Docsity riassunto le tracce nel labirinto leggere e far leggere la poesia contemporanea PDF

Title Docsity riassunto le tracce nel labirinto leggere e far leggere la poesia contemporanea
Author Gianna Lanzi Lepre
Course Linguistica italiana
Institution Libera Università Maria Santissima Assunta
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Riassunto Le tracce nel labirinto: leggere e far leggere la poesia contemporanea Letteratura Contemporanea Libera Università Maria Santissima Assunta (LUMSA) 9 pag.

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LE TRACCE NEL LABIRINTO – Giusi Verbaro Giusi Verbaro cerca di diffondere il messaggio espressivo, umano ed etico della poesia. Lei intuisce una nuova diffusa apertura alla poesia in un corpo sociale ferito dalla tecnologia e quindi bisognoso di parole ricche di senso. L’importanza della diffusione sociale della poesia. Quello che emerge dal libro è un’idea di poesia mai lineare, ma al contrario complessa, duplice e dialettica: da una parte la poesia è il genere della comunità e dello sguardo sul reale, dall’altra è l’alterità espressiva. Un poesia insieme scontrosa e altera ma anche aperta e disposta all’incontro e all’empatia con il lettore. La sua preziosità sociale, la capacità di aprire squarci nuovi del reale, ciò dipende proprio dalla forza del suo linguaggio, che non può mai essere impoverito a pura comunicazione. È proprio l’enigmaticità del testo a stimolare l’incontro con la pulsione del lettore, quel fertile gioco di interpretazioni in cui consiste l’esplorazione del labirinto poetico. Le tracce nel labirinto potrebbe trarre in inganno e far pensare a un formulario di istruzioni e invece proprio non lo è, anzi è collocato in un orizzonte di problemi aperti, di discussione, riflessione. Giusi Verbaro si interroga sulla relazione tra testo e lettore, tra poesia e società. il poeta ci appare come il personaggio che patisce una solitudine irreparabile e che offre al lettore di entrare nella magnificenza del suo labirinto per condividerne l’eccitazione e l’incanto.

Cap.1 educare al gusto della poesia 1. Il gioco normato Affrontare il tema della poesia, i cui orizzonti sfuggono perché perennemente mutevoli, si pone come tentativo di conoscerla. Conoscere la poesia per amarla o meglio amarla per tentare di conoscerla. Il poeta è un “fingitore”scrive Pessoa, ma attenzione non un mentitore. La finzione realizzata attraverso la poesia, è da tradurre come “illusione”; è l’attività del pensiero creativo attraverso le infinite possibilità del gioco. La poesia è l’attività linguistica del fingere e il fingere altro non è che gioco. Gioco di specchi, di rimandi, di ritorni. Il poeta crea questo mondo illusorio, finto, un mondo altro che gli appartiene e che carica di affettività ( così come il bambino carica di affettività il mondo fittizio del suo gioco). Il poeta si propone di dare un nuovo assetto alle cose del suo universo sensibile, creando con le parole supporti logici o illogici, condizioni e riferimenti più o meno aderenti al reale. Il suo gioco-finzione però non è del tutto libero nel momento in cui si concretizza in linguaggio poetico che ha le proprie regole e proprie norme. 2. La seduzione Porre poesia come gioco-normato ovvero atto linguistico della finzione sottoposto a norme è prioritario per accostare i giovani al suo linguaggio; è necessario far intuire che il rapporto con la poesia non può essere privo di difficoltà e di tensioni e che però questa stessa complessità porta ad arricchimento personale. Il buon lettore di poesia deve essere disposto alla seduzione prima ancora che alla comprensione, deve consapevolmente correre il rischio di un’avventura. È necessaria dunque una strategia seduttiva nel trovare aggancio con i lettori soprattutto i giovani, capace di creare un rapporto privilegiato e personale tra il testo poetico e chi legge, una forma di complicità. Il traguardo si toccherà quando si avvertirà la poesia come qualcosa di necessario. Si è già detto che la finzione del poeta non è menzogna, non è mai negazione del vero e del reale, anzi essa è una lettura particolare della realtà. Poesia come finzione come alterità, come fuga,evasione dagli scontati equilibri della quotidianità. Eppure la poesia è radicata al mondo e alle cose,quel mondo di

