Filosofia dello Sport riassunto PDF PDF

Title Filosofia dello Sport riassunto PDF
Course Filosofia dell'educazione
Institution Università degli Studi di Firenze
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riassunto del libro per esame proff mariani filosofia dell'educazione...


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-La FILOSOFIA dello SPORT- Fabrizio Ravaglioli, a cura di Luigi Palmieri (riassunto di Eleonora Biondi) INTRODUZIONE: Perché una filosofia dello Sport? Gli studi negli ultimi anni si vanno accumulando intorno a questo fenomeno collettivo, guardandone i diversi aspetti, psicologico, sociologico, storico che permettono una conoscenza di questa realtà che, almeno in tempi recenti, in genere è guardata con diffidenza dagli intellettuali. Questi studi hanno anche un secondo merito, oltre al primo appena citato di portare alla luce della conoscenza i motivi di un complesso di pratiche e di passioni che per loro intensità occupano le pagine dei giornali. Il secondo è anche questo: che una volta divenuto oggetto di indagini “scientifiche” lo sport perde una parte della cattiva reputazione. Oltre a questo il desiderio dell’autore è di andare avanti nelle domande sullo sport, entrando in un contesto, per modo di dire non scientifico in senso stretto. È la possibilità appunto della filosofia.

L’impianto del libro: Lo sport si sviluppa nella civiltà Greca. Non ha il nome sport come intendiamo in senso moderno ma ne ha la stessa mentalità e organizzazione; c’è soprattutto il VALORE. Nell’ Ellade un posto di valore ce l’hanno anche gli ATLETI. Il ginnasio è il centro della vita cittadina, come il teatro. È evidente la derivazione delle gare atletiche dalle pratiche militari. La competizione, l’agonismo sono il sangue della civiltà greca. Scorre persino nelle scuole Filosofiche. La disputa è una gara. La Cultura greca arcaica ed omerica non conosce il libro. I rapporti umani sono faccia a faccia. Non si comunica con un interlocutore lontano e sconosciuto, ma solo con chi ti è davanti. Perciò il gesto e l’immagine, la passione e l’emozione valgono moltissimo. Possono convincere, possono stabilire la loro superiorità dal proprio punto di vista. La caduta del mondo ellenico, e più in generale del mondo classico, coincide con il declino i e formi locali. Non hanno certo come le Olimpiade che scandivano la cronologia, erano le campane della storia, i tornei medievali sono rintocchi lontani. Con il XVIII secolo e l’inizio del secolo successivo prende figura lo sport moderno. L’ archetipo Ellenico ne ha indicato sicuramente la strada. La spinta più immediata viene data dalla politica e dall’ industria, due espressioni tangibili di modernità. Non ha casa la geografia dello sport vede la Germania e l’Inghilterra in testa. La prima ne ritrova una funzione rituale, comunicativa ed evocativa dello spettacolo atletico. La ginnastica eseguita a squadre e in

