Fotoeducando La fotografia nei contesti educativi PDF

Title Fotoeducando La fotografia nei contesti educativi
Author Vale Colle
Course Didattica generale e metodologia del gioco e dell'animazione
Institution Università degli Studi di Trieste
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FOTOEDUCANDO La fotografia nei contesti educativi INTRODUZIONE Intreccio fotografia-psicologia-educazione Vi sono una serie di motivi per cui il rapporto tra fotografia e discipline psicopedagogiche merita di essere approfondito: -vi è un accordo unanime su quanto il linguaggio visivo pervada ogni campo della conoscenza e del sociale. Avere consapevolezza delle caratteristiche specifiche di questo artefatto culturale permetterà di coglierne la forza per porla al servizio dei nostri obiettivi. -la fotografia può essere uno strumento privilegiato per rappresentare idee: il suo potere sintetico e la sua immediatezza permettono di riassumere, concentrare, condensare. La fotografia, in quanto immagine statica, possiede notevoli potenzialità nell’indurre alla riflessione e questa dimensione suscita tutta una serie di possibilità in ambito educativo. -attraverso l’utilizzo della fotografia, la visione diventa una forma particolare di conoscenza e di relazione tra noi e la realtà. Imparare a fotografare richiede di imparare a vedere, sia nel senso percettivo del termine, sia nel suo significato più profondo. Guardare, vedere, percepire, osservare non denotano operazioni identiche; la grammatica del vedere ci permette di riconoscere il funzionamento dei processi della percezione, facendoci capire che le immagini sono il risultato di elaborazioni, non sempre consapevoli, della realtà. Si pone allora la questione dell’imparare ad osservare, vale a dire essere in grado di capire che cosa provochi le nostre sensazioni. La fotografia è una nostra personale rappresentazione della realtà. Poiché dietro ad ogni macchina fotografica c’è un fotografo, ogni immagine fotografica è sempre frutti dell’idea di chi ha effettuato lo scatto. I rapporti tra chi fotografa e chi viene fotografato richiedono una giusta distanza, che ha a che fare con la distanza fisica, ma non solo. Scattare una foto implica sempre un rischio di intrusione. La discrezione va esercitata nel momento in cui ci si trova di fronte a situazioni sensibili dal punto di vista della vicinanza ai soggetti coinvolti ed al loto vita quotidiana. È compito degli adulti tutelare in ogni momento la riservatezza e la fragilità dei bambini, in modo da non invadere mai il loro mondo e non oltrepassare mai la soglia di quella sensibilità che ciascuno possiede. I contenuti del testo Il testo intende offrire una serie di indicazioni volte a migliorare la qualità della documentazione e comunicazione, nei servizi all’infanzia attraverso l’uso delle immagini fotografiche. I bambini sono dinamici, si lavora osservando con attenzione: le azioni accadono in un attimo; la capacità di fermarle in un’immagine richiede velocità, empatia emotiva e colpo d’occhio. Nodo cruciale: che cosa viene fotografato e a che cosa si vuole che la fotografia restituisca in immagine di ciò che si è scelto di fotografare. -la scelta di che cosa verrà fotografato è rilevante per poter effettuare l’estrapolazione di un oggetto preciso da tradurre in immagine (che cosa vado a fotografare?); -gli aspetti estetici della fotografia sono importanti affinché l’oggetto scelto venga valorizzato nell’immagine; -il destinatario ipotetico della foto entra in campo ed assume un ruolo forte nell’azione del fotografo: per chi sto fotografando? -l’immagine mostra effettivamente ciò che voglio che sia visto? Le domande che guidano il percorso

