Palinodia al Capponi - Riassunto Letteratura italiana PDF

Title Palinodia al Capponi - Riassunto Letteratura italiana
Author Alessia Orlandi
Course Letteratura italiana
Institution Università di Bologna
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Summary

Breve Parafrasi...


Description

Palinodia al Capponi  Epistola pubblica che tratta temi pubblici  Campana ci dice che è uno dei canti più problematici del Liber: innanzitutto il titolo – non è solo una palinodia, ma è una palinodia (ritrattazione) della palinodia, ma questa è una finta palinodia – e ciò che l’autore dichiara al suo interlocutore, ovvero il fatto di ritrattare qualcosa che però realmente non viene rirattato, e usa lo stilema dell’antifrasi (richiamo a Parini). E’ un esercizio di bravura che si mette in gara con “Il giorno”.  Mette in camo oggetti reali, non c’è vago, non c’è pellegrino, né idilliaco.  Usa parole straniere per fare il “verso” a ciò che va di moda: es, sigari, boa, cholera, walzer, canapè. Etc  Anche toponimi stranieri, parole auliche latine, con parole prosaiche e basse, che rimandano ad oggetti bassi, come le pentole. Abbiamo di fronte un testo complessissimo, che se non sapessimo che è di L non capiremmo che è L.  L era stato trattato molto bene nel circolo Viessieux, tanto che il libro de i Canti del 31 era dedicato “agli amici suoi di Toscana”, quindi non si sa se veramente il Capponi è il diretto interessato della palinodia/invettiva o se era solo l’interlocutore. E’ difficile che si scagli contro di lui in questo testo, sarebbe irriconoscente, poco credibile, e non sarebbe lo stesso L che nella Ginestra individua la social catena come strada per la reazione contro la natura. Inoltre all’inizio definisce Gino “candido”, che sembrerebbe povero credulone, ingenuo, invece Campana rimanda all’altra accezione di candido, il Candide di Voltaire, un personaggio acuto, sensibile, versatile, è tutto il contrario di un candido credulone. Campana non ha citato nell’introduzione le lettere che Capponi ha scritto dopo che gli è stata scritta questa poesia, risponde a L in maniera molto cordiale, ringraziando, ma non l’ha presa bene e si risentì della poesia. Dice di condividere alcune critiche espresse nel canto, ma in privato sfogò il suo sdegno col Tommaseo e col Viessieux. L dopo questo testo non è più visto come uno di loro, e anche dai napoletani perché RINUNCIA AL PROGRESSO e dice che chi crede nel progresso e nel benessere materiale (elettricità, treni, commerci, alimentazione più ricca etc) in realtà si illude, perché non c’è niente oltre che la “sepoltura”, rinuncia all’ottimismo e alle magnifiche sorti e progressive.  Molto raffinato l’artificio retorico, da sembrare esso stesso una presa in giro. “Maledetto gobbo” è come Capponi definisce Leopardi, egli si è messo in capo di “coglionarmi” dice il C al Vessieux. Nella lettera al Tommaseo capiamo che L non è parte di quel corpus intellettuale dopo questa poesia.  