Criminologia e psicologia penale - Riassunto PDF

Title Criminologia e psicologia penale - Riassunto
Course Psicologia Giuridica
Institution Università degli Studi di Enna Kore
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CRIMINOLOGIA E PSICOLOGIA PENALE CAPITOLO 1 - L’AUTORE DEL REATO. CONFINI NORMATIVI E RISCONTRI CRIMINOLOGICI La criminologia studia il crimine, il suo autore, la criminalità come fenomeno sociale; il sistema penale definisce e delimita il campo di indagine della criminologia, riguarda il modo in cui il soggetto si pone di fronte alle norme, alle regole e alle procedure che controllano la sua presenza dentro determinati contesti. La criminologia indaga empiricamente sul crimine, sulla personalità dell’autore e sul controllo della condotta socialmente deviante. Il diritto penale ha lo stesso oggetto di indagine della criminologia: il fatto criminale. Il diritto penale definisce il fatto criminale un reato e si interessa alle norme che lo disciplinano e alla loro interpretazione. È importante che si stabilisca un equilibrio tra le due discipline perché la valutazione di un fatto criminoso non può prescindere dallo studio della personalità dell’autore. “Costanti”: sono i cosiddetti delitti naturali, incontestabili delitti contro l’uomo che rivendicano i diritti umani (vita, libertà personale, onore, ecc). “Variabili”: sono le cause di esclusione del reato e gli strumenti penali dipendenti dal contesto e dagli scopi che si perseguono. La criminologia riguarda in primo luogo gli illeciti penali e i fenomeni delittuosi di maggiore gravità e allarme sociale. La struttura del fenomeno criminoso è costituita da: - un fatto: l’espressione della personalità dell’autore; - un autore - una conseguenza: una sanzione adeguata al destinatario. La personalità dell’autore del reato è il momento illuminante del diritto penale moderno e consente di comprendere il fatto nelle sue radici e nelle sue finalità. Il sistema penale fissa i suoi principi fondamentali nell’uomo perché il reato è una sua creatura: deve esserci equilibrio, quindi tra le esserci equilibrio, quindi, tra le

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esigenze di una considerazione oggettiva dei fatti illeciti e le esigenze di una valutazione dei momenti caratteristici del soggetto che agisce. Aleo illustra due concetti importanti: - crime: violazione di una norma sanzionata penalmente equivalente alla nostra concezione di reato; - crimina: violazioni di interesse pubblico che coinvolgono i valori fondamentali sui quali si fonda la società.

EVOLUZIONE DEGLI STUDI SULL’AUTORE DEL REATO Scuola classica: la responsabilità presuppone la libertà di volere (il libero arbitrio). L’uomo, capace di intendere e di volere, sceglie di agire in un determinato modo e ne diventa responsabile, meritando quindi la pena. La valutazione del reato si concentra sul singolo fatto delittuoso; il diritto penale giudica i fatti e non gli uomini. Scuola positiva: sposta l’oggetto di analisi dal delitto al delinquente e nasce la scienza criminologica. Gli esponenti della scuola positiva posero il problema delle cause del comportamento criminale; il reato viene concepito come azione reale di un uomo concreto esposto a condizionamenti che possono annullare la libertà di volere. I positivisti delineano per primi una tipologia di delinquenti e analizzano il modo di essere dell’uomo e le caratteristiche della personalità criminologica. Secondo Lombroso l’uomo che commette reati è caratterizzato da un’anomalia organica che ha arrestato lo sviluppo del suo organismo e lo ha reso inadatto alla vita di relazione. Rilevò nel delinquente alcune caratteristiche somatiche, come: zigomi sporgenti, fronte sfuggente, larghezza di braccia, mani e piedi, ecc. Dal punto di vista psichico, invece, il delinquente è crudele, superstizioso, insensibile al dolore. Ha fatto una prima classificazione in tre categorie: - delinquente nato; - delinquente occasionale (con tratti patologici); - delinquente per passione (con indebolimento momentaneo del senso morale e dei freni inibitori). Ferri invece insiste sulle anomalie psicologiche e su quelle dovute all’influsso ambientale; distinse: - delinquenti pazzi, nati incorreggibili, per abitudine acquisita,