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sincrono ne dava un’unita di popolo. Ma lo sport nel significato più ristretto quale competizione agonistica regolata da codici è un fenomeno inglese. Lo sport è una conseguenza della produzione industriale che esige un programma, controllo, misura delle prestazioni; l’ economia monetaria e gli scambi alimentati dal traffico veloce allargano il mercato – la disposizione psicologica verso l’ iniziativa, il rischio la competizione in vista dell’ affermazione del sé – il valore del merito personale e del successo: questi sono i caratteri dello sport moderno: L’ universalizzazione delle pratiche e delle regole (gioco calcio uguale in tutto il mondo) e l’ espressione delle capacità personali per dimostrare il merito, frutto di natura e disciplina che sono indipendenti dall’ origine sociale. . Ma non è solo questo. Può avere un’ambivalenza intrinseca, perché se da un lato mostra affinità con gli effetti della modernità per altri rappresenta una controtendenza con la modernità stessa: E’ stato notato come nello spettacolo sportivo affiorino degli standard di comportamento palesemente arcaici. La gara sprigiona energie complementari. Sugli sparti si ricostituisce la tribù. L’ eccitazione della folla può infrangere il sottile diaframma che separa la civiltà dalle barbarie. Tutto questo ha destato il biasimo di coloro che non sono contagiati dal tifo sportivo. Tra questi in prima fila gli intellettuali o coloro che generalizzano la vita secondo i criteri da serio al futile. Per rintracciare i motivi del successo dello sport ho dunque dovuto disegnare un profilo della società moderna o dell’ambiente nel quale vive l’uomo del Novecento occidentale. Come ha anche evidenziato Lorenz1, uno zoologo ed etologo austriaco. È considerato il fondatore della moderna etologia scientifica, da lui stesso definita come «ricerca comparata sul comportamento») la diversa velocità del mutamento della società, da una parte e della personalità dall’ altra. Sembra che la personalità odierna sia costretta in un certo qual modo a riparare i danni prodotti dallo sviluppo della civiltà. Da qui l’idea che lo sport derivi da un bisogno di compensazione e quindi un bisogno di aleatorietà, eccitazione, entusiasmo, estrinsecazione della’ aggressività, ritrovamento della passione collettiva, ammirazione della forza fisica, della destrezza delle mani, delle gambe, delle braccia, di spontaneità ed espressività, prodotto della realizzazione quotidiana, aspetti che vengono colmati nello stadio o nel palazzetto dello sport. Da qui i rituali celebrati nei giorni festivi assumono l’intensità della lotta per la sopravvivenza. Ma

. Per l’autore è questa l’altra ragione dello

sport. Non solo coprire un vuoto ma anche gettarsi nella mischia, per misurare le proprie forze, per inseguire un’ambizione. Per Ravaglioli, se questa congettura ha qualche credito allora il legame dello sport con la natura umana potrebbe risultare sostanziale e quindi la popolarità, anzi la religiosità

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Konrad Zacharias Lorenz (Vienna, 7 novembre 1903 – Altenberg, 27 febbraio 1989

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dell’evento agonistico andrebbero viste proprio da un’ottica filosofica e interpretate come sintomi della qualità della specie. Ma se lo sport risolve dei problemi non vuol dire che esso è privo dei problemi e a questi Ravaglioli dedica il capitolo finale del libro. Lui ne identifica tre. Due problemi sono vistosissimi: il doping e la violenza. La terza malattia meno drammatica delle altre, è forse la più insidiosa. La quotidianizzazione. Essa inietta banalità, alla lunga spenge ogni differenza. Se ne vola via la dimensione festiva, extra-quotidiana, e per questo eccitante. La quotidianizzazione è un parassita che genera indebolimento. Infine due parole di Ravaglioli sul suo privato: Da adolescente voleva diventare un calciatore, poco più in là si mise a leggere libri di filosofia. Alla fine però non è diventato né calciatore né filosofo. Con ironia dice ho solo potuto scrivere un libro di filosofia dello sport. “Sarebbe stato una cosa migliore se avessero vinto i desideri dell’adolescente e di conseguenza non avessi potuto dir niente a chi mi sta leggendo !?” di Ravaglioli pag. 15 CAPITOLO PRIMO: Il Mondo Classico, come un Archetipo L’ idealizzazione e la critica Cominciare dai Greci è quasi inevitabile. I giochi olimpici sono una loro creazione, poi l’oblio e pian piano il risveglio alla fine del Settecento e nei primi decenni dell’800, soprattutto nell’ area di cultura tedesca, dove l’ellenismo è stato sia una scoperta ma anche una trasfigurazione storica. Questo ha portato ha una ripresa delle arti figurativi, della poesia e della filosofia e chiaramente fino all’ emergere della figura di Olimpia. Questo per dire che De Coubertin2, un pedagogista e storico francese, conosciuto per essere stato il fondatore dei moderni Giochi olimpici) era preparato da tempo quando nel 1896 inauguro i primi giochi olimpici moderni. Questi giochi olimpici dovevano avere tutti i tratti tipici della cultura greca e quindi la perfezione formale, l’equilibrio e l’armonia e l’agire disinteressato, immune

dall’ utilitarismo e dal particolarismo e per ciò universale e liberatorio. Questa era quindi un’idealizzazione predeterminata. I giochi dovevano ispirarsi a quel modello. Ravaglioli infatti precisa che disinteresse dell’atleta olimpico viene sconfessato dai fatti: dietro il sostegno delle polis alle feste sportive c’erano interessi politici ed economici. Lasciando da parte questo caso, Ravaglioli preferisce analizzare un altro aspetto, quello presentato dallo svizzero Burckhardt per essere poi portata alle estreme conseguenze dal filosofo Nietzsche: la caratterizzazione della cultura greca come cultura che esprime gli orientamenti dell'uomo agonale. L’agonismo greco appare inconfondibile. sembra proprio distinguere un’epoca storica da un'altra. Quella PRE-CRISTIANA che mette, appunto, l’agonismo e l’atletismo al primo

