Eugenio Montale - Riassunto Storia della letteratura italiana: Dalle origini al Quattrocento ; 2. Dal Cinquecento al Settecento ; 3. Dall\'Ottocento al Novecento ; 4. Il Novecento PDF

Title Eugenio Montale - Riassunto Storia della letteratura italiana: Dalle origini al Quattrocento ; 2. Dal Cinquecento al Settecento ; 3. Dall\'Ottocento al Novecento ; 4. Il Novecento
Course Letteratura italiana
Institution Università della Calabria
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EUGENIO MONTALE La poesia e di Montale riassumono i caratteri essenziali della letteratura del 900 e si rivelano capaci di interpretare i problemi che travagliano moderno. Poeta e giornalista italiano, grande interprete della crisi esistenziale del Novecento, Eugenio Montale nacque a Genova nel 1896...


Description

EUGENIO MONTALE La poesia e l’esperienza di Montale riassumono i caratteri più essenziali della letteratura del 900 e si rivelano capaci di interpretare i problemi che travagliano l’uomo moderno. Poeta e giornalista italiano, grande interprete della crisi esistenziale dell’uomo del Novecento, Eugenio Montale nacque a Genova nel 1896 da un’agiata famiglia borghese. Per la cattiva salute, compì studi irregolari ed ebbe un’adolescenza difficile. Dopo aver partecipato alla 1° guerra mondiale con il grado di sottotenente, iniziò una ricca attività di critica, collaborando con varie riviste. A Svevo dedicò gli articoli che contribuirono in modo essenziale alla sua scoperta. Dopo aver esordito anche come poeta, nel 1925 pubblica la sua prima raccolta di versi: Ossi di seppia. Trasferitosi a Firenze fu uno degli animatori della vivace vita intellettuale fiorentina, fu in rapporto con i più notevoli scrittori italiani del tempo e allargò i suoi interessi e la sua curiosità per la cultura europea. Intanto conobbe Drusilla Tanzi che il poeta avrebbe poi designato col nomignolo di “Mosca” e che sarebbe diventata la sua compagna. Mantenne anche stretti contatti con gli ambienti della cultura antifascista. Nel 1939 appare la sua seconda raccolta poetica: Le occasioni. Mentre nel 1943 escono a Lugano le poesie che confluiranno poi nella terza raccolta: La bufera e altro. La sua vita mutò sensibilmente quando venne assunto come giornalista dal Corriere della Sera e lì pubblicò una serie molto ampia di interventi di attualità culturale e letteraria, e numerosi brevi racconti. Gli anni 50 e 60 vedevano intanto allargarsi notevolmente l’interesse per la sua opera: considerato il più grande poeta italiano vivente, modello di discrezione e di civiltà, ebbe riconoscimenti di vario tipo, culminati nella nomina a senatore a vita e nel 1975 nell’assegnazione del premio Nobel per la letteratura che andò a ritirare in una solenne cerimonia a Stoccolma.

Nel 1980, usciva, caso unico per un autore contemporaneo e vivente, l’edizione critica della sua intera Opera in versi. Ricoverato in una clinica di Milano, vi morì nel 1981.

LA POETICA Il motivo di fondo della poesia di Montale è una visione pessimistica e desolata della vita del nostro tempo, in cui, crollati gli ideali romantici e positivistici, tutto appare senza senso, oscuro e misterioso. Vivere, per lui, è come andare lungo una muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia e che impedisce di vedere cosa c'è al di là. Nè d'altra parte c'è in lui alcuna fede religiosa o politica che possa consolare e liberare l'uomo dall'angoscia esistenziale. Nemmeno la poesia può offrire all'uomo alcun aiuto. Di fronte al "male di vivere" non resta altro bene che l'indifferenza, ossia il distacco dalla realtà. Questa indifferenza non è però sempre concessa al poeta, il quale è spesso preso dalla nostalgia di un mondo diverso. La negatività di Montale oscilla tra la constatazione del “male di vivere” e la speranza vana, ma sempre risorgente del suo superamento. D’altronde, basta guardarsi intorno, suggerisce Montale, per scoprire in ogni momento e in ogni oggetto che osserviamo il male di vivere. Ogni paesaggio e ogni oggetto è dunque visto dal poeta nel suo essere cosa e simbolo della condizione umana di ansia e di dolore.