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cui essa è in grado di scoprire le piste misteriose e lontane, le ragioni più profonde e radicate nella storia; in questo senso possiamo dire che la poesia è sempre istanza sociale; lo è proprio nel suo gioco di illusione-finzione, che alla perfetta conoscenza della realtà permette di sovrapporre e sostituire altri possibili universi da costruire o da ricostruire con la parola. “nessuna descrizione non poetica della realtà potrà mai essere completa” Barrow; la lettura del mondo necessita della follia dei poeti ed è per questo che la poesia appartiene ai giovani. 3. la scrittura velleitaria e altri equivoci Dunque i giovani amano la poesia, ne avvertono il fascino e il suo mistero, ma spesso la cercano e la inseguono dove è impossibile trovarla ad esempio cercando di scrivere in versi. Il primo impegno sarà quindi quello di non cimentarsi in un impegno di scrittura poetica, se non sufficientemente sostenuti da bagaglio di conoscenze circa il linguaggio della poesia. Urge chiarire quanto sia importante leggere poesia anziché tentare di scriverla. Ovviamente vi è la difficoltà dei primi approcci di fronte ai quali non ci si deve arrendere perché la pista del labirinto delle parole e dei sensi va annusata e poi seguita passo per passo. In tal senso è importante ribadire la valenza sociale della poesia: è sempre più necessario che la società favorisca la diffusione di una cultura poetica riconoscendo il beneficio che offre la poesia alla società in quanto permette di sviluppare empatia, rispetto … 4. la canzone d’autore Sono ancora valide le osservazioni di Lorenzo Renzi nel suo libro “Come leggere la poesia” in cui rifletteva sul fenomeno di soddisfacimento del bisogno di poesia per via indiretta attraverso la canzone. La canzone d’autore è per l’autore una via di fuga dalla poesia soprattutto da parte dei giovani che sono alla ricerca di un linguaggio che racconti la vita e la rinnovi. Tali considerazioni andrebbero oggi riformulate tenendo in considerazione i nuovi generi musicali che si stanno affermando presso i giovani. Fino agli anni ’60 la canzone d’autore segue un filone inventivo, ricco e felice; il successo di questa a differenza di quello della poesia è enorme ricordiamo Vasco Rossi, De Gregori, Lucio Dalla ecc.. De Andrè soprattutto che possiamo definire cantautore-poeta, loro sono dei nuovi cantastorie capaci di creare un vero e proprio effetto poesia tra musica e parole. I cantautori italiani hanno occupato quell’ampia zona bianca che la sensibilità dei giovani sollecitava e che la poesia non ha saputo offrire. C’è grande affinità e comune ricchezza emotiva tra la canzone intesa come unità armonica di musica e parole e la poesia, ovvero quel genere di comunicazione in grado di raccontare le storie, di penetrare nella realtà e di renderla altra grazie alle sole parole. La canzone è altro dalla poesia, quest’ultima riesce da sola ad evocare armonie, musica e suono. La musica invece nelle canzoni ha l’effetto di cadenzare e fare risuonare le parole dei testi, il cui significato spesso si perde e si annulla soverchiato dal suono degli strumenti; i giochi ritmici e fonici delle parole della canzone non rappresentano, come avviene nella poesia, il significante che da significato al testo, ma solo un effetto rimato che si aggiunge alla musica. La poesia invece non ha bisogno di altra musica, in quanto contiene nel suo linguaggio e nelle sue regole la musica delle parole. ( ogni elemento anche minimo sembra esplicare tutto il suo valore espressivo). È sulle parole che deve incentrarsi l’attenzione e il silenzio di chi ne sillaba la sua musica interiore.

