Flessione deviata e composta PDF

Title Flessione deviata e composta
Course Scienza delle Costruzioni I
Institution Università degli Studi di Salerno
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appunti scienza delle costruzioni...


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UNIVERSITÀ DEGLI STUDI DI NAPOLI PARTHENOPE Ingegneria Civile ed Ambientale Analisi Strutturale e Principii di Progettazione – Prof. ing. Antonio Occhiuzzi a.a. 2011/2012

LA FLESSIONE DEVIATA Per introdurre il caso della flessione deviata, riepiloghiamo i risultati ottenuti nel caso della flessione retta. La presenza dell’unica caratteristica della sollecitazione esterna Mx comporta che Mx, momento flettente intorno all’asse x, sia costante e pari a Mx.

Osservando la sezione retta della trave nel piano x,y (x ed y sono gli assi principali di inerzia della sezione), in cui il momento flettente Mx viene rappresentato mediante il corrispondente vettore momento, è possibile tracciare il diagramma delle deformazioni εz e delle tensioni σz, corrispondenti alle espressioni analitiche: M Mx εz = y ; σz = x y Ix E ⋅ Ix

E’ già noto che i punti della sezione giacenti sull’asse di equazione y = 0 sono caratterizzati dall’avere tensione nulla: per tale motivo l’asse di equazione y = 0 (cioè l’asse x) prende il nome di asse neutro, che si indica con “n”. Nel caso della flessione semplice intorno all’asse x, si definisce asse di sollecitazione “s” la retta ortogonale al vettore momento Mx. Poiché l’asse “s” coincide con l’asse “y” e l’asse “n” coincide con l’asse “x”, gli assi “s” ed “n” formano tra loro angoli retti: è per questo motivo che il caso in oggetto prende il nome di flessione retta. Sotto l’azione delle caratteristiche Mx gli spostamenti dell’asse della trave avvengono lungo la direzione ortogonale all’asse neutro: tale direzione prende il nome di asse di flessione “f” e, in questo caso, risulta coincidente con la retta “y”.

(Appunti del corso a cura dell’Ing. N. Caterino)

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Se invece è presente l’unica caratteristica della sollecitazione esterna My, comporta che il momento flettente intorno all’asse y, My, è costante e pari a My.

Osservando la sezione retta della trave nel piano x,y in cui il momento flettente My viene rappresentato mediante il corrispondente vettore momento, è possibile tracciare il diagramma delle deformazioni εz e delle tensioni σz, corrispondenti alle espressioni analitiche: My My σz = − x; εz = − x Iy E ⋅Iy in cui il segno meno serve a rispettare le convenzioni di deformazioni positive se di dilatazione e tensioni positive se di trazione.

In questo caso, l’asse di sollecitazione “s” coincide con l’asse “x”, mentre luogo dei punti di tensione nulla (asse neutro “n”) coincide con l’asse “y”. Pertanto, anche in questo caso “s” ed “n” sono ortogonali e la flessione è retta. Sotto l’azione delle caratteristiche My gli spostamenti dell’asse della trave avvengono lungo la direzione ortogonale all’asse neutro (asse di flessione “f”) che, in questo caso, risulta coincidente con la retta “x”.

(Appunti del corso a cura dell’Ing. N. Caterino)

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Quando invece sono presenti entrambe le caratteristiche della sollecitazione esterna Mx e My, il vettore rappresentativo del momento flettente Mr ha direzione diversa da quella degli assi principali di inerzia. Tale vettore può venire scomposto mediante le due proiezioni sugli assi principali di inerzia: Mx = Mr cos α My = Mr sen α e pertanto, utilizzando il principio di sovrapposizione degli effetti, le espressioni di deformazione e tensione risultano essere: M M M Mx σz = x y − y x εz = y− y x ; Ix Iy E ⋅ Ix E ⋅ Iy

L’asse di sollecitazione “s” è ancora ortogonale alla retta d’azione del vettore momento Mr; l’asse neutro “n”, luogo dei punti di tensione nulla, è definito dall’espressione M I ⋅M y Mx y− y x = 0 ⇒ y = x x Ix Iy Iy ⋅M x e non è, in questo caso, perpendicolare all’asse “s”. La flessione si dice, pertanto, deviata. L’asse di flessione “f” risulta ancora ortogonale all’asse neutro “n”. La formula binomia che esprime le tensioni normali può esprimersi equivalentemente come segue: M σ z = n dn In in cui Mn è la proiezione del vettore momento Mr sull’asse neutro; In è il momento di inerzia della sezione rispetto all’asse neutro; dn è la distanza di un punto della sezione dall’asse neutro.

