Giuseppe Burgio - Adolescenza e violenza. Il Bullismo omofobico come formazione alla maschilità. PDF

Title Giuseppe Burgio - Adolescenza e violenza. Il Bullismo omofobico come formazione alla maschilità.
Author Ilaria Casteletti
Course Psicologia dei processi educativi
Institution Università degli Studi di Bergamo
Pages 20
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Summary

Sintesi di Introduzione, Prima e seconda parte.
La lettura scientifica sul bullismo, sia quella italiana sia quella straniera, si limita a una trattazione generale del fenomeno, senza analizzare le variabili rappresentate dalle caratteristiche delle vittime. Questo libro si concentra invece s...


Description

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GIUSEPPE BURGIO – ADOLESCENZA E VIOLENZA. IL BULLISMO OMOFOBICO COME FORMAZIONE ALLA MASCHILITÁ INTRODUZIONE P. 13 Bullismo = dispositivo complesso, costituito da soggetti che si relazionano attraverso pratiche, posizionamenti, narrazioni, tempi e luoghi sempre variabili. In questo testo si tenterà di riconoscere la costruzione sociale e relazionale di questo fenomeno, per decostruirlo. La letteratura sul bullismo, si limita a un’analisi indifferenziata del fenomeno, senza focalizzarsi sulle variabili rappresentate dai vari tipi di vittime. Si partirà da un’ottica che descrive la vittimizzazione scolastica come forma di espressione di bisogni o problemi, come epifenomeno di dinamiche psicologiche e sociali profonde. Il bullismo sarà analizzato non solo come effetto di dinamiche preesistenti ma soprattutto come causa produttrice, come costruzione, come formazione. Se il bullismo è un dispositivo di formazione, a che cosa forma? In che modo? Chi ne viene formato? Per rispondere a queste domande, Burgio intende analizzare i legami tra genere maschile, orientamento sessuale e violenza in adolescenza, descrivendo il bullismo omofobico all’intersezione tra queste 3 categorie. HP  il bullismo si configura in adolescenza come una tappa della costruzione della maschilità e che alcuni ragazzi abbiano un “vantaggio” – psichico, relazionale e culturale – dall’attraversarlo, che il bullismo sia cioè utile – per alcuni - ad affrontare i compiti di sviluppo connessi all’identità maschile.

Questa ipotesi spinge Burgio ad occuparsi solo del bullismo agito da maschi ai danni di altri maschi omosessuali (o tali ritenuti) perché questo è un tema sul quale il numero di interventi educativi nelle scuole è esiguo. L’argomentazione si svilupperà attraverso 5 blocchi: 1. Cosa è il bullismo, le sue correnti dinamiche, le conseguenze che la vittimizzazione produce in persecutori e vittime. La prima parte del volume è dedicata a definire il bullismo omofobico analizzando le parole stesse degli adolescenti, nel tentativo di comprendere la struttura della vittimizzazione, le sue implicazioni legate al genere maschile. Questa prima parte si configura come una sorta di overture, dove emergono delle domande, dei temi, delle suggestioni, che saranno poi esplicitati e approfonditi nel corso del volume 2. Si cercherà di descrivere come si configura l’esperienza omosessuale, quale può essere il percorso di vita di un ragazzo gay, le tappe essenziali e simboliche che può trovarsi ad attraversare. Tale esperienza mostrerà la sua similarità con quella degli adolescenti eterosessuali, la comune fatica nella costruzione dell’identità sessuale, e le differenze che invece caratterizzano i percorsi. Ciò nella convinzione che l’esperienza del bullismo sia condizionata dal percorso esistenziale in cui si inserisce e che per comprendere bene la vittimizzazione a carattere omofobico bisogna capire la condizione esistenziale individuale dei bulli e dei bersagli BURGIO  Descrive l’identità sessuale come narrazione che si costruisce nell’interazione tra le autoattribuzioni, il sistema simbolico culturale e etroattribuzioni. HP DI PARTENZA  la formazione, la costruzione di una soggettività sessuata si fonda su determinate performance.