Il lavoro di critico costituì per Montale un impegno e un interesse costanti. Negli anni giovanili egli aspirava a fare di sé proprio un critico-poeta, a operare contemporaneamente sui due piani della critica e della poesia. Tuttavia egli non intendeva essere un critico di mestiere, rifiutava infatti ogni atteggiamento scientifico e aspirava invece a essere un lettore attento. La poetica di Montale prende avvio da una volontà di autocoscienza della poesia stessa, dal proposito di comprendere fino in fondo la sua condizione e i suoi limiti nel contesto della civiltà e della società contemporanee. Nella poetica di Montale ha un peso essenziale anche il rapporto con la tradizione italiana: egli parte da un confronto con il più vicino modello dantesco, abbassandone subito i toni preziosi e le pretese sublimi, ricorre anche a Petrarca, si avvale poi dell’insegnamento dei crepuscolari e soprattutto di Gozzano, fino ad arrivare a un rapporto diretto con alcuni dei nostri grandi classici. Tra i poeti italiani la cui traccia è più evidente nell’opera di Montale va ricordato prima di tutti Leopardi, che egli interpreta guardando alla sua carica negativa e pessimistica e trova anche in Foscolo un altro essenziale modello italiano. Nella sua poetica Montale non ricorre al linguaggio analogico che amava istituire segrete corrispondenze tra le realtà più lontane puntando su suggestioni dell’anima. Quella di Montale è invece una POETICA DEGLI OGGETTI. Mentre l’analogia simbolista giocava sul piano dell’irrazionale, la poetica degli oggetti di Montale tendeva a un rapporto razionale con il mondo, fondendo poesia e pensiero. È questa una poetica che presenta convergenze con quella del CORRELATIVO OGGETTIVO elaborata dall’americano Eliot negli stessi anni. Inoltre gli oggetti a cui il poeta sceglie di far riferimento sono umili, dimessi, prosaici. Egli dichiara infatti di non amare la poesia aulica della tradizione italiana, i poeti laurenti che cantano solo realtà nobili e sublimi. Predilige invece realtà povere, coerenti con la sua visione desolata del mondo.

OSSI DI SEPPIA La prima raccolta poetica di Montale, Ossi di seppia, uscì nel 1925. Tre anni dopo fu pubblicata una seconda edizione con l’aggiunta di alcuni testi nuovi, tra cui il fondamentale Arsenio. Dopo un componimento introduttivo intitolato In limite, la raccolta si articola in 5 sezioni: -MOVIMENTI -MERIGGI E OMBRE -OSSI DI SEPPIA -RIVIERE -MEDITERRANEO Nella raccolta si possono cogliere i legami con il contesto culturale del tempo: l’influenza del pessimismo di Schopenhauer e l’interesse per quelle correnti che ai primi del 900 si opponevano al determinismo positivistico. È poi evidente la lezione di Pascoli, sia per la scelta di trattare oggetti poveri sia per alcuni procedimenti stilistici. Montale guarda anche all’esperienza crepuscolare, in particolare a quella di Gozzano, nell’adozione di oggetti umili e di soluzioni antiliriche. Il titolo della raccolta rimanda a un doppio significato simbolico: ossi di seppia sono i resti calcarei del mollusco ormai decomposto che alludono a una condizione vitale impoverita e prosciugata, simbolo dell’essenzialità a cui Montale sempre aspirò, ma gli ossi sono anche detriti, rifiuti del mare sbattuti a riva dalle onde e rappresentano dunque un impoverimento della poesia che non può più attingere al sublime, ma deve ripiegare sulle realtà marginali, sul detriti che la vita lascia dietro di sé. Un tema centrale che percorre il libro è quello dell’ ARIDITÀ . il paesaggio descritto da Montale nella raccolta è quello ligure, familiare al poeta, che viene appunto presentato come un paesaggio arido, secco , battuto dal vento e da un sole implacabile che rappresenta una forza quasi crudele che inaridisce ogni forma di vita.

