Fiorentino IL Teatro Francese DEL 600 (R) PDF

Title Fiorentino IL Teatro Francese DEL 600 (R)
Author Chiara Fumagalli
Course Storia del teatro francese
Institution Università degli Studi di Milano
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riassunto dettagliato del saggio di Fiorentino...


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RIASSUNTO: FIORENTINO, IL TEATRO FRANCESE DEL 600 CAPITOLO 1: LE ISTITUZIONI TEATRALI 1) Teatri e teatranti Inizialmente l’Hotel de Bourgogne era l’unico luogo in cui si potevano fare rappresentazioni teatrali a Parigi. Struttura: sala rettangolare, scena posta all’altezza del viso degli spettatori del parterre, palcoscenico inclinato per alimentare la sensazione di profondità. Gli attori dovevano andare fino al limite del palcoscenico per essere ben visibili dal pubblico – vi erano infatti diverse lamentele sulla scarsa visibilità. Se le compagnie non volevano o non potevano affittare l’Hotel de Bourgogne allora si insediavano in una sala di jeu de paume (= dove si giocava a pallacorda) – la principale era quella del Marais. Fine 500 – inizio 600: le rappresentazioni avvenivano anche in provincia tramite compagnie itineranti ( dove anche Moliere fa il suo tirocinio). Se queste compagnie non erano sotto la protezione di un signore svolgevano una vita grama. Le compagnie itineranti hanno contribuito all’unificazione culturale e linguistica del Paese. Nei giorni di festa i collegi gesuiti allestivano a scopi didattici rappresentazioni in latino e in francese (meno frequenti) storie romane e miti antichi rivisitati, episodi biblici e vite di santi venivano messe in scena dagli allievi maschi vestiti in abiti maschili. Il pubblico era costituito dai parenti degli allievi. A metà del secolo venivano anche usate macchine scenografiche. Il primo contatto con il teatro di Corneille avviene tramite il collegio dei gesuiti. Vita teatrale = vita scelta per passione che richiedeva molto coraggio e per lo più era abbracciata per una serie di tradizioni familiari. Gli attori dovevano effettuare la spartizione dei guadagni che avveniva alla fine di ogni rappresentazione; non tutti gli attori avevano una parte intera ed il capocomico poteva avere due parti o avere il diritto che ne fosse attribuita una a sua moglie. In caso di malattia si percepiva lo stesso la paga ed erano previste pensioni per chi si ritirava. I contratti si stipulavano a Pasqua e le parti potevano essere attribuite per contratto. Nella prima metà del secolo gli autori contavano pochissimo e nemmeno il loro nome compariva nelle affiches. L’autore cedeva dietro compenso i diritti del suo testo e, a fine secolo, gli veniva attribuito 1/9 del ricavato per una tragedia in 5 atti. I suoi diritti venivano riconosciuti solo fino alla pubblicazione del testo che, da quel momento, poteva essere recitato da chiunque senza che a lui nulla spettasse. La situazione cambiò in parte con Corneille che, non essendo riuscito ad ottenere una tutela legale dei propri diritti, cercò di farli comunque valere con varie strategie sia presso le compagnie sia presso gli editori. 2) La recitazione La recitazione, anche a causa dell’oscurità e della turbolenza del parterre, doveva essere esagerata. Nella tragedia si usava l’alessandrino e la dizione tragica ne valorizzava al massimo la musicalità. Soprattutto a inizio secolo erano consentiti grandi scarti sonori: grida, cambiamenti di altezza vocale, forzature che impressionavano il pubblico. Nella tragedia il discorso si muove tra due estremità, collera e tenerezza, ricoprendo una notevole gamma di sentimenti. La Mesnardière nella sua Poétique (1639) distingue discorsi diversi a seconda delle differenti passioni, mostrando insofferenza per quei poeti italiani che infiorano di figure ogni discorso a prescindere dalla sua natura. Anche François d’Aubignac nella Pratique du théatre (1640) proibisce abbellimenti figurati inutili all’azione. In queste opere si propugna un discorso virile, dignitoso, alimentato da un ideale morale e sociale di controllo e di compostezza, che possa costituire una sorta di grado zero a partire dal quale gli altri discorsi (dettati dalla