2 Tutte le identità sessuali costituiscono cioè una sfida pedagogica e, di conseguenza, ciascuno ne è co-autore. All’interno di questo sistema complesso di formazione individuale al proprio sé sessuato, nell’interazione con i modelli relazionali e le rappresentazioni culturali, BURGIO situa il bullismo omofobico, inteso come dispositivo formativo delle maschilità (eterosessuali e omosessuali) e della differenza tra di loro. In questo panorama teorico, BURGIO interpreta la vittimizzazione attraverso il concetto di agency , per comprendere la relazione tra l’azione del singolo e le strutture socio-culturali, cercando di non ridurre il fenomeno alla sola dicotomia resistenza/dominio tra gli attori, ma di comprenderne le azioni intenzionali e intenzionate. La vita di un omosessuale è fortemente condizionata dalle dinamiche del nascondere, dell’essere denunciato dagli altri. Se le dinamiche del dirsi e del nascondimento riguardano ovviamente tutto gli adolescenti, gli omosessuali occupano un ruolo svantaggiato all’interno dei rapporti di forza asimmetrici. BURGIO intende interpretare il bullismo omofobico all’interno della cornice formata da queste forme di nominazione eteronima agita dai compagni eterosessuali ai datti di quelli ritenuti omosessuali. L’esser detti dagli altri è una delle forme adolescenziali di eteroattribiuzione. Anzi, è una forma particolarmente importante – utile quindi a chiarire le dinamiche relazionali del riconoscimento perché produce esclusione. Attraverso l’analisi del bullismo, si mostrano i rispecchiamenti, i confronti, i conflitti tra i percorsi paralleli degli adolescenti. 3. Concentra lo sguardo sul contesto scolastico. La differenza eterosessualità/omosessualità messa in scena nel bullismo omofobico viene contestualizzata in un discorso di Pedagogia della Scuola, sottolineando il ritardo teorico che su questi temi caratterizza il nostro Paese. Si parla solo di scuola secondaria di I e II grado, in quanto ambito della preadolescenza, della prima adolescenza e dell’adolescenza vera e propria. È infatti in questa complessa fase dello sviluppo che l’omosessualità, tra i maschi, è la paura più grande e “frocio” è l’insulto più usato. È infatti durante l’adolescenza che la scuola diventa teatro di ingiurie, tee a ferire l’autostima della persona offesa, e di umiliazioni, negandone il riconoscimento. All’interno di un’interpretazione del bullismo come forma di negazione del riconoscimento, BURGIO PONE IL TEMA DEL BULLISMO OMOFOBICO, letto nei suoi vari piani: personale, interpersonale, istituzionale, culturale. Il bullismo omofobico è analizzato come strumento di apprendimento e di esercizio di ruoli sociali. Incrociando le categorie del genere e dell’orientamento sessuale, sessismo misogino e omofobia appaiono rafforzarsi reciprocamente per garantire un luogo di dominio simbolico: il maschile eterosessuale. A partire da questa consapevolezza, il bullismo omofobico viene analizzato nelle sue connessioni con il sessismo, il genderismo e l’omofobia che connotano la costruzione dell’identità di genere maschile tradizionalmente intesa.

4. Quarta parte del volume  concentra proprio su questa costruzione sul bisogno simbolico che essa ha della misoginia e dell’omofobia. Si cercherà di delineare così una filogenesi della maschilità, una genealogia storica dell’attuale costituzione simbolica della virilità. La maschilità viene studiata nelle sue componenti culturali, psicologiche e relazionali. Questa lettura porta a indagare la violenza  viene visto come essa svolga il ruolo di citazione performativa della maschilità, BURGIO reinterpreta l’aggressività adolescenziale in modo nuovo, all’interno dei difficili compiti di sviluppo che ogni ragazzo deve affrontare. Si analizzerà così l’ontogenesi individuale della maschilità.

