Riassunto socializzazione emotiva nei contesti educativi per l’infanzia PDF

Title Riassunto socializzazione emotiva nei contesti educativi per l’infanzia
Author Giorgia Mottadelli
Course Psicologia dello sviluppo
Institution Università degli Studi di Milano-Bicocca
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Riassunto libro...


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LA SOCIALIZZAZIONE EMOTIVA NEI CONTESTI EDUCATIVI PER L'INFANZIA. CONVERSARE SULLE EMOZIONI AL NIDO. Di Alessia Agliati, Ilaria Grazzani e Veronica Ornaghi. Da pagina 7 a pagine 20 -> libro

Parte prima. LO SFONDO TEORICO: LE EMOZIONI FRA SVILUPPO E EDUCAZIONE Capitolo 1. VERSO UNA DEFINIZIONE DI EMOZIONE. 1. Introduzione Come affermano Fehr e Russell, tutti sappiamo che cosa sia un'emozione, fino a quando non ci viene chiesto di definirla. Le emozioni sono un fenomeno complesso, rimasto vago e indefinito fino a una cinquantina di anni fa. Dagli anni Settanta ad oggi, con la rivoluzione cognitiva, la situazione è notevolmente cambiata: gli studi psicologici delle emozioni hanno fortemente contribuito alla comprensione della loro realtà e dei processi a esse sottesi. Gli studiosi oggi concordano nel ritenere che l'emozione sia un'esperienza articolata, processuale e composta da alcune dimensioni centrali. Tali dimensioni verranno trattate in questo primo capitolo.

2. Dimensioni dell'esperienza emotiva 2.1 L'emozione come esperienza soggettiva e globale Proviamo emozioni quando ci capita un avvenimento importante, in grado di influenzare direttamente i nostri scopi, desideri, valori e stati di benessere (Frijda). I criteri, attraverso cui ogni persona valuta un evento, variano da individuo a individuo e da cultura a cultura (es. buio nella stanza di un bambino, presenza di una mosca ronzante). Ogni esperienza emotiva, in quanto soggettiva e profondamente legata a criteri personali, è in sé importante e richiede di essere rispettata, riconosciuta e legittimata. Le emozioni sono anche esperienze globali, perché coinvolgono in modo sinergico la totalità del nostro organismo: implicano numerose modificazioni fisiologiche, con l'attivazione di struttureche risiedono nel nostro cervello, coinvolgono il sistema cognitivo implicato nella valutazione degli eventi e chiamano in gioco dimensioni socio-culturali. 2.2 La dimensione neurofisiologica Il rapporto tra mente e cervello nello studio delle emozioni è stato portato al centro dell'attenzione grazie all'affermarsi delle neuroscienze ("neuroscienze affettive"=approccio di studio alle emozioni, il cui scopo è quello di individuare i meccanismi neurali delle emozioni in interazione con i sistemi fisiologici). Le emozioni coinvolgono l'attivazione combinata di una serie di strutture cerebrali di tipo corticale e sotticorticale, fra cui l'ipotalamo e l'amigdala. 

L'ipotalamo ha la funzione di governo del sistema autonomo -simpatico e parasimpatico- ed è la sede della regolazione degli stimoli interni dell'organismo (temperatura, fame, sazietà, sete, sessualità). La stimolazione di diverse aree dell'ipotalamo genera differenti reazioni emotive (aggressione, attivazione, collera, paura, tristezza, depressione).



L'amigdala, grande cone una mandorla, é ritenuta il "computer delle emozioni", poiché è compostada diversi nuclei che costituiscono il raccordo e la connessione tra le informazioni sensoriali provenienti dall'esternoe i vari sistemi di risposta emotiva. Contribuisce a rilevare l'impatto di stimoli, bisogni, desideri, scopi dell'individuo ed è particolarmente attiva nelle situazioni negative, in cui l'impatto tra situazioni avverse e scopi puó essere di elevata intensità.

