Estetica sesta lezione pdf PDF

Title Estetica sesta lezione pdf
Author Emma Martinelli
Course Estetica
Institution Università degli Studi di Milano
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Summary

appunti della sesta lezione di estetica del corso del professor Lacchin...


Description

Giovedì 10 Ottobre 2019

ESTETICA LEZIONE 6! Baemuler dice: Aristotele non ha fondato una dottrina della bellezza, ma una dottrina dell’arte. Aristotele non ha incentrato la sua riflessione estetica sulla metafisica del bello, ma una dottrina dell’arte. Baeumler sostiene il fatto che la dottrina aristotelica non abbia avuto il destino radioso che è spettato alla dottrina platonica perché risiede nella natura dell’impostazione aristotelica l’essere meno facilmente comprensibile e accessibile. Alla dottrina dell’arte di Aristotele manca quel thiasos entusiasta e non perché essa sia sobria. ! —> La tesi di Baeumler è strettamente collegata alla tesi di partenza legata al fatto che Aristotele avrebbe fondato la dottrina dell’arte, è che la dottrina dell’arte aristotelica avrebbe avuto meno successo nell’estetica occidentale di quanto la dottrina platonica in quanto in generale il pensiero aristotelico risulta meno facilmente accessibile, appunto perché è un pensiero, una filosofia, che è meno carica della portata entusiasta, erotica, tragica, che invece la filosofia platonica possedeva. ! Il cuore della dottrina aristotelica è il fatto che essa è una dottrina filosofica. La dimensione della visione artistica in Aristotele si configura come una scienza che conduce anch’essa alla conoscenza dell’essere.! Baeumler continua dicendo: “Aristotele ha dato forma non solo ad una dottrina generale dell’essere e dell’agire, ma ha dato forma anche ad una dottrina dell’arte intendendo il termine nel senso più ampio”, cioè al di là della contrapposizione tra arte e tecnica che in Platone veniva presentata come una dicotomia quasi inconciliabile.! Addirittura la contrapposizione tra metafisica del bello platonico e teoria dell’arte aristotelica si contraddistingue come una metafisica del bello: tra la metafisica del bello e la teoria dell’arte vi è un antagonismo che tocca le profondità del problema filosofico in generale. ! Aristotele quando scrive la Poetica, compie quest’operazione in una prospettiva di ordine sistematico, secondo cui ogni area del sapere e dell’agire, per cui anche le scienze poietiche, hanno una dignità epistemologica, possono diventare oggetto di conoscenza.! Questo è molto chiaro nel discoro sulla Poetica. I caratteri della poiesis sono fondamentalmente due (paragrafo 4 della Poetica):! - carattere innato dell’imitazione, quindi l’uomo nasce come essere imitatore! - il fatto che l’imitazione, se fatta bene, è qualcosa che arreca piacere, ! Aristotele dice: “nell’uomo, fin dall’infanzia è innato l’imitare. In questo egli differisce tra gli altri animali, perché tra gli animali è il più imitativo e mediante l’imitazione opera le prime conoscenze. Inoltre è innato che tutti si dilettino delle imitazioni, prova ne è quanto accade di fronte alle opere, le immagini precise di oggetti che in sé vediamo con fatidico, ci dilettano a contemplarle”. ! Quando un’imitazione è fatta bene, anche quando è imitazione di oggetti che ci potrebbero disgustare, questa imitazione arreca piacere, genera nel fruitore piacere. Ne è causa che l’apprendere tramite imitazione risulta molto piacevole.! Pagina 1

Giovedì 10 Ottobre 2019 Aristotele nel paragrafo 6 descrive la prima delle due forme di poetica, cioè la tragedia e dice: “dell’arte imitativa e della commedia diremo in seguito, trattiamo adesso della tragedia” e lo fa in modo filosofico, dandone la definizione, definendo anche linguisticamente l’oggetto del contendere. !

Cos’è la tragedia? Capire l’essenza della tragedia significa per Aristotele le forme in cui la tragedia è venuta a strutturare, le forme empiriche che essa ha assunto. Non è un “che cos’è” nel senso di proiettare la riflessione nella dimensione iperuranica.! Dà la celebre definizione di tragedia che assomma in sé i caratteri che la dimensione tragica deve possedere: tragedia è dunque imitazione di un’azione elevata e conclusa, dotata di grandezza, con parola piacevole, separatamente per ciascun aspetto delle sue parti, di persone che agiscono e non tramite narrazione, la quale, attraverso pietà e paura, porta a compimento la catarsi di tali passioni.