3 Parla della “crisi del maschile”, ovvero la crisi delle forme di trasmissione dell’identità virile tra uomini di diverse generazioni. Tale crisi incrementa principalmente a scuola dove gli adolescenti tendono ad assumere e verificare la propria virilità.  La scuola è il luogo in cui giovani uomini sperimentano una ricerca di identità nel rapporto con il gruppo dei pari. L’adolescenza maschile utilizza la scuola come luogo dove mettere in scena la propria virilità: attraverso i rapporti con l’altro sesso, gli sport competitivi, ma anche attraverso dinamiche intramaschili di gerarchizzazione. Tra queste BURGIO inserisce il bullismo omofobico, come modo di costruzione della maschilità e come modo per trattare l’omosessualità, ciò che per la cultura dell’adolescenza maschile è interno e, nello stesso tempo estraneo, e perciò da escludere (al fine di scongiurare il pericolo interno) ma includendolo (al fine di ridurne l’estraneità).  SECONDO BURGIO  il bullismo omofobico è la misura che registra e produce la distanza dell’omosessualità. O meglio, che tiene gli adolescenti eterosessuali nella distanza dell’omosessualità sia rinnegata, continuamente citata per negazione, inchiodata a un ruolo inferiorizzato: contemporaneamente esclusa (per esorcizzarla) e inclusa in maniera subalterna (per renderla addomesticata) al fine di riprodurre la distanza simbolica tra il “noi” e il “loro”.

5. Ultima parte  si concentra su ciò che è possibile fare per contrastare il bullismo omofobico. Si analizzerà la scuola come dispositivo formativo, sottolineando il curriculum nascosto = relativo ai modelli tradizionali di genere e sessualità, che spesso vi si trasmette, nonché l’esigenza del contrasto del bullismo (aiutando i bulli a uscire dal ruolo), di un’azione di empowerment e di sostegno alle vittime (reali o potenziali), di formazione degli insegnanti che, spesso, sono del tutto impreparati ad affrontare i bisogni educativi connessi al bullismo omofobico. In un’ottica di Pedagogia Speciale, l’intervento proposto coinvolge però non solo le scuole (che restano un ambito prioritario), ma anche le associazioni lgbt e i mass-media. Si sottolinea infatti che ciò di cui si sente particolarmente la mancanza è un quadro teorico interpretativo che orienti questi interventi: non mancano tanto gli strumenti quanto una visione generale che sappia guardare lontano e non rispondere semplicemente all’emergenza. Tale quadro è inquadrato nell’educazione alla maschilità. A tale proposito sono state esplicitate le linee guida di questa proposta educativa: gli interventi educativi che si avanzano riguardano 3 ambiti principali: 1. La relazione tra maschi (eterosessuali e omosessuali) come area di gestione del genere 2. La pluralizzazione dei modelli di maschilità in un’ottica di ripensamento della genealogia simbolica del maschile 3. L’accompagnamento dell’adolescenza maschile nel difficile e complesso compito dell’identificazione di genere.

PARTE IV – LA COMPETIZIONE TRA MASCHI LA VIRILITA COME PERFORMANCE Quando in Pedagogia si parla di genere spesso ci si riferisce all’educazione delle donne e non si guarda al maschile come posta in gioco nel percorso educativo. In questo capitolo si tematizza il percorso di formazione al maschile, la sua laboriosità e i rischi che esso può comportare.

