Appunti Estetica PDF

Title Appunti Estetica
Author Emanuele Mandruzzato
Course Estetica
Institution Università degli Studi di Bergamo
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Summary

Prime 8 lezioni del corso di Estetica tenuto dalla Professoressa Sossi...


Description

Estetica Walter Benjamin autore tedesco espatriato dalla Germania nel periodo del nazismo perché di origine ebraica, ha vissuto a Parigi in maniera difficoltosa come rifugiato, con l’arrivo dei tedeschi in Francia tenta una fuga verso gli USA, ma viene fermato alla frontiera con la Spagna e si suicida nel 1940. Autore eclettico: filosofo (principalmente), scrittore di racconti, critico d’arte, critico del suo tempo, è immerso nella sua contemporaneità, è propenso all’attualità, come noi dovremo essere propensi all’attualità. Ci permetter di fare un discorso sul presente a partire dall’idea di storia da un lato e dall’altro lato dal tema dell’immagine, per quella che per lui è una vera e propria rivoluzione nel campo della soggettività: la nascita della fotografia prima e del cinema poi, come cambia la nostra percezione del mondo dopo queste rivoluzioni. Una porzione della filosofia dà questa definizione di estetica: disciplina filosofica che si occupa della percezione degli oggetti che in un dato periodo storico vengono definiti come opere d’arte dunque si occupa prevalentemente della percezione di un oggetto, del soggetto spettatore che vede un oggetto e la produzione dell’oggetto. Infine bisogna decidere che cos’è quell’oggetto, non c’è un’unica definizione di opera d’arte. Un’altra parte della filosofia pensa che l’estetica non debba occuparsi esclusivamente dell’opera d’arte. L’estetica nasce nella modernità, all’inizio si profilano all’orizzonte degli studi due filoni: uno kantiano (ne la Critica del giudizio Kant ci dice, alla fine del ’700, che l’estetica è quella disciplina che si occupa del bello (artistico e naturale) e del sublime) hegheliano (primi ‘800 ritiene che il bello da indagare sia quello artistico, perché è l’intervento dell’uomo nel mondo attraverso l’opera d’arte, la declinazione sensibile dell’idea). Qui abbiamo la divisione dei due filoni: da una parte ci si occupa della percezione sensibile del mondo, dall’altra parte si ha una filosofia dell’arte. Filone hegheliano prevalente nell’800 e in parte del ‘900, ma la suggestione kantiana ritorna nel ‘900 attraverso le avanguardie artistiche che mettono in crisi l’idea di che cosa sia un oggetto artistico se può essere una cacca, una borsetta, un orinatoio può essere tutto e mettono in crisi anche i luoghi di fruizione delle opere d’arte (non + solo museo grazia alla riproducibilità tecnica). Tornando a Benjamin, notiamo come la percezione dell’arte cambia nel momento in cui cambia il mezzo attraverso cui la si percepisce. La fotografia comporta rispetto all’opera d’arte che gli spettatori non abbiano più bisogno di andare in un luogo per percepire un’opera d’arte. Se cambia il metodo di fruizione, cambia completamente anche il modo di fruizione, si può guardare, per esempio, in modo distratto. Con la fotografia cambia anche la produzione dell’opera perché la fotografia uccide l’unicità dell’opera d’arte nella produzione, essa può essere prodotta attraverso la tecnica di una macchina, non solo grazie alle mani dell’uomo e perde la sua aura nella sua fruizione, possiamo fruirne ovunque non dedichiamo all’opera più quella contemplazione, dedizione che era il modo in cui l’opera d’arte per secoli era stata percepita. Viene perso il valore sacrale e l’aura dell’opera. N.B.: Benjamin fonde marxismo e teologia ebraica eterodossa. Altro discorso gli effetti comportati dalla nascita della riproducibilità tecnica, della fotografia e del cinema è legato a noi, alla nostra contemporaneità. Proviamo ad immaginare il significato per le prime persone che hanno potuto avere un loro ritratto attraverso una fotografia, e poi cosa devono aver provato i primi spettatori del cinema a vedere immagini in movimento. Per Benjamin la fotografia come il cinema hanno comportato un’alienazione della nostra corporeità, come l’uomo nel capitalismo viene alienato dai mezzi di produzione secondo Marx il proletario non possiede nulla al di fuori del suo corpo per lavorare (il borghese