In realtà forse, gli indirizzari di questa letterea sono altri, non il Capponi e non i diretti esponenti della cerchia del Viessieux, ma coloro che magari predevano troppo sul leggero le idee del giornale “l’Antologia”, quindi l’esaltazione della matematica, della statistica, della fisica.  E’ chiaro che qui è tutto antifrastico, tutto si gioca su questo registro. Ci sono molte iperbole antifrastiche, c’è ironia sferzante.  Nasce ora il positivismo, con la macchina a vapore, coi progressi tecnologici, negli altri testi L dà ragione alla Pars Destruens, qua invece condanna l’idea che il benessere materiale porti al benessere spirituale, e che il bene dei tanti sia anche il bene del singolo.  Testo distopico quasi. Esergo “il sempre sospirar nulla rileva” molto ambiguo, come tutto il testo: il sospirare non serve a nulla, non ha nessuna utilità. Il sempre sospirare è di chi soffre, quindi il lamentarsi sempre non serve a nulla: un po’ come autosmentirsi, perché lui comunque si lamenta e non poco.  vv 36-37 cita il Petrarca “di me medesimo meco mi vergogno”.  “beata prole mortale” ossimoro, si rivolge ai suoi contemporanei, che non sono beati se sono mortali.  vv 13-14 ci fa entrare in uno di quei caffè dove si riunivano i letterati. Dice: Ho assaporato il fumo dei sigari, sentito il crepitio dei pasticcini, le grida militari di coloro che ordinano gelati, bevande, le tasse percosse, cucchiai come brandi ( rivediamo il Parini), la luce giornaliera delle Gazzette rifulse nei miei occhi. - Prende in giro tutti coloro che ha incontrato in quegli ambienti, che credono oror colato tutto quello che esce dalle Gazzette. E’ come Apsasia quando la indica come quella col vestito viola, come Fanny etc etc. – riconobbi e vidi la pubblica letizia, e le dolezze dl destino mortal. Vidi l’altissimo stato e il valore delle cose terrene, e è tutto rose e fiori il corso umano, e vidi come niente quaggiù dispiace e dura. Né conobbi di meno gli studi […] il correre della felicità dell’anima correre […] e tenerla per le chiome, o tenerla per l’estremo del boa (quello delle donne, piumoso). Così vedendo e pensando sui foglio grossi delle Gazzette , profondamente e bla bla bla, vergogna.  Sta per tornare il secolo d’oro, oh Gino. Ogni giornale gi vario genere, e di qualsiasi posto lo promette al mondo. Promette l’unione dell’amore universale, ferrovie, commerci universali, vapori e malattie, e dei popoli e climi diversi. Tutti si stringeranno insieme. (“Tipi” case tipografiche.) E non dovremo stupirci se pini o querce trasuderano latte e miele. O si danzerà al suono di un walzer. Questo benessere verrà e tanto cresceranno gli alambicchi e le store. […] La discendenza dell’uomo di meglio in meglio volerà sempre senza fine. L’uomo del futuro non sarà costretto a cibarsi di ghiande a meno che non abbia fame, perché non ci saranno ghiande, ma cibi lussosi. E quest’uomo combatterà sempre, e oro ed argento disprezzerà, perché si accontenterà della carta moneta/delle cambiali. E non si asterrà dal far versare sangue ai suoi, e clpirà con mano violenta: anzi, ci saranno guerre in Europa e in America (l’altra riva), fresca

