Erec et enide PDF

Title Erec et enide
Course Filologia Romanza
Institution Università degli Studi di Cassino e del Lazio Meridionale
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Erec et enide...


Description

EREC ET ENIDE È il primo dei romanzi arturiani di Chretién. Quella che abbiamo nel folder è la prima edizione critica di questo romanzo. C’è una dedica ad Arturo Graf, un personaggio importante nella storia della filologia romanza, a cui Foerster dedica la sua edizione di Erec et Enide. Edizione che data 1909, primo decennio del ‘900 quando Chretién inizia ad essere pubblicato in edizione critica secondo un approccio critico lacmaniano. Foerster si preoccupa di costruire tutti i rapporti tra le famiglie dei testimoni secondo un modello che è quello che abbiamo provato ad enucleare parlando del concetto di errore. Molte delle valutazioni che lui fa sono valide ancora oggi, anche se lo studio di Miscian ha spostato parecchio in avanti le conoscenze sull’argomento. Miscian nel ’66 fa uno studio in cui rivede i rapporti stimmatici nella tradizione dei manoscritti di Chretién in maniera analitica. Oggi si usano i suoi studi per lavorare sulla tradizione di Chretién de Troyes, ancorché quello di Miscian sia basato sulla presenza di lacune che è un problema sfuggente dal punto di vista critico. È giusto iniziare dalla parte introduttiva del romanzo perché permette di estrapolare tutta una serie di aspetti inerenti all’opera dall’angolazione dell’autore, confrontandosi col prologo. Il prologo di Erec et Enide è piuttosto interessante per il fatto che chiama in causa un’espressione particolarmente significativa: la parola “CONGIUNTURE”, ponendo un po’ il tema, già trattato con gli altri romanzi, del rapporto tra il romanzo e le sue fonti, il rapporto tra il romanzo e la storia, tra il romanzo è la dimensione tradizionale di queste storie; in poche parole il rapporto che il romanzo intrattiene con tutto ciò che lo precede. Il romanzo di Erec et Enide, tra i romanzi di Chretién, è uno dei più antichi tant’è che nel prologo di Cligès lo cita proprio come la sua prima opera. Non si può essere sicuri che quella menzione introduttiva abbia niente a che fare col fatto che Erec et Enide sia stato composto prima delle traduzioni ovidiane, ad esempio. Però sicuramente è stato composto prima di Cligès, Chevalier Au Lion, Chevalier A La Chavette e Conte du Graal. È probabilmente il più antico romanzo arturiano di Chretién, almeno tra quelli che sono sopravvissuti, nel senso che il romanzo di Marco e Isotta non si sa quando è stato composto e quale fosse la sua consistenza dal momento che non è sopravvissuto. Il romanzo di Erec et Enide di Chretién è un romanzo molto interessante da tantissimi punti di vista. Ci sono tutta una serie di agganci con Chevalier Au Lion, il quale in un certo senso si pone come una forma di antitesi rispetto alla concezione generale di Erec et Enide (romanzo che parla di un eroe che si sposa e viene accusato di scarsa presenza ai suoi doveri cavallereschi); mentre, invece, per Ivano il problema che si viene a porre nel racconto che Chretién ne fa è esattamente il contrario, cioè lui pur sposandosi si dedica esclusivamente ai suoi doveri cavallereschi, cosa che gli causerà svantaggi di varia natura.