4 BURGIO  Traccia una genealogia storica del maschile, una genesi del nostro attuale modello di virilità, mostrando come tale schema simbolico operi attivamente durante l’adolescenza, momento centrale della costruzione della soggettività sessuata. porta avanti l’ipotesi  la gravosità dei compiti di sviluppo connessi alla costruzione della virilità fa emergere il rischio che gli adolescenti possano non voler affrontare tale processo, preferendo utilizzare “scorciatoie”, quali l’uso della violenza, come performance di genere, come manifestazione pubblica di appartenenza al maschile. LA GENESI DEL MASCHILE La maschilità non è un dato naturale, come il sesso biologico, ma una costruzione storico-culturale che ha una lunga storia. Tra i primi a impegnarsi nel tracciare l’archeologia dell’attuale strutturazione del maschile è stato GEORGE MOSSE. Già dalle guerre napoleoniche, moltissimi volontari delle classi medie si arruolarono mossi dall’attaccamento alla nazione e dal desiderio di mettere alla prova la propria virilità. Questo fenomeno assicurò un posto preminente all’idea di mascolinità.  La borghesia costruisce, assieme allo stato nazione, una forma cristallizzata di virilità connessa al nuovo ideale di rispettabilità. Il fondamento della nazione diventa l’uomo vero. Per individuare quest’ultimo in maniera chiara bisognava però denunciare le opposte versioni di umanità, quelle prive di valore: innanzitutto, ovviamente, la donna e, accanto a questa, le altre forme di non-virilità. XIX SECOLO  La medicalizzazione dell’omosessualità aveva bloccato in un ruolo fisso l’omosessuale: la sua anormalità non si limitava + solo all’attività sessuale ma anche al temperamento, all’aspetto e alla struttura corporea. VERSO LA FINE DEL XIX SECOLO  Un po’ in tutta Europa le leggi contro l’omosessualità furono inasprite. Ma quello della virilità non è un discorso esclusivamente sessuale e coinvolge anche gli uomini considerati stranieri e inferiori. FINE OTTOCENTO  Le categorie degli omosessuali e degli ebrei veniva accostate, considerando gli uni e gli altri estranei alla composizione organica della virilità. L’ebraismo e l’omosessualità vengono accomunati al femminile e contrapposti alla maschilità. XX SECOLO  Gli omosessuali e le donne occupano un posto svantaggiato di una dicotomia che li contrappone a una concezione socialmente condivisa di virilità.  La maschilità si forma quindi attraverso l’accomunare le donne, gli ebrei e gli omosessuali al fine di escluderli e ciò si riflette anche nella produzione letteraria europea. Il nazifascismo appare il punto culminante di un’evoluzione del concetto di virilità. Il nazismo accomunò l’omosessualità e femminilità in misura maggiore rispetto al passato: l’omosessualità non era + intesa come privata inclinazione ma esclusivamente come assenza di virilità e, esattamente come l’essere donna, era posta al di fuori del maschile. Il nazismo combatteva, oltre agli ebrei, quei comportamenti che non corrispondevano a un ruolo eterosessuale attivo per gli uomini e a una complementare sottomissione riproduttiva per le donne. Italia  in fascismo non puniva nella sostanza gli omosessuali, ma chi aveva atteggiamenti femminili, aderendo così a un’immagine della donna considerata di per sé inferiore a quella maschile. i pederasti attivi

5 e gli omosessuali con aspetto virile venivano tollerati ( o almeno non perseguitati) mentre la repressione era diretta soprattutto contro i passivi, perché assumevano il ruolo proprio della donna. Quello che colpisce nei nazionalismi totalitari del secolo scorso non è tanto l’antisemitismo, la misoginia e l’omofobia presi in sé ma il fatto che si presentassero insieme. Proprio il reciproco collegamento tra questi tre elementi, storicamente alla base dell’ideologia nazifascista, sembra costituire un argomento importante per noi perché in relazione con la genesi dell’attuale modello di maschilità. L’esperimento dei fascismi europei è stato attraversato non solo da un progetto di società nuova ma anche da un modello prescrittivo di uomo, intendendo con questo termine non gli esseri umani in generale ma proprio maschi. La rappresentazione ideologica del maschile consisteva in un’immagine dell’uomo come una persona brutale, sempre in preda alla passione, con un costante accostamento tra aggressività e mascolinità, tra capacità militare e sessuale. Il fascismo tributò alla sana maschilità la rappresentazione della virilità del Duce, l’erezione di obelischi e fasci littori, una statuaria che esaltava il corpo maschile nudo e muscoloso.  A fare da collante tra questi elementi, il tema della degenerazione. In questo snodo storico, anche il dominio militare prese forma sessuale: le truppe d’assalto sprigionavano una carica erotica virile quando si scontravano con il nemico. La sensazione di estasi provata mentre la baionetta penetra nella carne bianca di un soldato somiglia a un orgasmo. Questo modello di maschilità non fu però esclusivo dei totalitarismi. La costruzione nazionalistica, esaltata nei conflitti bellici, favorì anzi il fiorire di questo modello un po’ in tutta Europa. Il nesso sessuato tra uomini e violenza assume un carattere sistemico e pervasivo tra Otto e Novecento non solo per il nazionalismo ma anche grazie alla politica coloniale. OGGI  questa concezione di una virilità non appare morta. La supremazia del maschio si esprime ancora simbolicamente attraverso la figura dell’eroe guerriero, un modello di virilità fissato attraverso una serie di narrazioni di gesta di violente conquiste. La guerra è intesa come un agone simbolico che ha come posta in palio la virilità. SECONDA META DEL ‘900  La società fu investita da radicali mutamenti sociali: tutte cose che portarono alla crisi di quella mascolinità caratterizzata da forza, disciplina aggressività e autoritarismo. Tale crisi non sembra però aver portato alla rinuncia maschile alla supremazia. LE DINAMICHE ATTUALI DEL MASCHILE La nostra società è fondata su un legame sociale tra uomini storicamente contraddistinto da 3 elementi: 1. L’assoggettamento delle donne 2. Il divieto legale dell’omosessualità e la manipolazione politica dell’omoerotismo, il cui potenziale avviene all’interno dei canali dell’amicizia virile e della solidarietà ideologica. 3. L’emarginazione categoriale dello straniero e il divieto del suo insediamento sul terriero. Pare opportuno analizzare le dinamiche relazionali intramaschili ordinarie, i processi + “normali” di costruzione della virilità nella nostra società. Per questo motivo, BURGIO si concentra sull’adolescenza, quella fase della vita in cui i processi di formazione sono + evidenti. Una seconda regione è che l’adolescenza, oltre a essere un laboratorio di maschilità, è con quest’ultima paragonabile per la sua genesi storico-culturale. Infatti, l’adolescenza ha + o – la stessa data di nascita della maschilità moderna dato che essa non viene veramente individuata e riconosciuta prima del XVIII sec. La definizione di adolescenza è stata poi perfezionata dalla creazione, nel secondo ‘800, dei sistemi scolastici nazionali e dalla diffusione della scuola

