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Course Bibliografia
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riassunto La Bibliografia -Luigi BalsamoBiblioteconomìa Università degli Studi di Milano 45 pag.Document shared on docsityLa Bibliografia – storia di una tradizioneCAPITOLO 1 – La Bibliografia Ieri e Oggi1. Il concetto elementare e più diffuso di bibliografia la identifica con la compilazione e l’us...


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riassunto La Bibliografia Luigi Balsamo Biblioteconomìa Università degli Studi di Milano 45 pag.

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La Bibliografia – storia di una tradizione CAPITOLO 1 – La Bibliografia Ieri e Oggi 1. Il concetto elementare e più diffuso di bibliografia la identifica con la compilazione e l’uso di elenchi di libri realizzati secondo criteri variabili, a scopo di informazione e di studio di livello superiore a quello medio. Le definizioni fornite dai manuali o dai dizionari sono puramente tecniche, le definizioni infatti riguardano il suo impiego immediato, ma ne trascurano completamente lo spessore storico. Se invece consideriamo la bibliografia come uno dei settori del sistema di comunicazione sociale ci troviamo ad affrontare l’argomento da un altro punto di vista, inquadrando così il concetto di bibliografia anche nelle sue coordinate spazio-temporali (la sua storia nello spazio e nel tempo). Con questo tipo di approccio muteranno anche i nostri interrogativi, non ci chiederemo più solo cos’è la bibliografia, ma anche cos’è stata prima di oggi, ovvero quali funzioni abbia svolto nelle varie epoche e nei diversi paesi. Non ci accontenteremo di indagarne gli aspetti tecnici, il come sia stata realizzata, ma cercheremo di individuarne le mo tivazioni, ovvero il perché e il quando essa abbia avuto origine e chi abbia sentito il bisogno di questa particolare forma di comunicazione a dimensione collettiva invece che privata. Dal punto di vista storico la BIBLIOGRAFIA rivela una precisa funzione istituzionale, svolta all’interno del sistema di diffusione della cultura. Essa infatti è collegata all’universo librario nel quale ha assunto un ruolo di MEDIAZIONE fra la produzione libraria e il pubblico potenziale dei lettori. Tale funzione mediatrice è molto articolata, può riguardare tanto l’area degli studi come quella più generale del commercio librario. Ciò che interessa in maniera prioritaria è dedicare attenzione al momento progettuale, così da poter individuare le motivazioni - ideologiche, culturali, economiche - che stanno alla base della costruzione degli strumenti bibliografici. Queste motivazioni ci permetteranno di valutare meglio le modalità tecniche di costruzione e funzionamento e anche di verificarne l’efficacia. L’indagine richiede quindi di essere estesa al pubblico. La bibliografia è uno strumento o veicolo di informazione, ma questa si realizza solo attraverso un’effettiva fruizione da parte del des tinatario, quando egli la riceve e la interpreta. Esempio significa tivo è quello dell’Indice dei Libri Proibiti della Chiesa Romana del Cinquecento, la sua funzione istituzionale è nega tiva, nel senso che tale repertorio bibliografico aveva lo scopo di impedire la circolazione di determina ti libri, al contrario della Bibliotheca Selecta di Possevino avente la funzione normale di mediazione in posi tivo, intesa cioè a far conoscere determinati libri e agevolarne la diffusione. Ma anche questo secondo repertorio potrà essere correttamente valutato nelle sue finalità e nelle sue modalità tecniche solo se inserito nel quadro storico-culturale dell’epoca dominato dalla Bibliotheca Universalis di Konrad Gesner. In tutti questi casi la bibliografia appare connessa alla formazione di biblioteche di istituto aperte al pubblico. La bibliografia ebbe per protagonisti anche i librai. In questo caso il termine venne ad indicare, oltre che “conoscenza dei libri” anche “tecnica di descrizione dei libri”, in particolare quelli rari: emergono gli aspetti economici, non disgiunti da quelli culturali, che richiamano l’attenzione sulle vicende del commercio librario e sulla formazione di biblioteche private. Le vicende della bibliografia, quindi, costituiscono un settore non secondario della storia del libro. La bibliografia ha il compito di coordinare e mettere a frutto il sapere in una determinata maniera, facendo conoscere i libri e promuovendone la diffusione; di conseguenza risulta una componente importante della storia della cultura. 2. Il termine bibliografia fece la sua comparsa nel mondo moderno, intorno al 1630 e il suo uso come titolo formale di repertori o elenchi di libri si generalizzò solo nel corso dell’Ottocento. Questo però ha comportato delle incertezze circa la determinazione esa tta dei confini cronologici e formali da assegnare alla tradizionale bibliografia, cui di recente si è affiancata la documentazione. Sappiamo però che la stabilizzazione di un lemma è successiva all’affermarsi dell’oggetto o della funzione che si vuole indicare. Per questo la storia della