È interessante la lettura in parallelo per il fatto che avevamo già isolato un altro tipo di parallelo all’interno dell’opera di Chretién de Troyes, cioè il parallelo tra il Romanzo di Cligès e il Romanzo di Tristano. È vero che il Tristano di Chretién non lo abbiamo, però difficilmente la storia di Tristano raccontata da Chretién poteva essere diversa da quella che si conosce dalle altre opere che la raccontano., sicuramente era diverso il suo approccio. Però questo procedere per tesi-antitesi, affrontando i problemi da varie angolazioni ed edificando un profilo tematico per ogni romanzo molto specifico, ma relazionato a quello di un’altra opera che lo precede , è un po’ una caratteristica di Chretién che sembrerebbe voler affrontare il rapporto tra cavalleria, amore e matrimonio da tutte le angolazioni possibili, calcolando tutte le possibili forme di incastro esemplare, scegliendo un po’ tutte le declinazioni del tema e ogni declinazione corrisponde alle storie di uno di questi cavalieri che diventa poi la figura esemplare di quel tema per come è declinato. Il romanzo di Erec et Enide è molto interessante perché c’è proprio una costruzione che conduce l’eroe a doversi confrontare con se stesso nella scena che caratterizza poi il finale del romanzo. L’idea del confronto con se stesso è un tema avventuroso fondamentale che noi lettori conosciamo come scontato all’interno del romanzo e lo conosciamo come scontato in qualunque storia avvincente, nel senso che anche nei film o serie tv che vediamo il confronto tra il protagonista e se stesso è inevitabilmente il tema forte che c’è dietro la storia, al punto che gli altri personaggi sono un po’ funzione di questo percorso di confronto del protagonista con se stesso. Tipicamente questo confronto è caratterizzato da una forma di ignoranza della proprio vera natura, il protagonista quindi deve scoprire se stesso attraverso la storia che il romanzo racconta, e questo processo di scoperta di se stesso conduce a una forma di empatia da parte del pubblico perché conoscendo se stesso il personaggio fa in modo che anche lo spettatore, il lettore o l’ascoltatore stia nella posizione di poter fare la stessa cosa, cioè di rispecchiarsi in un modo molto simile a quello che Thomas dice nella parte conclusiva del suo romanzo, cioè in maniera esemplare dentro la storia e la vicenda. E il motivo di principale interesse delle storie che leggiamo o vediamo è il fatto che questo percorso di auto conoscenza del protagonista tramite la storia che gli dipana attorno, è un processo che avvince e costringe i lettori, spettatori, ascoltatori a riflettere su se stessi. È questo il tipo di gioco che c’è dietro ogni narrazione mimetica che voglia coinvolgere un pubblico. Questo gioco porta il protagonista a confrontarsi con tutti gli aspetti del problema che lui si è trovato a dover affrontare, cioè il fatto che è innamorato perso di Enide che diventa sua moglie e dimentica il fatto che ha delle responsabilità cavalleresche. Questo è un tema fondamentale perché la grandezza dei romanzi di Chretién anche rispetto ai romanzi di Tristano e anche probabilmente rispetto al suo stesso romanzo di Tristano che non siamo in grado di apprezzare, è proprio legata al fatto che Chretién cerca di trovare una sintesi al conflitto, perché di questo si tratta, tra il potere che Amore esercita sull’innamorato e il potere costituito che invece

caratterizza la sua esistenza nel mondo sociale, cioè il potere feudale, che comprende tutte le altre norme di diritto che lo corredano e che hanno valore di legge. La storia di Tristano e Isotta è una storia che parla di come l’amore ti consuma e ti porta ad abbandonare ogni tipo di osservanza rispetto alle regole della vita civile e quindi alle leggi feudali e agli stessi obblighi cavallereschi o nuziali, cioè quegli obblighi che vengono contratti sulla base di un diritto che è chiarissimo da un punto di vista giuridico. Si crea una forma di rottura dell’equilibrio tra la forza che viene amministrata da Amore su quelli che Chretién chiama “fedeli”, che sono un po’ anche i garanti del suo diritto, e le norme che presiedono alla vita civile degli umani indipendentemente dal fatto di essere innamorati o meno. Chretién mette in scena tutte le difficoltà che ci si possono presentare nel momento in cui si vuole contemperare l’innamoramento all’interno di un sistema di norme che è quello del diritto feudale. Lo fa partendo dall’assunzione integralista ovidiana che Amore sia il potere più forte al mondo, non c’è nessun potere che possa limitare gli effetti di Amore, che fa dell’innamorato quello che vuole e l’innamorato, se è davvero tale, non può che ottemperare alle norme del diritto amoroso, in caso contrario vuol dire che non è davvero innamorato e cade in quella casistica di coloro che fanno finta e riducono amore a favole e menzogna, anche se non essendo innamorato non si è soggetti alle leggi di Amore. Questo è il principio che regola il tentativo di contemperare Amore dentro una prospettiva feudale cortese, che è un po’ l’elemento sostanziale, perché Amore non conosce confini, limiti e poteri che possano contrapporsi e mettere in discussione la sua autorità sugli innamorati. Esistono, però, tutta una serie di accorgimenti grazie ai quali l’innamorato può mantenere la sua dimensione di invasamento amoroso dentro dei confini che rendono possibile la gestione di questo sentimento in maniera tale da non mettere in discussione la legge corrente, cioè il diritto feudale o i vari usi consuetudinari che ancora invalgono. Lo strumento principale che può funzionare da contenimento è il matrimonio che se è basato sull’amore risolve il problema che si viene a determinare come un conflitto nel caso in cui Amore sia estraneo al matrimonio. La strategia del marriage plot che caratterizza il romanzo è un tentativo di contemperare il potere che Amore esercita sugli innamorati con gli istituti della società feudale Più volte è capitato di osservare che questa forma di proiezione matrimoniale del sentimento amoroso è in linea con la direzione dell’emancipazione del cavaliere dalla sua condizione di minorità, nel senso che il cavaliere è un nobile senza feudo e nel momento in cui si sposa lo ottiene. Il matrimonio è un po’ l’happy ending che risolve tutte le forme di complicazione che si vengino a determinare nel momento in cui Amore può impazzare libero fuori da ogni norma o istituto giuridico. Con il romanzo di Cligès abbiamo visto, leggendo dei passi relativi alla contrapposizione rispetto al discorso che probabilmente anche Chretién costruisce nel suo Tristano ma che sicuramente Beroule e Thomas elaborano nel loro Tristano, che Fenice dichiara di non voler dividere il suo corpo tra il marito e l’amante del

