Estetica e pratica del quotidiano Orale PDF

Title Estetica e pratica del quotidiano Orale
Course Estetica
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ESTETICA E PRATICA DEL QUOTIDIANO GIOVANNI MATTEUCCI - PRATICHE ESTETICHE COME DESIGN DEL QUOTIDIANO 1) Da diversi decenni ormai i confini dell'estetica sono indefiniti a causa di fenomeni del sistema culturale tradizionale. Un tempo l’estetica coincideva solo con l'arte mentre oggi è ovunque, anche nelle pratiche quotidiane come design, moda, turismo e gastronomia ecc. ovvero ciò che dà forma agli stili di vita. È necessario, dunque, sottolineare la differenza tra le modalità di esercizio del gusto , cioè le pratiche della bellezza e le nozioni improntate alle categorie tradizionali dell'estetica, cioè le idee del bello. Oggi l’estetico si mette in atto in una concezione di normalità, di quotidiano. Oggi è qualcosa di fruibile e pratico che condiziona le nostre vite, non è solo arte marginale e destinata a pochi. Esiste quindi una differenza fondamentale tra il SENSO COMUNE SULL'ESTETICO (conoscenza), paradigma a cui resta fedele la tematizzazione dell'estetico quando si tenta una qualsiasi riflessione ma che trova conferma in segmenti sempre più ristretti quasi come reparto ideologico (estetica come arte), e il SENSO COMUNE ESTETICO (sapere), unione a forme di comportamento che invadono le preferenze di gusto, che partecipa nei momenti in cui avviene un'esperienza estetica fino a condizionare gli attuali orientamenti che prevalgono nell'ambito delle arti (estetica come quotidianità). Questa diffusione dei processi estetici nella quotidianità è causa di una crisi di legittimità delle arti di metà '900 con la separazione tra cultura alta e bassa. Il modello canonico, cui si rimanda il fenomeno estetico, conferisce valore esemplare al contenuto artistico e lo isola nella sfera dell'extra-quotidiano, come un luogo privilegiato per componenti estetiche pure . Al contrario la realtà attuale abolisce questa separazione tra estetico e quotidianità poiché l'estetico compare attraverso qualsiasi oggetto che porti al consumo di piacere (oggi gli oggetti non sono solo funzionali ma sono belli). 2) L’estetica può essere vista in diversi modi:  Chiusura sia intensionale sia estensionale: affermando l'immutabilità dei connotati dell'estetico e l'inviolabilità del confine entro il quale andrebbero ricercati tali fenomeni. Ciò avviene quando l'estetica per rivendicare la propria purezza disciplinare considera la Grande Arte come proprio campo esclusivo e a considerare anomalo qualsiasi fenomeno di esteticità ulteriore. ESTETICA È ARTE PERCHÈ ARTE È BELLEZZA.  Apertura estensionale: riconoscendo la presenza dell’estetica anche in fenomeni oltre i confini tradizionali, senza comunque negare l’arte. Queste forme diverse di esteticità devono ricercare il bello come fa l’arte.  Apertura intensionale e anche estensionale: riqualificando le nozioni di estetico e esteticità per effettuare un'estensione degli orizzonti dell'analisi. Vengono accolti anche fenomeni inediti, prima ritenuti incompatibili. Si allargano ancora i confini di ciò che è considerato estetico.  Emancipando l'estetico da modelli precedentemente in vigore. Se prima si creava il bello (seguendo l’esempio dell’arte), ora lo si cerca nel già fatto; per esempio nella natura o nel paesaggio, che sono stati modificati dall’uomo. 3) Per cogliere la ricchezza dell’estetica attuale, si è sviluppata recentemente una linea di ricerca che invita a prestare attenzione agli aspetti della quotidianità, dove emergono elementi che altrimenti sarebbero esclusi dalla sfera di competenza estetica. Anche oggetti o comportamenti non connessi all'arte o alla natura possono avere delle proprietà estetiche e dare origine a esperienze estetiche. È necessario estendere l'analisi estetica a tutte le aree della vita e considerare insieme arte e quotidianità:  SOLUZIONE DISCONTINUISTA: divide arte e quotidianità.  SOLUZIONE CONTINUISTA: li considera in modo analogo e a sua volta si divide in due approcci: 1. Approccio ipo estetico: riconduce all’estetismo e a rendere la vita un’opera d’arte seguendo il modello dell’eccezionalità della Grande Arte. Si parla quindi di esteticità del quotidiano e questa analisi si dirige verso fenomeni dell’esperienza comune. 2. Approccio iper estetico: considera l'arte accentuazione e intensificazione di fattori estetici già operativi nel quotidiano. Si parla quindi di quotidianità dell'estetico e questa analisi tende all’iperbole dell’estetizzazione, diffondendo l’estetico. La bellezza è senza limiti, l’arte si trova ovunque e da nessuna parte perché eleviamo qualsiasi cosa ad arte.