sfrutta il corpo del proletario il quale produce forza lavoro), la fotografia ci aliena anche dal nostro corpo, basti pensare (difficile perché immersi da immagini anche di noi) allo choc visivo che la fotografia ha comportato: il nostro corpo può essere riprodotto migliaia di volte e portato ovunque, non è solo qui ed ora, ma può essere portato via nello spazio e fruito in un altro tempo attraverso una macchina. La fotografia proletarizza il nostro corpo, rende fantasma il soggetto. Questa fantasmizzazione possiamo vederla al di là della fotografia possiamo notarlo inscritto in ogni immagine: Esempio (Narciso di Caravaggio) : Narciso si specchia nell’acqua, non si riconosce s’innamora di sé e si strugge. Su Narciso s’è riflettuto molto per quanto riguarda l’ambiguità delle immagini: non ci si riconosce (l’immagine di sé diventa l’immagine dell’altro, l’impossibilità del soggetto di riconciliarsi con la propria immagine, con il proprio a sé) il mito ci parla anche dell’innamoramento della propria immagine, quindi qui sta la pericolosità dell’immagine struggendosi d’amore per sé dimentica gli altri e dimentica il mondo e muore di se stesso, quel se stesso ambiguo che è l’immagine. Questi temi sono molto cari alla cultura occidentale: Platone ci parla delle immagini come qualcosa di ambiguo e pericoloso, esse: sviano, sono copie delle copie, hanno un rapporto mediato con il modello dell’idea, sono copie della copia dell’idea, l’immagine del letto non è né il letto né l’idea del letto, ma la copia di una copia(letto) dell’idea(idea del letto). In questa distanza dalla realtà si evince la pericolosità delle immagini, nel 10° libro della Repubblica c’è una messa al bando dell’arte figurativa perché essa può sviare dal reale. Altro tema che si tocca con Narciso: il rapporto mediato dell’immagine: essa ha sempre bisogno di un medium che la supporti per apparire: l’acqua in questo caso, qui naturale, ma nella storia dell’umanità i medium variano: acqua, specchio, macchina-apparato (macchina fotografica), macchina-apparato (cinepresa). A seconda del variare del medium attraverso cui il soggetto vede se stesso il suo rapporto con se stesso varia. Fase dello specchio di Jean Lacan, 1930 scrive un saggio su come il soggetto comincia a costituire la propria identità a partire dall’immagine di sé, è una fase in cui attraverso lo specchio il soggetto si costituisce per la prima volta (6-18 mesi) quindi si riconosce, egli delimita il suo corpo rispetto a quello dell’altra e non più si confonde con il corpo dell’altra (madre). Questo riconoscersi come isolato è un identificarsi con qualcosa che non si può raggiungere, che ci sfugge, ci rassicura perché ci delinea, ma come tutte le figure è un Unheimlich, un perturbante di Freud, ci destabilizza perché irraggiungibile e quindi l’identità è sfuggente. Altra tematica è sempre all’interno di Lacan e dei suoi successori psicanalisti che può essere rappresentato dall’immagine di Narciso che si specchia accanto alla donna che l’ama: Eco(Narciso di William Watherhouse), ma lui nega l’esistenza di Eco (la donna) non la guarda fino a farla scomparire, di lei rimarrà solo la voce, o per meglio dire l’eco. Dunque attraverso l’ambiguità dell’immagine il soggetto muore di sé e disconosce l’altro (declinato nel mito al femminile). Vediamo come il maschile nel corso del pensiero isoli il femminile. Adriana Cavarero analizza come il discorso dell’uno porti l’oblio dell’altra, il discorso filosofico è negazione del femminile e dell’altra. Il topos della Servetta di Tracia di cui hanno riso i filosofi: “si racconta che, disse Platone, “Talete fosse solito ammirare il cielo e uno giorno cadde in un pozzo, dopo poco passò di lì una servetta di Tracia che lo derise e gli disse: -caro Talete tu che contempli sempre il cielo, la verità, l’idea non degni il basso, ciò che sta davanti ai tuoi piedi-” La servetta di Tracia irride il filosofo (delinea la stoltezza della donna), ciò sta anche nel mito della caverna: il filosofo si isola rispetto agli altri che vedendo un’immagine credono di comprendere la realtà, lui esce dalla caverna vede la verità torna nella caverna e viene irriso dagli altri, egli è irriso dalla moltitudine, della moltitudine donna in caso della servetta di Tracia. Platone invece dice che bisognerebbe ridere della servetta di Tracia. Dunque lasciamola ridere, il mito della servetta ci dice che Talete sta contemplando ciò che va contemplato senza perdersi nel quotidiano. Le filosofe del femminismo a partire da qui, da Narciso, la donna viene esclusa dal pensiero dell’uno, l’uno non può pensare in due. Arendt dice: il pensiero dell’uno non pensa in molti: il filosofo torna nella caverna, la moltitudine osserva le immagini e rimane sviata da esse, da qui servirebbe un re filosofo. Quindi in questa immagine il tema della donna silenziata, percepita solo come eco (Eco). Pensiero post-coloniale: come il pensiero filosofico per le filosofe femministe è negazione del femminile. Il pensiero dell’identità a partire dei movimenti d’indipendenza negli stati colonizzati nel ‘900 ci furono una serie di pensatori come Césaire,

