonici sono stati abbandonati a vantaggio di semplici cornici orizzontali emotivi separatori composti dal rincorrersi di stelle a otto punte realizzate in mattoni.

Baldassarre Longhena (1597-1682)

Nato e morto a Venezia, prosegue il rinnovamento architettonico di Venezia iniziato da Palladio. Fu allievo di Vincenzo Scamozzi assimilando, in tal modo, l’insegnamento del Palladio e ricevendo un’educazione fortemente tecnica. Nella conduzione pratica dei cantieri, basata sulla naturale confidenza con gli operai e sull’ascolto attento dei pareri dei più esperti fra loro, egli si mostrò degno erede della tradizione artigiana del padre, esperto scalpellino. Fu il Longhena a caratterizzare in età barocca l’aspetto del Canal Grande, la più nobile via di comunicazione d’acqua di Venezia e la ricostruzione di molti palazzi veneziani.

Ca' Pesaro (1652-1658) - Venezia Alla base del palazzo ci cono dei mascheroni di mostri che sembrano emergere dall’acqua e delle teste scolpite nelle chiavi degli archi dei due portali, al piano nobile, al secondo piano e nelle mensole della gronda. Nei timpani degli archi vi sono grandi figure e anche il fregio è decorato. Il paramento con bugne a punte di diamante sul basamento è di tipo scultoreo. Al chiaroscuro del basamento e alla presenza di due portali ad arco separati da una nicchia cieca, si contrappongono le ampie fasce d’ombra delle arcate dei piani soprastanti, ritmati dall’alternarsi di colonne singole e binate. Il secondo piano e l'attico furono realizzati da Antonio Gasperi. Le balaustre legano l'intero fronte dell'edificio, attraversandolo da uno spigolo all’altro, tendono, infatti, a suggerire una lettura della facciata più come sovrapposizione di strati orizzontali indipendenti l'uno dall'altro che non come un equilibrio di relazioni tra elementi verticali e orizzontali. Chiesa di Santa Maria della Salute (dal 1631) - Venezia Gli fu commissionata dalla Repubblica di Venezia per un voto fatto alla Vergine fatta durante la peste. La chiesa sorge nei pressi della Punta della Dogàna, ultima propàggine del sestiere di Dorsodùro verso il Bacìno di San Marco. In pianta l'edificio appare costituito da tre ambienti disposti lungo un asse longitudinale. Il corpo principale accentrato (a pianta ottagonale), circondato da cappelle, segue un presbiterio dotato di due absidi semicircolari e, infine, un coro rettangolare separato dal presbiterio per mezzo dell'altare e di due coppie di colonne. In alzato il vano ottagonale e il presbiterio mostrano la copertura a cupola tipicamente veneziana, costituita da una doppia calotta di cui quella esterna sorretta da un'orditura in legno. L’interno è un ambiente avvolgente, circondato da un ambulacro e dominato dalla cupola. Questa è sorretta da robusti pilastri angolari, ognuno dei quali accoglie delle colonne composite su alto piedistallo sormontate da una trabeazione. Su tali pilastri poggia l’alto tamburo forato da coppie di finestre centinate che consentono ai riflessi intensi di illuminare l’interno. La sobrietà dell’interno si contrappone allo spirito barocco che si rivela all’esterno soprattutto nei fantasiosi e scultorei contrafforti a voluta. La grande scala poligonale che precede l’edificio, con il rincorrersi come di onde dei gradini, pare voler partecipare della mobilità stessa dell’acqua. Se pure la pianta centrale lasci pensare che il Longhena abbia tenuto presenti gli edifici paleocristiani, tuttavia l’organizzazione degli spazi, le cupole, le finestre a mezzaluna delle porzioni in aggetto (relative alle cappelle) e il grande portale (che ripropone il tema dell’arco di trionfo) sono intelligenti meditazioni sugli schemi palladiani delle vicine chiese veneziane di San Gio...


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