4) L'analisi della combinazione dei due livelli non può muoversi simmetricamente: il primo livello (ipo) assume una funzione utile a chiarire i processi di sublimazione dell'arte , il secondo (iper) esamina le manifestazioni eclatanti sul piano comunicativo e simbolico. Entrambe però presumono che vi sia una capacità d'impatto estetico nella quotidianità, al cui interno esse agiscono da fattori che amplificano un potenziale comunque dato per acquisito. Se la quotidianità non avesse in sé l’estetico, non esisterebbe la società odierna così spettacolarità ed eccitata. Ma se c’è carattere estetico in ogni esperienza, bisogna individuare un criterio, una logica, per distinguere la cifra estetica rilevante interna all'esperienza quotidiana per evitare che l'estetico diventi una scorciatoia per descrivere qualsiasi contenuto in generale. Dewey crede che l'estetico sia solo quell'evento che costituisce un'ESPERIENZA, con queste caratteristiche: chiusura, unità, straordinarietà e consapevolezza. In quanto valore basico dell'esperienza, l'estetico è principio di articolazione e di continuità tra quotidianità e artisticità. Dewey viene però criticato perché i valori che lui identifica come caratteristici di un’esperienza estetica, si ritrovano anche in esperienze non estetiche. Quindi il limite dei caratteri di Dewey è il fatto di essere pertinenti solo alle opere d'arte. La critica pone a distanza arte e quotidiano, mentre la sua posizione è continuista perché la contrapposizione che lui sottolinea non è tra quotidianità e arte ma all’interno dell’esperienza (che può avvenire sia nel quotidiano, sia nell’arte). 5) I discontinuisti criticano Dewey perché ignorano i due livelli (ipo e iper). Per impedire il discontinuismo bisogna esaminare il livello ipo estetico ricercando qualche aspetto normativo. Ci si imbatte in un contento estetico quando ci si trova a discutere con altri su come si giudica e qualifica l'apparenza delle cose, riconoscendo che le valutazioni altrui vanno comunque rispettate. Affiora cosi il carattere dell'estetico di aspirare alla validità universale. Quindi ciò che distingue l'estetico dalle esperienze non estetiche è la possibilità degli individui di giudicare attraverso i sentimenti e di comunicare e condividere sentimenti o esperienze. Il riconoscimento di questo ASPETTO NORMATIVO permette ai teorici di uscire da un atteggiamento prescrittivo ispirato alla grande arte, avvalorando il legame di continuità tra quotidianità e artisticità. La radice dell'aspetto normativo che presiede alle predicazioni estetiche nella quotidianità è stata colta da Scruton: secondo lui, quando facciamo una scelta soddisfiamo i criteri di utilità ma ci orientiamo in base anche alle apparenze. Le nostre scelte sono da un lato RAZIONALI perché passibili di discussione intersoggettiva, dall’altro sono ESTETICHE perché impegnate nell’ambito dell’apparenza e non possono essere spiegate scientificamente. Queste scelte estetiche non giustificabili oggettivamente rischiano di venir considerate un RESIDUO, poiché avvengono dopo aver preso decisioni logiche. Scruton fa l’esempio del falegname: egli sceglie una porta oltre che per la funzionalità, anche perché vede in essa cose che in realtà non contiene, la interpreta. Questo intreccio estetico dà vita a scelte che sono alla base del quotidiano. 