Fanòn (i primi) Edward Said (1978, Orientalismo: libro che riguarda tutta la produzione d’immagini, letteraria, storica occidentale per dirci che l’occidente inventa l’oriente, l’orientalismo è una produzione dell’occidente che proiettandolo fuori da sé può identificarsi in quanto occidente, quindi proiettato come altro.) che hanno criticato il pensiero occidentale come pensiero intriso di razzismo e colonialismo, non solo per quanto riguarda la filosofia ma anche per quanto riguarda la letteratura, l’arte visiva, la storia. Come se la nostra cultura fosse basata sul concetto che esiste l’Europa e solo poi esiste il resto del mondo. L’altro è essenziale per la costituzione di sé. Chakrabarti scrive: provincializzare l’Europa denunciando un’Europa che si auto-pone al centro e identificando il resto del mondo come qualcosa d’indistinto. Sottolinea come il pensiero filosofico occidentale sia attraversato da questa idea. Post-colonialismo termine cronologico che identifica quel periodo e quei pensatori come figli del colonialismo, Spivak sottolinea come la storiografia abbia sempre parlato dal punto di vista di chi aveva il potere: colono e non colonizzato che viene silenziato. Concetto importante per Benjamin ovviamente lui non parla dei colonizzati, ma per il periodo in cui vive e per il suo marxismo parla dell’eco delle voci dei proletari che si sono perse, non si sentono le loro voci nella storia. Allo stesso modo Spivak fa il discorso parlando di subalterni riferendosi a loro come a esseri silenziati per la loro razza e/o per il loro genere ai quali è negata la voce, dunque si pone la domanda se essi possano parlare, si tratta di far parlare? Possono farlo? Siamo noi che dobbiamo farli parlare? Discorsi che torneranno nelle tesi di Benjamin. Judith Butler pone il discorso sulla costruzione del genere, sulla divisione binaria del genere come norma eterosessuale che non prevede la sessualità degli altri: gay, lesbiche, trans, queer. Negli anni ’80 ’90 prende forma una nuova definizione d’identità che non è più dominata dalla divisione binaria del genere. Da questo femminismo analizza la gerarchizzazione delle vite degli uni rispetto a quelle degli altri attuata dal potere. Ambiguità dell’immagine, ma possiamo anche parlare del suo potere, il quale viene trattato da Platone (svia le persone non guardano le cose a partire dall’idea, ma già distanti dal modello, potere di nascondere l’essenza, l’idea, la verità), passiamo a Guy Debord autore de La società dello spettacolo (1967) caratterizza la società a lui contemporanea come società di un flusso d’immagini dove i soggetti diventano spettatori d’immagini le quali spettacolarizzano il mondo, ma riproducendo e legittimando il potere capitalistico non mettendo in discussione i poteri dominanti, né il tipo di produzione, né i mezzi di produzione. Susan Sontag (1977) scrive un saggio sulla fotografia cercando la specificità della fotografia rispetto alle altre immagini, per lei il potere negativo delle immagini fotografiche è dovuto all’assuefazione le immagini soprattutto d’orrore e terrore, che fanno si che ci si abitui e si neutralizzi il terrore e l’orrore, immagini nate come immagini di denuncia diventano immagini arma per la catarsi dell’orrore, da qui il paragone tra lo scatto dell’arma e della macchina fotografica, entrambe catturano il soggetto. Guerra, orrore e violenza diventano quotidianità. S’interessa anche della riproduzione del mondo atta dalla fotografia, la quale secondo lei è qualcosa che delimita un soggetto e lo decontestualizza, toglie connessione e continuità, trasformando il mondo in tante piccole isole, frame, da cui muta la nostra percezione del mondo perché ogni cosa può essere separata dall’altro, dal suo contesto. La storia dunque diventa inoltre un insieme di aneddoti e fatti distinti. Quindi abbiamo una percezione frammentata dello spazio e del tempo. Il momento cambia nell’istante successivo in cui ho fatto una foto, ma io attraverso l’immagine di un momento, cambiato nella realtà, gli do un’altra dimensione temporale. Il momento si biforca in seguito ad un taglio spaziale. La gran parte della nostra percezione del mondo è dovuta alla riproduzione tecnica della realtà. C’è una duplicazione dello spazio e dell’ora. Proprio questo ritaglio è ciò che permette di scrivere la storia secondo Benjamin, storia la quale secondo Benjamin può essere scritta dai vinti, altrimenti nel suo continuum è quella mostruosità scritta dai vincitori. La fotografia dunque entra nelle tesi di filosofia storica di Benjamin per spezzare il continuum della storia. Terminiamo il discorso del potere dell’immagine con l’alienazione scaturita dall’immagine, Heidegger dice che la modernità (il nostro tempo) è l’epoca dell’immagine, visione del mondo. Del dare forma d’immagine del mondo. Ce lo dice a partire dal cogito cartesiano il quale dà il via alla filosofia moderna, con il Cogito