collera, dolore, passione, pazzia ecc.) si qualificano come scarti patologici. Nella commedia invece, si accentua la propensione per un’espressione dei sentimenti meno artefatta; questo naturale comporta l’attenuazione dell’enfasi e un’ulteriore limatura della figuralità del discorso. La tendenza alla sobrietà si estende anche alla tragedia a fine secolo. I costumi degli attori non erano confezionati con alcuno scopo storico, erano tutti vestiti alla francese. L’abito doveva solo rispettare il rango del personaggio. Gli oggetti sulla scena erano pochissimi; a volte compare una sedia che può svolgere la funzione di segnalare simbolicamente il potere di colui che ci si siede. Per evitare con il buio della sera problemi di ordine pubblico, gli spettacoli teatrali iniziavano alle 14 ed i giorni deputati per le rappresentazioni erano il venerdì, la domenica e il martedì. Se due troupes prendevano 1

in affitto lo stesso teatro contemporaneamente, la meno importante aveva i giorni extraordinaires. I posti parterre (dove si restava in piedi) avevano prezzi popolari, i palchi erano riservati ai borghesi o aristocratici; se la sala era piena, gli spettatori disposti a spendere di più si accomodavano direttamente sulla scena. Questi personaggi in vista finivano spesso per intralciare la rappresentazione e condizionarla con la manifestazione evidente del loro giudizio. Il pubblico popolare del parterre (costituito da soldati, apprendisti, servitori ecc.) era sempre molto rumoroso e turbolento, le risse erano all’ordine del giorno. Poteva anche accadere che il pubblico costringesse gli attori a cambiare seduta stante una pièce non apprezzata con un’altra. 3) Teatro e Chiesa La reputazione sociale dell’attore migliorò durante il 600; decisiva fu la condotta di Richelieu che nel 1641 arrivò a riabilitare la professione di attore anche ufficialmente (l’opera di Richelieu fu portata avanti da Luigi XIV). Con il proseguire del tempo gli attori iniziarono a vivere sempre più in modo agiato e i principali divennero abbienti. Tuttavia restava un forte pregiudizio sfavorevole alimentato dalle gerarchie ecclesiastiche che accusavano gli attori di condurre una vita dissoluta e promiscua e di corrompere la moralità pubblica. Se non abiuravano alla loro professione non potevano essere sepolti in terra benedetta né accedere ai sacramenti. Moliere verrà sepolto nel cimitero della parrocchia di Saint Eustache solo grazie all’intervento personale del re. I rapporti tra teatro e religione cristiana erano sempre stati conflittuali e divennero ancor più difficili dal 500, quando il teatro laico si diffuse. Nel campo religioso la grande eccezione è costituita dai gesuiti che utilizzano il teatro nei loro collegi: la compagnia si nutre di quella cultura che intende neutralizzare nelle sue istanze secolarizzanti conciliandola con la religione. CAPITOLO 2: A INIZIO SECOLO 1) Le compagnie francesi Dal 1629 la compagnia Comédiens du Roi si installa stabilmente all’Hotel de Borugogne sotto la direzione di Robert Guérin. Un’altra troupe importante era quella di Lenoir che nel 1625 si disputa l’Hotel de Bourgogne con i Comédiens du Roi si scatena immediatamente un’aspra rivalità che sarebbe continuata anche quando la nuova troupe avrebbe occupato stabilmente il Marais nel 1634. La compagnia dell’Hotel de Borugogne e quella del Marais erano in spietata concorrenza tra loro e per lungo tempo dominarono la vita teatrale parigina contendendosi, oltre al pubblico, anche autori e attori. 2) Le compagnie straniere, gli “italiani” Anche gli stranieri facevano parte del panorama teatrale francese all’inizio del secolo. Il teatro straniero a Parigi per eccellenza è quello italiano dei comici dell’arte che durate tutto il secolo costituisce la maggiore attrazione comica cittadina. Vennero introdotti in Francia dai Valois e la loro prima attestazione risale al 1571. Nel secolo successivo diventano una presenza costante e nel 1601 arrivano gli Accesi di Flaminio Scala su invito di Enrico IV. Questo attore, Flaminio Scala, vi avrebbe creato la maschera di Arlecchino. Dal 1603 è attiva la nuova compagnia del Gelosi di Francesco Andreini. Gli attori italiani improvvisavano a partire da un canovaccio, impersonando tipi fissi riconoscibili attraverso la maschera, il costume e la cadenza regionale. Parlando in una lingua straniera al loro pubblico, nella recitazione facevano prevalere l’aspetto visivo. Gli italiani praticavano infatti una recitazione acrobatica, erano grandi saltatori e cascatori, contorcevano il loro corpo in gesti incongrui e meccanici detti “lazzi”. 