Le radici neurobiologiche delle emozioni le riconducono alla storia evolutiva della specie e alla funzione di adattamento che hanno svolto nel corso dei millenni. Secondo la prospettiva delle toerie evoluzionisitiche (Darwin), le pressioni selettive dell'evoluzione hanno dato forma alle emozioni come modelli di risposta dell'organismo a specifiche categorie di stimoli dell'ambiente, al fine di assicurare la sopravvivenza della specie. In questo senso, le emozioni sono forme di adattamento all'ambiente del Pleistocene, durante il quale la specie umana si è formata e adattata. Gli autori che si rifanno alla tradizione darwiniana descrivono quattro emozioni primarie, definite di "base": felicità, paura, collera e tristezza. 

Felicità: viene sperimentata nel creare e conservare legami di attaccamento positivi



Collera/rabbia: legata all'esperienza di frustrazione



Tristezza: si riferisce alla perdita e si sperimenta nelle situazioni di distacco o separazione dalle figure di attaccamento



Paura: si attiva di fronte a situazioni avvertite come minacciose per la propria in tegrità fisica e psicologica e si sperimenta quando si avverte l'imminente distacco dalle figure di attaccamento

Liotti, recentemente (2015), sostiene nei suoi studi questa prospettiva, le emozioni di base avrebbero un chiaro e distinto fondamento biologico, frutto della storia evolutiva dei mammiferi. 2.3 La dimensione cognitiva Secondo la psicologia del senso comune, le emozioni si contrappongono alla razionalità e sono interpretate come passioni, attività istintive che attraversano l'individuo e si pongono fuori dalla sua volontà (non governabili e gestibili). Al contrario, la ricerca degli ultimi anni ha portato luce sul fatto che le emozioni non sono risposte istintive e riflesse di eventi che accadono, ma risposte individuali al significato di un determinato evento. 

Es. buio nella stanza del bambino: questo non rappresenta in sé la causa di un'emozione; in due bambini che lo vivono in modo diverso, il buio che circonda il proprio letto prima di addormentarsi provoca reazioni distinte in base ai significati attribuiti (rilassamento e benessere o insicurezza e solitudine).

Le emozioni cambiano a seconda dei significati e dei valori di riferimento o quando le situazioni sono valutate in modo differente (significato situazionale). In questa prospettiva, le emozioni sono molto più razionali di quanto si possa credere, non sono eventi indomabili che irrompono nella nostra vita, ma piuttosto l'esito di un processo di valutazione cognitiva (appraisal). Fra emozioni e cognizione esiste un legame molto forte, perché le esperienze emotive sono sempre suscitate da una valutazione cognitiva e personale della situazione. 2.4 La dimensione sociale Le emozioni investono la sfera sociale dell'individuo e sono strettamente intrecciate con le relazioni interpersonali, poiché concorrono alla nascita, alla crescita, alla vita e alla fine di ogni nostra relazione. Averill e Mandler e altri, sostengono che le emozioni siano prodotti sociali e culturale, frutto di un apprendimento acquisito attraverso l'educazione familiare e scolastica che indica come comportarsi in determinate situazioni. Il punto di partenza di questa prospettiva è che le emozioni sono registrati nella memoria (ripetizione di episodi emotivi favorisce il consolidamento dello schema nella memoria). La rilevanza della dimensione sociale nell'esperienza emotiva é stato di recente dimostrata dalla scoperta dei neuroni specchio, originariamente individuati in aree della corteccia frontale della scimmia implicate nel sistema motorio.  NEURONI SPECCHIO: gli studi e le osservazioni sperimentali condotte sulle scimmie macaco hanno contribuito a scoprire che i neuroni a specchio hanno la peculiarità di attivarsi sia quando un soggetto esegue personalmente un dato movimento finalizzato sia quando osserva un altro soggetto eseguire lo stesso movimento. La scoperta dei neuroni specchio con analoghe funzioni nell'uomo ha portato a riconoscere il ruolo centrale della comprensione sociale (social cognition), proprio per la possibilità di "simulare" dentro si sé le intenzioni dell'altro. Le azioni osservate negli altri possono provocare in noi un'ampia varietà di emozioni. Questi studi contribuiscono quindi a riconoscere ancora una volta l'intreccio tra dimensioni biologiche, sociali e culturali.