- tragedia è dunque imitazione: quindi tragedia è μίμησις! - Imitazione di un’azione elevata: la tragedia non imita azioni in generale, ma azioni serie, -

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elevate e concluse. L’azione imita azioni che hanno una destinazione elevata, imita l’azione dei migliori, dei più virtuosi. ! Dotata di grandezza: la tragedia è fondata su un’imitazione che abbia delle caratteristiche ben precise, è quasi simile ad un organismo le cui parti contribuiscono la realizzazione del tutto, una definizione quasi organica della tragedia.! Con parola piacevole separatamente per ciascun aspetto delle sue parti: La bellezza della tragedia è data dal tutto, è data dalla sapiente composizione delle parti, il bello è il tutto all’interno del quale ogni parte svolge il suo ruolo. La tragedia è una forma innanzitutto all’interno della quale tutte le parti svolgono la buona riuscita del tutto.! Di persone che agiscono e non tramite narrazione: La tragedia dice non imita tramite narrazione, imita l’azione di persone, imita persone che agiscono bene, persone virtuose. ! La quale, attraverso pietà e paura, porta a compimento la catarsi di tali passioni: La tragedia è un fatto a tal punto serio che nello spettatore sviluppa un sentimento di purificazione delle passioni che nasce dal sentimento di pietà e paura che sentiamo verso i personaggi della tragedia. La tragedia non purifica dalle passioni, purifica le passioni (il greco, quando utilizza il termine κάϑαρσις, usa il genitivo, quindi spesso viene tradotto purificazione dalle passioni, che è diverso dalla purificazione delle passioni) vedendo spettacoli tragici, noi purifichiamo le passioni. Il sentimento di pietà e di paura (la contrapposizione), la pista che ci spinge a condividere la situazione del protagonista e la paura fa nascere la volontà di scappare dalla situazione. La tragedia come imitazione di persone migliori, come imitazione di azioni di persone, in quanto imitazione, compie un processo di purificazione delle passioni. L’imitazione si compie agendo, si compie attraverso l’azione. Quindi in un certo senso l’imitazione tragica attraverso Aristotele non è autenticamente riproduttiva, ma è autenticamente poietica di significato. È cosi produttiva che essa, dice Aristotele, ha un valore quasi filosofico. !

Quando il poeta rappresenta la situazione secondo il criterio della verosimiglianza, riproduce non i fatti accaduti, ma i fatti che potrebbero accadere. ! La verosimiglianza:! Pagina 2

Giovedì 10 Ottobre 2019 • se per Platone era un criterio negativo, perché verosimiglianza significa qualcosa che è simile al vero ma fondamentalmente ci allontana dal vero, vuol dire illusione.! • per Aristotele ha un valore costruttivo, formativo, in quanto è l’azione verosimile del poeta, che racconta i fatti non così come sono accaduti ma cosi come potrebbero essere, che rende l’azione poetica più filosofica, ad esempio, della storia, dice Aristotele.! Nel paragrafo 9 della poetica Aristotele dice: “lo storico e il poeta non si differenziano tra loro perché si esprimono uno in versi e l’altro in prosa, al contrario si differenziano in quanto l’uno narra i fatti accaduti, l’altro quelli che potrebbero accadere, e quindi infatti verosimili, perciò la poesia è materia più filosofica e più elevata della storia, la poesia infatti tratta l’universale, la storia invece il particolare”. La poesia riesce ad ottenere quel θαυμαστόν ossia quel meraviglioso, che ci dice qualcosa di più delle cose di quanto potrebbe fare la semplice narrazione storica.! Aristotele arriva ad un certo punto in cui non solo considera la poesia una forma di conoscenza, ma proprio perché la poesia sembra fallace, proprio perché rifiuta il vero in favore del verosimile, proprio questo atto introduce un elemento quasi di superiorità della poesia, che viene quasi avvicinata alla filosofia: la filosofia in Aristotele guarda all’universale, certo non è un universale platonico. La poesia guarda l’universale non guardando alla verità ma guardando alla verosimiglianza, perché in quel potrebbero essere si colloca tutta una serie di possibilità dell’esistenza che solo un’artista riuscirebbe a rappresentare tramite l’imitazione, che solo l’artista riesce a rendere sensibile attraverso il suo linguaggio.! Quando Baeumler dice “Aristotele trasforma l’arte facendone una scienza”, ora abbiamo capito in che misura. ! Aristotele è il primo che intraprende il cammino della scienza dell’arte. Quando Baeumler dice che l’estetica platonica ha avuto più successo dell’estetica aristotelica, in che senso intende questa affermazione? Perché dice che il platonismo è stato più importante per l’estetica rispetto all’aristotelismo? Baeumler afferma questo in quanto tutta l’estetica occidentale si presenta come un platonismo mistificato: pensando di distaccarsi dal platonismo, in realtà ne è sempre debitore. In questa prospettiva, l’estetica aristotelica secondo Baeumler è limitante rispetto a questo discorso. !