È situazione diffusa quella di trovarsi davanti ad una situazione interessante, di volerla fermare in un’immagine fotografica, ma di rimanere poi delusi. Spesso accade infatti che quel che si vede sulla foto non restituisce a chi la guarda quelle sensazioni e quella forza che noi abbiamo percepito. Dobbiamo sempre ricordare che le situazioni a cui le foto si riferiscono non sono state vissute da tutti coloro che guardano le immagini. Il vissuto tende a trasformare i parametri delle immagini, allora è il modo in cui la realtà viene rappresentata, e non la sua esperienza di quella realtà, lo strumento di cui chi scatta la foto si deve servire per esprimere la propria visione. Come si fotografa nei contesti educativi? Quali elementi tecnici può esser utile conoscere per realizzare fotografie efficaci? Per scattare fotografie in grado di comunicare è necessario saper usare la macchina fotografica oppure è meglio lasciare ad un fotografo professionista questo compito? L’idea che si propone in questa sede è che sia importante e necessario che gli educatori stessi assumano una competenza sufficiente in campo fotografico. Sono numerosi gli strumenti a disposizione di tutti per accedere ad un’alfabetizzazione sufficiente per un lavoro educativo. Si tratta di assumere alcune competenze di tipo tecnico. Una buona consapevolezza nell’effettuare e selezionare fotografie può permettere ai singoli e al gruppo educativo di focalizzare l’attenzione e leggere significati, progettare ed evidenziare passaggi evolutivi, sia a livello dei bambini che a livello degli educatori che delle strutture educative in cui si opera. Come utilizzare al meglio le foto per dare valore al lavoro educativo ed entrare in comunicazione con gli altri (per esempio le famiglie)? Scattare non basta, sono necessarie alcune azioni perché le foto diventino strumenti di comunicazione.

Parte prima: Gli orientamenti. La fotografia nei suoi aspetti comunicativi e psicopedagogici FOTOGRAFIA COME COMUNICAZIONE Le origini della fotografia Il termine “fotografia”, ha origine da due parole greche: phòs e graphé. Letteralmente significa scrittura(graphé) con la luce(phòs). Si assume come anno di nascita della fotografia il 1839, momento in cui in Europa, alcuni inventori sperimentarono con successo la possibilità di riportare su diversi supporti materiali (rame, lastre) le immagini catturate e fissate impressionando diversi tipi di superfici sensibili alla luce. La fotografia segnò il punto di convergenza di risultati ottenuti sia con lo sviluppo della camera oscura, sia con lo studio delle sostanze fotosensibili. Si proponeva come una forma di ausilio per disegnatori, un modo rapido, semplice ed efficacissimo di riproduzione. All’inizio gli strumenti usati erano molto ingombranti e i tempi di posa molto lunghi. La fotografia oggi Rispetto alle origini, il mondo della fotografia è oggi cambiato moltissimo. Essa ha assunto un proprio status svincolandosi dall’arte pittorica e percorrendo strade proprie e originali. Per quanto riguarda la fotografia in campo comunicativo, Internet, i social network, l’uso di smartphone e tablet hanno moltiplicato all’infinito e saturato non solo la rete ma rendendo sempre più difficile ed improbabile un approccio riflessivo alle immagini. Definizione di fotografia Che cosa si intende con il termine di fotografia? Dicendo fotografia, ci riferiamo contemporaneamente a più concetti: la tecnica, che permette di creare immagini, su un supporto sensibile alla luce; la rappresentazione di una realtà che viene espressa attraverso l’dea di un fotografo che utilizza tale tecnica; il pezzo di carta, l’immagine sullo schermo, vale a dire la cosa-segno relativa ad un’immagine ottenuta grazie a tale tecnica; più generalmente, si parla di fotografia come di una forma d’arte, che utilizza la tecnica medesima.