quale è innamorata, vuole mantenere una forma di integralità della sua persona in relazione al sentimento che prova e quindi trova uno stratagemma per evitare di andare a letto con il marito comportandosi in una maniera che non ottempera agli obblighi del vincolo matrimoniale, ma (punto sul quale il prof voleva tornare dopo il ragionamento relativo al passo di Cligès relativo alla preparazione del filtro che viene dato tutte le sere al marito di Fenice affinché creda e immagini di amoreggiare con la moglie) ora è più chiaro il motivo per cui quella strategia ideata in Cligès in realtà ha una sua giustizia, risponde a un ideale di giustizia. La giustizia non è in quel caso quella del diritto feudale, perché se un uomo sposa una donna può fare quel che vuole di quella donna anche dal punto di vista erotico, il problema è che Alis non è innamorato di Fenice, la sposa solo per ragioni economiche in quanto Fenice arricchisce i suoi possedimenti dopo aver usurpato il trono del padre di Cligès, è un’alleanza che stabilisce col Duca di Sassonia sposando Fenice. Ora, non c’è quindi nessuna forma di verità del sentimento amoroso che renda l’amore tra Alis e Fenice legittimo, la legittimità dell’Amore la può dare solo l’autenticità del sentimento amoroso, altrimenti con tutto che sia intervenuto un matrimonio di mezzo non si può dire che ci sia una forma di legittimità nell’amore perché da come si legge nel prologo del Chevalier Au Lion, qualora non si è innamorati non si ha diritto a millantare questo sentimento perché lo si fa in maniera vana e abbassando il valore di Amore, lo si fa in maniera ipocrita rendendo Amore fable e manzoge. Invece, il fatto che Cligès poi sposa Fenice, al di là del fatto genealogico e legato al diritto ereditario e a tutti gli aspetti politici della questione, è giusto perché si amano. Le mediazione matrimoniale è una mediazione fondamentale che nella lettura del romanzo di Cligès assume un aspetto chiaro: il matrimonio in sé non rappresenta una garanzia del fatto che l’amore poi venga effettivamente ad essere giustificato perché si può essere sposati con una moglie o con un marito che non si ama, mentre invece il punto nodale del discorso che Chretién prova a costruire nella prospettiva matrimoniale è proprio la sintesi di tutti gli aspetti del diritto, feudale e amoroso, che nel matrimonio trovano il loro compimento. È evidente che nel momento finale del romanzo di Cligès quando i due si sposano alla presenza di Artù e tornano in oriente perché lui deve fare l’imperatore, è qui che c’è una promozione sociale del cavaliere al rango nobiliare, addirittura al più alto che c’è e che però va di pari passo con l’happy ending di tipo matrimoniale e amoroso, c’è una combinazione di tutti gli aspetti che trovano la loro completezza in questa prospettiva del matrimonio. Il piano matrimoniale del romanzo è intrinseco alla gestione delle problematiche nella trama nel genere fin dalle origini del genere stesso, è una cosa che c’è dal romanzo medievale in versi che però il matrimonio costruisce la sua strategia di confezione dell’happy ending, non l’unico possibile ma certamente quello più significativo in cui il diritto amoroso e quello feudale coincidono perché non c’è conflitto tra le due cose, a differenza, invece, di quanto non capita a Tristano e Isotta che invece sono costretti alla fine a un epilogo infausto per il fatto che non c’è una possibilità di combinare questi due