(Appunti del corso a cura dell’Ing. N. Caterino)

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LA FLESSIONE COMPOSTA

Consideriamo la mensola in figura sotto l’azione di una coppia Mx ed una forza Fz. Disegnando la struttura sostituendo al vincolo le corrispondenti reazioni, si ricade nel solido del De Saint Venant nel caso della presenza concomitante delle caratteristiche della sollecitazione interna Mx e Fz.

E’ questo il caso della tensoflessione (o presso flessione) retta. Le caratteristiche della sollecitazione interna diverse da 0 sono lo sforzo normale N, costante e pari a Fz, ed il momento flettente intorno all’asse “x” Mx, costante e pari a Mx. Utilizzando il principio di sovrapposizione degli effetti, le espressioni di deformazione e tensione sono ricavabili dai risultati ottenuti per i casi semplici di sforzo normale e flessione retta, e risultano essere: N M N M + x y; εz = σz = + x y E⋅ A E ⋅ Ix A Ix L’asse neutro “n”, luogo dei punti di tensione nulla, è definito in questo caso dall’espressione N Mx I ⋅N + y= 0 ⇒ y= − x A Ix A ⋅ Mx ed è pertanto parallelo all’asse principale di inerzia “x”.

Nel caso della presenza concomitante delle caratteristiche della sollecitazione interna Mx, My e Fz si perviene al caso della tensoflessione (o pressoflessione) deviata. Le caratteristiche della sollecitazione interna diverse da 0 sono lo sforzo normale N, il momento flettente intorno all’asse “x” Mx, ed il momento flettente intorno all’asse “y” My. Utilizzando il principio di sovrapposizione (Appunti del corso a cura dell’Ing. N. Caterino)

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degli effetti, le espressioni di deformazione e tensione sono ancora ricavabili dai risultati ottenuti per i casi semplici di sforzo normale e flessione retta, e risultano essere: M M N M N M + x y− y x ; σz = + x y − y x εz = A Ix E⋅ A E⋅ Ix Iy E ⋅ Iy L’asse neutro “n”, luogo dei punti di tensione nulla, è definito in questo caso dall’espressione M N Mx I ⋅ N Ix ⋅ M y + + y− y x = 0 ⇒ y = − x x. A Ix Iy A ⋅M x Iy ⋅ M x Occorre osservare una importante circostanza. In tutti i casi finora esaminati, le uniche componenti presenti di deformazione e di tensione sono, rispettivamente, la εz e la σz. Le espressioni ottenute per la deformazione εz corrispondono ad un valore costante nella sezione (sforzo normale) o una funzione lineare in x e/o in y (tutti gli altri casi esaminati). Pertanto, in tutti i casi finora esaminati, le sezioni rette del solido del De Saint Venant si conservano piane a deformazione avvenuta: è questo il già citato principio di conservazione delle sezioni piane, che rappresenta una delle ipotesi di base nella progettazione delle strutture.

(Appunti del corso a cura dell’Ing. N. Caterino)

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ESTENSIONE DEI RISULTATI DEL DE SAINT VENANT ALLE STRUTTURE REALI

Si consideri la struttura in Fig. 1. Trattasi di un elemento sagomato ad arco, a sezione variabile, incastrato ad entrambe le estremità, sottoposto a forze concentrate (F1 e F2), ad una coppia concentrata (M) e dotato, ovviamente, di una massa non nulla e, dunque, di peso proprio (che si può schematizzare come un carico distribuito di intensità g(s); ‘s’ sia l’ascissa curvilinea misurata lungo l’asse del solido). Ci si domanda se tale tipo di struttura si presta o meno ad essere studiata con la teoria di De Saint Venant fin qui esposta. Per rispondere al quesito, occorre verificare che sussistano tutte le ipotesi sulle quali la teoria di D.S.V. si regge. Così facendo, prescindendo dal comportamento meccanico del materiale, si giunge ad elencare almeno i seguenti aspetti non rispettosi delle suddette ipotesi: 1) Dal punto di vista geometrico, il solido non è “alla De Saint Venant” perché ha asse curvo e sezione variabile con s. 2) Non è caricato solo sulle basi, bensì anche sulla superficie laterale (F1, F2 e M). 3) È dotato di forze di massa non nulle. 4) È, di conseguenza, sottoposto ad un carico distribuito (non in modo uniforme, ma di intensità g(s) proporzionale all’area della sezione trasversale) lungo l’intero asse.