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- delinquenti d’occasione e - delinquenti per passione. Il diritto penale dei positivisti vuole fissare le note comuni di determinate classi di delinquenti e creare quindi dei tipi criminali. Nuova difesa sociale: secondo questo movimento le responsabilità viene considerata espressione della personalità. Teorici della devianza: osservano il comportamento che viola una norma penale e analizzano il rapporto tra comportamento, soggetto, contesto e risposta sociale. Si parla di DEVIANZA solo se e quando esiste una norma; si parla di CRIMINALITA’ solo se e quando esiste una norma penale. Il sistema del doppio binario mantiene la responsabilità per il fatto commesso con volontà colpevole e la pena destinata agli imputabili ma considera anche la pericolosità sociale di certi soggetti e le misure di sicurezza.

IL TIPO NORMATIVO D’AUTORE La dottrina tedesca elabora un concetto di colpa per il modo di essere che ha per oggetto le caratteristiche psichiche del reo. Rimprovera all’individuo la sua inclinazione al delitto e il mancato controllo delle funzioni superiori dell’Io. Sono considerati reati anche i momenti meramente psichici, gli atteggiamenti volontari puramente interni o i modi di essere della persona. Il tipo normativo d’autore considera il reo da un punto di vista diverso da quello criminologico: l’autore del reato non è il delinquente con le sue caratteristiche psicologiche o sociologiche ma “l’uomo nella sua personalità giuridica”. Teoria dell’azione finalistica: l’azione finalistica è quella di un soggetto capace di organizzare il suo comportamento in funzione di un obiettivo anti-giuridico da conseguire. Nel nostro sistema penale la personalità dell’autore viene considerata solo al fine di determinare le conseguenze penali applicabili. Non si considera reato l’atteggiamento volontario interiore e l’intenzione dichiarata ma non realizzata non è penalmente rilevante. Si attribuisce rilievo quindi all’atteggiamento del soggetto rispetto al fatto espresso in termini di valore. Un’impostazione personalistico-sociologica considera il soggetto come il prodotto di un insieme di rapporti sociali e la responsabilità come determinata dal grado di

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libertà raggiunto nella società. Assumendo quindi responsabilità e libertà come prodotti della storia. *diritto penale ideologico, poliziesco, terrorista che dematerializzando, soggettivizzando ed eticizzando il reato come puro atto di ribellione o di infedeltà alle regole della nuova comunità si propone di colpire non più il fatto offensivo ma l’autore in ragione del suo modo di essere immorale e antigiuridico.

L’IMPUTABILITÀ L’imputabilità consiste nel criterio minimo di comprendere il disvalore del comportamento e nonostante ciò volerlo. La volontà umana può definirsi libera quando il soggetto riesce ad esercitare poteri di inibizione e controllo sulle proprie scelte ed è assunta dal diritto penale come contenuto di un’aspettativa giuridico sociale. Le decisioni umane sono determinate da cause che operano secondo leggi psicologiche, non scaturiscono dal puro arbitrio della volontà. Si può esercitare sull’agente un condizionamento idoneo a indurlo a non delinquere. Ross sottolinea come il carattere condizionato della libertà umana sia funzionale alla prospettiva penalistica, che influenza la condotta dell’uomo mediante la minaccia della pena. Occorre capire le condizioni psichiche del soggetto agente (se aveva presente i valori condivisi e se ha consapevolmente violato tali valori = giudizio di responsabilità). Solo alla presenza della capacità di intendere e di volere è possibile muovere un rimprovero all’autore del reato. Colpevolezza: reazione psicologica di volizione che intercorre tra il soggetto e il risultato lesivo, successivamente, valorizzando il momento della disobbedienza espresso dal comportamento lesivo. Il soggetto è ritenuto colpevole per aver manifestato una volontà di lesione che non ci doveva essere perché in contrasto con le norme di legge. Secondo l’art. 27 della Costituzione al primo comma la responsabilità penale è personale: l’autore deve essere responsabile, capace di intendere i precetti ed è necessario che il fatto sia psicologicamente suo. L’ultimo comma dello stesso articolo stabilisce che le pene devono tendere alla rieducazione del condannato.