piani e si aggiunge a ciò il fatto che Marco è autenticamente innamorato di Isotta, c’è un doppio incastro dei problemi che all’interno di quella storia non si risolvono. Per Erec et Enide, Chretién ha anche l’abilità di problematizzare l’happy ending, cioè il discorso matrimoniale (che in Cligès è conclusivo della storia) in realtà si pone in una dimensione interlocutoria nel romanzo di Erec et Enide, in cui il tema matrimoniale in realtà è trattato in maniera altamente problematica così come per il romanzo del Chevalieri Au Lion, Chretién non solo utilizza il matrimonio come prospettiva di happy ending, emancipazione del cavaliere, soddisfazione della trama dal punto di vista sentimentale e politico come fa in Cligès, ma ci sono dei casi in cui addirittura arriva a problematizzarla rendendola più complessa, dicendo che nemmeno lì ci può essere una soluzione assoluta a meno che la soluzione non venga a determinarsi per una maggiore consapevolezza degli innamorati. L’elemento che alla fine sembrerebbe essere dietro la costruzione tematica di tutti i romanzi di Chretién, Cligès compreso, è la ricerca di una consapevolezza dei propri sentimenti e delle implicazioni che questi hanno per la vita individuale dei singoli personaggi, ma anche nella dimensione sociale, per le implicazioni sociali che si collegano. Tutta questa introduzione serviva a capire per quale ragione il romanzo di Erec et Enide, pone una direzione che trascende il mero problema dell’esito matrimoniale perché il matrimonio in questo romanzo avviene quasi subito, quasi all’inizio; ciò che il romanzo racconta sono i problemi che si creano per il fatto che Erec e Enide si sono sposati. Da questo punto di vista il romanzo di Erec et Enide somiglia molto al romanzo del Chevalier Au Lion che ha un po’ la stessa dinamica, invertita perché il problema è esattamente il contrario: da una parte c’è un deficit nel campo della prodezza cavalleresca e dall’altra c’è un deficit nei confronti degli impegni matrimoniali. Entrambi i personaggi dovranno a modo loro provare a risolvere, attraverso tutto il seguito della trama fino alla conclusione, la compiutezza identitaria che viene richiesta a un personaggio che attraversa la parabola romanzesca. Oltre a questo discorso relativo al marriage plot, che è già intrinseco alla gestazione del genere nella sua epoca classica originaria, c’è un altro aspetto che il romanzo sembrerebbe svolgere in maniera molto analitica fin dalle sue origini: LA CRESCITA DELLA CONSAPEVOLEZZA DEL PERSONAGGIO. Questo ha a che fare anche col taglio delle singole storie che Chretién sceglie di raccontare. La storia di Cligès è quella che più di tutte copre un vasto arco, perché c’è dietro la storia del padre che parte per la corte di Artù e poi il figlio a sua volta farà la stessa cosa e c’è tutta una dimensione molto articolata della storia che va indietro addirittura di una generazione. Gli altri romanzi di Chretién da questo punto di vista, hanno un taglio più asciutto, tendono a raccontare un po’ l’essenziale della vita dei personaggi e questo essenziale si collega agli episodi fondamentali della loro carriera cavalleresca, quelli che hanno un valore esemplare più profondamente marcato. Ciò è molto interessante e ci fa capire in che modo il romanzo ha un approccio selettivo rispetto alla biografia, cioè se è vero che il romanzo da una parte