3. Emozioni e cultura Il rapporto tra emozione e cultura costituisce lo sfondo e la trama su cui si sviluppa l'esperienza emotiva. Tale esperienza è plasmata dalla cultura di riferimento e dall'ambiente socio-culturale in cui le persone crescono (Harrè). Uno stesso evento può essere codificato in maniera differente, in base alla cultura di riferimento e al sistema valoriale che la caratterizza (Mesquita, Frijda, Walter). 

Per es. come hanno evidenziato gli studi di Mesquita e Frijda (1992), la condizione di solitudine viene vissuta con profonda frustrazione e tristezza presso la popolazione degli eschimesi Utku, in cui l'isolamento sociale rappresenta un serio rischio per la sopravvivenza, mentre all'interno della cultura tahitiana viene decodificata come occasione in cui la persona è suscettibile di attacchi da parte degli spiriti maligni e si associa pertanto a stati emotivi di agitazione e paura.

Le differenze nella codifica dell'evento emotivo dipendono anche dalla focalità emotiva, ossia dal Iivello di importanza e rilevanza attribuito alle diverse emozioni in una cultura (es. categoria emotiva dominante nella cultura americana è quella del successo, a Bali dell'onore, in Giappone della modestia e umiltà). A seconda della focalità emotiva caratteristica della cultura di appartenenza, gli individui svilupperanno una maggiore o minore sensibilità emotiva verso certe situazioni piuttosto che altre.

Le variabili culturali incidono sull'espressione e manifestazione delle emozioni. Le norme che influenzano il modo di esprimere le emozioni, denominate da Ekman, "regole di esibizione" (display rules), governano la manifestazione emotiva in un determinato gruppo sociale, relativamente al tipo di emozione da esprimere, e le circostante appropriate per farlo (es. italiani e popoli latini tendono a essere più espressivi, a manifestare apertamente i propri vissuti e emotivo, mentre i popoli provenienti da culture in cui prevalgono i valori dell'armonia e dell'interdipendenza -Europa orientale e Asia- promuovono condotte di autocontrollo, finalizzate a preservare l'equilibrio relazionale). A seconda della cultura e della concezione del sé sono riscontrabili variazioni anche nelle strategie di regolazione emotiva (es. nelle culture occidentali le persone attribuiscono a se stessi le responsabilità e la capacità di governare le emozioni; gli individui appartenenti alle culture orientali considerano irrilevante il controllo personale, ma assegnano maggiore importanza al destino, alla partecipazione di più cause e all'interdipendenza di individui. CONCLUSIONI: il capitolo ha inteso mettere in evidenza come l'esperienza emotiva sia pervasiva nella vita dell'individuo, poiché investe molte sfere della sua esistenza. L'esperienza emotiva contribuisce al processo di attibuzione di senso e significato alle esperienze della vita quotidiana. Un individuo emotivamente competente gode di notevoli vantaggi.

Capitolo 2. LA COMPETENZA EMOTIVA E IL SUO SVILUPPO 1. Introduzione Alcuni autori definiscono la "competenza emotiva" anche "competenza socio emotiva" o "emotivo affettiva", per sottolineare la natura sociale e relazionale del costrutto in questione. Come sottolinea Baumgartner (2010), il concetto di "competenza socio emotiva" rappresenta sinteticamente l'integrazione tra dominio affettivo e dominio sociale. In questo capitolo verranno esposti i maggiori esponenti di tale area di studio, soffermandoci sul modello di Denham (1998), del quale verranno descritte le principali componenti (espressione, regolazione, comprensione delle emozioni).

