Didattica speciale e inclusione scolastica di Cottini formato pdf PDF

Title Didattica speciale e inclusione scolastica di Cottini formato pdf
Author Erica Perretta
Course Pedagogia delle Disabilità
Institution Università degli Studi Suor Orsola Benincasa
Pages 95
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Warning: TT: undefined function: 32Didattica speciale e inclusionescolastica - CottiniPedagogia Università degli Studi di Milano-Bicocca 94 pag.Document shared on docsity1DIDATTICA SPECIALE E INCLUSIONE SCOLASTICALucio CottiniIntroduzioneInclusione scolastica: un inquadramentoL’idea che una scuola d...


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Didattica speciale e inclusione scolastica - Cottini Pedagogia Università degli Studi di Milano-Bicocca 94 pag.

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DIDATTICA SPECIALE E INCLUSIONE SCOLASTICA Lucio Cottini Introduzione Inclusione scolastica: un inquadramento L’idea che una scuola di qualità debba porre al centro della propria attenzione le esigenze diversificate di tutti gli alliev i, nel rispetto del principio di pari opportunità e di partecipazione attiva di ognuno, si è andata sviluppando in maniera sempre più decisa a partire dagli anni 90, alimentando in questo senso la ricerca di un orientamento educativo capace di includere tutti. L’ Inclusive education è un modello teorico promosso e supportato dall’UNESCO, che nasce con lo scopo di rispondere alle diversità dei bisogni dei singoli studenti con dei sistemi scolastici capaci di accogliere tutti e di articolarsi in maniera flessibile in relazione alle esigenze di ciascuno: ci si vuole quindi allontanare da una scuola organizzata per soddisfare le richi este degli allievi “normali” e si vuole promuovere invece un sistema educativo capace di intercettare le differenze e specificità di ognuno. Un momento chiave per l’affermazione di tale concetto è stato rappresentato dalla Conferenza di Salamanca del 1994 dove si è affermato “l’impegno a favore dell’educazione per tutti, consapevoli che sia necessario ed urgente garantire l’educazione di alunni che presentano BES”. Con la Carta di Lussemburgo del 1996 invece, l’UE riconosce che la scuola per tutti e per ciascuno deve garantire un insegnamento di qualità e offrire un’accessibilità uguale ad ogni studente per tutto il percorso formativo. Più recentemente nel 2006, la Convenzione sui diritti delle persone disabili ha evidenziato l’importanza cruciale della dimensione inclusiva del sistema scolastico e nello specifico si sottolinea che, per realizzare il diritto all’istruzione delle persone con disabilità senza discriminazioni e su base di pari opportunità, deve essere garantito un sistema di istruzione inclusivo a tutti i livelli. L’UNESCO, con le Linee guida sull’educazione inclusiva del 2009, sottolinea che la scuola inclusiva è un processo di fortificazione delle capacità del sistema di istruzione di raggiungere tutti gli studenti. Il modello dell’ Inclusive Education si è diffuso grazie al significativo ruolo ricoperto dall’European Agency for Special and Inclusive Education : si tratta di un’organizzazione indipendente sostenuta dall’UE e dai ministri dell’istruzione dei paesi membri. Tale organizzazione sottolinea che la scuola inclusiva richiede sistemi di istruzione flessibili in risposta alle diverse e spesso complesse esigenze dei singoli alunni, e questo sta a significare che l’Inclusive Education interessa un raggio sempre più ampio di studenti e non soltanto quelli in situazione di disabilità.In Italia l’orientamento inclusivo sta progredendo in maniera faticosa: esso si inserisce su una storia di integrazione scolastica lunga 40 anni, dove si è cercato di evitare qualsiasi forma di discriminazione per gli alunni con disabilità, assicurando le stesse opportunità dei compagni. Questo orientamento però si è sviluppato mantenendo in troppe situazioni una debolezza di fondo: puntare in larga misura sull’adattamento dell’allievo con disabilità a un’organizzazione scolastica strutturata in funzione degli alunni normali e poco disponibile a modificarsi per accogliere tutti. Il problema di fatto è stato interpretato principalmente come riferito all’individuo e alle sue carenze, senza però porre la necessaria attenzione all’organizzazione dell’ambiente e della didattica → come dice Lascioli, in Italia si parla di un sistema ancora “ibrido” con un ampliamento dell’attenzione anche ad altre esigenze oltre a quelle degli alunni con disabilità ma tramite un orientamento che fatica ad uscire da una visione individuale del problema e ad organizzare e attivare tutte le risorse ordinarie presenti nel contesto scolastico. L’inclusione, se ben interpretata e praticata, persegue l’obiettivo di una scuola delle differenze: la diversità di ognuno è una condizione di base di cui tenere conto per costruire ambiente in grado di accogliere tutti. Non è certo negata l’esistenza di bisogni particolari di alcuni allievi, ma si invita a considerarli in una dimensione sociale e di sistema, non solo come semplice deficit degli individui. Dunque non si deve includere l’alunno nella classe, sostituendo in questo modo solo il termine integrazione ma bisogna rendere inclusivi i contesti, i metodi, gli atteggiamenti per tutti. Il concetto di inclusione, articolato in questi termini, pone nuove sfide alla progettazione curricolare, invitandola a ripensarsi su nuove basi: non si tratta di indirizzarsi ad un allievo medio per poi aggiungere percorsi personalizzati, ma concepire una progettualità fin dall’inizio rivolta a tutti, tenendo conto delle differenze e orientandosi a promuovere per ciascuno le migliori opportunità di crescita personale.Mitchell definisce l’inclusione come un processo poliedrico: 1