opera una forma di scavalcamento della verità storica in una dimensione tematica, se è vero che opera anche un ritaglio della dimensione storica selezionando alcuni piccoli frammenti di questa dimensione storica soprattutto dei frammenti che hanno a che fare con dei personaggi secondari della grande storia (i personaggi di cui si narra sono dei personaggi minori, non sono re, tolto il caso di Cligès che assurge al ruolo di imperatore d’Oriente), che hanno un origine bassa o mediobassa, nel senso che fanno il cavaliere magari sono anche figli di re, ma figli cadetti. Quindi questo elemento del ritaglio, del pezzetto di storia e anche l’elemento dello scavalcamento tematico della realtà, vanno di pari passo con un terzo elemento fondamentale: APPROFONDIMENTO DELLA DIMENSIONE AUTOCONSAPEVOLE DEL PERSONAGGIO, e quindi DEI SUOI SENTIMENTI RISPETTO A SE STESSO E AGLI ALTRI. C’è una fortissima forma di approfondimento della dimensione sentimentale, che non vuol dire solo quella amorosa, ma vuol dire di TUTTI I SENTIMENTI CHE I PERSONAGGI SONO CAPACI DI PROVARE ALL’INTERNO DI UNA STORIA CHE LI COINVOLGE. Sembrerebbe che l’elemento sentimentale sia preponderante rispetto a quello della narrazione dei fatti, quando si tratta di ? il significato della storia, cioè il significato della storia sembrerebbe poggiare più sugli aspetti sentimentali che non sugli aspetti di carattere narrativo dello svolgimento dei fatti. L’idea che non c’è una garanzia che i fatti si siano svolti in quel modo, ciò che però conta è la verità dei sentimenti che i personaggi provano. Questo discorso ci proietta sulla parte introduttiva di questo romanzo di Chretién. vv.1 – 8 Li vilains dit an son respit - Que tel chose a Tan an despit, - Qui mont vaut miauz que l'an ne cuide. - Por ce fet bien, qui son estuide - Atorne a san, quel que il l'et; - Car qui son estuide antrelet, - Tost i pnet tel chose teisir, - Qui mout vandroit puis a pleisir. È la solita forma introduttiva che abbiamo visto anche in altri contesti quali Roman de Troyes, in parte anche nel prologo di Maria di Francia. Qui Chretién chiama in causa uno dei famosi proverbi del contadino (proverbo vilain), facendo appello a una sapienza popolare dicendo che se si sa una cosa la si deve dire. È il solito prologo id matrice proverbiale grazie al quale l’autore giustifica il fatto che si è messo a raccontare una storia chiamando in causa Salomone, come nel Roman de Troyes, o i proverbi del vilain (come in questo caso), questi proverbi anonimi che fanno riferimento a una sapienza popolare. C’è proprio una collezione di proverbi del secolo XIII “Proverbe au vilains”, i proverbi del villano. Vilain sarebbe ‘di campagna’, ed è proprio il contrario di cortese. vv. 9 – 14 Por ce dit Crestiiens de Troies, - Que reisons est que totes voies - Doit chascuns panser et antandre - A bien dire et a bien aprandre, - Et tret d'un conte d'avanture - üne mout bele conjointure, - Par qu'an puet prover et savoir - Que eil ne fet mie savoir, - Qui sa sciance n'abandone - Tant con Dens la grace Tan done.

Al v.9 c’è una sottoscrizione Por ce dit Crestiiens de Troies (per questa ragione dice Chretién de Troyes), cioè menziona se stesso. Ritorna sul tema che è importante che ci si impegna raccontare quello che si sa, e per questa ragione per non essere abbandonati da Dio, bisogna fare in modo che ciò che si sa lo si venga a comunicare e non lo si trascuri. vv. 13 – 14 Et tret d'un conte d'avanture - üne mout bele conjointure Va ricordato il passaggio in cui Wace fa riferimento ai conteor e i fableor che hanno inzeppato di aventure e merveille le storie dei cavalieri di Artù. Chretién, facendo riferimento a categorie molto simili, dice che da un racconto di avventura, avventuroso, lui ...


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