2. Modelli teorici nello studip della competenza emotiva Steven Gordon (1989) ha definito la competenza emotiva come un insieme di conoscenze e di abilità di comportamento. Per l'autore la competenza emotiva implica cinque abilità: saper esprimere emozioni, saper interpretare comportamenti emotivi, saper controllare l'espressione emozionale in base alla sua adeguatezza al contesto, conoscere il vocabolario emotivo e far fronte alle emozioni dolorose. Carolyn Saarni (1999,2007) ha dedicato molti hanni alla ricerca sullo sviluppo tipico e atipico della competenza emotiva, che definisce come l'insieme di abilità necessarie per essere efficaci in modo particolare nelle transazioni sociali. L'autrice considera otto abilità: consapevolezza dei propri stati emotivi, riconoscimento delle emozioni degli altri, uso del linguaggio emotivo, empatia, riconoscimento della distinzione tra emozione provata e emozione espressa esteriormente, strategie di coping o "fronteggiamento" dell'emozione, consapevolezza del ruolo della comunicazione emotiva nelle relazioni e l'auto-efficacia emotiva. Susan Denham (1998) ha il merito di aver sistematizzato le idee e i contenuti proprosti da vari autori, riconducendo la competenza emotiva a tre abilità: l'espressione, la regolazione e la comprensione delle emozioni. L'autrice ha approfondito il costrutto di competenza socio-affettiva (affective social competence: ASC ) che include tre componenti: inviare messaggi emotivi-affettivi riceverli e fare esperienze affettive; ad ognuna delle tre componenti corrispondono quattro abilità: consapevolezza dell'affetto o emozione, identificazione dell'affetto, adattamento a situazioni contestuali, gestione e regolazione affettiva. -> Peculiarità modello di Denham: inclusione fattori del sé che influenzano la competenza socio affettiva, sottolinea natura dinamica delle interazione sociali (graficamente rappresentato con una girandola).

3. Le componenti della competenza emotiva e il loro sviluppo 3.1 Espressione Le emozioni possono essere manifestate attraverso la comunicazione verbale e non verbale (espressione linguistica, gestualità, segnali del volto, dello sguardo, della voce, della postura e del corpo). Nel bambino è possibile individuare alcune principali fasi do sviluppo dell'espressione emotiva: 

La prima fase è rappresentata dalle risposte presenti fin dalla nascita, risposte che sono di tipo riflesso e regolate da processi biologici (reazioni alla sollecitazione gustativa, forti rumori, stimolazioni dolorose, stimoli nuovi e al volto umano) Dal punto di vista espressivo:

- sorriso endogeno - interesse e attenzione precoce coatta - trasalimento - sconforto - disgusto - distress empatico



La seconda fase (dai 2 ai 12 mesi) è definita da molti autori come transizione chiave del secondo mese (Lavelli), in cui si collocano le origini dell'intersoggettività umana. L'interazione e la costruzione della relazione madre bambino rappresentano lo strumento fondamentale di tale sviluppo. Lo scambio proto-conversazionale tra bambino e caregiver è un vero e proprio dialogo emotivo, che attesta la capacità del piccolo non soltanto di esprimersi con il volto, i gesti, i vocalizzi, suscitando le reazioni emotive altrui, ma anche di riconoscere le manifestazioni espressive dell'altro, rispondendo in modo congruente ed appropriato. Dal punto di vista espressivo: - sorriso sociale - sorpresa (per Izard già presente intorno ai due mesi, per Lewis compare nei primi sei, mentre per Sroufe intorno ai nove mesi) - rabbia (dal terzo mese) - tristezza (dal terzo mese) - gioia (dal quarto mese) - paura (dal quinto mese) - empatia egocentrica (dopo il sesto mese)



Durante la terza fase (dal secondo anno di vita ai tre anni) compaiono le espressioni di emozioni dette "sociali" o "complesse", perché spesso travalicano gli immediati interessi del sé e sovraintendono alla creazione dei legami interpersonali e alla coesione dei gruppi. Dal punto di vista espressivo: - vergogna (per Izard già presente nella seconda fase, mentre per Lewis e Sroufe compare solo ora e risente del processo di socializzazione) - imbarazzo - colpa - disprezzo (per Izard dai 15 mesi) - emozioni miste (dai 15 mesi)

- in questa fase, l'espressione dell'empatia é accompagnata da condotte prosociali. L'empatia può manifestarsi con un'espressione triste del volto, accompagnata dal gesto consolatorio di porgere un gioco a un bambino che piange. 

