Diritto dell unione europea parte istituzionale strozzi mastroianni ultima edizione 2019 PDF

Title Diritto dell unione europea parte istituzionale strozzi mastroianni ultima edizione 2019
Author Alessia Lopiccolo
Course Tutela internazionale dei diritti umani e sociali
Institution Università degli Studi di Napoli Federico II
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Diritto dell'Unione Europea Parte istituzionale STROZZI MASTROIANNI ULTIMA EDIZIONE 2019 Diritto Dell'unione Europea Università degli Studi di Napoli Federico II 141 pag.

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CAPITOLO I 1. Nel periodo successivo alla seconda guerra mondiale ha inizio la cooperazione, attuata con strutture istituzionali a carattere intergovernativo con competenze specifiche. Il primo passo verso questo processo di integrazione si è avuto con il Trattato di Parigi del 1951 istitutivo della CECA (i poteri decisionali autonomi furono conferiti ad una istituzione (Alta Autorità) capace di decidere in modo indipendente dal consenso unanime degli Stati membri, grazie a ciò per la prima volta si parlò di sovranazionalità). Un altro passo avanti si è avuto con i Trattati di Roma del 1957 istitutivi della CEE e dell’EURATOM. Alla CEE fu assegnato il compito di promuovere, attraverso l'instaurazione di un mercato comune e il riavvicinamento delle politiche economiche degli Stati membri, uno sviluppo armonioso delle attività economiche della comunità e un’unione sempre più stretta tra i popoli europei. Solo col Trattato di Bruxelles del 1965 ci fu una vera e propria fusione degli esecutivi, con la creazione di un unico Consiglio e un'unica Commissione e l'introduzione di un bilancio unico per le tre comunità. Via via, sempre più Stati entrarono a farne parte fino ad arrivare ai ventotto Stati che oggi compongono l'Unione (dal 1° luglio 2013 anche la Croazia è entrata a far parte dell’Unione portando gli Stati a 28). 2. Il Trattato di Roma ha come obiettivo immediato l’instaurazione di un mercato comune e il graduale ravvicinamento delle politiche economiche degli Stati membri come mezzo per il conseguimento di un’espansione equilibrata e stabile. Era previsto che il mercato comune si instaurasse progressivamente nel corso di un periodo transitorio di 12 anni attraverso diverse fasi. La prima di “integrazione negativa”, volta a una zona di libero scambio all’interno della quale eliminare tutti gli ostacoli “tecnici” alla creazione di un’unione doganale tra i paesi membri e di un mercato comune all’interno del quale garantire la libera circolazione di merci, capitali, persone e servizi. Vi era anche “un’integrazione positiva”, ossia l’instaurazione di misure e politiche strategiche tendenti a riavvicinare le legislazioni degli Stati membri nei settori contemplati al fine di realizzare un’effettiva integrazione economica. Libera circolazione delle merci - La libera circolazione delle merci comporta l’abolizione fra gli Stati membri dei dazi doganali all’importazione ed esportazione nonché alle restrizioni quantitative e prevede l’instaurazione di una tariffa doganale comune nei rapporti con i paesi terzi. Restrizioni quantitative e misure equivalenti possono essere consentite solo se giustificate da ragioni di moralità pubblica, ordine pubblico, di pubblica sicurezza, di tutela della salute purché non siano discriminatorie e non costituiscano una restrizione dissimulata al commercio tra Stati membri. Alla realizzazione di queste libertà ha molto contribuito la giurisprudenza della Corte di giustizia affermando, nella sentenza Cassis De Dijon, il principio del mutuo riconoscimento secondo cui la disciplina di uno Stato membro in materia di produzione e di commercializzazione di un dato bene deve essere riconosciuta in tutti gli altri Stati a meno che non si opponga una delle ragioni imperative di cui all’art 36 CEE ( si afferma cioè una presunzione di equivalenza delle legislazioni nazionali degli Stati membri).