Che cos’è una fotografia? È un artificio, che ci permette di interrompere e frammentare il flusso continuo della realtà visibile, prelevandone una porzione e cogliendone un’impronta su un supporto. L’immagine fotografica è dunque la rappresentazione di un istante spazio-temporale tratto dalla realtà. Fotografia e comunicazione Quali rapporti tra fotografia e comunicazione? Secondo la formulazione più accreditata in ambito fotografico, comunicare vuol dire “fare comune”, condividere con gli altri qualcosa che si possiede, in uno scambio virtuoso in cui qualcuno riceve qualcosa senza che il comunicante lo perda. Il messaggio della fotografia è costituito da un’interazione tra immagine concreta e contesto all’interno del quale l’immagine viene a trovarsi. Inoltre la fotografia nell’insieme dei linguaggi non verbali, essa ha la prerogativa di trattenere dentro di sé aspetti della realtà che intende evocare. Come comunica la fotografia? La messa in comune di preconoscenze: la lingua, i simboli ed il background che ciascun individuo possiede; La comunanza di un linguaggio, vale a dire una condivisione di codici, in modo che le interpretazioni possano essere univoche; La comunanza di mentalità che origina i comportamenti e funge da importante appoggio alle riflessioni individuali. Tali condizioni riguardano sia il fotografo sia il lettore della foto. Quando la fotografia diventa comunicazione? La fotografia comunica solo quando l’aspetto denotativo si unisce a quello connotativo altrimenti resta una semplice fotografia. Per aspetto denotativo si intendono quegli elementi che costituiscono l’immagine in quanto segno, considerati come indizi utili per comprendere un significato. La connotazione è invece una carica di significati ulteriori, come elementi di contesto, aspetti psicologici o percettivi, che forniscono più di un significato, non necessariamente conforme a quello denotativo. Nel caso della denotazione il messaggio è diretto e sostanzialmente chiaro. Si tratta di trovare nell’immagine un unico significato. Nel caso della connotazione la foto fa comprendere al destinatario una serie di significati in modo indiretto. È questo l’aspetto che rende la foto interessante. Per comunicare con le fotografie dobbiamo avere bene in mente un’idea da voler condividere e socializzare, pur sapendo che tale idea rimarrà principalmente nostra e potrà suggerire ciò che i nostri interlocutori troveranno in essa. La ricercatrice americana Moran si occupa dell’utilizzo della fotografia nei contesti educativi definendola come “un linguaggio proprio della ricerca educativa”. Per spiegare che cosa significhi utilizzare la fotografia come linguaggio nei contesti educativi Moran pone in evidenza alcuni aspetti ricavati direttamente dall’osservazione in merito all’uso che gli insegnanti fanno delle immagini e della macchina fotografica. Secondo la ricercatrice, il rapporto tra significante e significato può essere tradotto come il rapporto che intercorre tra fotografo e significato della foto. Chi scatta la foto diventa il significante, il significato ciò che la foto significa. L’azione del codificare corrisponde sostanzialmente alla storia per immagini, così come il fotografo la intende nel suo contesto. Decodificare diventa l’interpretazione soggettiva di chi vede la foto riferendola, però, inevitabilmente, al proprio contesto (non necessariamente a quello del fotografo). Quando si condividono le foto con altre persone, il significato originario può non sempre restare “con” e “dentro” la fotografia. Può piuttosto essere trasformato, espandendosi in funzione degli interlocutori. Secondo la ricercatrice quando l’educatore si trova a scegliere che foto selezionare e che sequenza dare compie una serie di scelte che possono essere considerate di ordine linguistico: una scelta sintattica, quando si decide in che ordine porre le immagini; semantica quando l’ordine scelto ha un certo significato; pragmatica viene costruita un’interpretazione contestualizzata specifica di quella selezione e in quell’ordine. UNA CORNICE PSICOPEDAGOGICA I contesti educativi Per contesti educativi si intendono tutti quei luoghi, spazi e tempi in cui vengono messe in atto relazioni di tipo educativo. Si considera il contesto, secondo Bateson (1977), come la “matrice dei significati”, strumento attraverso il quale operano tutti coloro che si trovano a svolgere professioni educative. Ogni comportamento viene a situarsi in un qui ed ora fisico e relazionale, che contribuisce in modo determinante a conferire senso e significato a ciò che accade. Adulti e bambini fanno parte di contesti educativi e costruiscono al loro interno un flusso continuo di scambi e interazioni in costante dialogo con il mondo fuori da quei contesti. La prospettiva ecologica di Bronfenbrenner (1979)

