Docsity-paniere-diritto-penale-1-risposte-aperte-uni-ecampus definitivo PDF

Title Docsity-paniere-diritto-penale-1-risposte-aperte-uni-ecampus definitivo
Author arcodimurorotto ilario
Course Diritto Penale
Institution Università telematica e-Campus
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PANIERE DIRITTO PENALE 1 RISPOSTE APERTE UNI ECAMPUS Diritto Penale I Università telematica e-Campus 33 pag.

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DIRITTO PENALE I 1. Relazione tra capacità di intendere e di volere. 1. Tutti i criteri sui quali si fonda la colpevolezza dell’agente vanno riferiti al singolo fatto antigiuridico da lui commesso. Se la colpevolezza presuppone una consapevole capacità di scelta tra diverse alternative di azione, allora l’imputabilità costituisce, necessariamente, la prima condizione per esprimere la disapprovazione soggettiva del fatto tipico e antigiuridico commesso dall’agente. Il codice penale all’art. 85 definisce l’imputabilità come capacità di intendere e volere. L’imputabilità come categoria penalistica ha alla base giustificazioni diverse. Ne abbiamo, all’inizio, evidenziato lo stretto rapporto con la colpevolezza. Ed invero questo nesso cresce quanto più si accentui la dimensione normativa della colpevolezza, e, cioè, se ne sottolinei la componente di rimprovero o disapprovazione del soggetto per aver commesso un fatto che non avrebbe dovuto commettere. La disapprovazione, il rimprovero non avrebbero, infatti, senso se rivolti a soggetti del tutto privi della possibilità di agire diversamente. Ma il fondamento penalistico dell’imputabilità, quali che ne siano i nessi con la colpevolezza, è a maggior ragione rinvenibile sul terreno delle funzioni della pena. Se la minaccia della sanzione punitiva deve esercitare un’efficacia preventiva, un necessario presupposto è che i destinatari siano psicologicamente in grado di lasciarsi motivare dalla minaccia stessa Proprio tale motivabilità normativa, intesa come attitudine a recepire l’appello della norma penale, non è presente allo stesso modo in tutti gli individui. Il concetto di imputabilità è, al tempo stesso, empirico e normativo. Spetta, innanzitutto, alle scienze del comportamento umano individuare i presupposti empirici, in presenza dei quali sia fondato asserire che l’essere umano è in grado di recepire il messaggio o appello contenuto nella sanzione punitiva. L’art. 85 c.p. fissa i presupposti dell’imputabilità nella capacità di intendere e volere: tale duplice capacità deve sussistere al momento della commissione del fatto che costituisce reato. Lo stesso legislatore puntualizza la disciplina dell’istituto attraverso il riferimento ad alcuni parametri legalmente predeterminati: l’età del soggetto (art. 97 – 98) e l’assenza di infermità mentale (art. 88) o di altre condizioni capaci di incidere sull’autodeterminazione responsabile dell’agente (art. 95 – 96, sordomutismo, intossicazione alcoolica cronica ). Ma le cause codificate di esclusione dell’imputabilità non sono tassative, nel senso che possono esserci altri motivi legislativamente non previsti come, ad es., uno sviluppo intellettuale gravemente deficitario. 2. Cosa è l’amnistia? 2. L’amnistia è un atto con cui lo Stato rinuncia all’applicazione della pena. La titolarità del potere di clemenza è assegnata dalla Costituzione al Presidente della Repubblica, che lo esercita su legge di delegazione delle Camere. Si distingue tra: a) amnistia propria: riguarda i reati il cui accertamento giurisdizionale è ancora in corso ed estingue del tutto il reato; b) amnistia impropria: interviene dopo una sentenza irrevocabile di condanna. Fa cessare l’esecuzione della condanna e le pene accessorie, ma lascia sussistere quegli effetti penali che non rientrano tra le pene accessorie (recidiva, abitualità, professionalità). Ai fini dell’amnistia si deve considerare la pena astrattamente comminata per i reati contemplati nel provvedimento (c.d. pena edittale). L’amnistia può essere sottoposta a condizioni ed obblighi. Non si applica a delinquenti abituali, professionali e per tendenza ai recidivi aggravati e reiterati, salvo che il decreto disponga diversamente. E’ possibile rinunciare all’amnistia in quanto la legge deve consentire all’imputato che lo chiede di dimostrare la propria innocenza. 