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Libera circolazione delle persone - Riguarda principalmente la libera circolazione dei lavoratori dipendenti e il diritto di stabilimento dei lavoratori autonomi. Il principio generale applicabile in materia è il divieto di qualsiasi discriminazione, sia in termini di retribuzione sia di condizioni di lavoro. Salvo motivi di ordine pubblico, pubblica sicurezza e sanità pubblica, i lavoratori hanno diritto di rispondere a offerte di lavoro effettive, di spostarsi liberamente nel territorio degli Stati membri, di risiedervi, di rimanervi dopo aver occupato un impiego. Sono parimenti vietate discriminazioni retributive tra lavoratori di diverso sesso. La libertà di stabilimento comporta per i cittadini degli Stati membri la facoltà di accedere alle attività non salariate e al loro esercizio nonché di costituire e gestire imprese e società, alle stesse condizioni stabilite dalla legislazione del Paese di stabilimento nei confronti dei propri cittadini. Libera prestazione dei servizi - L’art. 56 TFUE prevede la soppressione delle restrizioni alla libera prestazione dei servizi all’interno della comunità nei confronti dei cittadini degli Stati membri stabiliti in un paese della comunità diverso da quello del destinatario della prestazione. Per servizi devono intendersi le prestazioni fornite normalmente dietro retribuzione di carattere industriale, commerciale, artigianale, libero professionale. Libera circolazione dei capitali - L’art 67 CEE disponeva che gli Stati membri sopprimessero gradualmente le restrizioni ai movimenti di capitali appartenenti a persone residenti negli Stati membri. La Corte di Giustizia operando una distinzione tra pagamenti correnti e movimenti di capitali aveva concluso che la disposizione sulla liberalizzazione dei pagamenti correnti avesse carattere direttamente applicabile. Solo il trattato di Maastricht sanciva la completa liberalizzazione dei movimenti dei capitali senza più aver riguardo all’esistenza di una transazione commerciale o ad una prestazione di servizi sottostanti. La disciplina della concorrenza - L’art. 101 TFUE dispone che sono incompatibili con il mercato interno, e pertanto vietati, tutti gli accordi tra imprese, tutte le pratiche concordate che possono pregiudicare il commercio tra gli Stati impedendo, restringendo e falsificando il gioco della concorrenza all’interno del mercato comune. Possono essere esentate da tale divieto quelle intese che contribuiscono a migliorare la produzione o la distribuzione di prodotti o promuovere il progresso tecnico ed economico. È ugualmente incompatibile e vietato lo sfruttamento abusivo (art. 102 TFUE) da parte di una o più imprese di una posizione dominante nel mercato comune attraverso pratiche abusive che possono consistere nell’imposizione di prezzi, nella limitazione della produzione a danno dei consumatori, nell’applicazione nei rapporti commerciali di condizioni dissimili per prestazioni equivalenti. L’art. 107 TFUE si occupa del delicato problema degli aiuti di Stato concessi alle imprese per agevolare la loro attività. Essi sono dichiarati incompatibili quando favoriscono alcune imprese o produzioni, falsando o minacciando di falsare la concorrenza. Sono compatibili gli aiuti a carattere sociale concessi a singoli consumatori, purché non discriminatori e quelli concessi in occasione di calamità naturali. 3. Negli anni ‘80 si assiste a numerose iniziative tendenti a rilanciare il processo di integrazione europea. Nel 1984 il Parlamento europeo elaborò un progetto di trattato d’UE.