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Parigi, 1º gennaio 1863 – Ginevra, 2 settembre1937

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piano, perché ancora non separa la fisicità della spiritualità dell’uomo, e quella CRISTIANA che è una cultura basata su questa separazione corpo – anima. Tenendo conto di questo aspetto si può intendere che significato ha avuto lo sport nella cultura greca. Nella cultura greca l’atleta rappresentava un vero e proprio modello: ha perfino assunto il ruolo di atleta dello spirito poiché anche il sapere astratto, filosofico, nell’epoca della sua massima espressione (4°secolo a.C.) appariva il risultato di una sorta di prestanza intellettuale, di cui la dialettica era l’espressione più raffinata. L’ agonismo nell’ etica aristocratica arcaica Questo rapporto tra agonismo e fisicità va spiegato. Il motivo va ai costumi dell’età omerica. L’ ILIADE e L’ODISSEA riflettono la vita delle aristocrazie greche arcaiche la loro etica e virtù, l’aretè, costituita dalla prodezza, dal coraggio, dal valore e anche dalla magnificenza. L’ uomo

che vale, il guerriero, come scrive Ravaglioli, è colui che prende quel che vuole, e che poi può anche donarlo. Per questo ha un’altissima stima di sé: Non teme nulla neppure la morte. Il guerriero greco, non teme nulla ha molta stima di sé, forte è il sentimento dell’ONORE, infatti il più grave oltraggio era quello di non rifiutare l’onore di una persona. (Achille ne è l’esempio quando Agamennone gli toglie la schiava). (la forza) La prima è necessaria e naturale in una società dove le istituzioni non proteggono il singolo, quindi si era pronti a lottare per difendersi oppure si soccombeva. La seconda, invece, aveva la funzione di rafforzare e precisare la gerarchia sociale infatti gli eroi omerici aspirano costante al primato. Si aspira costantemente alla fama e all’ onore, desideri lontani, una continua ricerca di prestigio. Le caratteristiche personali e le gesta vengono continuamente ostentate e la fama diviene una forma di immortalità. Queste narrazioni avvenivano chiaramente per via orale e rimanevano stampate nell’ anima

degli ascoltatori. Queste virtù si sedimentano nella cultura greca, diventando il fondamento della cultura posteriore anche di quella dell’età di Platone. Nel guerriero si innestavano precisi meccanismi psicologici tra cui la (concentrazione delle proprie energie per secondi fini come ad esempio la ricerca del

e dovuto al bisogno di riconoscimenti. prestigio) e il L’essere il migliore, andare oltre gli altri rappresenta quindi una tensione originaria nel guerriero da cui è nata la disciplina della condotta. Tali virtù sono state divulgate attraverso la poesia epica che ne ha fatto il fondamento di tutta la cultura posteriore. Alcune tracce di tali virtù sono rintracciabili nell’atletica. Le prime gare atletiche erano una preparazione delle abilità della guerra. I guerrieri, infatti, si tenevano in forma attraverso quelli che sono i primi cenni di attività agonistiche. Solo attraverso la ritualizzazione dell’agonismo e della competitività è affiorata Pagina | 4