3) Il trionfo della farsa Tranne rare eccezioni di ripresa di commedie sul modello umanista del secolo precedente, la commedia quasi non esistette fino alla generazione di Corneille. Le altre poche eccezioni, tributarie della farsa e della Commedia dell’arte, sono le opere attribuite a Pierre Troterel. La farsa francese (secondo Lebègue) sarebbe caratterizzata da una serie di costanti: - La concentrazione dell’azione in un solo atto - Il contrasto tra due situazioni limite

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Soggetti canonici come il tradimento coniugale e i mestieri che attribuiscono un ruolo al personaggio anche a prescindere dal carattere (al contrario nella commedia classica il personaggio è definito dal carattere). - Certi personaggi: il servo astuto e quello sciocco, la moglie autoritaria, il prete imbroglione ecc. - Il riferimento nella satira a persone reali - Alcune forme linguistiche (es. ripetizione) e teatrali (es. i colpi di bastone, la parola rivolta alla fine al pubblico) Tali caratteri verranno metabolizzati nel teatro di Moliere. Oscenità, situazioni scabrose, mariti che battono le mogli, ubriachi in scena, rutti ecc. sono l’armamentario comico di questo genere antico. La farsa mette in evidenza il corpo picchiato, concupito, contorto, rinchiuso in sacchi, rumoroso, espressivo. E insieme al corpo mette in mostra una prospettiva “dal basso” tipica della cultura popolare/carnevalesca. Ciò non toglie che gli autori dei testi siano uomini di lettere e il loro pubblico non manchi di una componente colta. Le farse si somigliavano abbastanza in tutte le lingue; soprattutto i loro temi basilari sono strettamente legati al corpo all’apparato digerente che si manifesta come ossessione della fame e degli escrementi, a quello genitale che consente di produrre una serie ininterrotta di scurrilità e allusioni oscene. Intorno al 1630 stava mutando radicalmente lo statuto sociale del teatro, infatti la farsa venne considerata dalla nuova generazione di autori e attori una vergogna, un genere indegno della nuova altezza morale e culturale cui aspirava il teatro. 4) Tragedia e tragicommedia Una predilezione per le sensazioni forti caratterizza anche le opere serie, tragedie o tragicommedie si tratta sempre di storie truculente dalle trame complesse, senza rispetto della bienséances (= le regole che dettano comportamenti moralmente e socialmente ineccepibili). Prevalentemente di accezione classica o biblica, esse mettono in scena uccisioni, stupri e mutilazioni. CAPITOLO 3: L’EPOCA DI RICHELIEU Il rinnovamento della drammaturgia francese alla fine degli anni 20 corrisponde a un cambiamento dello statuto sociale del teatro e l’affermarsi dell’autorità del cardinale Richelieu. Dal 1634 Richelieu affidò un ruolo essenziale alla cultura, cui venne attribuito il comito di elaborare nuovi valori: essa avrebbe dovuto esaltare il primato dell’interesse statale (impersonato dal re) per sviluppare un sentimento nazionale uno dei capisaldi era individuato nella lingua francese. Allo scopo di difenderne la purezza e di emanciparla dalla tradizione umanistica, latina e degli italianismi in voga all’epoca, venne creata l’Académie Française. La cultura promuoveva comportamenti più adatti e raffinati, in particolare si propagavano nuovi valori politici attraverso l’esaltazione dell’autorità regale: l’obbedienza al re doveva costituire un limite anche per due sentimenti enfatizzati in età barocca, onore e amicizia erano i sentimenti aristocratici per eccellenza. In questo progetto di nazionalizzazione della cultura il teatro svolse un ruolo centrale. Richelieu lo impiegò come strumento della sua politica: lo spettacolo si indirizzava contemporaneamente alle diverse classi, rappresentando concretamente