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Nel 1985 il Consiglio Europeo convocò una conferenza intergovernativa che diede vita all'Atto Unico Europeo che introdusse numerose modifiche di carattere istituzionale, tra le quali la formalizzazione del Consiglio Europeo; il ristabilimento della votazione a maggioranza qualificata nel Consiglio per le misure di armonizzazione relative al mercato interno; il rafforzamento del ruolo del Parlamento europeo nel procedimento decisionale con la procedura di "cooperazione" e del "parere conforme"; la previsione di una giurisdizione di primo grado per affiancare la Corte di Giustizia. Inoltre, l'AUE, ha esteso le competenze della Comunità a nuovi settori come l'ambiente e la ricerca scientifica e ha introdotto il principio della "coesione economica e sociale" volto a ridurre i divari di sviluppo tra le diverse regioni degli Stati membri. Nonostante la rilevanza delle modifiche apportate dell’atto unico europeo, ben presto si sono rivelate inadeguate a perseguire quegli ulteriori sviluppi avvertiti come indispensabili per proseguire nel cammino verso una unione europea. Il consiglio europeo di Dublino nel 1990 manifestò la volontà di trasformare la Comunità in una Unione europea. Il Consiglio europeo di Maastricht del 1991 approvò i testi sull’unione politica ed economica e monetaria, consolidati nel Trattato sull’Unione europea firmato il 7 febbraio del 1992 ed entrato in vigore il 1 luglio del 1993. 4. Secondo un’immagine figurata, data dal Trattato di Maastricht del 1992, l’Unione può definirsi come una costruzione a tre pilastri collegati tra loro: 1)Il primo costituito dall’ordinamento comunitario, disciplinato dalle disposizioni contenute nei Trattati istitutivi delle comunità europee. Le modifiche apportate dal Trattato CEE al fine di creare una comunità europea riguardano in special modo l’apparato istituzionale, il procedimento decisionale, l’ampliamento dei settori di competenza (istruzione, industria, sanità) ed il rafforzamento di altri. Significativa fu l’istituzione della cittadinanza dell’unione riconosciuta a tutti i cittadini degli stati membri e il diritto per ogni cittadino dell’unione residente in uno stato membro di cui non è cittadino, di votare o essere eletto alle elezioni comunali e a quelle per il parlamento europeo alle stesse condizioni dei cittadini dello stato ospite. Quindi per il primo pilastro opera il metodo comunitario, ossia viene marginalizzato il ruolo dei governi nazionali a favore delle istituzioni europee. 2)Il secondo dalla PESC, disciplinata dal titolo V TUE. Quest’ultimo prevede l’istituzione di una politica comune, affidata all’Unione, estesa a tutti i settori della politica estera e di sicurezza instaurando una cooperazione sistematica tra gli stati membri, ma ponendo anche azioni comuni nei settori di comune interesse. Il consiglio può definire una posizione comune ogni volta che lo ritenga necessario: gli stati membri si impegnano a condurre le loro politiche nazionali in conformità a tale posizione comune. Il consiglio decide inoltre quando una questione debba formare oggetto di un’azione comune, in base agli orientamenti espressi dal consiglio europeo, precisandone gli obiettivi, i mezzi, le procedure e le condizioni per la sua attuazione. 3)Il terzo dalla GAI, disciplinata dal Titolo VI TUE. Mira a instaurare una cooperazione nei settori della giustizia e degli affari interni. Il metodo seguito è analogo a quello operante per la PESC (metodo intergovernativo, ossia il potere decisionale è attribuito agli stati membri),prevedendo ugualmente l’adozione di posizioni e di azioni comuni. In questo ambito tra le questioni considerate di interesse comune rientrano la politica d’asilo, la politica di