l’esigenza di un’educazione fisica fine a sé stessa mediante lo sganciamento dagli scopi bellici che ha favorito l’istituzionalizzazione dello sport. Che lo sport sia, dunque, collegato alla guerra è ormai certo 3. Basti pensare al linguaggio che utilizza di derivazione militare (attacco, difesa, avversario…). Per prepararsi alle gare occorreva disporre di tempo libero e anche di mezzi finanziari. L’istituzionalizzazione dei giochi ad Olimpia, inizialmente caratterizzati da un pubblico essenzialmente nobile, ha portato al conseguente allargamento della partecipazione a tali manifestazione sportive e ciò ha conseguentemente portato le città-Stato a concedere sussidi agli atleti sprovvisti di mezzi. Mediante lo sganciamento dell’attività fisica dal combattimento cruento, è avvenuta l’istituzionalizzazione dello sport e di conseguenza si è formata una nuova figura, quella degli allenatori o maestri di ginnastica. Anche nel linguaggio lo sport manifesta la sua parentela con il mondo militare, basti pensare: Attacco – difesa. Inoltre ai vincitori veniva data una ricompensa in denaro che permetteva loro l’opportunità di un nuovo professionismo come quello propriamente atletico : da qui ne consegue la nuova forma di utilità, cioè non più giochi ludici in momenti di svago ma una vera e propria specializzazione sportiva. Le pratiche atletiche sono così passate da “giochi” vissuti in momenti di svago a competizioni motivate al successo.

Lo sviluppo della pratica sportiva ha portato ben presto a due importanti mutamenti: Da un lato la pratica sportiva ha ceduto qualcosa della sua originaria funzionalità militare, ha cominciato ad autonomizzarsi, richiedendo un addestramento sistematico e specifico; dall’ altro lato come conseguenza di tale cambiamento ha cominciato a svincolarsi, dalla sua antica caratteristica sociale. Non ha potuto conservare la sua esclusività di ceto, la peculiarità di un passatempo della casta militare. (pag.26) Da Omero a Pindaro In condizioni di insicurezza quotidiana è chiaro che chi sa combattere o chi sa superare gli altri nelle gare si rivela il migliore. L’ efficienza fisica appare un requisito vitale è la garanzia della sopravvivenza quando mana come detto prima un potere centrale che protegga il singolo. La civiltà greca era competitiva proprio perché instabile e questa instabilità caratterizzava anche i singoli, caratterizzati da irrequietudine. Un esempio gli eroi omerici sono spesso colpiti dall’ accecamento. A tal punto, Ravaglioli evidenzia come il gioco atletico abbia anche questa funzione di limitare la violenza e dice: Di limitazione, non di rimozione. Nella gara l’esuberanza delle 3

Si può pensare come lo sport sia collegato alle pratiche militari anzi secondo Pleket, (* 22. Settembre 1930 in

Haarlemmermeer ) è un storico olandese. Ha pubblicato libri di storia sociale ed economica del mondo antico come storia dei Giochi Olimpici dell'antichità . Pleket è membro della Royal Netherlands Academy of Sciences . in Lo sport in Grecia a pag., 36, Lo sport è una conseguenza ed una preparazione della guerra. (p. 25).

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forze è raccolta, apprezzata, ma viene anche disciplinata. Si fa sentire il rispetto delle regole. Insomma si impara ad imporre alla natura selvaggia una forma. (pag.28) Con il tempo scomparirà anche l’occasionalità le gare vengono fissate in un calendario e com’ è ben noto le Olimpiadi hanno dato inizio alla cronologia greca. Da qui come ci testimonia del sofista Ippia avvenivano ogni quattro anni. È evidente come comunque la professionalizzazione dell’atletismo abbia finito con il far prevalere la remunerazione materiale. Questo aspetto fece attirare anche strati della popolazione non più esclusivamente aristocratici. IL massimo cantore dei giochi Olimpici fu Pindaro, celebrando il valore umano rappreso nella prova atletica, ammirando l’arte degli eroi leggendari, perpetuando lo stile dell’educazione classica, della paideia.