Figura 1

Sembra, dunque, che quanto studiato finora non sia applicabile a casi reali. In realtà, le cose stanno diversamente. I risultati del De Saint Venant, come sarà chiaro tra breve, si possono quasi sempre utilizzare nella pratica, a patto di conoscere e governare il grado di approssimazione (che comunque esiste in qualsiasi problema di Ingegneria) che il loro uso comporta. Nei casi di inapplicabilità della teoria del D.S.V., occorrerà adottare speciali accorgimenti. Si consideri la generica sezione S, all’ascissa s, del solido di Fig. 1. Si prenda, poi, in esame un concio elementare, lungo ds, a cavallo della sezione stessa. A partire dalle sezioni di estremità di tale concio si considerino le sezioni S1 e S2 distanti de (distanza di estinzione) dalle stesse. Ebbene, i risultati della teoria di D.S.V. possono applicarsi, relativamente alla sezione S ed al concio ds, a condizione che il solido lungo 2de sia assimilabile, in quanto a geometria e condizione di carico, al solido del D.S.V.. (Appunti del corso a cura dell’Ing. N. Caterino)

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In Fig. 2 si riporta tale solido estrapolato dal contesto. Si osservi che, essendo ds una lunghezza infinitesima ed avendo de dimensione paragonabile (dunque finita) alle dimensioni della sezione trasversale, risulta 2de+ds ≈ 2de. Tale porzione di arco è un solido “alla De Saint Venant”, o può, con buona approssimazione, considerarsi tale, se: a) la sezione trasversale è praticamente costante; b) la curvatura dell’asse è praticamente nulla; c) l’influenza dei carichi applicati lungo il solido (peso proprio e, eventualmente, anche un carico distribuito di tipo accidentale) è trascurabile rispetto all’entità delle caratteristiche della sollecitazione interna agenti nelle due sezioni di estremità S1 e S2.

Figura 2

Se, però, lungo il tronco lungo 2de sono applicate forze o coppie concentrate che, come noto, inducono discontinuità (“salti”) nelle caratteristiche della sollecitazione interna, tale tronco (specie se tali azioni concentrate non sono di entità trascurabile) non è certo più assimilabile al solido del D.S.V.. In altri termini, si può dire che, in corrispondenza di sezioni sottoposte ad azioni concentrate, i tronchi di solido individuati misurando una distanza di estinzione de da ciascuna parte, non sono assimilabili a solidi di D.S.V. e non vale per essi la teoria finora studiata. In Fig. 3 sono evidenziate le porzioni di solido individuate nel modo detto, per le quali non vale la teoria di D.S.V. (si ricordi che le reazioni vincolari sono anch’esse azioni concentrate). Per tali tronchi, che sfuggono ad una qualsiasi schematizzazione teorica, occorre prendere dei provvedimenti locali, generalmente definiti sulla base dell’intuito e dell’esperienza.

Figura 3

(Appunti del corso a cura dell’Ing. N. Caterino)

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Esempio pratico di provvedimento locale

Si consideri (Fig. 4) una trave in acciaio, avente sezione a doppio T, semplicemente appoggiata alle estremità. In corrispondenza della mezzeria, tale trave sia collegata (mediante saldatura, ad esempio) ad un pilastro (anch’esso in acciaio e sezione a doppio T, in generale di diverse dimensioni rispetto alla sezione della trave) che “scarica” una forza verticale di intensità F sulla trave stessa.

Figura 4

Per la porzione di trave prossima alla zona di attacco trave-pilastro non valgono a rigore, per le ragioni poc’anzi discusse, i risultati del De Saint Venant. Condotti, dunque, il progetto e la verifica della trave mediante la teoria del De Saint Venant, occorre preoccuparsi di adottare qualche provvedimento locale in corrispondenza di quella zona. L’esperienza e l’intuizione fisica portano a fare le seguenti semplici considerazioni: l’anima del profilo del pilastro e quella del profilo della trave sono allineati e la trasmissione degli sforzi pilastro/trave sembra poter avvenire nel migliore dei modi. Le tensioni di compressione trasferite dalla base del pilastro alle ali superiori della trave, potrebbero, invece, dar luogo a fenomeni indesiderati di inflessione locale delle ali stesse e, eventualmente, anche a deformazioni permanenti (plasticizzazione). Sembra opportuno, pertanto, disporre, quale provvedimento locale, due setti irrigidenti in acciaio (piastre rettangolari), saldati tra le ali e l’anima della trave e disposti in linea con le ali del pilastro sovrastante. In tal modo le sollecitazioni trasmesse dalle due ali del pilastro non vengono più assorbite dalle sole ali superiori della trave, ma si ripartisce anche tra le ali inferiori e l’anima della trave stessa.

(Appunti del corso a cura dell’Ing. N. Caterino)

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