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immigrazione, la lotta contro la tossicodipendenza e contro la frode su scala internazionale, la cooperazione giudiziaria in materia civile e penal e. 5. Il Consiglio europeo del 12 e 13 dicembre 1997 varò una decisione storica quale l’allargamento dell’Unione, ma aprendo negoziati bilaterali di adesione solo con sei Stati, attraverso una conferenza che riuniva gli altri e chi aspirava ad aderirvi. All’interno della Conferenza del marzo 1998, si è usato lo strumento della “strategia rafforzata di preadesione” che aveva lo scopo di porre i paesi candidati nelle condizioni di adeguarsi all’acquis comunitario cioè al diritto acquisito comunitario. Esso è l’insieme di diritti, obblighi giuridici e obiettivi politici che accomunano e vincolano gli Stati membri dell’UE e che devono essere accolti senza riserve dai paesi che vogliono entrare a farne parte. Deve essere quindi applicato dalla data in cui divengono membri UE a tutti gli effetti. L’UE mantiene integro e sviluppa l’acquis, tuttavia vi sono deroghe (eccezionali e limitate): ad es. Regno Unito, Danimarca e Svezia non hanno adottato l’euro, riservandosi di farlo eventualmente in seguito; oppure altri Stati (Regno Unito e Irlanda) hanno adottato solo parzialmente gli accordi di Schengen. 6. Nel 1994 fu indetta una conferenza incaricata di modificare alcuni aspetti del TUE. La conferenza terminò nel ‘97 e i risultati sono stati recepiti nel Trattato di Amsterdam (entrato in vigore il 1° maggio 1999). Tra le più importanti innovazioni, ricordiamo l’enunciazione di cui all’art 6 UE che non solo intende ribadire i principi di legalità e di democrazia che devono guidare l’azione dell’Unione ma anche porli come condizione per la partecipazione e la permanenza degli Stati membri nell’Unione; tanto che il successivo art 7 UE conferisce al Consiglio il potere di constatare l’esistenza di una violazione grave e persistente di tali principi da parte di uno Stato membro; con la conseguenza che, in presenza di tale constatazione, il consiglio, a maggioranza qualificata, può decidere di sospendere alcuni diritti dello stato in questione, senza pur questo esonerarlo dagli obblighi ad esso derivanti dal Trattato. Assume poi rilevanza la possibilità per alcuni Stati membri di istituire una c.d. cooperazione rafforzata, cioè una cooperazione che riguarda solo alcuni Stati membri dell'UE in determinati temi: giustizia, ambiente, gestione economica. La ratio di questa cooperazione è data dalla volontà di non arrestare o ritardare il processo di integrazione nella ricerca di un consenso unanime. La cooperazione può essere instaurata tanto nell’ambito comunitario che in quello dell’Unione con riguardo al 3° pilastro. Inoltre il Trattato prevedeva la soppressione di ogni controllo alle frontiere interne dell'UE, definiva le condizioni per l'attraversamento di quelle esterne e per il soggiorno dei cittadini extracomunitari. Con il Trattato di Amsterdam quasi tutti i settori che rientravano nell’ambito del 3° settore sono stati trasferiti nel 1° pilastro, comunitarizzando materie che in precedenza erano trattate esclusivamente in ambito intergovernativo (es. rilascio di visti, azione comune in materia di immigrazione, cooperazione doganale, cooperazione giudiziaria in materia civile ma soprattutto tutte le questioni attinenti alla libera circolazione delle persone). 7. Con il Trattato di Nizza si cerca di dotare le istituzioni di procedure decisionali più semplici ed efficaci ed introdotte novità quali: Estensione del voto a maggioranza qualificata e della procedura di codecisione a una pluralità di casi;

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Politica commerciale comune sotto la sorveglianza del Consiglio e della Commissione; Disposizioni sociali in materia di politica sociale, istruzione, formazione professionale; Istituzione di un Comitato per la protezione sociale; La politica estera e di sicurezza comune: è prevista una semplificazione e parziale revisione delle disposizioni relative alla PESC. Il Consiglio europeo è l’organo che impartisce i principi e gli orientamenti generali, quindi detiene un ruolo centrale, assicurando l'unità e l'efficacia dell'azione esterna dell'Unione. E’ prevista poi la figura dell’Alto rappresentante per la politica estera e la sicurezza comune impersonata dal segretario generale del Consiglio che svolge il ruolo di osservatore della situazione internazionale. La cooperazione di polizia giudiziaria in materia penale (terzo pilastro): l’Unione si prefigge anche qui un’azione comune tramite una cooperazione tra le autorità competenti e in particolare tramite Europol, istituito (con convenzione del 26 luglio 1995) per il coordinamento e l’effettuazione di specifiche operazioni investigative riguardanti la criminalità organizzata di due o più Stati membri