dà al concetto di contesto educativo una valenza fondamentale: la reciprocità tra bambini e contesti è concepita come una dinamica attiva e costante, capace di mobilitare forze ed inibire comportamenti, all’interno di rapporti tra ambiente oggettivo ed ambiente percepito, che pongono questioni continue a chi si occupa di regia educativa. Alcune teorie generali di riferimento Entrando in relazione con i bambini da zero a sei anni c’è bisogno di tenere costantemente collegate diverse prospettive teoriche, da ciascuna di esse possiamo attingere concetti che ci aiutano a descrivere e a fotografare il complesso della crescita, dello sviluppo e dell’intreccio continuo tra aspetti individuali e collettivi. -concezione stadiale dello sviluppo dell’intelligenza di Piaget: ci permettono analisi puntuali nell’individuazione e descrizione dei comportamenti dei bambini. Queste teorie ci danno la possibilità di focalizzare l’attenzione sul valore e sulla rilevanza, nelle diverse età, di alcuni passaggi cruciali relativi alla conoscenza del mondo da parte dei bambini ed alle modalità specifiche attraverso le quali tale conoscenza viene messa in atto. Ci rivolgiamo a queste teorie perché le consideriamo preziose tracce per l’osservazione per poter individuare comportamenti e gesti significativi. Ci saranno utili per rispondere alle domande relative al che cosa fotografare, quali dettagli ritagliare delle azioni quotidiane. -prospettiva interindividuale di Vygotskij che ci obbliga a prestare attenzione a ciò che le interazioni sono in grado di promuovere e di produrre. Ci sarà così possibile tener conto sia delle dimensioni costanti dello sviluppo sia delle differenze individuali. Saremo così in grado di rispondere alle domande relative ai rapporti tra figura e sfondo nelle immagini fotografiche e a quei quesiti che pongono la questione di che cosa sia opportuno inserire nelle composizioni e nelle inquadrature per dare spessore e profondità. -con la prospettiva culturale dello sviluppo di Rogoff potremo sempre tener ben presente la possibilità di diversificazione delle modalità con cui la crescita prende forma in rapporto a contesti educativi di cultura differenti per non considerare mai rigidamente né i comportamenti dei bambini, né quelli egli adulti. Utilizzando questa prospettiva potremo valorizzare e documentare fotograficamente non solo quegli avvenimenti in qualche modo attesi perché tipici ma anche gli eventi fuori dall’ordinario capaci di stupirci perché inaspettati e originali. - la prospettiva di Winnicot (1974) è capace di tenere insieme con grande saggezza tanto le dimensioni cognitive quanto quelle affettive e ci permetterà quindi di non isolare né il soggetto né l’oggetto dal più ampio contesto in cui entrambi si trovano immersi. Verranno così colti nelle immagini gli aspetti emotivi ed espressivi individuabili nel non verbale: gli sguardi ed i gesti, le espressioni e le posture. -la teoria della Gestalt. La più ampia teoria della percezione ci permette di conoscere quelle che sono le regole della visione, le quali giocano un ruolo determinante tanto nella costruzione dell’immagine fotografica quanto nella sua fruizione da parte degli adulti. Elementi di metodo Si utilizzeranno dimensioni metodologiche che fanno parte dell’ambito della ricerca qualitativa, la quale risulta efficace nel dare significato e senso a ciò che quotidianamente accade nei luoghi preposti alla cura ed al sostegno allo sviluppo dei bambini. In particolare l’osservazione, la sperimentazione e la narrazione saranno le tre dimensioni di metodo che qui si intende privilegiare. Consideriamo l’osservazione come l’osservazione clinica, l’osservazione diretta e partecipe, come lo strumento elettivo per l’analisi e la conoscenza dei/nei contesti educativi. Osservare in modo sistematico seguendo protocolli predefiniti e condivisi di raccolta, permette di descrivere i processi, di cogliere le variazioni, di esporre dati che rendano conto sia del valore organizzativo della conoscenza che