l’ideale di unità di regno. L’interesse per il teatro divenne così una moda che investì anche gli strati più alti. È possibile distinguere il pubblico teatrale in: 1aristocratici, 2strati popolari, 3letterati e 4gli honnetes hommes ovvero nobili e borghesi agiati. Sono gli honnetes hommes che alimentano le casse dei teatri ed a essi si rivolgono gli autori e i critici. Saranno loro a decretare le mode. Richelieu sovvenzionò regolarmente i maggiori teatri (Hotel de Bourgogne, Marais) e prima della sua morte fece mettere un’ordinanza reale di riabilitazione della professione dell’attore. Fece inoltre costruire un teatro, il Palais Royal, nel suo palazzo, ma alla sua morte per una serie di vicissitudini il teatro non venne più utilizzato per 20 anni. Nel 1661 venne occupato da Moliere. Dagli anni 30 si affermò una nuova generazione di autori più colta e ambiziosa della precedente: si tratta di uomini di lettere. Nonostante ciò le consuetudini teatrali piuttosto conservative non cambiano e gli autori sono ancora costretti a cedere le loro opere dietro compenso, senza poter partecipare agli utili.

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1) La tragicommedia Nella rinnovata drammaturgia non trionfa subito la commedia, ma continua a dominare la tragicommedia. La tragedia classica si impose come modello solo in un secondo momento. La tragicommedia parla di nobili avventure tra persone illustri minacciate da qualche grande infortunio, che è seguito da un avvenimento lieto dunque la tragicommedia ha il lieto fine della commedia. L’estetica tragicomica, tipicamente moderna, invocherà sempre come giustificazione una maggiore aderenza alla realtà. La tragicommedia non rispetta le unità se non talvolta quella di luogo. La più famosa tragicommedia è Le Cid di Corneille, il cui successo è accompagnato da grandi polemiche; essa fu paradossalmente decisiva per l’introduzione delle unità e per l’affermazione del modello tragico. Vi erano messi in scena i valori maggiori della società aristocratica: onore, amore, eroismo. Questa piece mostra un’ambiguità ideologica e politica che alimentò diverse polemiche i valori della piece risultano molto contraddittori e difficilmente ascrivibili a un progetto preciso. Inoltre il dibattito letterario fu ancora più acceso e si focalizzò su due punti: fu messo sotto accusa il carattere immorale della tragicommedia e fu contestato alla piece il crimine di lesa maestà. La questione non era costruire opere conformi alle regole, ma creare opere che piacessero (concetto estraneo ai teorici). Corneille sapeva che per piacere bisognava ricorrere a un’arte raffinata che aveva delle regole. Bisognava saper costruire in maniera emozionante la piece concatenando eventi e dando risalto ai personaggi. 2) La pastorale A metà degli anni 20 si rinnova anche il successo della pastorale. La pastorale drammatica sceneggia in un ideale quadro bucolico amori di pastori che all’inizio si presentano molto contrastanti. Vari ostacoli possono impedirli: un personaggio ama due persone, rifiuta l’amore per una predilezione esclusiva a favore della caccia, sfugge per un oracolo male interpretato o per ragioni d’onore, è affetto da patologica incostanza. Alla fine grazie a un colpo di scena tutto si aggiusta e si formano le coppie. In queste opere si ricorre volentieri alle risorse della magia e del meraviglioso. I riferimenti al denaro, al corpo, ai vincoli sociali sono quasi del tutto assenti, mentre vi si disquisisce a lungo d’amore e soprattutto lo si esprime. A partire dal 1631 sembra incontrare un favore minore da parte del pubblico che è attratto dalle trame avventurose delle tragicommedie. 