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Giovedì 10 Ottobre 2019

PLOTINO: Figura che si colloca nella prima tradizione dell’estetica che fa capo a Platone. Tutto il neoplatonismo deve essere letto nell’ottica di una revisione del platonismo che Plotino metterà in crisi.! Plotino si colloca nella tarda antichità, epoca storica profondamente legata a rapporto tra il pensiero classico e pensiero cristiano. Baeumler contestualizza l’”estetica plotiniana” nel contesto dell’epoca in cui Plotino è vissuto e dice : “alla conclusione della loro epoca più rigorosa, cioè nel V secolo a.c, i greci possedevano epiche, tragedie, templi, statue, quadri, poesie in gran quantità ma anche nel mezzo della vita artisticamente più ricca, non sentivano il bisogno di una riflessione estetica”. Anche se pensiamo alla poetica aristotelica, essa non è una riflessione estetica autonoma, cioè Aristotele scrive la poetica in un periodo in cui l’arte dei greci era al massimo sviluppo, in realtà i greci non hanno mai riflettuto sul loro fare arte, se non in misura estemporanea. ! “sebbene la loro attività artistica continui a fiorire, questa riflessione non compare neanche nei secoli successivi (epoca alessandrina)”: pensiamo alla grande scienza in epoca ellenistica, si sviluppano le scienze della natura, la matematica, nascono la storiografia e la retorica, nascono una poetica (Aristotele) e una teoria della musica. Ma la scienza dell’estetica rimane nella medesima forma in cui l’aveva lasciata Platone. Cioè anche se Aristotele scrive la Poetica, e quindi rappresenta un primo tentativo di concettualizzare la poiesis, la scienza dell’estetica rimane la stessa. —> Con Plotino essa fa la sua comparsa come componente integrante di un sistema concluso: la tesi di Baeumler è che l’estetica fondamentalmente rimane platonica fino a quando nel d.C compare Plotino, considerato il primo teorico dell’estetica, che scrive due trattati sul bello, Sul bello e Sul bello intelligibile. Un tema che nasce con Plotino è il tema della soggettività in estetica. In che misura la dimensione soggettiva piano piano comincia a svolgere un ruolo importante nel giudizio estetico. In che senso Plotino inizia ad erodere la grande teoria del bello? Lo fa in un testo.! Plotino è celebre per aver composto le Enneadi (11 libri) che ha il carattere di un trattato sistematico. Questo libro nasce dal fatto che un allievo Porfirio raccoglie interventi e conferenze che Plotino aveva svolto in dimensione non sistematica nella sua scuola. Ogni libro delle Enneadi tratta un argomento specifico e ce n’è uno che Plotino tratta sul bello. !

In che senso Plotino introduce il concetto di soggettivismo dell’estetica? Nella misura in cui Plotino mette in crisi la grande teoria, o meglio Plotino pensando di affermare la grande teoria, in realtà la mette in crisi, non lo fa consapevolmente.! Enneade I,6 inizia con: il bello risiede soprattutto nella vista. La bellezza come idea è qualcosa che è accessibile alla vista. ! Poi tra le righe si dice una cosa che inizia ad erodere questa prospettiva, Plotino dice:" in un certo senso sono tutti d’accordo nel dire che l’armonia delle parti, non disgiunta dalla Pagina 4

Giovedì 10 Ottobre 2019 giusta intonazione del colore, determinano la bellezza che si può vedere e che per questi oggetti in genere, l’appartenere alle cose belle equivale ad essere tra ciò che è armonico e misurato”. Plotino dice che i più identificano la bellezza con l’armonia e con la misura. Tutti sono d’accordo nel riconoscere che la bellezza si da solo attraverso una giusta armonica e misurata teoria delle parti. “indubbiamente, per chi è di questo avviso, la bellezza non può consistere in qualcosa di semplice, ma deve per forza di cose essere composta”. Chi riconosce il carattere numerico della bellezza, non può non riconoscere che la bellezza non risieda mai nelle parti ma nel tutto. La bellezza dice Plotino, è solo composta. “solo l’intero sarà bello e non le singole parti in quanto tali: esse lo saranno esclusivamente nella misura in cui contribuiscono a fare bello l’intero”: Non ha senso dire che le singole parti sono belle, la bellezza è intero, la bellezza è la simmetria.! “eppure se l’intero è bello, altrettanto dovranno essere le sue parti, non potranno essere brutte ma senz’altro avranno parte della bellezza. Tuttavia per costoro tanto i bei colori quanto la luce del sole andranno esclusi dalla bellezza, perché hanno una natura semplice e non deriva la loro bellezza dall’armonia”.