6) Emerge quindi come l’aspetto normativo genera criteri di preferibilità, ed è caratteristica dell'estetico che non è più collegato alla Grande Arte. A questa espansione dell'estetico corrisponde la scomparsa degli elementi identificativi che facevano concordare su cosa fosse arte e anche la scomparsa della concezione di SENSO COMUNE SULL'ESTETICO. Al centro del modello canonico vi si trova l'opera d'arte come qualcosa da definire e con esso sono nate istituzioni (come le accademie) che ne certificano l'identità. E attorno al concetto di opera si definiscono gli attori in scena:  Autore: colui che crea l'opera  Fruitore: colui che gode dell'opera  Critico: colui che estrae il senso dell'opera Questo sistema di ruoli decade con l'odierno SENSO COMUNE ESTETICO, anche nei luoghi istituzionalizzati non si incontrano più opere ma surrogati della relazione diretta con l'oggettualità dell'opera mediata da dispositivi tecnologici. Fruire un contenuto artistico tramite un apparato digitale esclude la ricerca di comprendere tale contenuto. L'esperienza si sposta su un altro piano, poiché l'opera viene sperimentata sempre più attraverso le apparecchiature invece che per diretta visione. Per esempio, un’immagine dipinta

entra nel bagaglio estetico delle persone più in quanto fotografata che non in quanto vista senza intermediari artificiali. Il cambiamento di queste pratiche estetiche fa sì che il design penetri nella quotidianità. Mutano anche i concetti che presidiano le istituzioni del mondo dell’arte:  Al posto dell'autore subentra l'autorialità: non individuale ma cooperativa, come nel cinema, nella televisione o nella moda.  Al concetto di fruizione si sostituisce la ricezione o ricreazione collettiva: capacità che hanno gli spettatori di collaborare immediatamente all'esito senza alcuna sospensione contemplativa,  Al concetto di critica subentra quello di segnalazione giornalistica: che valuta più in base ad un giudizio medio, secondo i gusti del pubblico, che a un giudizio individuale. In questa trasformazione l'opera è diventata quindi smaterializzata, è divenuta un dispositivo progettato per generare flussi esperienziali. Al posto della creazione di oggetti ben definiti si passa ad un continum fluente che non va interrotto. È quello che riesce a fare la MODA, che oggi è la matrice logica dell'estetico, ovvero ciclo di novità e invecchiamento, opposta alla volontà di eternizzazione dell'arte. Il tema centrale dell'analisi dell'estetica non è più l'esperienza DI qualcosa ma l'esperienza CON qualcosa, è più MATERIALE. In questo nuovo campo la normatività dell'esperienza estetica è caratterizzata dalla comunicabilità e condivisibilità del gusto, che implicano cooperatività, collettività, nonché la qualità aggregante tipica dei dispositivi di design. A modificare ancora di più il modello canonico sono i nuovi MEZZI TECNOLOGICI che negli ultimi anni hanno raggiunto livelli di digitalizzazione e interattività straordinari, dando luogo ad una realtà sempre più virtuale e dimostrano come non sia più importante ciò che è tangibile ma i processi da vivere innescati da ciò che è tangibile. Accessibilità, velocità, flusso, scorrimento, impercettibilità, inclusione e sparizione sono le parole chiave nella descrizione di questi processi: dalla dimensione materica dell'opera d'arte e dell'oggetto di design alla loro esplosione nel quotidiano come dispositivi finalizzati a pratiche estetiche, fino alla loro totale sparizione nel corpo dell'individuo, che da utente diventa esso stesso centro di un processo di trasformazione in dispositivo.

