Divina Commedia, Inferno Xxxiii PDF

Title Divina Commedia, Inferno Xxxiii
Course Letteratura Italiana G
Institution Università degli Studi di Torino
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riassunto Divina Commedia canto XXXIII inferno...


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DIVINA COMMEDIA, INFERNO CANTO XXXIII DOVE  nono cerchio, seconda e terza zona = Antenòra e Tolomea PERSONAGGI  Dante/Virgilio, conte Ugolino della Gherardesca, Arcivescovo Ruggieri e frate Alberigo PECCATORI  traditori della patria e degli ospiti PENA  essere conficcati nel ghiaccio in diverse posizioni, a seconda del peccato per cui sono condannati; in vita il loro cuore era freddo come il ghiaccio. Le lacrime dei traditori degli ospiti formano una visiera sugli occhi.

IL CANTO IN BREVE  Dopo che Dante (nel canto precedente) ha chiesto al peccatore che stava rodendo il cranio del compagno di presentarsi e spiegare le motivazioni che lo avevano portato a tanta rabbia, l’anima risponde e narra la sua storia: e il conte Ugolino della Gherardesca (Pisa). Egli venne accusato di essersi alleato con la fazione guelfa e di avere ceduto dei castelli di proprietà comunale  per questo venne imprigionato insieme ai suoi quattro figli nella torre della fame dell’arcivescovo Ruggieri, del quale ora si ciberà per l’eternità. Questa prigionia ha portato i suoi figli a morire di fame, dopo che si erano offerti come cibo per il padre. Dante compie una dura invettiva contro Pisa. In seguito entra con Virgilio nella terza zona, Tolomea, dove giacciono i traditori degli ospiti. Dante avverte un vento gelido e chiede la ragione a Virgilio, la guida però rimanda la risposta. Dante induce poi il frate Aberigo a parlare, tramite una promessa che non manterrà; egli spiega che le anime dei traditori degli ospiti vengono mandati in quella zona ancora prima della morte del corpo, nel quale vengono sostituiti da un demonio. Il canto si chiude con una invettiva contro i genovesi. RIASSUNTO PER VERSI 1-21  PRESENTAZIONE DI UGOLINO Il conte Ugolino, dopo avere sollevato il volto dal “fiero pasto” (cranio dell’Arcivescovo) e si pulisce la bocca con i capelli dell’altro. Il dannato dice che anche il solo pensiero di raccontare la sua orribile vicenda gli provoca enorme odio e dolore; tuttavia egli racconterà la sua vicenda, anche se ciò dovesse portarlo a piangere. Ugolino si presenta e dice a Dante che il suo compagno è l’arcivescovo Ruggieri degli Ubaldini; narra a Dante non la vicenda con cui è stato tratto in inganno, che è nota a tutti, ma della tremenda prigionia cui è stato sottoposto con i figli, in maniera tale che Dante possa decidere se il suo odio è giustificato. 22-54  IL RACCONTO DI UGOLINO Ugolino e i quattro figli erano stati dunque fatti prigionieri e rinchiusi in una torre a Pisa, che poi verrà chiamata “Torre della Fame”, da cui lui aveva potuto vedere fuori solamente da una stretta feritoia. Una notte egli fece un sogno premonitore: aveva sognato l’arcivescovo vestito da cacciatore, intento a dare la caccia ad un lupo e ai suoi cuccioli. Nel sogno Ruggieri si faceva precedere da alcune famiglie ghibelline, la lupa e i cuccioli, stremati, venivano raggiunti e azzannati dalle cagne. Il mattino seguente Ugolino aveva sentito piangere i figli, i quali gli chiedevano del pane, era infatti quasi ora di mangiare, e solitamente veniva portato loro del cibo a quell’ora. Ad un momento sentirono che la porta della torre veniva inchiodata e Ugolino, atterrito, fissò i figli, i quali non capendo gli chiesero cosa avesse. Ugolino non parlò fino alla mattina seguente.

55-78  RACCONTO DELLA SUA MORTE E DI QUELLA DEI FIGLI Una volta arrivata mattina, Ugolino vedendo i figli smagriti per la fame, si morse le mani dal furore al che i figli, credendo che agisse per fame, si offrirono come cibo per il padre. Ugolino, nuovamente, non proferì parola per i due giorni seguenti, così come i figli. Al quarto giorno uno dei figli morì, invocando il suo aiuto; tra il quinto e il sesto giorno morirono anche gli altri figli. Per i due giorni seguenti, accecato dalla fame, Ugolino aveva invano chiamato i nomi dei figli, poi morì. Finito il racconto, il conte riprende a mordere il cranio dell’arcivescovo. 79-90  INVETTIVA DI DANTE CONTRO PISA Dante alla fine del racconto prorompe in una terribile e amara invettiva contro la città di Pisa, definita come la vergogna di tutta Italia. Il poeta si augura che le due isole della Capraia e della Gorgona si muovano e che quindi blocchino l’Arno alla sua foce: così facendo il fiume strariperebbe e farebbe morire annegati tutti gli abitanti della città infame. Infatti se il conte Ugolino aveva commesso il peccato del tradimento era l’unico a doverne pagare, non certo i figli innocenti. 91-108  PASSAGGIO ALLA TERZA ZONA: TOLOMEA. QUI VI SONO I TRADITORI DEGLI OSPITI Dante e Virgilio proseguono il loro cammino, arrivando nella terza zona del Cogito, Tolomea, dove vi sono le anime che in vita hanno tradito gli ospiti. Questi dannati sono incastrati nel ghiaccio come gli altri, ma sono tutti riversi con il capo verso l’alto, in maniera tale che le lacrime che sgorgano dai loro occhi formano una lastra di ghiaccio sul loro volto che non permette ai dannati di sfogare la loro pena, aumentando così il dolore. Dante per il grande freddo ha il viso quasi completamente insensibile, tuttavia avverte il soffio del vento e ne chiede la ragione a Virgilio; il maestro gli risponde che poco più avanti potrà vederne lui stesso la causa (Lucifero). 109-150  INCONTRO CON FRATE ALBERIGO Uno dei dannati, che crede che Dante e Virgilio siano destinati all’ultima zona dell’Inferno, si rivolge loro pregandoli di togliere le lacrime ghiacciate in modo tale da poter finalmente sfogare il dolore che gli opprime il cuore piangendo. Dante promette di farlo, a patto che quest’ultimo riveli il suo nome il quale dichiara allora di essere Alberigo; allo stupore del poeta che lo crede ancora vivo, egli spiega che le anime che sono destinate a questa zona vi arrivano subito, senza attendere; infatti non appena commesso il tradimento il corpo viene preso da un demonio che lo governa fino alla fine naturale dei suoi giorni. Per far si che Dante comprenda meglio fa un esempio, indicando l’anima di Branca Doria, imprigionato nel Cogito già da molti anni, e che probabilmente è ancora in vita sulla terra. Dante sa per certo che egli è ancora vivo; Alberigo spiega però che non appena Doria uccise Michele Zanche, è arrivato immediatamente nel Cogito mentre un demonio sulla terra ne occupa ancora il corpo. Una volta terminato il racconto, il dannato prega il poeta di liberarlo dal ghiaccio, ma quest’ultimo non mantiene la promessa. 150-157  INVETTIVA CONTRO I GENOVESI Dante pronuncia infine una invettiva dura contro i genovesi, ovvero uomini senza buone usanze e pieni di vizi, ai quali augura di essere annientati....


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