3. In cosa consiste la riabilitazione? 3. La funzione di tale istituto consiste nella reintegrazione del condannato, che abbia già scontato la pena principale, in tutte le facoltà e diritti, preclusi per effetto dalla condanna (art. 178 c.p.). Importa l’estinzione della pena accessoria e di ogni altro effetto penale della condanna. Ha lo scopo, speciale preventivo, di sottrarre il condannato, che si sia ravveduto, a quegli effetti penali che possono pregiudicare il reinserimento sociale. Condizione per la sua concessione sono: a) che siano decorsi cinque anni dal giorno in cui la pena principale è stata eseguita o si è in altro modo estinta;

b) che il condannato abbia dato prove effettive e costanti di buona condotta per i suddetti periodi; c) che egli non sia stato sottoposto a misura di sicurezza o, se sottoposto, il provvedimento sia stato revocato; d) che abbia adempiuto le obbligazioni civili derivanti dal reato, salvo che dimostri di trovarsi nell’impossibilità di adempierle. Verificatesi le suddette condizioni, la riabilitazione costituisce un vero e proprio diritto del condannato e non un semplice interesse. Ed il giudice ha il dovere di concederla non potendo escluderla a propria discrezione. 4. In cosa consiste lo stato di necessità? 4. Lo stato di necessita consiste nel fatto che non è punibile chi ha commesso il fatto per esservi stato costretto dalla necessità di salvare se od altri dal pericolo attuale di un danno grave alla persona, pericolo da lui non volontariamente causato, né altrimenti evitabile, sempre che il fatto sia proporzionato al pericolo. Vi è infatti DIFFERENZA TRA LEGITTIMA DIFESA: si reagisce contro un aggressore che minaccia di offendere un nostro diritto. STATO DI NECESSITÀ : si agisce per sottrarsi al pericolo di un danno grave alla persona e l’azione difensiva ricade su un terzo estraneo (ad es.: Tizio per sottrarsi all’aggressione di Caio, fugge con la macchina di Sempronio, del tutto estraneo oppure l’alpinista che fa precipitare il compagno legato alla stessa corda che minaccia di spezzarsi per il peso dei due). 5. Quali sono le cause obiettive di punibilità? 5. Attorno alla categoria della punibilità, quale possibilità giuridica di applicare la pena minacciata, possono raggrupparsi tre istituti diversi, di non facile e controverso inquadramento dogmatico: 1. le condizioni obiettive di punibilità; 2. le cause di esclusione della pena; 3. le cause di estinzione del reato o della pena. Sotto la rubrica condizioni obiettive di punibilità l’art. 44 statuisce: Quando, per la punibilità del reato, la legge richiede il verificarsi di una condizione, il colpevole risponde del reato, anche se l’evento, da cui dipende il verificarsi della condizione, non è da lui voluto. Circa la natura, sostanziale o processuale, si esclude, oggi concordemente, che le condizioni dell’art. 44 siano condizioni di procedibilità, riferendosi queste all’esercizio dell’azione penale ed impedendo il loro difetto non già la punibilità del reato, ma la cognizione di esso da parte del giudice. Circa i rapporti con il fatto criminoso, la condizione obiettiva di punibilità va intesa come un avvenimento esterno, successivo o concomitante, al fatto di reato, perciò distinto sia dalla condotta criminosa che dall’evento tipico e che può essere causato da azione, volontaria o involontaria del colpevole, oppure di terzi. Pertanto il reato è già perfetto ma per motivi di opportunità il legislatore ne subordina la punibilità al verificarsi di una determinata condizione. Circa i criteri di distinzione tra elementi e condizioni, mentre i primi rendono il fatto meritevole di pena (perché sufficientemente offensivo), i secondi lo rendono anche bisognoso di pena. Debbono essere considerati elementi costitutivi gli accadimenti che attengono alla offesa del bene protetto e accentrano in sé l’offensività del fatto e, quindi, la ragione stessa dell’incriminazione. Debbono, viceversa, considerarsi condizioni di punibilità gli accadimenti estranei alla sfera dell’offesa del reato, ma che rendono opportuna la punibilità e gli accadimenti che arricchiscono la sfera dell’offesa del reato. 