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per potersi attivare e sviluppare concretamente necessita una partecipazione coinvolta di tutti gli attori, di adattamenti metodologici e di adeguate risposte e supporti. Parlare di educazione inclusiva significa quindi fare i conti con le differenze: in che modo affrontarle a scuola, in classe, nelle programmazioni. Cottini individua 4 piani integrati tra loro che descrivono e orientano la riflessione sulla dimensione inclusiva • Piano dell’affermazione dei principi di riferimento Diritto di tutti gli individui ad avere accesso all’istruzione all’interno di contesti comuni e non separati: l’allievo con disabilità/altre difficoltà non è un ospite della scuola o della classe ma parte integrante di esse. Dietro a questo concetto c’è il modello sociale della disabilità che sottolinea le responsabilità del contesto nel creare le condizioni di disabilità e gli ostacoli all’apprendimento e partecipazione degli alunni. • Piano dell’organizzazione del contesto e delle procedure ai fini inclusivi La predisposizione di contesti educativi in grado di accogliere tutti, com’è nella logica dell’inclusione, richiede un’organizzazione e un coordinamento precisi e, contemporaneamente, flessibili tra i diversi attori che entrano in gioco. • Piano metodologico-didattico Le procedure didattiche devono promuovere il ruolo attivo di ogni studente, facilitando la partecipazione di tutti, oltre a stimolare rapporti interattivi e di supporto reciproco. La ricerca in tale settore mette a disposizione dei docenti una serie di strategie e approcci di grande interesse, schematizzate in cinque linee di lavoro integrate tra di loro → questo significa che la didattica inclusiva non è rappresentata da un insieme di contenuti specifici ma si caratterizza per un orientamento metodologico e uno stile operativo da adottare nella prassi quotidiana. Le cinque linee di lavoro sono: -

clima e gestione della classe strategie cooperative strategie cognitive e meta cognitive educazione socio emozionale e pro sociale strategie specifiche rivolte ai bisogni speciali

• Piano dell’evidenza empirica (verifica della significatività operativa delle metodologie) E’ necessario appurare se le procedure organizzative e le strategie didattiche adottate per promuovere il successo formativo di ogni alunno nel contesto scolastico in una prospettiva realmente inclusiva, risultano efficaci o meno.