Questa condizione di aridità e di prosciugamento che coinvolge tutto il reale si riflette anche sulla dimensione psicologica del poeta. L’aridità esterna diviene così anche inaridimento interiore, impossibilità di provare sentimenti vivi e intensi. In questa condizione resta dunque solo un’inquietudine senza nome che fa sì che tutto sia indifferente. Tuttavia solo in questa indifferenza si può trovare una forma di salvezza dal male di vivere che affligge tutti gli esseri. Questa condizione esistenziale inaridita e impoverita, che imprigiona le creature umane senza possibilità di scampo, si proietta in un altro oggetto carico di significato, ricorrente nella raccolta: IL MURO, o più precisamente la muraglia che ha in cima cocci aguzzi di bottiglia. Questo muro è impossibile da valicare, impedisce di vedere cosa ci sia al di là, ossia lo scopo e il senso della vita. In tal modo il Vivere precipita verso il Nulla. Ciò nonostante, Montale è alla ricerca di un varco da cui poter fuggire per salvarsi. Un altro motivo portante della raccolta è dunque il tema del VARCO, ossia della fuga, tema inteso come superamento della solitudine esistenziale alla ricerca di una vita autentica e che rimane però una possibilità irrealizzabile, una speranza vana, un’esperienza totalmente negativa in quanto rappresenta la percezione improvvisa e traumatica del nulla. Nonostante la consapevolezza raggiunta la raccolta si chiude con l’auspicio che un giorno l’anima del poeta possa rifiorire nel sole che investe le riviere liguri. Per quanto riguarda il LESSICO della raccolta esso accoglie termini impoetici, a volte dialettali, ma seguendo la lezione di Gozzano, Montale inserisce anche termini rari, letterari e aulici. Nella METRICA invece Montale si allontana dal metodo di Ungaretti che distruggeva il verso tradizionale, isolando la parola in un alone di silenzio per farne rivelare tutta la potenza evocatrice. Montale preferisce ricorrere al verso libero, conquista tipica della poesia novecentesca, ma usa spesso anche il verso più classico della poesia italiana: l’endecasillabo.

LE OCCASIONI La seconda raccolta poetica di Montale, intitolata Le occasioni, uscì nel 1939 presso l’editore Einaudi di Torino. Si trattava di una raccolta di 5 poesie a cui sui in seguito se ne aggiunsero altre 4. Il titolo sembra alludere a poesie collegate a determinate occasioni dell’esperienza dell’autore, ma in realtà il legame con i fatti autobiografici è implicito o taciuto. Quella poetica degli oggetti che era già presente negli Ossi di seppia viene qui portata alle estreme conseguenze. Ogni commento psicologico o sentenzioso tende ora a scomparire e resta solo l’oggetto, con la sua carica di significati che diventano oscuri e difficili da decifrare. Su queste soluzioni agisce probabilmente in modo diretto l’influenza di Eliot e della sua poetica del correlativo oggettivo, d’altronde Montale aveva iniziato a leggere il poeta americano, che poi arriverà anche a tradurre. Rispetto al primo libro, nelle Occasioni si registra un netto innalzamento stilistico che esclude le mescolanze linguistiche e lo stridore fra aulico e prosaico, puntando su un registro decisamente elevato e monolinguistico. Le Occasioni sembrano trasmettere un messaggio che non vuole farsi decifrare, che vuole restare nascosto. In questo esse sembrano avvicinarsi all’ermetismo, fino a presentarsi come l’esempio più significativo della tendenza della poesia degli anni 30 a chiudersi in se stessa. Ma a differenza dell’ermetismo vero e proprio, la poesia di Montale, anche nella sua più penetrabile difficoltà, resta lontana da ogni allusività. Essa è estranea al metodo ungarettiano dell’analogia, non si affida alla magia della parola, mira invece a caricare gli oggetti e le figure di una vigorosa tensione mentale, insieme razionale e sentimentale.