6. Cosa è il dolo e quanti tipi di dolo esistono? 6. Il dolo rappresenta il normale criterio di imputazione oggettiva, come si desume dall’ art. 42, comma 2°, ove è stabilito che nessuno può essere punito per un fatto preveduto dalla legge come delitto se non l’ha commesso con dolo, salvo i casi di delitto preterintenzionale, espressamente preveduti dalla legge. Il dolo assolve a varie funzioni nel processo di imputazione penale. a) Rappresenta un elemento costitutivo del fatto tipico, cioè la volontà dell’imputato che si è realizzata. b) Connota la forma più grave della colpevolezza. Chi agisce con dolo aggredisce il bene protetto in maniera più intensa di chi agisce con colpa. L’art. 43/1, stabilisce che il delitto è doloso, o secondo l’intenzione, quando l’evento dannoso o pericoloso, omissis, è dall’agente preveduto e voluto come conseguenza della propria azione od omissione. Si distinguono diverse forme di dolo: Dolo d’impeto. In questo caso la risoluzione è la conseguenza immediata di un improvviso impulso ad agire. Qui la deliberazione criminosa esprime una minore gravità, dal momento che essa si

traduce immediatamente e improvvisamente in azione. - Dolo intenzionale o dolo di proposito: si configura quando il soggetto agisce allo scopo di realizzare il fatto. La presenza di questa forma di dolo rileverà soltanto ai fini della commisurazione della pena, sotto il profilo intensità di dolo. Dolo specifico, consiste in una finalità ulteriore che l'agente deve prendere di mira per integrare il reato e che accompagna tutti gli elementi del fatto tipico, ma che non è necessario si realizzi effettivamente per aversi il reato. - Dolo generico: le finalità perseguite dall’agente sono irrilevanti per l’esistenza del dolo. Il dolo generico corrisponde alla nozione tipica del dolo e consiste nel realizzare tutti gli elementi del fatto tipico, sua caratteristica è la corrispondenza tra ideazione e realizzazione. - Dolo diretto: Ricorre quando l'evento non è l'obiettivo dell'azione od omissione dell'agente, il quale tuttavia prevede l'evento come conseguenza certa o altamente probabile della sua condotta e lo accetta come strumento per perseguire un fine ulteriore. - Il dolo eventuale è una forma di dolo indiretto. Si ha quando l'agente pone in essere una condotta sapendo che vi sono concrete (rectius: serie) possibilità (o secondo una teoria affine concrete probabilità) di produrre un evento integrante un reato, eppur, tuttavia, accetta il rischio di cagionarli. - Dolo alternativo è un'altra forma di dolo indiretto e si ha quando l'agente prevede, come conseguenza certa (dolo diretto) o possibile (dolo eventuale) della sua condotta il verificarsi di due eventi, ma non sa quale si realizzerà in concreto. - Il dolo generale, che non rileva nel nostro ordinamento, si ha quando il soggetto mira a realizzare un evento tramite una prima azione, ma che realizza solo dopo una seconda azione, animata da una intenzione differente 7. Cosa è l’indulto? 7. Al pari dell’amnistia, è un provvedimento di carattere generale, ma ne differisce perché opera esclusivamente sulla pena principale, la quale viene in tutto o in parte condonata oppure commutata in altra specie di pena, fra quelle consentite dalla legge. Non estingue, pertanto, le pene accessorie, salvo che il decreto disponga in modo diverso (il che è avvenuto nei più recenti provvedimenti di Pagina 182 di 202 clemenza), e a maggior ragione lascia sussistere gli altri effetti penali della condanna. L’indulto non presuppone una condanna irrevocabile, potendo essere applicato in previsione del passaggio in giudicato della sentenza. Come per l’amnistia, la sua efficacia è di regola circoscritta ai reati commessi a tutto il giorno precedente alla data del decreto; può essere sottoposto a condizioni od obblighi e, salvo particolari disposizioni, non si applica nei casi di recidiva aggravata o reiterata, di abitualità e professionalità nel reato, nonché di tendenza a delinquere. Nel concorso di più reati l’indulto si applica una sola volta, dopo cumulate le pene. 8. Quando si parla di delitto aggravato dall’evento? 