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PARTE PRIMA – IL PIANO DEI PRINCIPI Sottolineare con forza che tutti gli allievi, qualunque sia la loro condizione, hanno diritto ad avere accesso all’istruzione all’interno di contesti comuni e non separati non è un esercizio retorico di poco significato. Costituisce il fondamento per l’affermazione di una cultura dell’inclusione e delle pari opportunità che considera ogni individuo come entità costitutiva dell’istituzione sociale, la quale trova nella piena valorizzazione di tutti la sua ragione di esistere. Basandosi su questo orientamento, l’alunno con disabilità/altre difficoltà non può essere pensato come un ospite della scuola o della classe ma come parte integrante di queste, che devono modificarsi e rimuovere le barriere esistenti.

CAPITOLO 1) L’evoluzione del quadro normativo a supporto dell’inclusione Il lungo cammino che si sta conducendo verso un modello di scuola sempre più in grado di accogliere tutti gli alunni è stato accompagnato e stimolato da specifiche normative nazionali. In Italia la storia quarantennale dell’integrazione scolastica si è legata ad una normativa orientata al tentativo di rimuovere qualsiasi forma di discriminazione per gli alunni con disabilità. ❖ La scelta italiana per l’integrazione totale •

Anni ’60 L’approccio alla disabilità era prevalentemente medico, e si riteneva che l’alunno con disabilità potesse essere aiutato in maniera più incisiva se inserito in gruppi di bambini con deficit simili→ emarginazione e istituzionalizzazione. Legge n. 1859 del 1962: classi differenziali nella scuola media unica Legge n. 444 del 1968: sezioni speciali o scuole materne speciali per i casi più gravi per i bambini dai 3 ai 6 anni Istruzione separata →a seconda della tipologia e della gravità del deficit gli allievi venivano avviati alla scuola speciale o a classi differenziali



Anni ’70 Crisi delle istituzioni separate a causa della constatazione di quanto fossero stati limitati i risultati ottenuti con l’inserimento in classi differenziali e in scuole speciali. Sono state così autorizzate le prime esperienze di inserimento degli allievi in situazione di disabilità nelle scuole comuni. La legge 118 del 1971 riconosce agli allievi in situazione di disabilità ildiritto all’educazione in classe comune, escludendo però i soggetti più gravi.Nel 1974 viene costituita la Commissione Falcucci (era una senatrice) per studiare l’inserimento dei bambini con disabilita nella scuola comune, mentre nel 1975 la commissione elabora un documento in cui viene ribadito che il superamento dell’emarginazione passa da un nuovo modo di concepire e attuare la scuola e che l’inserimento nelle scuole comuni di bambini con disabilità non implica il raggiungimento di mete culturali minime comuni. Nel 1977 con la legge 517 vengonoabolite le classi differenziali e le scuole speciali:questo favorisce il passaggio da inserimento a integrazione. La legge prevedeva la programmazione di attività integrative organizzate per gruppi di alunni della stessa classe, interventi individualizzati in relazione alle esigenze dei singoli alunni e la presenza di ins egnanti specializzati. Negli anni successivi sono state emanate altre leggi e circolari ministeriali per l’interpretazione della legge 517/1977.



Anni ‘80 La legge n.215 del 1987 garantisce la frequenza della scuola media superiore a tutti i disabili, senza limitazione per quanto concerne la gravità.



Anni ‘90 Viene emanata la legge quadro 104/1992 per l’assistenza, l’integrazione e i diritti delle persone con disabilità, con lo scopo di raccogliere organicamente le disposizioni precedenti e riempire vuoti legislativi.Negli articoli 12-17 si parla di integrazione scolastica, la quale può essere realizzata se si pone in primo piano non solo i bisogni particolari della persona con disabilità, ma anche i suoi desideri, le sue risorse e potenzialità nell’ambito dell’apprendimento, della comunicazione e delle relazioni. In quest’ottica, è data grande rilevanza al confronto di tutte le istituzioni e in particolare coinvolgimento sempre più attivo della famiglia nella formulazione sia del Profilo dinamico-funzionale (PDF) che del Piano educativo individualizzato (PEI). Il Decreto del Presidente della Repubblica del 24/02/1994 stabilisce che le unità sanitarie locali hanno il compito dell’individuazione della disabilità, che deve essere corredata dallaDiagnosi funzionale (DF), che insieme al PDF costituisce la documentazione fondamentale richiesta dall’amministrazione scolastica. La DF viene definita “descrizione analitica della compromissione funzionale 3