Nelle liriche della prima parte, tra oggetti piccoli e insignificanti che accompagnano la vita quotidiana borghese, situazioni di gioco e di finzione, il poeta si rivolge a concrete figure di donne che recano su di sé il segno della realtà storica di quegli anni. Si tratta di donne reali conosciute durante brevissimi incontri e che si presentano come impegnate in un irrequieto, drammatico e silenzioso faccia a faccia con l’esistenza. Diverse sono le immagini che compaiono: Dora Markus, Gerti, Liuba, donne segnate da un destino di precarietà, di fuga e di assenza, che sono in realtà dei doppi del poeta stesso, proiezioni della sua inquietudine esistenziale. Nella parte finale della raccolta la figura femminile tende invece spesso a presentarsi come misteriosa forza salvatrice. Montale crea dunque un’immagine sublimata di donna-angelo, una nuova Beatrice dotata di virtù miracolose come l’intelligenza e la chiaroveggenza, capaci di indicare una via di salvezza dall’inferno quotidiano. I testi della raccolta si concentrano dunque maggiormente su una figura femminile, di nome CLIZIA, che, amata e mancante, diventa una figura emblematica della poesia di Montale. Clizia nella mitologia greca era la donna trasformata dal dio solare Apollo nel fiore del girasole e può essere anche assunta a rappresentare il valore della cultura. In Montale Clizia - al secolo, Irma Brandeis , un’ebrea americana studiosa si letteratura italiana che lasciò l’Italia costretta a tornare negli Stati Uniti a causa delle leggi raziali- assume contemporaneamente i tratti di una donna reale e quelli della donna salvatrice e angelicata che, richiamando alla memoria la tradizione stilnovista, diventa per il poeta l'ultima àncora di salvezza dal disastro storico e personale cui egli assiste. Questo miraggio di salvezza che Montale intravede (e che lo distoglie, almeno in parte, da una condizione di solitudine), verrà ulteriormente sviluppato nella raccolta successiva, La bufera.

LA BUFERA E ALTRO Nel 1956 Montale pubblica presso un editore veneziano la sua terza raccolta di poesie, La Bufera e altro. L’opera è divisa in sette sezioni, che si distinguono l’una dall’altra per la varietà dei temi trattati, dall'attualità drammatica della guerra alla funzione testimoniale della poesia delle ultime liriche: Finisterre ; Dopo; Intermezzo; Flashes e dediche; Silvae; Madrigali privati; Conclusioni provvisorie, in tutto 58 poesie. Essa racchiude al suo interno poesie composte tra gli anni 40 e gli anni 50: anni che abbracciano un periodo storico molto denso e significativo per l’Italia e l’Europa in genere. In questo lasso di tempo il poeta visse infatti il dramma della Seconda Guerra Mondiale e lo sfascio del dopoguerra. Esperienze di tale portata e pathos non potevano che caratterizzare la produzione poetica di Montale. Considerando però la poesia come qualcosa di trascendente, focalizzata sull’analisi della condizione umana nella sua complessità e universalità, Montale non si sofferma sui singoli accadimenti storici, ma riafferma il valore della poesia come espressione della dignità umana e intellettuale Ne La bufera il male di vivere diventa insomma cosmico ed universale, conseguenza tangibile del terribile momento storico. Nella raccolta ritorna anche la figura della donna angelo. CLIZIA subisce qui un’evoluzione che la porta a diventare un’interlocutrice ancora più fondamentale agli occhi del poeta. Il suo ruolo salvifico viene ulteriormente accentuato, in un mondo e in una realtà quotidiana tanto piegati dalla dittatura fascista. Tuttavia la speranza di salvezza da lui offerta risulta presto impossibile, in quanto nella situazione degradata degli anni successivi alla guerra la donna-angelo è costretta a fuggire. Si verifica allora una svolta fondamentale nella tematica montaliana.