5 Correggere difetti del comportamento che realizzano anti socialità mentre l’emenda implica il pentimento.

- La previsione della pena, dovendo distogliere i potenziali autori dal commettere reati, presuppone che questi siano psicologicamente in grado di lasciarsi motivare; - L’esecuzione concreta della pena nei confronti del singolo, dovendo tendere a rieducarlo, necessita la capacità psicologica di cogliere il significato del trattamento punitivo; - A limitazione della pena ai soli soggetti psicologicamente maturi riflette la concezione socialmente dominante dell’imputabilità. Si è giunti a sostenere la proposta di equiparare il trattamento dei soggetti sani e psichicamente malati con l’obiettivo di abolire la misura dell’ospedale psichiatrico giudiziario, sostenendo che riconoscere a questi ultimi una capacità di autodeterminazione ne promuoverebbe il senso di responsabilità. La capacità di intendere: indica il possesso di abilità cognitive tali da consentire la comprensione di ciò che si sta facendo e il significato nei casi di un eventuale distacco dalle norme. La capacità di volere: implica la possibilità di autodeterminazione e autolimitazione di fronte a una scelta che trasgredisce una norma, anche se appaga un bisogno soggettivo. La capacità di intendere e di volere costituisce l’insieme delle capacità di comprendere la scelta comportamentale e di controllare le componenti emotive e motivazionali. (Legata strettamente alle condizioni psicosociali ed al contesto in cui lo specifico atto matura.) Pur in mancanza della capacità di intendere e di volere non si rinuncia totalmente alla pena. Le cause che escludono del tutto la possibilità di pena devono essere considerate come “casi limite”. Il vizio di mente è rilevante se dipende da infermità. È una condizione patologica accidentale (ha una durata limitata di tempo) in senso più limitato rispetto alla malattia, che richiede un minimo di stabilità. Può dipendere da qualunque patologia anche di breve durata. Il vizio totale di mente esclude l’imputabilità, il vizio parziale diminuisce la pena senza escludere la capacità di intendere e di volere.

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LA CAPACITÀ A DELINQUERE Valutare l’insieme delle motivazioni e il livello di adesione personale al fatto. La capacità a delinquere serve a graduare la responsabilità (l’imputabilità ne è il presupposto). La responsabilità personale si riferisce alla personalità del reo che si manifesta nell’azione criminosa in un’ottica di prevenzione sociale, uno stesso fatto può essere valutato in modo diverso a seconda della personalità del suo autore. Il giudizio si sposta dal fatto alla personalità. Costituisce un giudizio sulla personalità del soggetto che serve da criterio per adeguare la qualità e la misura della pena alle esigenze del singolo individuo. Secondo l’art. 133 del codice penale il giudice deve tenere conto della capacità a delinquere del colpevole desunta: - dai motivi a delinquere e dal carattere del reo; - dai precedenti penali e giudiziari e dalla condotta di vita del reo; - dalla condotta contemporanea o susseguente al reato; - dalle condizioni di vita individuale, sociale e familiare del reo. Il motivo (o movente) è la causa psichica, lo stimolo che induce l’individuo ad agire e consiste in un’inclinazione affettiva, un sentimento, un impulso, che può essere consapevole o inconscio. La capacità a delinquere va rapportata alla natura e all’intensità dei motivi, alla loro forza propulsiva, al ruolo svolto dalla vittima nel processo motivazionale. Il carattere del reo è costituito dall’integrazione tra un fattore endogeno (temperamento) ed esogeno (ambiente). Rappresenta una struttura di autocontrollo nella tensione tra uomo e realtà esterna. La vita e condotta del reo, antecedenti al reato, servono a ricostruire la personalità di un individuo. Vengono considerati, inoltre, i precedenti penali (sentenze di condanna e carichi pendenti) e i precedenti giudiziari (provvedimenti giurisdizionali in genere) o episodi, atteggiamenti, inclinazioni che possono costituire un indice del modo di essere del soggetto.