e per la raccolta di dati e informazioni. La cooperazione giudiziaria in materia penale si avvale invece dell’Eurojust (istituito con decisione del Consiglio del 28 febbraio 2002) che si propone di coordinare le autorità nazionali responsabili dell’azione penale e facilitare soprattutto le rogatorie e le domande di estradizione tra gli Stati membri. Il Consiglio promuove la cooperazione in questo settore adottando all’unanimità vari strumenti quali: -posizioni comuni che definiscono l’orientamento dell’Unione in merito ad una questione specifica (es. lotta al terrorismo); esse sono vincolanti per gli Stati membri in forza del principio di leale cooperazione e sono di solito attuate con specifici regolamenti; -decisioni-quadro per armonizzare il ravvicinamento delle disposizioni legislative e regolamentari degli Stati membri o per garantire l’applicazione del reciproco riconoscimento delle decisioni penali. Non hanno efficacia diretta ma sono vincolanti per quanto riguarda il risultato da raggiungere fermo restando la libertà della forma e dei mezzi prescelti (es. decisione quadro sul mandato d’arresto europeo del 2002); -convenzioni internazionali di cui il Consiglio raccomanda l’adozione: gli Stati membri devono attenersi ad esse conformemente alle proprie norme costituzionali, se adottate almeno dalla metà degli Stati membri entrano in vigore per essi e solo questi sono tenuti ad osservarle, dando così luogo ad un’integrazione differenziata. Il ruolo del Parlamento risulta rafforzato; infatti esso deve essere tenuto informato dei lavori svolti dal Consiglio e dalla Commissione, ed è chiamato ad esprimere un parere preventivo in un termine non inferiore a tre mesi in merito all'adozione delle decisioni quadro, delle decisioni e delle convenzioni (no posizioni comuni). La mancata emanazione del parere nel termine non pregiudica il parere del Consiglio di deliberare ugualmente. Il Parlamento può rivolgere a quest’ultimo interrogazioni o raccomandazioni.

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La Corte di giustizia vede ampliata la sua competenza alla maggior parte delle disposizioni del terzo pilastro; essa infatti esercita una competenza pregiudiziale sulla validità e sull'interpretazione delle decisioni quadro, delle convenzioni adottate in materia. Ha competenza pregiudiziale anche sugli atti adottati dal Consiglio nell'ambito del terzo pilastro quando siano produttivi di effetti giuridici nei confronti di terzi. La Corte è competente a pronunciarsi sulle controversie tra Stati membri riguardanti l’interpretazione; l'applicazione degli atti relativi al terzo pilastro; e verificare se le cooperazioni rafforzate siano conformi alle competenze e agli obiettivi della comunità e dell'Unione. 8. Nel 2001 nacque l'obiettivo voler fondare una costituzione europea introducendo alcuni principi fondamentali per tutti gli Stati membri. I lavori si sono conclusi nel 2003 con la presentazione di un progetto di Trattato costituzionale, mentre l’accordo sul testo definitivo è giunto a Roma nel 2004. Sarebbe entrato in vigore solo a seguito del deposito delle ratifiche da parte di tutti gli Stati membri, ciò non avvenne in particolar modo perché i referendum indetti in Francia e Olanda diedero esito negativo. Tale progetto, quindi, non fu portato a compimento. In ogni caso: introdusse principi fondamentali, tra cui i valori e gli obiettivi dell’unione, il maggior risalto conferito alla cittadinanza europea; abolì la distinzione introdotta con il Trattato di Maastricht dei tre pilastri delineando un disegno unitario; incorporò la carta di Nizza dei diritti fondamentali dell’UE; riordinò le fonti comunitarie; introdurre la distinzione tra atti legislativi (leggi europee e leggi quadro europee) e atti non legislativi (regolamento europeo); viene previsto per la prima volta il diritto di ogni Stato membro di recedere dall'Unione; il Consiglio europeo viene incluso a tutti gli effetti tra le istituzioni dell'Unione, dotandolo di un presidente. 9. Una nuova proposta di riforma dei Trattati vigenti si ebbe nel 2009 con il Trattato di Lisbona. Il Trattato, che ha lo scopo di semplificare i precedenti si articola in due parti: quella che modifica il TUE - preambolo + 55 articoli, e que...


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