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dello stato psicofisico dell’alunno in situazione di disabilità ”, ed essa non si limita ad accertare il tipo e la gravità del deficit di cui è portatore l’alunno, ma ne pone in evidenza le aree di potenzialità dal punto di vista funzionale. Il PDF fissa le linee di sviluppo potenziale del bambino a medio e breve termine e consente di individuare obiettivi, attività e modalità del progetto di integrazione scolastica che trova la sua definizione nel PEI. Nel 2017 il decreto legislativo n. 66 prevede che dopo l’accertamento della condizione di disabilità venga redatto unProfilo di funzionamento, secondo i criteri del modello bio-psico-sociale dell’ ICF: tale documento ricomprende la DF e il PDF ed è predisposto dall’unità di valutazione multidisciplinare con la collaborazione della famiglia e di un rappresentante dell’amministrazione scolastica. Con la Legge 59 del 1997 le scuole acquisiscono autonomia in termini giuridici, finanziari, amministrativi, didattici, di ricerca, di sperimentazione e organizzativi. Abolizione dei programmi nazionali e maggiore responsabilità progettuale alle scuole attraverso il POF (Piano dell’Offerta Formativa), che comprende il curricolo didattico e questioni di organizzazione interne, gestione delle risorse relazioni con il territorio. La legge 107/2015 istituisce il PTOF. Attraverso il POF si dovrebbe esprimere la sensibilitàdella comunità verso l’accoglienza degli studenti con difficoltà e le scuole autonome promuovono percorsi formativi funzionali alla realizzazione del diritto ad apprendere e ala crescita educativa di tutti gli alunni; riconoscono e valorizzano la diversità; promuovono le potenzialità di ciascuno; adottano tutte le iniziative utili al raggiungimento del successo formativo; regolano i tempi di insegnamento e dello svolgimento di singole discipline e attività nel modo più adeguato al tipo di studi e ai ritmi di apprendimento degli alunni; adottano forme di flessibilità dell’organizzazione educativa e didattica; assicurano iniziative di recupero e sostegno, continuità, orientamento. La sintesi di questo percorso di progressiva attenzione ai bisogni degli allievi può essere rintracciata nelle Lineeguida sull’integrazione scolastica degli alunni con disabilità, emanate dal ministero nel 2009, che non apportano modifiche normative ma delineano impegno per migliorare la qualità dei processi di integrazione scolastica nella prospettiva dell’inclusione, anche alla luce dell’emanazione della Convenzione sui diritti delle persone con disabilità, ratificata dall’Italia con la legge 18 del 2009 e dall’ICF → enfasi sulla gestione coordinata dell’integrazione, ruolo di tutti gli attori, coinvolgimento di tutti i docenti, valutazione da rapportare al PEI e considerare come analisi dei processie non della performance. ❖ La curvatura normativa verso la prospettiva dell’inclusione L’emergere della prospettiva inclusiva non rappresenta uno stacco o una modifica radicale del percorso, quanto un’opportuna curvatura che amplia l’orizzonte alla considerazione della diversità come caratteristica di tutti e di ognuno e orienta maggiormente la riflessione e le prassi sull’individuazione delle barriere e degli ostacoli sociali, i quali rendono difficoltosa la partecipazione di ogni persona alla vita comunitaria. Tale curvatura è preparata da una serie di riflessioni sviluppate all’interno di organismi internazionali e trova concretizzazione nella nostra organizzazione con alcune importanti disposizioni normative. Le disposizioni internazionali La riflessione che si è sviluppata in altri paesi ha preso spunto da una realtà che vedeva mantenuto un sistema parallelo di educazione per allievi con disabilità significative. Questa situazione ha portato a concentrarsi non soltanto su tali allievi quanto su altre situazioni problematiche presenti in ogni classe comune. •