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2 bibliografia non può essere limitata alla storia dell’uso che è stato fatto di questo termine lessicale e neppure ai repertori che da esso hanno preso il nome. Non appare corretto neanche collegare la nascita della bibliografia con l’apparizione della stampa tipografica, in quanto l’esigenza di informazione relativa alla produzione letteraria fu sentita e soddisfatta in forma scritta anche prima. Ma va osservato comunque che il procedimento tipografico abbia provocato mutamenti strutturali di notevole portata. Questa rivoluzione tecnologica dell’età moderna ebbe effetti sconvolgenti sul piano culturale, poiché l’uomo venne a disporre di strumenti nuovi che accrebbero la capacità di documentazione e d’informazione scritta potenziandone l’efficacia. Va osservato come la rivoluzione tecnologica dell’età moderna ebbe forti ripercussioni sul piano culturale, poiché l’uomo ottenne strumenti che vennero ad accrescere la capacità di informazione e documentazione scritta, rendendola anche più efficace. Inoltre anche la rivoluzione industriale ha influenzato profondamente i meccanismi del sistema di informazione bibliografica, in seguito al presentarsi di nuove esigenze relative ai settori della ricerca scientifica. L’ultima fase di questa evoluzione, quella elettronica, ha causato modifiche talmente profonde da far sembrare interrotta una tradizione di così lunga durata, mentre in realtà sono cambiati solo gli strumenti e le modalità di memorizzazione, elaborazione e recupero dell’informazione. È innegabile che in questa evoluzione il libro abbia perso la sua centralità rispetto al passato. Nella società contemporanea, inoltre, è diventato inadeguato sia il sistema di raccolta e di conservazione della documentazione imperniato sulla biblioteca tradizionale sia il sistema di informazione di tipo bibliografico 3. Prima di chiamarsi bibliografia il repertorio ebbe altri nomi fra cui quello metaforico di bibliotheca che prevalse per circa tre secoli. Esso indica la stretta connessione esistente tra i due momenti di raccolta della documentazione e di organizzazione dell’informazione. Verso la metà del Seicento fece la sua apparizione il nuovo termine e venne impiegato per contraddistinguere i primi tentativi di un nuovo tipo d’informazione: quella collegata alla produzione editoriale corrente, ossia contemporanea (Bibliographia parisina e gallica di Jacob). Questa funzione venne presto assunta dai giornali letterari in modo più efficace: si precisò la necessità di un maggiore aggiornamento sui risultati degli studi contemporanei accanto alla raccolta di informazione storica sul passato. La notitia bibliothecaria, fornita da repertori e cataloghi, costituì la base per l’elaborazione dottrinaria delle varie discipline, e fino al XVIII secolo l’historia litteraria stentò a differenziarsi. 4. Questa duplice funzione legata sia al passato che al presente ha caratterizzato lo sviluppo della bibliografia (anche se in seguito è andata prevalendo l’istanza dell’aggiornamento, ossia dell’informazione corrente). La bibliografia entra in crisi nel Novecento, sia per la difficoltà di controllo di una produzione in crescita esponenziale, come anche per l’affacciarsi di supporti diversi dal libro e dal giornale-rivista. Ciò non toglie che la bibliografia, soprattutto quella di alto livello specialistico, continui ad as solvere un ruolo insostituibile, accanto ad altre forme – index, abstract - pur nate al suo interno, ma oggi in notevole espansione grazie alla maggior compatibilità che esse presentano con la nuova strumentazione elettronica. La bibliografia è un meccanismo particolare della memoria secondaria di informazioni, così come le biblioteche e gli archivi costituiscono sezioni particolari della memoria documentaria. L’evoluzione tecnologica ha fatto emergere in entrambi i settori limiti funzionali.