OSSI NAUKKARINEN – PRATICHE ESTETICHE QUOTIDIANE. ETICA E TATTO Introduzione: L’autore vuole definire l’etica che muove il nostro agire quotidiano e il ruolo che, in tale contesto ricopre l’estetica, prendendo in considerazione un UNICO concetto. Studiosi come Kant, Schiller, Kirkegaard e Adorno hanno trattato in modo discordante argomenti come etica, estetica e politica ma tutti li trattano in modo generale. L’autore invece va nel particolare e parla solo del TATTO. Egli intende il tatto come una valutazione complessiva del comportamento che guida l’azione e il pensiero e che coniuga etica (azioni buone o cattive) ed estetica (il bello). Tutti siamo alla ricerca del tatto nella nostra quotidianità anche se esso porta a situazioni conflittuali perché è soggettivo e interpretativo. Anche se cerca di conciliare tali aspetti conflittuali, li crea perché il tatto non è uguale per tutti (se credo di aver usato tatto, un’altra persona può non essere d’accordo e credere che io sia stato scortese). Va tutto bene?: spesso l’uso del tatto viene dato per scontato, si crede che gli individui agiscano con tatto di norma e quindi nessuno si complimenta, ma quando viene meno, viene sottolineato. Ma il tatto può essere sottoposto a interpretazioni. Vediamo due esempi: 1. Durante un seminario nel 2011 il presidente della seconda catena di supermercati più importante della Finlandia ha detto “un ministro ben proporzionato” per descrivere il primo ministro. L’intento era quello di complimentarsi per l’aspetto che accompagna le abilità politiche. Il pubblico si è diviso in chi lo ha trovato inappropriato e chi lo ha trovato divertente. 2. Alcuni giocatori di Hockey finlandesi tornano in patria ubriachi dopo una partita. Essendo personalità pubbliche, hanno superato il limite dell’indecenza. La differenza tra questi due esempi è che nel caso del primo ministro possono esserci pareri discordanti e bisogna chiedere a lei se si è offesa o no. Nel secondo caso invece, i giocatori hanno offeso tutti, anche chi li potrebbe giustificare sono d’accordo sulla mancanza di tatto.

Precedenti analisi sul tatto: non si può dire che il tatto sia equivalente al gusto, alla discrezione, alla socievolezza, non sono sinonimi perché hanno scopi diversi, anche se punti in comune.  Già Aristotele nella sua Etica Nicomachea e nella Retorica si era occupato dei confini tra etica ed estetica, e aveva parlato di come comportarsi in modo corretto, convincente e gradevole.  Tra i classici del XVI secolo, il Libro del cortegiano di Baldassarre Castiglione e il De civilitate morum puerilium di Erasmo Di Rotterdam forniscono delle indicazioni utili e propongono dei modelli di comportamento.  Al XVII appartengono testi come Uber die aesthetische Erziehugh des Menschen di Schiller e Wilhelm Meisters Lehrjare di Goethe. Questi testi sottolineano l’importanza dell’istaurazione di una relazione estetica con il mondo attraverso l’arte e della formazione di un bagaglio culturale per vivere bene.  Nel XVIII secolo il filosofo David Hume e il nobile Conte Di Shaftesbury hanno parlato di tatto: come essere parte di una comunità e agire in modo tale da essere accettato, notato e apprezzato grazie alla propria condotta.  Simmel si è occupato di gusto, socievolezza e di altri argomenti prossimi al tatto, combinando prospettive sociologiche, psicologiche e filosofico-estetiche.  Alla fine del 1900 Foucault, Eagleton, Maffesoli e Ranciere si sono occupati di filosofia e scienze sociali, ma il termine tatto viene utilizzato solo di rado. Tutti loro pongono l’accento sull’importanza degli elementi estetici nella vita dell’uomo.  Hans Georg Gadamer collega il tatto alle materie umanistiche: crede che il tatto sia comprensione di opere d’arte, di storia e delle buone maniere. È quindi una sensibilità consapevole.  Max Van Manen pone il tatto in pedagogia e lo considera come il prerequisito fondamentale per ogni insegnamento di successo.  