la regia educativa può offrire sia delle competenze che gli adulti e bambini sono in grado di mettere in atto all’interno dei sistemi educativi. La scrittura e la fotografia vengono considerate come strumenti essenziali per l’osservazione. Fotografia e metodo osservativo hanno modalità di svolgimento comuni: dalla raccolta che va pensata come accurata e sistematica; alla necessità di mettere in gioco del tempo dedicato allo scopo; ciò che si raccoglie come dato deve poi essere analizzato; alle conclusioni che sono intersoggettive, messe in gioco all’interno di un gruppo che interpreta. Immagini fotografiche e scrittura permetteranno di proporre una descrizione del comportamento bambino e dei suoi cambiamenti e una serie di spiegazioni ipotetiche e plausibili di come tali cambiamenti avvengano. La metodologia osservativa richiede operativamente: l’assunzione di un punto di vista; la collocazione nello spazio delle azioni ad una

distanza pensata; la non attivazione diretta da parte di colui che osserva; la neutralità osservativa intesa come capacità di ascolto senza memoria e senza desiderio. La sperimentazione costituisce una prospettiva di metodo operativa. Attraverso prove ed esperimenti si possono ricavare documentazioni e dati sui quali sviluppare ragionamenti. Il confronto e lo scambio sono i passaggi attraverso i quali i gruppi educativi possono rendere intersoggettive le interpretazioni plausibili ricavate all’interno del processo educativo. La ricerca diventa sperimentazione che a sua volta assume valenza formativa quando il processo percorre tutto il suo iter giungendo a compimento ed apportando trasformazione sia nei singoli che nei gruppi. La narrazione infine risulta lo strumento più efficace per la verifica la riflessione e la formulazione di nuove ipotesi. Narrare richiede di rendere comprensibile ad altri il processo messo in atto, dare coerenza a sequenze, esperienze e dati raccolti in modo da attivare procedimenti riflessivi. Una raccolta sistematica ed articolata di immagini fotografiche permetterà di raccontare con grande efficacia i cambiamenti le trasformazioni e di cogliere sfumature espressive inedite e intense. Applicazioni della fotografia in educazione e terapia Il gruppo di lavoro di Reggio Emilia in coordinamento con Project Zero, ha sviluppato e progettato un procedimento completo di esplorazione e resoconto in merito allo sviluppo delle capacità conoscitive dei bambini a 0 a 6 anni. L’analisi Rendere visibile l’apprendimento (2001) dà la possibilità di ricavare elementi per sviluppare documentazioni volte a rendere visibili i processi di conoscenza che i bambini sono in grado di mettere in atto autonomamente in un gruppo e di esplicitare il loro sviluppo in modo competente. Nel libro considerato vengono utilizzati materiali fotografici quale indispensabile oggetto specifico nella rendicontazione dei processi messi in atto nel corso del tempo. Anche le ricercatrici Carr e Lee con le loro “storie di apprendimento” contemplano l’utilizzo di fotografie di qualità. Perché si possa predisporre una storia di apprendimento è indispensabile che questa abbia come base un percorso narrativo per immagini. Le foto e le descrizioni devono essere efficaci nel porre in risalto ciò che di unico e speciale è avvenuto estrapolando un dato momento nel corso delle normali attività quotidiane della vita dei bambini nei servizi… una caccia osservativa rivolta all’individuazione di momenti topici. Qualità di scrittura e immagine, affinché il resoconto narrativo sia vivo espressivo e suscitatore di riverberi forti in colui che, non essendo stato presente agli avvenimenti descritti, necessita di essere accompagnato nell’individuazione degli elementi cruciali da chi la storia la racconta. Storie raccontate e raccontabili sia dai protagonisti bambini che dagli insegnanti che dai genitori, i quali da un lato possono scoprire il senso educativo della vita scolastica e dall’altro sono in grado di apprezzare ciò che gli educatori valorizzano rispetto alle competenze dei bambini in azione. In Francia si sviluppa ad opera di Bélisle (1965) la prospettiva Photolangage. Si tratta di una metodologia molto strutturata che utilizza dei dossier fotografici predisposti e pubblicati ed è previsto un training specifico per la formazione dei professionisti. Il metodo prevede la presentazio...


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