Cosa ci sta dicendo Plotino? Ci sta dicendo che esiste anche la possibilità di una bellezza semplice, non di una bellezza composta, perché esistono delle bellezze non composte che però ci appaiono come tali. Fa l’esempio della luce del sole perché vuole descrivere dei casi di bellezza semplice. Plotino sta mettendo in crisi la grande teoria in quanto ammette la possibilità che esiste una bellezza semplice che poi assumerà una connotazione di tipo quantitativo, non qualitativo.! Pensiamo all’impianto filosofico generale della filosofia plotiniana: qual è la distinzione fondamentale tra l’ontologia platonica o quella plotiniana?: ! • l’ontologia platonica è di carattere dicotomico, cioè il mondo, la realtà è rigidamente divisa in due sfere, di cui una è il rispecchiamento dell’altra. ! • L’ontologia plotoniana è formata dalla relazione tra mondo dei sensi e il mondo dell’iperuranio, cioè il mondo, secondo Plotino, si crea per emanazione dall’uno, in una struttura in cui ogni livello di emanazione Plotino le chiama ipostasi, che sono le diverse fasi di creazione in cui il mondo consiste. 1. La prima ipostesi è il mondo delle idee! 2. La seconda è il mondo delle anime! 3. E poi ci sono i fenomeni, le cose! Tutto secondo Plotino deriva dall’uno, tutto è composto dalla stessa materia. Questo determina una conseguenza fondamentale dal punto di vista dell’estetica.! Di quale ipostasi fanno parte le idee di Platone secondo Plotino? Della prima: non solo l’origine delle cose, ma sono a se stesse un’emanazione dall’uno.! In un certo senso Plotino prende il sistema platonico dicotomico e cerca di inserirlo in un livello non dicotomico. Pagina 5

Giovedì 10 Ottobre 2019

Plotino dove colloca l’essere? A livello ideale. ! Tutto ciò che per Platone è fondamento, per Plotino rappresenta un’emanazione rispetto all’uno, ma questa è una conseguenza fondamentale, che il fondamento dell’essere è l’uno, l’uno non è l’essere ma il fondamento dell’essere. Vuol dire che si raggiunge il paradosso che il fondamento dell’essere è il non essere, non perché l’uno sia negatività ma perché l’uno non è l’essere. ! Dal punto di vista estetico significa che il fondamento della bellezza è ciò che non è bello, non perché sia brutto, ma perché non è l’essere come lo intendeva Platone, qualcosa di superiore. ! Tutte le teologie negative nascono da quest’impostazione neoplatonica. Le teologie negative sono quelle che affermano che di Dio possiamo dire cosa non sia e non cosa sia. Il principio delle cose non è Dio, di Dio si può dire solo ciò che non è. ! Ciò che rende bello il bello, non è la bellezza, ma è qualcos’altro, che è trascendente rispetto all’idea di bellezza, che è proprio l’uno. Iò che rende belle le cose belle, non è il bello ma è quella che Plotino chiama la GRAZIA: essa è proprio quella luce che emana dall’uno e che rende belle le cose belle. Questo vuol dire che non è sufficiente che la bellezza sia composizione di parti, ma che ci vuole qualcosa di qualitativamente superiore che renda bella la bellezza. Qualcosa che risplenda sulla proporzione, che renda belle le cose belle, che le renda amabili, comunicabili, appetibili. Il fatto per cui sentiamo attrazione verso la bellezza, non è per la bellezza insita nell’oggetto, ma per la luce che risplende sulla bellezza, che lui chiama grazia.! Quindi il principio del bello è ciò che bello non è, perché l’uno non è bello. La bellezza non può essere compresa solo in termini oggettivi, quantitativi, matematici, ma ha bisogno di essere illuminata dall’uno per essere trasmessa, quindi per essere bellezza.! Plotino denuncia l’insufficienza della grande teoria: la teoria del bello è insufficiente per dire cos’è la bellezza, perché iscritta in una modalità di comprensione del mondo secondo cui la bellezza è idea. Ma il fondamento della bellezza è al di là dell’idea, dice Plotino. Non è una bellezza puramente qualitativa, oggettiva e metafisica. ! => Plotino mette in crisi la grande teoria del bello, denunciandone l’insufficienza. Ciò significa affermare che la bellezza non è esclusivamente oggettiva e comincia a mettere le basi per la scoperta della soggettività estetica che aprirà le porte all’estetica moderna.! Secondo Plotino la bellezza per essere tale ha bisogno di essere QUALITATIVA: lui fa un esempio: guardiamo il volto di una persona, quanti volti simmetricamente belli non ci piacciono, cioè non ci entusiasmano? Spesso ci piace il difetto. La soggettività camicia a giocare un ruolo.

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