CAP.2 Come seguire le tracce nel labirinto 1. ricostruzione del testo

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Perché la tormentata ambiguità della poesia sia una felice conquista, ne vanno seguite “le tracce nel labirinto”. Il raffinato modo di comunicazione della poesia che non cede per pervenire genere di comunicazione di massa. Il problema dell’interpretazione di un testo di poesia, è complicato dal fatto che il ricevente ha codici, sottocodici e sistemi culturali totalmente diversi da quelli dell’emittente. Secondo questa teoria al lettore è richiesto un “impegno” nell’analizzare il testo. Il suo impadronirsene ricalca quasi la “ricreazione” di un prodotto che, se pur organizzato secondo precise regole ,sfugge ad ogni controllo. Si tratta di giochi mentali e formali che costringono il lettore ad una scoperta via via più approfondita. Nell’accostarsi ad un testo poetico così percepito, si parla di un vero e proprio lavoro. Ma perché il lettore possa recepire un mondo di suoni che acquistano armonia proprio dalle apparenti dissonanze, è necessario che egli sappia crearsi quello spazio di “silenzio interiore” in cui solo possono essere avvertite le vibrazioni della poesia. Vibrazioni non solo emotive, ma che in realtà hanno senso proprio come “suoni”, echi, che si aprono al fascino del non detto, del sospeso.

2. La messa in scena …e il reale Chi legge deve essere consapevole che in poesia l’azione del dire risiede proprio in ciò che non è detto in modo esplicito, in ciò che è sotteso e sospeso. Nella lettura e quindi nella decodificazione, bisogna tenere conto che la poesia è rappresentazione rievocativa capace di toccare non solo le soglie limitate della coscienza, ma anche quelle più profonde, risvegliando una coscienza collettiva e conoscenza. La poesia è sempre legata alle ragioni della vita più vere e più profonde; può apparire a volte lontana da ogni concretezza, lontana nel suo linguaggio “altro, nel suo approccio scontroso, eppure proprio laddove il discorso appare più stralunato e fantasioso, essa è sempre legata allo spessore delle cose che sono. 3. Il labirinto Il lettore deve quindi saper leggere; tanto più felice sarà da parte del lettore l’intuizione, tanto più intensa sarà la partecipazione, il piacere che nasce dalla soddisfazione di indovinare l’oggetto poetico a poco a poco. La poesia, quasi a negare ogni sua banalizzazione sembra quasi che complichi volutamente il suo rapporto con l’esterno; dunque come avvicinarsi con disponibilità ad un testo poetico? Quale stimolo offrire ? 4. angelo imprendibile Il dilemma è alla base della irrisolta questione del rapporto della poesia con l’editoria, il consumo e il mercato. Sicuramente alla base del distorto rapporto tra il testo poetico e il suo fruitore, sussiste il problema del modo e dell’uso nella lettura e nella fruizione di poesia. Va innanzi tutto evidenziata la sostanziale imprendibilità della poesia a causa della sua mutabilità continua. Nell’avvicinarsi ad un testo poetico è necessaria, la negazione da parte del lettore di ogni convenzione e automatico rigetto del banale, del consueto, dello scontato perché essa è mutabile, rivoluzionaria. La poesia viene definita quasi come un angelo imprendibile che demonizza il suo possesso e lo rende difficilmente raggiungibile. È necessario accostarsi al regime di scelta linguistica del poeta tenendo conto che l’aspetto formale non può prescindere dal contenuto. È decisivo stabilire che nella ricezione della parola poetica, non è permessa alcuna forma di dissipazione da parte del lettore né