ergo sum inizia l’epoca dell’immagine del mondo perché per arrivare all’ergo sum, al quindi sono Cartesio ha bisogno di passare attraverso il pensiero del soggetto, lui vuole trovare al fondamento ultimo delle cose e per far ciò ha bisogno di sgombrare il campo dalle verità tramandatemi, anche quelle + certe e indubitabili, fa piazza pulita delle verità, del mondo attorno a sé del modo in cui il mondo gli viene dato (anche alle verità dei sensi) arriva così a qualcosa d’indubitabile cioè il pensiero, sgombrato tutto resta quella fonte dello sgombramento dunque il soggetto si ricostruisce attraverso il pensiero, l’esistenza del soggetto è data grazie al pensiero del soggetto, e a partire dall’essere del soggetto Cartesio ricostruisce il mondo che passa attraverso il pensiero del soggetto, il mondo si dà all’immagine che il soggetto ha del mondo. Da qui in avanti mondo ed enti sono posti dal soggetto, l’ente diventa oggetto che si contrappone al soggetto. Per Heidegger la modernità è l’epoca dell’immagine del mondo, il soggetto è misura di tutte le cose, la modernità è il culmine del processo della metafisica processo atto alla cattura dell’ente. Allieva di Hiddeger è Arendt, i quali erano anche amanti, ma Hiddeger aderisce al nazismo e lei è ebrea, lei fugge in Francia. Il suo influsso si percepisce comunque in Hanna Arendt che nell’opera La vita attiva interpreta il cogito cartesiano non solo come immagine del mondo ma anche come alienazione dal mondo, se il filosofo cartesiano riesce a spazzar via qualunque sua percezione del mondo pregressa e poi ricostruisce il mondo attraverso il suo cogitare, attraverso l’immagine che lui ha del mondo, il soggetto che ci dà Cartesio è alienato l’immagine dell’albero non è l’albero, ha perso la concretezza, il mondo si dà in un’in stabilità e fluidità che coinvolgono il soggetto il quale non sa dove stare, tra il mondo e il soggetto c’è un’immagine che aliena il soggetto dal mondo. Lo stare al mondo del soggetto ha a che fare con l’essere politico del soggetto, l’essere insieme agli altri, per lei politico è riconoscere la pluralità (cosa mai fatta dalla filosofia vedi caverna di Platone e quindi ha sempre disdegnato l’essere politico dell’uomo e la servetta di Tracia che non è da irridere perché ci dice qualcosa di fondamentale: noi stiamo nel mondo e noi dobbiamo guardarlo per non cadere nel mondo) Arendt critica Hiddeger perché è caduto nel pozzo del nazismo, cadere nella quotidianità si ha quando non si abita insieme agli altri e quindi ci si decostruisce come corpi politici. Il Nazismo è quell’agire politico che comporta la comparsa di qualcosa di completamente nuovo rispetto alle considerazioni politiche solite perché implica che una parte dell’umanità possa decidere di non convivere con un’altra parte di umanità e di ucciderla, ma Arendt dice che l’umanità è una pluralità dunque il nazismo è un crimine contro l’umanità. Noi percepiamo il mondo attraverso lo schermo che è il nostro medium. Il mondo c’è molto vicino attraverso le sue immagini, Benjamin vede un lato positivo nella fotografia: essa avvicina il soggetto all’opera d’arte, altri invece vedono l’opera d’arte nell’epoca della sua riproducibilità tecnica come molto problematica. Non siamo noi ad andare dall’opera d’arte, ma è lei a venire da noi. Non possiamo avere una visione unicamente negativa dell’immagine noi nella contemporaneità, siamo immersi da schermi ed immagini. La macchina fotografica ci permette di essere a conoscenza di cose inconsce come il nostro movimento, Svevo dice che inciamperemmo se il fossimo coscienti del modo in cui camminiamo, vedendoci in una ripresa possiamo assumere questa coscienza. Lezione 2: L’immagine di Caravaggio ci permette di vedere meglio il medium, il supporto dell’acqua, la terza quella di Watherhouse mette in risalto Eco, mentre la prima ci mostrava solo Narciso. Abbiamo analizzato la pericolosità, l’ambiguità, il potere dell’immagine e siamo passati da immagine a fotografia. L’immagine di Narciso ci permetteva di vedere anche il rapporto tra sé e la propria immagine: l’amore per sé, ma anche l’impossibilità di riconciliarsi a sé (Fase dello specchio Lacan). Rispetto a Lacan e al quadro di Watherhouse abbiamo visto come compare l’altra e come essa viene negata: negata Eco, negata la madre che supporta il bambino quando il bambino si vedendosi nello specchio vede il suo corpo delimitato e isolato. Questo profilarsi del corpo non è raggiungibile, l’immagine è sfuggente.