CAPITOLO 2 -Informazione e circolazione libraria nel Medioevo 1. La diffusione del libro assume forme e modi che variano nel tempo in rapporto alle caratteris tiche del mercato. Tali caratteristiche risultano condizionate non solo dai sistemi di comunicazione sociale del tempo, ma anche dalle tecniche di produzione e dalle cara tteristiche degli stessi materiali scrittori, ovvero il supporto materiale usato per la registrazione grafica.

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3 Nel mondo antico, quando il libro era un rotolo papiraceo, la diffusione veniva curata dall’editore e dal libraio, che sembra coesistessero nella stessa persona. Cicerone affida a Pomponio Att ico, editore-libraio, la propaganda e la vendita delle sue opere; fuori dalle tabernae venivano esposti avvisi, e a volte anche gli autori collaboravano a far conoscere le proprie opere. Esisteva infatti un’informazione tanto orale che scritta diretta al pubblico dei potenziali acquirenti da parte degli editori-venditori, magari rafforzata dall’intervento dell’autore stesso (Marziale, ad esempio, per pubblicizzare i suoi Epigrammi ebbe la premura di dare l’indirizzo del proprio libraio, inoltre molti autori collaboravano con gli editori per far conoscere le proprie opere, per esempio con letture pubbliche se si tra ttava di componimenti poetici). In genere vengono indicati come primi esempi di bibliografie quella del medico Galeno (II sec.), De propriis libris liber, scritto per presentare, accuratamente classificate, le sue opere autentiche e per denunciare quelle a lui falsamente attribuite, in difesa della propria dignità scientifica; quella di San Gerolamo (De illustribus viris – IV secolo); la Notitia de seipso et de libris suis di Beda (VIII secolo), per fini apologetici o di propaganda. Nessuno dei casi citati quindi aveva scopo commerciale. Ci troviamo di fronte a elenchi di opere redatti per un’informazione a fini culturali, seppur con motivazioni diverse. Nell’Alto Medioevo il mondo del libro appare completamente mutato in coincidenza dello sconvolgimento politico-culturale che accompagnò la fine del mondo romano e la contemporanea costruzione della cristianità: scomparvero del tutto le tradizionali officine librarie, la produzione del libro-codice diventò opera esclusiva degli scriptoria vescovili e monastici. Era una produzione che oggi diremmo a ciclo di produzione integrato, il monastero era infatti capace di provvedere autonomamente a tutte le fasi del ciclo: dalla produzione del materiale scrittorio, all’esecuzione del lavoro di scrittura e rilegatura, alla raccolta e all’organizzazione dei libri nella biblioteca e al loro uso quotidiano. Di conseguenza era venuto a cessare anche il commercio librario, che riprese lentamente e in forme nuove solo con il sorgere degli scriptoria laici. Già nel Duecento qualche monastero dovette ricorrere alle prestazioni di copis ta esterni alla comunità. Si ebbero poi organizzazioni corporative che eseguivano lavori di scrittura e miniatura su ordinazione (non c’erano ancora le condizioni di ripresa del commercio attraverso le botteghe librarie). 2. Esempio di come si dovessero ricercare i libri per costruire una biblioteca vescovile nel Trecento ci è fornito da Richard DE BURY (1287-1345), vescovo di Durham. Ambasciatore a Parigi, ad Avignone ed in altre capitali, ebbe modo di acquistare libri di raccolte sia private sia di comunità religiose che visitò di persona, ma anche quando stava in Inghilterra riusciva ad avere notizie circa la disponibilità di libri e provvedeva ad assicurarseli pagandoli in anticipo. I libri venivano ricopiati da esemplari deteriorati, sottratti alla distruzione ad opera di antiquari, copisti, rilegatori e miniatori che gravitavano intorno al vescovo, mentre a collazionare, correggere e a commentare i testi provvedevano dotti frati minori e domenicani. Questo vescovo si