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dell’attenzione né della disponibilità, la partecipazione deve essere totale! Disponibilità ad una comunicazione intensa, sottile e profonda. 5. Il linguaggio Il linguaggio è fatto di due sostanze , il “significante” ( il suono articolato) e i il “significato” (l’idea o la cosa descritta). Quella poetica è una comunicazione che niente ha in comune con la comunicazione quotidiana. Si tratta di avventura e partecipazione ad un mondo che pare posto su un piano di astrattezza ma che ha, al contrario, una sua necessità strutturale di segni e disegni sempre legati alla vita, alla realtà che abbiamo di fronte. In tale comunicazione, grande merito del lettore sta nell’inserirsi nel monologo mentale del poeta, al fine di cogliere la maggior parte delle infinite potenzialità del testo, andare oltre la punta dell’iceberg, intuire oltre ciò che nel testo appare. Può capitare quindi al lettore di leggere, più di quanto lo stesso poeta voglia dire o esporre. Al lettore non è chiesto altro che stare al gioco, prestarsi alle sue raffinate manifestazioni. Si tratta di partecipazione basata sull’emozione quanto sull’intelligenza. In realtà al poeta non preme altro che essere stanato, smascherato, per poi consegnarsi arreso, avendo offerto quasi tutte le chiavi dei suoi codici linguistici per aprirsi alla decifrazione del linguaggio. Al lettore è dato perciò cogliere la deviazione, aggirarla, risolverla. La buona lettura di poesia è pertanto un’operazione aperta soprattutto sulla convinzione che l’atto poetico è sì un fatto soggettivo, ma esso è da riferirsi ad una realtà che è aggregazione e confluenza di fatti personali e storici. Cosi come lettura è ricostruzione personale, dell’intuito del fruitore e della sua personale soggettività. Solo in tal mondo sarà possibile accostarsi alla poesia come a un battesimo della coscienza che non esclude mai il reale, pur nello stravolgimento apparente del mezzo espressivo.

CAP.3 La grammatica del testo poetico: la metrica e gli elementi fondamentali del verso 1. Poesia lingua di grazia Le forme metriche sono le tracce antiche ed essenziali di tutta la nostra tradizione poetica. I concetti di metro e ritmo esprimono due aspetti correlati tra loro nel discorso in versi. Il “metro” è la norma, la misura entro la quale il ritmo si realizza. Il “ritmo” è il disporsi nel verso di elementi riconoscibili e misurabili come le sillabe toniche e atone e l’ordine degli accenti metrici ovvero propri del verso. Sono elementi propri della poesia che ne definiscono la natura del genere. L’insieme di queste regole della poesia prende il nome di metrica. La metrica, non è solo la trama retorica dello scrivere in versi, ma può essere considerato come strumento aggiunto di conoscenza del mondo della scoperta della poesia, dei suoi ritmi e della sua misura. Tutto ciò rende armonica la lingua di grazia ovvero il linguaggio poetico. Può essere appresa questa lingua? Si, se si crede alla forza civile e sociale della poesia, l’educazione al gusto poetico è possibile e necessaria. È difficile scrivere poesia ma si può leggerla ed amarla. 2. Il metro La frase elementare della lingua poetica è il “verso”. È l’andare e il venire del verso che scandisce il discorso poetico, ma è il “metro” che da forma e misura al verso. Fondamentale è la relazione tra

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metrica e sintassi del verso: il modo in cui si articola in un testo la struttura sintattica rispetto alla struttura metrica non ha regole precise ed è sottoposto ad una libera scelta stilistica ed espressiva del poeta. La poesia moderna tende a non far coincidere con la fine di un verso una rima o una pausa sintattica, ma le sposta al verso successivo e ciò grazie all’enjambement (inarca tura, frattura). A tal proposito possiamo prendere come esempio le opere di Mario Luzi e Gatto. Va messo in evidenza come la poesia ha un suo ordine, ed è scandita nella numerazione. Sillabe, versi e strofe sono contrassegnati da numeri. Nella nostra poesia, il verso si determina sul numero delle sillabe e sul ritmo. Il canone metrico, non di rado, fa uso di particolari figure metriche atte ad una perfetta misura del verso: -

La sinalefe, che fonde in un’unica sillaba due vocali alla fine e all’inizio di due diverse parole; La dialefe, che distingue e divide due vocali che si incontrano alla fine e all’inizio di due parole congiunte; La dieresi, segna l’incontro di due vocali all’interno di una stessa parola; La sinafia, tende a fondere un verso con il successivo. (figura pasco liana come incrinatura del verso, un primo accenno di Pascoli al verso libero).