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La condotta contemporanea o susseguente al reato costituisce un indice, particolarmente significativo, in ragione del rapporto di vicinanza logica alla commissione del fatto. Le condizioni di vita individuale, familiare e sociale del reo comprendono tutte le condizioni economiche, sociali, culturali e morali sia del soggetto sia del gruppo familiare in cui vive, che possono influire sulle predisposizioni criminali.

LA RECIDIVA E’ lo status di chi ricade nel reato ed è caratterizzato dall’abitudine al delitto. La recidiva esprime una volontà antigiuridica persistente che giustifica un aumento di pena non essendo stata sufficiente quella applicata in precedenza. Si tratta di una qualificazione giuridica soggettiva che produce un aggravamento di pena perché l’inclinazione al delitto postula un’espiazione particolare per un determinato modo di essere. Il codice prevede 3 forme di recidiva: 1. Semplice: per la commissione di un illecito in seguito a una condanna; 2. Aggravata: se l’illecito è della stessa indole o è commesso entro cinque anni dalla condanna o durante o dopo l’esecuzione della pena o nel tempo in cui il condannato si sottrae volontariamente all’esecuzione della stessa; 3. Reiterata : se l’illecito è commesso da chi è già recidivo. Chi, dopo essere stato condannato per un delitto non colposo, ne commette un altro, può essere sottoposto ad un aumento di un terzo della pena da infliggere per il nuovo delitto non colposo. La pena può essere aumentata fino alla metà se: a) Il nuovo delitto non colposo è della stessa indole; b) il nuovo delitto non colposo è stato commesso nei cinque anni dalla condanna precedente; c) il nuovo delitto non colposo è stato commesso durante o dopo l’esecuzione della pena. Qualora concorrano più circostanze fra quelle indicate al secondo comma, l’aumento di pena è della metà.

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In nessun caso l’aumento di pena per recidiva può superare il cumulo delle pene risultante dalle condanne precedenti alla commissione del nuovo delitto non colposo. Il giudice continua ad accertare in concreto se la ricaduta nel delitto sia espressione di una più marcata pericolosità del reo. Perciò si introduce il regime di obbligatorietà nei casi di: devastazione, saccheggio, strage, guerra civile, rapina, associazione mafiosa e finalizzata al contrabbando, omicidio, terrorismo, possesso di armi, uso o spaccio di stupefacenti e violenza sessuale. La nuova disciplina individua nel recidivo un tipo normativo d’autore. Padovani osserva che guardando al passato del reo, la recidiva può essere intesa come una forma di maggior colpevolezza derivata dall’insensibilità verso la condanna precedente. Guardando al futuro, invece, va intesa come sintomo di pericolosità sociale. Il recidivismo va considerato come espressione del persistere nel tempo di motivazioni, condizioni ambientali, aspetti di personalità, che fanno preservare la condotta criminosa.

LA PERICOLOSITÀ CRIMINALE La capacità criminale esiste perché il soggetto ha già commesso il reato. La pericolosità è solo una probabilità, un’ipotesi e non ricorre sempre. Il giudizio di pericolosità non può prescindere da un rapporto con l’ambiente sociale. Al concetto di colpevolezza che concerne soltanto i soggetti capaci di intendere e di volere, si contrappone quello di pericolosità sociale che privilegia la personalità dell’autore e fa riferimento alla probabilità che l’autore continui a delinquere in futuro. All’art. 203 il codice afferma: “agli effetti della legge penale è socialmente pericolosa la persona, anche se non imputabile e non punibile, la quale ha commesso dei fatti indicati nell’articolo precedente, quando è probabile che commetta nuovi fatti preveduti dalla legge come reati”. Per la pericolosità occorre un’attitudine particolarmente intensa. E’ un modo di essere del soggetto; consiste in una qualità del soggetto da cui si deduce la probabilità che commetta nuovi reati.