8. I delitti aggravati dall’evento si hanno quando il legislatore dopo aver previsto una fattispecie base stabilisce un aumento di pena (solitamente indipendente o autonomo) per l’ipotesi in cui derivi un ulteriore risultato offensivo più grave. Es. la falsa testimonianza è aggravata se dal mendacio deriva la condanna di qualcuno. Si pone il problema interpretativo di accertare di volta in volta quale sia il titolo soggettivo di imputazione dell’evento aggravatore. Esiste una sottospecie di delitti aggravati dall’evento che non possono essere in realtà ricondotti al modello della preterintenzione, dovendo essere l’evento ulteriore per un verso necessariamente non voluto e per l’altro attribuibile per colpa. Ma a parte questo gruppo, per gli altri delitti aggravati dall’evento il regime di imputazione dell’evento aggravatore è in sostanza quello stesso delle circostanze. Dall’identità del regime di imputazione soggettiva si tende perciò a desumere l’identità di natura giuridica dei delitti aggravati dall’evento, nel senso cioè della natura circostanziale. Con l’ulteriore conseguenza della loro assoggettabilità alla disciplina del concorso di circostanze. Il che comporta che in caso di presenza di una sola attenuante, è possibile per il giudice “tornare” alla fattispecie base e alla sua pena (eventualmente addirittura ridotta in caso di ritenuta prevalenza della o delle attenuanti). E tutto ciò nonostante l’indubbio e rilevante significato che la presenza dell’evento aggravatore ha sul piano della offensività del fatto. 9. Relazione tra la minore età e l’imputabilità?

9. L’art. 97 dispone che non è imputabile chi, al momento in cui ha commesso il fatto, non aveva compiuto i 14 anni. È stata, così, introdotta una presunzione di incapacità di natura assoluta perché non è ammessa la prova contraria. L’art. 98 1° comma dispone che è imputabile chi, nel momento in cui ha commesso il fatto, aveva compiuto i 14 anni, ma non ancora i 18, se aveva capacità di intendere e volere; ma la pena è diminuita. È il giudice che deve accertare in concreto, volta per volta, se il minore è imputabile o no. La discrezionalità non è incondizionato «arbitrium iudicis», ma apprezzamento di fatto che opera nell’osservanza di criteri legalmente predeterminati. Il suo ambito di operatività è segnato da: a) limiti «esterni» (il cd. spazio edittale: minimi e massimi di pena); b) limiti «interni», rinvenibili nell’art. 133 e sintetizzati nelle formule della retribuzione (gravità complessiva del fatto) e prevenzione speciale (capacità a delinquere). Si parla, pertanto, di discrezionalità vincolata (o regolamentata), nella quale l’osservanza dei limiti legali si riflette ed è garantita dall’obbligo di motivazione. L’attività valutativa del giudice investe, poi, anche altri campi, quali la scelta tra pene edittali comminate alternativamente, l’individuazione di eventuali attenuanti generiche o indefinite, il bilanciamento tra le circostanze eterogenee, la concedibilità della sospensione condizionale della pena, etc. In attuazione del principio costituzionale di motivazione obbligatoria dei provvedimenti giurisdizionali, la disposizione, nel riconoscere al giudice un potere discrezionalmente vincolato di quantificazione del trattamento sanzionatorio, gli impone, nel contempo, di esplicitare i criteri di legge che hanno orientato la sua scelta. Viene, così, garantito il controllo della conformità a parametri legali di un potere che non è incondizionato, ma normativamente regolamentato. Ha, peraltro, precisato la Cassazione che, nel caso in cui venga irrogata una pena al di sotto della media edittale, non è necessaria una specifica e dettagliata motivazione da parte del giudice, essendo sufficiente il richiamo al criterio di adeguatezza della pena, nel quale sono impliciti gli elementi di cui all’art. 133 cod. pen. Per converso, quanto più il giudice intenda discostarsi dal minimo edittale, tanto più ha il dovere di dare ragione del corretto esercizio