Alla figura dell’angelo salvifico si contrappone un’immagine di vitalità con il passaggio dall’angelico al terrestre, dalla Beatrice a un Antibeatrice. Si impone ora una nuova figura femminile, indicata con il soprannome di VOLPE che in realtà si riferisce alla poetessa Maria Luisa Spaziani. Questo personaggio, imponendosi come una sorta di antibeatrice, sostituisce alla sublimazione platonica di Clizia, il mito dell’eros. Nella raccolta, tra le figure femminili, compare anche la moglie del poeta, affettuosamente chiamata MOSCA, immagine anch’essa antitetica rispetto alla Beatrice, nella sua dimessa sapienza di vita quotidiana. Nel suo terzo libro Montale canta, con sofferenza, la bufera che investe l'umanità, esprime in versi il male cosmico che travolge il mondo, lo vede con disincantata e razionale lucidità, ma non sa come combatterlo se non con l'arma della profezia, cioè della poesia. L’ultima sezione del libro, intitolata Conclusioni provvisorie, testimonia l’approdo a un profondo pessimismo dinanzi alla realtà presente. Dal punto di vista stilistico la raccolta prosegue sulla linea di una lirica di intonazione elevata e ardua, ma per vari aspetti si differenzia dalla precedente. Si orienta infatti verso un maggiore plurilinguismo che nei registri inserisce anche elementi prosastici e realistici, termini tecnici e persino dialettali.

SATURA Dopo La bufera per alcuni anni Montale non scrive più versi. La ripresa avviene negli anni 60 con la pubblicazione dei primi 14 XENIA, testi molto brevi in cui il poeta si rivolgeva alla moglie. Il termine Xenia deriva dal greco e indicava sia i doni fatti agli ospiti sia i brevi componimenti poetici che accompagnavano tali doni. Con una serie successiva di altri 14 questi Xenia confluiranno nel 1971 nella raccolta intitolata SATURA che rappresenta in Montale una svolta di particolare rilievo. Qui il poeta conferma e accentua il suo pessimismo storico. Il titolo latino Satura racchiude un doppio significato, quello corrente di satira e quello originale che nella letteratura antica indicava un genere in cui si mescolavano argomenti svariati, soprattutto di cronaca e di costume. I suoi obiettivi polemici sono soprattutto la massificazione che omologa modi di pensare e comportamenti e il bombardamento dei mass media. Nei confronti di tali manifestazioni Montale si pone in un atteggiamento di freddo e ostentato distacco che si risolve in duri giudizi di condanna, espressi con ironia impietosa e sprezzante. La sua polemica non è però animata dalla fiducia di poter modificare l’esistente, di riscattarlo in qualche modo. Il suo pessimismo è ormai tale che gli impedisce di vedere alcuna alternativa nel futuro. Nella raccolta ha grande rilievo la figura della moglie, DRUSILLA TANZI, chiamata dal poeta affettuosamente LA MOSCA. La funzione della sua immagine è antitetica a quella della donna-angelo salvifica: se Clizia rappresentava la chiaroveggenza intellettuale, Mosca insegna una sorta di saggezza quotidiana, un’ironica arte di vivere che è l’unica a permettere di resistere all’insensatezza e alla degradazione dominanti.

In questa raccolta si ha una poesia prosastica, in quanto Montale capisce che l’unico modo per far parlare ancora la poesia in un contesto così degradante è quello di trasformare la poesia stessa in una non-poesia. Per questo Satura segna una netta rottura con lo stile alto che caratterizzava Le occasioni e ancora in buona parte La bufera. Qui Montale sceglie invece deliberatamente uno stile basso, comico, che imita parodisticamente i linguaggi contemporanei. All’armonia anche aspra e dura dei versi di un tempo, corrisponde adesso una sorta di dissonanza antilirica e antitumorale. Satura segna dunque nella produzione di Montale un netto cambiamento di stile: il poeta utilizza un linguaggio prosastico e colloquiale, si concentra su azioni del quotidiano, da cui prendono avvio riflessioni esistenziali, e su fatti di cronaca. Lo stesso accade nelle raccolte -Diario del ‘71 e ‘72 (1973) e -Quaderno di quattro anni (1977) Queste opere riducono la poesia a una specie di cronaca del quotidiano e sono caratterizzati da una discorsività frantumata in appunti, notazioni e frasi per lo più brevi, dove non regnano che confusione e contraddizioni, dove tutto è contraffazione e finzione....


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