nutrice di pura civiltà – L’America era neo colonizzata e non è che fosse questo massimo di civiltà, è ironico qui- sempre che ad essere spinte a fare queste guerre lo siano er motivi economici e per tutto ciò che si possa tamutare in oro.  vv 69: l’uomo non può costruire rapporti civili perché la natura glielo impedisce, qui l’uomo non è un animale sociale. Qua l’uomo onesto e virtuoso è costretto a stare in fondo alla società, e anche se volesse cercare di fare il suo sarebbe comunque corrotto dagli altri. La natura ha scelto che rimanessero a galla (galleggiar sortiti) coloro che erano mediocri, che ingannano, che osano sfacciatamente. Chiunqua avrà impero, potere e mezzi, quanto più vuoi, accumulate centrate abuserà delle sue potenze e forze. Questo lo hanno scolpito la natura e il fato nel DIAMANTE. E con i fulmini suoi non li cancellerà mai, né Volta né Davy (inventore della lampada di sicurezza per i minatori – queste luci artificiali, questo progresso, non ha nulla contro questa legge- neanche l’inghilterra può nulla con le sue macchine a vapore, neanche un fiume (Gange) di scritti. Il buono sarà sempre tramutato in triste e il codardo ed il tracotante saranno in festa. Calunnia odio e livore saranno seguaci al vero. Il trionfo generale di calunnia odio e livore sarà per sempre, da tutte le parti dalle equatore ai poli. A meno che non venga meno al nostro genere la terra e il volto del giorno – cioè mai -.  Il tono è apocalittico e iperbolico.  “reliquie” : non sono reliquie, anzi il contrario, ma sono reliquie ciò che lui dirà dopo.  L’uomo non può che andare contro se stesso, perché ha per natura mille discordi e repugnanti. Qui sembra che L smentisca ancora Foscolo: quando lui dice che tribunali ed are potrenno portare alla civiltà e alla concordia tra uomini, L dice di no. La felicità dei mortali non è in queste cose lievi (che non sono lievi per nulla) ma in cose più grandi (irony).  Qui c’è invettiva contro il consumismo – Se le vesti diventeranno più morbide, di lana o di seta, a prova, i fabbri e i lanai abbandoneranno i loro rozzi panni e ora cercheranno di chiudere la loro scabra pelle (pelle rovinata) nei panni di cotone e si copriranno la schiena con tessuti costosi – la loro pelle è rotta, la loro schiena è incurvata, che cazzo se ne fanno dei bei panni di cotone –. 115vv: tutti questi begli ornamenti adorneranno le case mensilmente, vuoi per lo scadere della moda, vuoi perché sono oggetti che durano pochissimo. E nuove forme di pentole e tegami verranno ammirani nell’arsa cucina. Vv 121: intende con tutti questi luoghi per dire “tutto il mondo”, in pgni caso si riferisce anche al traforo che doveva collegare l’Eu continentale alla Manica. (sarcasmooo) Tutte le vie meno trafficate delle città più grandi e delle più piccole saranno illuminate, ma non illudetevi, le strade saranno poco sicure lo stesso perché “benché sicure al pari”. E’ l’atteggiamento di chi guarda coloro che ammirano il futuro e se ne beffa. Continua a distruggere tutto, sa che tutto ciò che dice è il contrario di ciò che pensa.  vv 154 – condanna la natura che viene paragonata ad un bambino – la natura viene paragonata ad un bambino che usa fogliolini e fuscelli per costruire un edifico a forma di tempio o di palazzo, è una natura acpricciosa perché subito lo guarda e lo distrugge. E’ un bambino capriccioso che costruisce, ammira e distrugge. Appena la vede perfetta, ccompiuta, una sua opera la distrugge, distribuendo le parti distrutte altrove. E’ un gioco reo, inquo, colpevole. Di tutto questo in vano a preservare se stesso accorre l’uomo, l’uomo non capisce los copo di questo gioco, e accorre in vano per difendersi, cercando in mille modi, con mano anche dotta e abile, ceracando di mettere in atto 1000 virtù, ma non srve a nulla perché la natura (stessa natura del Dialogo del pastore errante o dell’Islandese) si trastulla, e l’uomo qui è un fuscello minuscolo. Alla fine la natura non fa altro che costruire una famiglia di mali incurabili, ed è fatto per morire irreparabilmente. (“fere” – ferisce). Indefatigata = è latino. L’uomo ha mali immedicabili, ma la natura è indefatigata. La nonadecima è il secolo, e per quanto noi ci illudiamo di essere nel progresso, siamo come i popoli del medioevo Ogni anto sarà infelice e non solo nei civili ordini e modi, ma nella vita in tutto, per essenza insanabile che abbraccia cielo e terra.  Nel polemizzare contro coloro enfatuati dalla riviste, dalle gazzette che vengon ammirate dal civile gregge, i pecoroni, dicono che adesso ci stiamo avviando al secolo dell’oro.  vv 227: Gino, uno dei tuoi mi ha detto di smetterla di scrivere poesie contro i tuoi prpri affetti, dei tuoi mali questa età maschia se ne frega perché volta agli studi econonmici e alle cose mondane. Perché vuoi scavare nela tua interiorità? Canta il progresso, canta i bisogni. Quando qualcuno di voi mi ha detto ciò, io al tempo mi son messoa. Ridere e l’ho preso quasi come comico. Ora torno in dietro, e prendo una strada diversa da prima. Se prima ne ridevo, adesso ho capito di aver sbagliato, per non dubbi esempi: per chi cerca la fama si deve andare dietro al secolo, ed ho deciso adesso di esaltare la nuova speranza, e ora ho capito che la speranza io certo canterò, e di questa speranza che io adesso ho compreso, vedo il preannuncio che gli dei ci hanno concesso, ovvero la BARBA. La Barba (simbolo dei carbonari e dei rivoluzionari) ci dice che è nata una nuova società. Si rivolge alla barba da adesso, la saluta, le dice di crescere, che l’Italia crescerà coi suoi peli. “E tu comincia a salutare col riso gli ispidi genitori” ripreso da Virgilio dalla quarta egroga. L comincia a salutare gli ispidi genitori, i genitori barbuti, non ti far impaurire dall’innocuo nereggiare dei volti cari dei tuoi. Ridi.  il testo è ironico, sarcastico, ma amaro....


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