3. Il verso Nella poesia italiana frequenti sono gli “imparisillabi”ovvero versi caratterizzati da un numero dispari di sillabe, tra questi i settenari (versi di 6,7 o 8 sillabe con ictus primario sulla sesta), endecasillabi ( verso più lungo della poesia italiana, dopo la cui misura si accede ai versi doppi può essere composta da10,11,12 sillabe, con ictus sulla decima), quinari, trisillabi. L’endecasillabo attraversa con fortuna tutto il Novecento, a volte reso sordo, mascherato dalla prosa a volte allungato con aggiunta di una sillaba da parte di Pascoli e Montale, e pure sempre onnipresente, è un verso molto adattabile. In qualsiasi caso è il “ritmo” però a dare alla poesia scansioni e respiro, attraverso il ritmo si sente che la poesia è vita, armonia ed equilibrio dell’esistere. Alle origini medievali e provenzali, ancora la nostra poesia è canto; poi, successivamente, la parola si divincola dalla musica e acquisterà un ritmo suo slegato dalla musica, un suo personale respiro. Nella poesia italiana, gli accenti metrici del verso, non si identificano necessariamente con quelli tonici della parola; gli accenti hanno un luogo fisso, determinano il ritmo del verso, ne scandiscono il suono, danno al verso agilità, bellezza e armonia. Non va dimenticata la rima. Tra le forme metriche principale del nostro Novecento, non possiamo non fare cenno al “sonetto” fondato da Jacopo da Lentini ( 14 versi scanditi 4+4+3+3), di stampo petrarchesco e cinquecentesco e che attraversa la poesia italiana attraverso Alfieri fino a Ugo Foscolo e Carducci e D’Annunzio. Pascoli invece usa di rado il sonetto e ne modifica la struttura. Deciso è stato il rifiuto del sonetto da parte dei poeti ermetici, anche se alla conclusione del millennio vari poeti tornano al sonetto come Raboni Giovanni. Accanto a questo gode di diffusione nel 900 la “canzone”; mentre la sestina, la ballata e il madrigale incontrano scarso sviluppo. Luzi e Montale utilizzano molto la canzone (5 strofe dette stanze). Tra le strofe italiane va ricordata la terzina (formata da 3 endecasillabi incatenati nei versi, la prima del verso centrale sarà ripresa in apertura e chiusura della terzina successiva) molto utilizzata da Dante e Boccaccio e poi recuperata da Pascoli e da Pasolini.

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L’ottava invece detta spesso stanza è il metro classico della poesia narrativa. Strofa di 8 endecasillabi, usata nella poesia cavalleresca. La usano invece Leopardi e Pascoli in forma parodica, è legata alla cavalleria, quindi poco frequente nel 900. 4. Verso libero Ma è il verso libero ad imperare nella poesia. Un verso a volte molto lungo a volte molto breve, spesso senza separazione strofica tra verso e verso. Qui il verso perde le sue leggi, la rima perde le sue caratteristiche. Nonostante questo il verso libero, finirà proprio per esaltare al scansione ritmica: perse le stampelle di strutture predefinite, è alla musica e al ritmo che esso si affida per esprimere la forza della parola poetica. Sono Pascoli e D’Annunzio ad utilizzarlo per primi nel 900.

CAP. IV Percorsi e rituali della poesia: la realtà nel corpo del linguaggio 1. Gli equivoci Poiché il rapporto con la poesia diventi un legame di emozione e di intesa , una scoperta e una promessa, è necessario sgomberare il campo da quelli che sono gli equivoci più diffusi e ingombranti. Negli ultimi decenni si è fatta numerosa la produzione in Italia di testi poetici che si negano ad ogni condizione di letterarietà. Nati forse da un’autentica necessità di raccontare, ma privi di riferimenti culturali. Ciò è dovuto all’equivoco del dire che la poesia sia il mezzo più diretto per “dire” ,che alla sua scrittura si possa accedere spontaneamente senza alcuna mediazione di linguaggio. In realtà l’apparato della poesia è estremamente complesso. La poesia si nega alla banalità, vuole attorno a sé mistero e pudore, decoro e decenza. Si parla del filone della “poesia delle cose”, che attraversa buona parte della poesia del Novecento; la questione riguarda il modo in cui ogni poeta costruisce un suo discorso lirico con ma...


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