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Il giudizio di pericolosità non può prescindere da un rapporto con l’ambiente sociale; la qualità indiziante è criminalità in potenza, che, per tradursi in atto, dovrà trovare terreno favorevole nel mondo esterno. L’art. 31 stabilisce che tutte le misure di sicurezza personali devono essere ordinate dopo avere accertato che il colpevole è una persona socialmente pericolosa. Accanto alla perizia criminologica, infatti, è stata introdotta la perizia psichiatrica anche se l’accertamento della pericolosità del malato di mente fosse di competenza medica e non psichiatrica.

ABITUALITÀ, PROFESSIONALITÀ E TENDENZA A DELINQUERE Il tipo criminologico legale è quello utilizzato dal legislatore per combattere forme di delinquenza professionale o determinate da una particolare inclinazione. Esso opera una distinzione tra chi ha semplicemente commesso un reato e chi rivela una personalità criminale. Il codice, influenzato dal positivismo criminologico, ha previsto tre tipi normativi di delinquenti pericolosi: - delinquente abituale; - delinquente professionale; - delinquente per tendenza. L’abitualità criminosa (ripetizione di un determinato comportamento) attenua i freni inibitori rendendo più facile la commissione di reati. Occorre che la reiterazione abbia determinato nella psiche dell’autore l’effetto di rendere più agevole l’esecuzione di un reato: è una condizione personale, la quale dimostra che il soggetto ha acquisito una notevole attitudine criminale. La dichiarazione di abitualità viene pronunciata contro chi, dopo essere stato condannato per due delitti non colposi, riporta un’altra condanna per delitto non colposo, se il giudice ritiene che il colpevole sia dedito al delitto. L’essere dedito al delitto significa che il soggetto deve aver acquisito una struttura della personalità incline alla commissione di reati, pertanto viene considerato pericoloso. La professionalità nel reato è una specie dell’abitualità criminosa. Non basta che i reati siano commessi a scopo di lucro, ma occorre che forniscano una fonte economica stabile di mantenimento. Un individuo è dichiarato delinquente professionale qualora debba ritenersi che egli viva abitualmente dei proventi del reato.

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L’attitudine professionale indica una vocazione per il delitto quindi la possibilità di nuove recidive è criminologicamente fondata. La tendenza a delinquere: la dichiarazione di tendenza a delinquere viene pronunciata contro chi, non recidivo o delinquente abituale o professionale, ha commesso un delitto di sangue, un delitto cioè che offenda la vita o l’incolumità di una persona. Bisogna tenere conto del fatto che il soggetto non vuole soltanto il risultato lesivo, ma vuole che la lesione produca la maggiore sofferenza possibile alla vittima. La tendenza a delinquere, per questo, è prevista solo per i delitti contro la vita e l’integrità personale. L’anormalità etico-affettiva è considerata irrilevante ai fini dell’imputabilità. Il soggetto è concepito come privo di senso morale. Abitualità, professionalità e tendenza a delinquere comportano sia aumenti di pena sia applicazioni di misure di sicurezza come l’assegnazione a una casa di cura o il ricovero in un riformatorio giudiziario. Bisogna tenere conto, però, che la tendenza a delinquere va sempre riferita al soggetto imputabile ed esclusivamente per illeciti dolosi. Comportano l’applicazione di misure di sicurezza come l’assegnazione ad una casa di cura o custodia, la libertà vigilata. Producono l’interdizione perpetua dai pubblici uffici, l’inapplicabilità dell’amnistia, il divieto della sospensione condizionale della pena e del perdono giudiziale.

CENNI CONCLUSIVI Le modalità con cui viene commesso il reato sono rivelatrici di una particolare conformazione psichica. I vari modi possibili di comportarsi possono ridursi ad alcuni tipi fondamentali, ciascuno dei quali...


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