In altre parole: Esiste un rapporto tra la struttura sociale e così nell’età Omerica l’instabilità delle condizioni sociali si riflette nella instabilità del carattere degli eroi omerici. Il gioco atletico è stato uno dei mezzi di limitazione, ma non di rimozione, della violenza poiché, attraverso le regole condivise, si impara ad imporre alla natura selvaggia una forma. Nell’Iliade i giochi si svolgono in vista del rito funebre per la morte di Patroclo poiché, secondo la concezione dell’epoca, non esiste miglior omaggio ad un valoroso dell’esibizione della forza e della destrezza nella forma ritualizzata della gara di atletica. In tale passaggio emerge il concetto fondamentale secondo cui la prova sportiva richiede non solo forza fisica ma anche intelligenza. In tale contesto è evidente come le pratiche sportive non siano ancora separate dalla vita quotidiana. Esse vengono, infatti, fissate in un calendario. Come è noto sono proprio le Olimpiadi che hanno dato inizio alla cronologia greca. Con tale processo la divisione delle due discipline, sport e guerra, diventa inevitabile. Il desiderio di gloria resta comunque invariato ma non privo di un’associazione con la ricchezza materiale. L’atleta che gareggia aspira prima di tutto alla vittoria ma il premio è il segno del riconoscimento pubblico. La ricchezza materiale come ricompensa per la vittoria be prolunga il ricordo del successo e lo fissa nelle cose preziose. . Secondo Pindaro, nelle pratiche sportive l’eccellenza non è dovuta al caso né può essere acquisita tramite apprendimento ma vi è un’esigenza di legittimazione che associa la qualità fisica al volere divino o alla provenienza sociale, comunque ad un qualcosa di esterno. Ovviamente, se così fosse, l’atleta non avrebbe un gran merito nel limitarsi ad applicare la propria forza, propria per natura. Verrebbe quindi meno il valore primario dell’antagonismo quale quello della competitività. L’atleta diventa dunque un modello che le generazioni future imiteranno. Ha garantire la sopravvivenza della fama dell’atleta nel tempo sarà la poesia di cui Pindaro si sente investito. Pagina | 6

L’ età di Platone Guerre ed epidemie sono eventi che sconvolgono la demografia e ciò comporta una mutazione nella composizione della popolazione. Per rimediare alla carenza demografica arrivano in Grecia genti esterne proveniente da fuori che cercano di integrarsi alla comunità ateniese incrementando le attività lavorative della tradizione greca. Il flusso delle immigrazioni accresce così le occupazioni e le competenze artigianali. Nella Grecia classica tra i V e IV secolo inizia ad affiorare un’industria del tempo libero. Questo era il periodo della popolarità dei ginnasi, luoghi in cui si praticava la ginnastica e si apprendeva la lotta nella palestra. Gli esercizi erano sorvegliati da istruttori che ovviamente ricevevano un compenso. Fuori ci si esercitava nella corsa, nel salto, nel lancio del giavellotto e del disco. Il ginnasio era dunque un centro sportivo nel quale si raccoglieva la gioventù dei ceti elevati e benestanti. Era noto che accanto ai ginnasi nascevano scuole destinate all’ istruzione ma anche accademie filosofiche come quella di Platone o il liceo di Aristotele. L’ uso della scrittura è stato un fenomeno di incalcolabile portata anche per la Grecia classica, aprendo al mercato della cultura. La civiltà greca si stava anche intellettualizzando e questo ha portato a nuove valutazioni dell’attività sportiva e pian piano nell’ apprezzamento dei ceti colti il libro prenderà il posto della palestra e il ginnasio diventano luoghi d’ istruzione. La nuova gerarchizzazione delle attività umane vede salire al vertice gl’intellettuali e fu opera di Platone (427/347 a.C.). Ha voluto togliere dalla tradizione le tracce primordiali di rozzezza mettendo la coscienza scientifica al posto del rito e della magia. Nella sua opera Repubblica traccia un modello polito ben chiaro ristabilendo la giustizia e lo ha fatto in nome del Bene e non della forza. Per lui il Bene aveva un valore universale e cioè rispecchia l’ordine delle cose e del cosmo4. Quindi la forza era sostituita dalla giustizia di cui i filosofi conoscevano la natura, tradotto lo spirito a la meglio sulla nature o più propriamente sull’ istinto. Con l’età di Platone gli aspetti più rudimentali e grossolani del costume omerico sono abbandonati e l’educazione slargava la possibilità del destino al di là dell’evento di nascita. Questa nuova impostazione teorica non poteva non avere effetti anche sull’ attività sportiva: Viene introdotto a tale proposito un concetto per Platone fondamentale: la paideia ossia la formazione interiore. Con essa non si...


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