6 secondaria. Solo all’interno del contesto scolastico, l’esperienza dell’adolescenza diventa collettiva e standardizzata. Prima di allora quelli che oggi chiamiamo adolescenti vivevano esperienze molto varie: potevano studiare in casa con un precettore oppure diventare apprendisti in una bottega. Sicuramente non componevano un gruppo sociale omogeneo e differenziato dal resto della società. Infine la nascita culturale dell’adolescenza è contemporanea all’individuazione dell’omosessualità. L’adolescenza si sviluppa parallelamente all’attuale modello di maschilità, da un lato, e all’attuale modello di omosessualità, dall’altro. IL BULLISMO COME PERFORMANCE VIRILE. È consapevolezza diffusa come siano per l + i maschi a creare problemi e come maschi siano per lo + i ragazzi violenti. I ragazzi sono + aggressivi delle ragazze e che usano + facilmente la forza fisica, al fine di infliggere dolore. Il bullismo femminile ma si esprime principalmente attraverso la diffusione di pettegolezzi o attraverso l’esclusione dal gruppo: è insomma statisticamente molto meno violento di quello maschile. Il comportamento aggressivo dei maschi è meno episodico e + stabile negli anni. Sebbene maschi e femmine non differiscano per l’aggressività verbale dimostrata, i maschi sembrano adottare un tipo di aggressività verbale dimostrata, i maschi sembrano adottare un tipo di aggressività + fisica. Quando intendono colpire un compagno, usano metodi: tesi a procurare il maggior danno possibile. I maschi usano la prepotenza fisica con entrambi i sessi, le ragazze solo verso le ragazze. Il bullismo, in sostanza, riguarda prevalentemente un genere di aggressori: quello maschile. Tale predisposizione maschile alla violenza non è una novità per gli studi. Degno di nota è invece il fatto che i ragazzi, per lo +, creano problemi agli altri maschi. Così come interessante è che la frequenza delle prepotenze inflitte ai maschi rimane stabile nel corso dell’anno scolastico. Infine, i maschi hanno maggiori difficoltà delle ragazze nel solidarizzare con le vittime del bullismo perché tale comportamento contrasterebbe con l’immagine machista che vogliono dare. Il maggior coinvolgimento maschile nel fenomeno del bullismo, è spiegabile con una serie di motivazioni di carattere sociale e culturale. Tra queste, secondo Burgio, ha indubbiamente un ruolo la costruzione simbolica della virilità. Le dinamiche relazionale che, in questa fase di passaggio contribuiscono a costruire l’identità sessuale si trasformano piuttosto facilmente in violenza nei maschi perché la posta in palio – la virilità – si articola nella nostra società in una gerarchia di gradi, basata su una competizione finalizzata a uno status che si ottiene sottraendolo ad altri maschi e che, in qualunque momento può essere tolto.  Il bullo ha bisogno di vittimizzare un compagn...


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