avvaleva di una rete di informatori, di un complesso di abili artigiani per la riproduzione e la decorazione libraria, nonché di un gruppo di esperti, sul piano culturale e dottrinario, per la valorizzazione dei testi. I domenicani figuravano fra gli informatori più solleciti. Alla riscoperta e al rilancio di libri caduti in oblio si affiancava la ricerca di nuovi testi: i libri erano visti come delle armi di cui dotare la Chiesa nella lotta contro pagani ed eretici. l vescovo inglese incontrò anche un suo illustre contemporaneo: Francesco Petrarca. I due si incontrarono ad Avignone intorno al 1333 ed ebbero sicuramente molti argomenti di cui parlare, anche perché condividevano lo stesso sfrenato e intenso desiderio di libri. Il Petrarca era però ancora agli inizi della sua impresa, mentre il De Bury aveva messo già insieme una delle più ricche raccolte di libri. Petrarca con la collaborazione di amici sparsi nelle varie parti d’Europa, cercava di emulare il vescovo, anche lui però riuscì con il tempo a disporre di una rete di informatori, di comunicazioni epistolari ed orali private, a causa dell’assenza di un regolare commercio librario, questo perché non esiste una sufficiente offerta di prodotti. La produzione del libro è infatti legata a richieste individuali, viene quindi eseguita su ordinazione (in questo contesto è naturale che manchino le motivazioni per l’informazione al pubblico).

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4 3. L’esperienza dei due appassionati raccoglitori del Trecento porta a riflettere sull’articolazione di quella che viene chiamata genericamente informazione bibliografica. Le fasi che risaltano dalle lettere a Giovanni Anchiseo sono due: la prima è la raccolta di notizie sull’esistenza di determinate opere, scritte da determinati autori, che lo studioso ricava dalla lettura di altri tes ti letterari a ttraverso semplici riferimenti, o citazioni, in essi contenuti. Si tra tta quindi di una conoscenza indiretta, una NOTITIA REI LITTERARIAE, che costituisce la forma più comune di informazione essenziale, dovuta a rilevazione personale, soggettiva e per lo più casuale (può elencare tutte le opere scritte da un singolo autore oppure informare sull’esistenza di determinati testi senza porsi il problema pratico della loro reperibilità). Quella che invece il Petrarca chiede in un secondo tempo ai suoi informatori è la notizia dell’individuazione e della disponibilità di esemplari di determinate opere (NOTITIA LIBRORUM): chiede agli amici di individuare l’ubicazione dei libri da lui elencati al fine di procuragliene una copia. Nei casi come questo possiamo quindi parlare più di informazione libraria, che di informazione bibliografica, quella che oggi viene fornita dal libraio all’acquirente o dal catalogo di una biblioteca al lettore. Oggi i lettori e gli acquirenti per ottenere tali informazioni dispongono di strumenti diversi, facilmente a portata di mano, che consentono di poter fare a meno della comunicazione orale ed epistolare, le quali erano per gli studiosi medievali le uniche vie a ttraverso cui reperire i libri desidera ti. Per tutto quello che riguarda il libro prevalgono nel Medioevo forme organizza tive tipicamente artigianali, fondate su iniziative, a ttività e rapporti individuali. Come ogni manoscritto era un pezzo unico, e ogni studioso doveva risolvere individualmente i propri problemi sia di informazione che di reperimento. Questo valeva per i laici soprattutto, mentre la situazione era facilitata nell’ambiente ecclesiastico, specialmente all’interno degli ordini religiosi. L’estensione internazionale di questi ordini faceva sì che all’interno dello stesso ordine risultassero collegati in un’ampia organizzazione articolata che promuoveva rapporti di scambio fra i più importanti di tali centri culturali. I nomi di S. Gallo, Bobbio, Montecassino, Pomposa, rievocano biblioteche