3) La commedia Il genere appena rinato doveva necessariamente differenziarsi dalla comicità più bassa. Ciò non significa che elementi innovativi non siano ancora rintracciabili nelle commedie degli anni 30, il loro impianto comico era marcatamente altro e soprattutto era percepito come differente dal sistema teatrale contemporaneo. Esse riprendono modelli o di commedia di carattere o di commedia d’intrigo. Il grande iniziatore della commedia francese è Corneille che compone una pastorale urbana, collocandola in un ambiente sociale medio-alto e su sfondo cittadino questa dislocazione cambia radicalmente il rapporto con il pubblico: il pubblico più colto e socialmente elevato può riconoscersi in questi personaggi che vivono in città con agio, preoccupandosi dei sentimenti. Nelle successive commedie Corneille accentua lo studio di carattere, ponendo al centro dell’opera un personaggio bizzarro o dalla potente personalità che condiziona l’intrigo con la sua mania. Realtà e teatro finiscono per essere ulteriormente assimilati in una funzione non più pedagogica: non c’è lezione morale ma solo rappresentazione di una complessità morale e psicologica. In questa continuità è stato scorto un percorso che va dalla commedia alla tragedia e che rappresenta, tramite la maturazione linguistica del protagonista, l’innalzamento della dignità teatrale. Nel teatro di Corneille l’opposizione tra i sessi si sostituisce alla tradizionale opposizione comica tra giovani e vecchi, che verrà invece ripresa con Moliere. Queste commedie si emancipano del tutto dalla farsa. I soggetti sono convenienti, i personaggi parlano una lingua decorosa che non è indipendente dallo sviluppo dell’azione drammatica. Non si travestono né ricorrono a oggetti magici, mancano i prati e gli scenari esotici e non sempre fanno molto ridere. Infatti, a scapito della comicità delle situazioni viene privilegiata la rappresentazione di psicologie complesse e di legami sentimentali ambigui. Con Corneille inizia una tradizione della commedia francese. 4

4) La tragedia Nel 600 era ancora salda la gerarchia dei generi di origine aristotelica che metteva la tragedia in cima. A differenza della tragicommedia, il soggetto della tragedia seicentesca era storico, religioso o leggendario, dunque per lo più conosciuto dal pubblico. Le fonti religiose richiedevano cautela, mentre quelle storiche e leggendarie potevano essere manipolate e soprattutto integrate sempre che alcuni dati della realtà venissero rispettati. L’abilità del drammaturgo consisteva nel riuscire a creare una suspense sulle maniere attraverso le quali si perveniva alla catastrofe. La scelta di un soggetto storico secondario e poco raccontato permetteva all’autore una maggiore libertà di invenzione. Le opere dovevano innanzitutto piacere che si ricavava innanzitutto dall’interesse dell’intreccio e dalla capacità di rappresentare e risolvere conflitti di natura psicologica, morale e politica. Un tratto che accomunava tutte le tragedie del 600 era l’elogio alla regalità. Il decennio 1630-40 segna il trionfo della tragicommedia, ma è anche il momento in cui si pongono le basi della drammaturgia classica. Solo da questo momento in poi si elabora un nuovo canone tragico abbastanza duttile da consentire esiti diversi ad autori tra loro molto differenti. Infatti, la tragedia non si conforma immediatamente alle regole dei critici: l’eloquenza, il patetico, le passioni rappresentate a forti tinte costituiscono gli ingredienti essenziali di questa prima fioritura tragica. 5) Le unità La questione delle unità ha attraversato tutta la cultura europea per oltre due secoli. La discussione riprese in Francia nel 600 e durò fino a Bolieau e oltre. Le unità non erano, all’epoca, le sole regole della drammaturgia, ma ve ne erano altre riguardanti la verosimiglianza, i personaggi, il decoro, le trame, la bienséances, l’exposition e lo stile. Molto vincolanti erano quelle che riguardavano caratteri e azioni dei personaggi che dovevano corrispondere alle norme morali in vigore (bienseances) altrimenti la loro condotta era irrimediabilmente tacciata di inverosimiglianza. Per quanto queste regole fossero importanti, quelle delle unità erano tuttavia più famose e dibattute, anche perché erano più facilmente riconoscibili. La loro applicazione comportò una vera e propria trasformazione della drammaturgia seicentesca. a) Unità di tempo: vi era il problema della relazione tra tempo rappresentato e durata della rappresentazione. Teoricamente, essendo un’imitazione teatrale di un’azione, per adeguarsi completamente all’illusione dello spettatore l’azione sarebbe dovuta durar...


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