Negli anni successivi, il bambino impara a controllare e modificare volontariamente l'espressione delle proprie emozioni per adeguarsi al contesto. La manifestazione di emozioni positive gioca un ruolo importante nell'avviare, mantenere, alimentare e regolare gli scambi interattivi; viceversa, la tendenza a esprimere emozioni negative, specialmente la collera, può rappresentare un problema nell'interazione sociale. La capacità di mascherare i pattern espressivi facciali inizia già a due anni e con più sicurezza a tre e quattro anni (cfr regalo indesiderato pg31). Tuttavia, a sei anni i bambini hanno notevoli difficoltà nel celare i propri sentimenti reali.

3.2 Regolazione Le abilità che rientrano in questa componente del costrutto di competenza emotiva emergono nella prima infanzia e si arricchiscono nel corso dello sviluppo, al crescere della complessità delle relazioni sociali. Denham sottolinea che, aumentando nei bambini la capacità di regolare le proprie emozioni in modo autonomo, diminuisce lo sforzo dei caregiver di aiutarli a regolarle.

La regolazione delle emozioni è associata alle competenze sociali e include la capacità di far fronte alle emozioni a valenza negativa e l'autoefficacia emotiva (controllo delle proprie emozioni -> equilibrio emozioni-convenzioni/contesto). Come avviene il passaggio tra regolazione mediata dal caregiver e quella più autonoma? Trevathen ha dimostrato il ruolo fondamentale nei primi mesi di vita del caregiver-> comunicazione diadica (=dialogo emotivo non verbale attraverso cui il neonato impara che i suoi segnali sono interessanti per il partner, che reagisce). La predisposizione alla comunicazione diadica è alimentata dalla regolazione reciproca che all'inizio è guidata principalmente dall'adulto. Egli offre la struttura esterna favorendo il passaggio dalla regolazione reciproca all'autoregolazione. L'attivazione di schemi comportamentali in grado di ridurre i livelli di attivazione fisiologica (arousal) può essere di due tipi: comportamenti autodiretti (distogliere lo sguardo dall'adulto; succhiare parti del corpo; succhiare oggetti) o condotte etero-dirette (uso dello sguardo; vocalizzazioni; mimica facciale; agitazione motoria). Molti studi mostrano che i bambini già a tre mesi modificano le proprie emozioni in risposta al mutamento di quelle materne. La capacità di regolazione cresce in funzione dell'attività di monitoraggio e di trasformazione delle emozioni svolta dalla madre; se tale attività viene a mancare si rischia che il bambino ricorra a forme di autoregolazione di tipo autoconsolatorio. Fasi principali del processo evolutivo: 

Prima fase (1° anno): ruolo esterno dell'adulto é fondamentale, ma spesso si osservano condotte di autoregolazione (suzione pollice per calmarsi, distogliere lo sguardo da uno stimolo). Queste condotte assumono maggiore intenzionalità (es. quando il bambino si copre le orecchie per proteggersi da un rumore particolare).



Seconda fase (1-3anni): periodo importante per acquisizione di competenze motorie, cognitive, linguistiche ed emotivoaffettive. Il bambino inizia a esplora l'ambiente, a comunicare anche verbalmente, consolida relazioni di attaccamento intra ed extra familiari. Si osservano condotte di evitamento di situazioni indesiderate, ricerca attiva di alcune persone , richiesta di vicinanza e contatto fisico per conforto, sicurezza e consolazione. L'adulto, pur avendo un di regolazione esterna minore rispetto alla fase precedente, svolge sempre una funzione fondamentale. Compare fenomeno del riferimento sociale: i bambini usano espressioni emotive del caregiver per orientare i proprio comportamenti ed emozioni.



Terza fase (3-5 anni): incremento capacità linguistiche e cognitive e lo sviluppo Teoria della Mente. In questa fase il bambino è in grado di gestisce le proprie emozioni durante il gioco, di mascherare o minimizzare le proprie esperienze emotive e alleviare la tristezza dei compagni, con atteggiamenti consolatori. Inoltre, progrediscono le pratiche di socializzazione. Non solo i genitori,ma anche altre figure della famiglia allargata, educatori e insegnanti cominciano a influenzare i modi con cui il bambino gestisce le proprie emozioni autoregolandosi. Alternato uso di strategie di etero e autoregolazione a seconda dei bambini e...


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