del proprio potere discrezionale, indicando specificamente, fra i criteri oggettivi e soggettivi enunciati dall’art. 133 c.p., quelli ritenuti rilevanti ai fini di tale giudizio. L’art. 58 della legge n. 689/1981 conferisce al giudice un potere di sostituzione della pena detentiva, potere che va esercitato nell’osservanza dei criteri indicati nell’art. 133. Verificata in senso positivo tale possibilità, dovrà «tra le pene sostitutive scegliere quella più idonea al reinserimento sociale del condannato».La Cassazione ha precisato che l’obbligo di non oltrepassare i limiti stabiliti per ciascuna specie di pena, impone che tali limiti non possano essere superati neanche per effetto dell’applicazione della diminuente derivante dalla scelta della pena patteggiata, avente natura conforme alle attenuanti. 10. Il potere discrezionale del giudice e la pena da irrogare? 10. L’art. 132c.p.disciplina il potere discrezionale del giudice nell’applicazione della pena. In virtù di ciò nei limiti fissati dalla legge, il giudice applica la pena discrezionalmente; esso deve indicare i motivi che giustificano l’uso di tale potere discrezionale e nell’aumento o nella diminuzione della pena non si possono oltrepassare i limiti stabiliti per ciascuna specie di pena, salvi i casi espressamente determinati dalla legge. 11. Cosa è la capacità a delinquere? 11. La capacità a delinquere è la disposizione o inclinazione dell'individuo a commettere fatti contrari alla legge penale. Essa serve a calcolare la responsabilità e dunque la pena da applicare per il reato commesso. La capacità a delinquere deve essere accertata: ai sensi dell'art. 133 comma 2 del c.p, e va desunta da una serie di elementi, dei quali taluni si riferiscono al reato commesso ed altri ne prescindono. Tali elementi sono: 1.i motivi a delinquere: il motivo è la causa psichica della condotta umana, ossia l'impulso, l'istinto, o il sentimento che ha spinto l'individuo ad agire. La capacità a delinquere dipende: • dalla natura dei motivi: che si distinguono in sociali ed antisociali, a seconda che conducono ad azioni che favoriscono od ostacolano la cooperazione e il benessere della società;

dall'intensità dei motivi: che possono essere fugaci, in quanto dettati da una situazione ambientale momentanea, oppure espressivi di una tendenza costante dell'individuo. 2.il carattere del reo: analizzare le componenti della sua personalità. 3.i precedenti del reo e in genere la sua vita antefatta: tutti i precedenti giudiziari del reo, le condanne penali riportate, i fatti criminosi amnistiati, le assoluzioni per prescrizione. 4.il comportamento contemporaneo e successivo al reato, per esempio l'aver commesso il delitto con indifferenza o cinismo. 5.l'ambiente: comprendere tutte le condizioni economiche, sociali, culturali e morali nel quale egli vive. •

12. Quali sono le pene detentive? 12. Con il termine pena detentiva si fa riferimento ad una pena che consiste nella privazione della libertà personale del condannato, protratta per un periodo di tempo determinato, l’intera vita o a tempo indeterminato, quando la fine è stabilita durante l’esecuzione, in base al comportamento del condannato. Il Codice penale italiano vigente prevede tre diverse pene detentive: - L’arresto, che consiste nella privazione della libertà personale per un periodo determinato di tempo inflitta a chi ha commesso una contravvenzione. L’ arresto, in diritto, indica un atto con il quale si priva una persona della sua libertà, al fine di prevenire la ulteriore commissioni di crimini, tutelare lo sviluppo delle indagini, prevenire che la persona possa fuggire sottraendosi alla giustizia o assicurare l’esecuzione della pena inflitta a carico di una persona condannata. - La reclusione, è la pena prevista dall’articolo 23 del codice penale italiano, e consiste nella limitazione della libertà personale, che deve essere eseguita in carcere o in un altro istituto a questo espressamente deputato in regime di detenzione, quando una sentenza di condanna a pena detentiva per un delitto sia passata in giudicato e non sia...


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