1978, Rapporto di Warnock – Inghilterra In media il 15/20 % degli studenti in un momento della loro vita scolastica incontrano difficoltà e, per tale motivo, avranno bisogno di particolari supporti per proseguire nella loro frequenza scolastica. Alla luce di ciò, è introdotto il conce tto di Special Educational Needs (BES) il quale ha contribuito a orientare la discussione verso un approccio inclusivo alle diversità, centrato sull’individuazione di obiettivi comuni a tutti gli allievi. Nel rapporto però, questo orientamento resta ancora soltanto accennato: infatti, la natura della scuola non deve essere sconvolta, anche se l’obiettivo mirato è la piena partecipazione di allievi con BES alle regolari attività nelle classi. Com’è tipico di ogni processo di integrazione, anche in questo caso è colui che entra a far parte del sistema sociale che deve adattarsi e non il contrario.

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1994, Dichiarazione di Salamanca Deciso passo avanti. Cinque articoli centrati sui temi dell’educazione, rappresenta a livello internazionale un momento senza precedenti di rottura con il passato e innovazione verso il futuro. Chiaro impegno nei confronti del principio dell’educazione per tutti e per ciascuno, riconoscendo urgenza e necessità che bambini, giovani, adulti con BES frequentino percorsi di formazione e istruzione all’interno dei comuni sistemi educativi. L’idea di fondo è che l’educazione delle persone con disabilità sia parte integrante del compito della scuola regolare. Per raggiungere tale obiettivo le scuole devono predisporre percorsi educativi in grado di considerare anche i BES degli allievi. La prospettiva sociale dell’integrazione scolastica è così rovesciata: sono i programmi scolastici che devono adattarsi ai bisogni del bambino e non viceversa.



1996 , Carta di Lussemburgo Documento programmatico per le politiche europee, finalizzato a costruire le condizioni per promuovere una scuola davvero per tutti e per ciascuno. E’ articolata in tre parti 1. Principi fondamentali: ogni Stato membro deve adottare una legislazione che garantisca a tutti l’accesso a un sistema scolastico ordinario; viene data importanza al ruolo rivestito dai genitori, alla centralità dell’intervento avviato precocemente e fondato su una valutazione precisa e costante dei bisogni dell’individuo e dell’ambiente familiare. 2. Strategie: riferite agli aspetti e alle attività concrete da mettere in atto quando si vogliono applicare i principi generali. Enfasi sulla qualità dell’insegnamento che deve mirare a un rapporto educativo globale e alla costruzione della rete tra famiglia, insegnanti e specialisti a supporto dei processi inclusivi. 3. Proposte: riguardano le prospettive e i cambiamenti da attuare in futuro, specialmente per quanto concerne l’acquisizione di una mentalità maggiormente orientata a porre al centro i temi dell’inclusione. Viene messa in risalto anche la necessità di una figura professionale capace di coordinare gli aiuti necessari alla persona con BES.



2006 , Convenzione sui diritti delle persone disabili emanata dalle Nazioni Unite Rappresenta sicuramente la risoluzione più forte e importante per sancire il diritto alla piena inclusione in ogni contesto alle persone con disabilità. Cinquanta articoli che vogliono promuovere e garantire alle persona con disabilità il pieno godimento dei diritti in ogni ambito della vita.La disabilità viene definita come il risultato dell’interazione tra persone con menomazioni e barriere comportamentali e ambientali , in grado di impedire la loro piena ed effettiva partecipazione alla società sulla base di uguaglianza con gli altri→ riferimento al modello sociale della disabilità e all’ICF: il contesto è spesso organizzato in maniera tale da creare ostacoli, barriere e discriminazioni e la disabilità è f...


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