e centri scrittori fra i più famosi, che cos tituivano anche punti di irradiazione: non solo i monaci provvedevano alle proprie esigenze culturali scrivendo i libri che poi confluivano nella biblioteca comunitaria, ma li prestavano e li scambiavano per trarne copia. Alcuni di loro viaggiavano e fondavano nuovi monasteri e portavano con sé i codici che passavano così da una biblioteca all’altra. Tracce di questi itinerari e di scambi possono essere rilevate con l’esame di alcuni documenti che forniscono informazioni riguardo le biblioteche. Uno di questi documenti (Registrum Angliae de libris doctorum et auctorum veterum) fu compilato nel Duecento forse dai francescani, forse a Oxford, e offre un’informazione preziosa sul patrimonio di quelle biblioteche, ma risulta anche un primo esempio isolato di catalogo collettivo: sotto il nome di ogni autore, infatti, troviamo elencate le rispettive opere disponibili, con l’indicazione delle biblioteche ove esse erano reperibili. Nella maggior parte dei casi però quelli che rimangono sono per lo più INVENTARI, ovvero liste compilate ai fini di accertamenti patrimoniali. Tali inventari, quindi, hanno una indispensabile funzione di controllo, forniscono essenzialmente una notitia librorum, e venuta meno la funzione originaria essi offrono allo studioso di oggi, che intenda trarne un’informazione bibliografica, dati molto spesso lacunosi, i quali richiedono di essere a ttentamente interpreta ti e integra ti se non proprio ricostruiti. Bisogna tenere presente, inoltre, che nel Medioevo i libri erano privi di frontespizio, l’opera molto spesso veniva indicata con il solo titolo, che non era esente da varianti: quindi elemento importante per l’identificazione dei testi, risultano gli incipit, ovvero si faceva riferimento alle prime parole con cui iniziava realmente un testo. Il valore documentario degli inventari è comunque notevole, grazie ad essi infatti conosciamo in massima parte la consistenza delle biblioteche private, ad esempio quella di Boccaccio. Va so ttolineato comunque che ques ti inventari avevano cara ttere patrimoniale, non erano cataloghi di biblioteca nel significato che noi oggi gli attribuiamo (la loro denominazione originaria oscilla tra registro, inventario, catalogo e index). Nel Basso Medioevo si registra però il sorgere di un mercato librario, che presenta connotazioni nuove rispetto al mondo antico. È infatti collegato al mondo dell’università, anche se si tratta ancora di un circuito particolare, per molti aspetti di un circuito interno alle libere comunità che costituivano l’università stessa:

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5 c’è mercato perché esiste in quell’ambito una progettazione editoriale, strettamente connessa all’insegnamento, il quale genera una precisa domanda. Gli studenti dovevano servirsi dei testi autentici delle lezioni e l’università, per garantire il controllo dei testi, diede vita ad un’organizzazione ufficiale che andava dalla produzione alla vendita. I testi autenticati venivano affidati a stationarii, i quali noleggiavano a prezzi stabiliti fascicoli separati del testo (SISTEMA DELLA PECIA), questi potevano così essere ricopiati contemporaneamente da diversi scribi che lavoravano sotto il controllo dell’università. Secondo il Regolamento dell’Università di Parigi i librai dovevano tenere appese delle tabelle, scritte in maniera chiara e leggibile, contenenti la lista degli esemplari disponibili con l’indicazione del relativo prezzo. Alle nuove forme di produzione libraria corrispondeva dunque un nuovo tipo di mercato , organizzato in modo da far fronte ad una domanda variabile senza troppo rischio per l’editore, mentre il libraio ricavava una percentuale fissata dall’università. La tabella esposta dai librai dava notizia dei libri disponibili, mentre la notitia rei...


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