Approfondiamo il discorso sul potere dell’immagine di Hiddeger e Arendt, entrambi hanno letto Cartesio e lo fanno attraverso il discorso dell’immagine. Hiddeger dice che nella modernità il mondo diventa a misura dell’immagine che il soggetto ha di esso, Arendt dice che l’albero non è + stabile non oppone + resistenza, albero della mente che ha perso consistenza e mi fa perdere consistenza come alienato dal mondo, l’uomo moderno è alienato dal mondo. New: Come il soggetto pensa la sua identità? Come la dice? Come la riconosce? C’è stato un periodo consistente in cui la scrittura del sé (autobiografia) o il racconto di sé orale era essenziale per costruire l’identità di sé. L’autobiografia è un genere letterario in cui il soggetto costruisce sé stesso attraverso il racconto di sé nella scrittura. Il valore dell’autobiografia è determinata anche dai fruitori, si scrive pensando a chi la leggerà. Il genere letterario ha bisogno di un patto per essere recepito da chi legge come la storia di quella persona che ha scritto, patto che lo scrittore fa con il lettore, il quale legge ciò che legge come se fosse il racconto di sé di chi ha scritto (non sempre è detto). L’autobiografia percorre una parte della storia occidentale. Il genere autobiografico viene spesso fatto nascere con Le Confessioni di Agostino (398 d.C.) in cui l’autore si racconta in chiave confessionale dove il lettore è Dio, il punto di vista è quello della seconda nascita dovuta alla sua conversione al Cristianesimo. Agostino non ricorda nulla della nascita (nascita e morte sono essenziali nella vita dell’autobiografo ma sfuggono dal patto- Arendt) tutto quello che sa è derivato dal racconto degli altri (tema dell’alterità nell’identità), Agostino lascia perdere quest’epoca se ne frega della sua infanzia. I contemporanei hanno dimostrato che l’alterità nell’autobiografia è essenziale, non c...


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