Norbert Elias è uno dei ricercatori che ha analizzato i volumi sulle buone maniere, sui codici di condotta ecc. e il suo lavoro è stato portato avanti da Cas Wouters (2007). Egli, dopo aver analizzato i libri di buone maniere pubblicati in Inghilterra, Olanda, Germania e Stati Uniti, conclude che la tendenza generale è orientata verso l’INFORMALIZZAZIONE, il processo per il quale il nostro comportamento diventa sempre più informale, più libero, con meno regole rispetto agli anni precedenti. Di conseguenza, però, c’è bisogno di più tatto, di buon senso. Se il nostro comportamento è controllato da regole chiare o dall’etichetta, il tatto non è strettamente necessario, ma se non ci sono, l’arte del tatto è molto importante. Questo processo di informalizzazione è visibile anche nei rapporti mondiali: oggi il mondo è globalizzato ma non esistono regole condivise, non esiste un’ETICA GLOBALE. Non ci sono principi validi universalmente e ciò che è valido in un contesto potrebbe non esserlo in un altro. Cos’è il tatto: il tatto indica un aspetto della nostra coesistenza con gli altri, fa parte delle nostre interazioni, e non ha regole esplicite. Un individuo senza tatto non è in grado di chiedere “va tutto bene?”. Nel discorso di tutti i giorni la parola tatto si riferisce a un comportamento premuroso, rispettoso, empatico, responsabile e sincero. Non è oltraggioso, controproducente o aggressivo. Esso agevola la comprensione reciproca, lo scopo è il buon umore, il mantenimento di un buon rapporto. Spesso è associato a qualità estetiche come eleganza, stile, grazia, sobrietà e sensibilità. Il tatto non è semplicemente aderenza a regole esplicite, al contrario, una persona che ha tatto, sa come scegliere i comportamenti e gli oggetti che siano piacevoli o persuasivi per se e per gli altri, anche se non esistono regole definite per ogni specifica situazione. Seguire le regole, non è abbastanza per poter dire di avere tatto. Inoltre, agire con tatto non è un’azione pianificata, ma una capacità di agire qui e ora. L’arte del tatto è un’abilità SPONTANEA. Il tatto è anche collegato alla MODERAZIONE e al SILENZIO, e di conseguenza a volte è associato a serietà o mancanza di humor. L’opposto di avere tatto è l’esser maleducato, rozzo, incivile, indelicato, scortese, rumoroso, sgarbato. Agire con tatto è un indicatore di sensibilità situazionale, di una persona che sia competente, sicura di se e capace; quindi il tatto indica una persona che sa rispondere in modo appropriato alle situazioni. È una competenza vitale, naturale, senza bisogno di doverci sforzare. Deve essere o sembrare un comportamento SPONTANEO e NATURALE agli occhi degli altri. L’accezione arcaica del termine tatto è “una misura o ritmo in musica”: è come se ci fosse un ritmo che le persone con tatto sono in grado di mantenere, sanno come tenere il passo e le parole in sintonia nonostante la musica cambi. Il tatto è un’abilità fisica: l’unico modo per imparare e sperimentare il tatto è in

situazioni pratiche. Non essere in grado di gestire tali situazioni è indicatore di goffaggine. Quindi coinvolge direttamente la nostra FISICITÀ: chi non è in grado di avere tatto arrossisce, ha il battito accelerato e ha mal di stomaco, perché c’è un rapporto tra emozione, azione e pensiero; questo trittico è affrontato da Dewey e dall’estetica pragmatista secondo cui c’è connessione tra pensiero e azione. La dimensione corporea della parola emerge anche nell’etimologia latina tactus e tangere, che si riferiscono al toccare in senso fisico, al contatto. Imparare ad avere tatto è un processo di apprendimento di un’intera cultura, in cui si selezionano aspetti del comportamento e delle relazioni altrui. Il tatto implica che si coinvolgano almeno due persone, anche se non sempre entrambe hanno tatto. Per esempio Van Manen dice che gli insegnanti devono averlo ma è troppo chiederlo ai bambini, che ancora non distinguono le differenze culturali. Il tatto non è innato ma qualcosa di ACQUISITO e SVILUPPATO. Esso raffina il nostro comportamento e fa sì che la nostra convivenza sia più piacevole. Il termine virtue thinking si riferisce al fatto che possiamo scegliere i nostri comportamenti, quindi il tatto è un’ATTIVITÀ CONSAPEVOLE, legata a fattori fisici, psicologici e sociali. Avere tatto in relazione a cosa?: il tatto è un concetto relazionale, una persona che agisce con tatto lo fa in rapporto a qualcosa o a qualcuno. Il tatto si riferisce a interazioni qui e ora tra individui. Quando qualcuno è immerso in una particolare cultura di cui non conosce i relativi costumi, il suo comportamento risulta quasi inevitabilmente maldestro, anche se spesso viene tollerato perché, in quanto straniero, non ha una concreta possibilità di avere tatto. Una persona che manca di tatto qui e ora, potrebbe avere tatto nei confronti di qualcun altro altrove. Di conseguenza, chiunque può avere tatto, se colto nel contesto appropriato. Le tipologie di tatto variano da paese a sottocultura, con quale dovremm...


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