Grammatica greca - Appunti di lezione 1-10 PDF

Title Grammatica greca - Appunti di lezione 1-10
Author Maria Chiara Alessio
Course Storia Greca
Institution Università del Salento
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libro sesto iliade ed orazio...


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GRAMMATICA GRECA LE ORIGINI DELLA DISCIPLINA: DIONISO TRACE Gli studi di grammatica greca ebbero inizio in età alessandrina quando si cominciò a studiare i poemi omerici, assunti, dunque, in questo caso anche come fonte di elaborazione di regole grammaticali. La prima opera che sia stata prodotta sulla grammatica greca risale appunto a questo periodo e appartiene a Dionisio Trace. Quest’opera è “Tekne Dionysiu grammatikè” . La parola “Tekne” , tradotto generalmente con la parola “arte”, in realtà non indica un tipo di arte figurativa, bensì ogni tipo di attività umana. Forse sarebbe più consono in questo senso adottare il significato di “tecnica”. La “tekne” era comunque considerata come una forma di conoscenza inferiore rispetto all’ “episteme” , ovvero “scienza” . I greci infatti erano soliti distinguere tre processi della conoscenza: 1. L’ “emperia” cioè la conoscenza sensibile, pratica che porta alla formazione di una “tekne” 2. La “tekne” come specificato sopra 3. L’ “episteme” , la scienza intesa come forma più alta di conoscenza. L’opera di Dionisio Trace è di contestata autenticità. Generalmente si considerano autentici solo i primi due capitoli perché i successivi parlano di argomenti diversi rispetto a quelli indicati nell’introduzione. Nel primo capitolo Dionisio distingue le fasi del procedere della grammatica: 1. Anagnosis, ovvero la lettura del testo secondo la prosodia, cioè l’insieme delle regole che curano il ritmo della poesia così come della prosa – perché i greci si preoccupavano di conferire un certo ritmo anche alla loro prosa. Questa fase è importante secondo Dionisio perché la grammatica secondo lui va imparata dalla lettura dei testi e non dai manuali (anche perché all’epoca non esistevano ancora). 2. Exeghesis, ovvero l’interpretazione dei tropi, cioè delle figure retoriche, come ad esempio l’immagine della gioventù come la primavera della vita. 3. Apodosis, ovvero la resa delle glosse , cioè delle parole rare, e delle historiai, cioè dei contesti che stanno dietro l’elaborazione di questa poesia. 4. Eureseis, da eurisko, ovvero la scoperta dell’etimologia delle parole. 5. Krisis analoghia, ovvero il concetto razionale secondo cui la grammatica si basa su delle regole ben precise. Questa convinzione è propria della corrente oratoria dell’atticismo, perseguita anche da Giulio Cesare; in contrapposizione all’anomalia degli asiani, che vedono la grammatica come qualcosa di più flessibile le cui regole cambiano nel corso del tempo. La krisis analoghia porta all’elaborazione delle regole grammaticali: come avviene per i fenomeni fisici, dall’osservazione di fenomeni simili, si ricava una regola. Nel secondo capitolo Dionisio Trace si occupa della prima fase del processo grammaticale, la lettura. La prima affermazione è che i testi andavano letti ad alta voce, recitandoli, e non a mente e, inoltre, come erano soliti fare gli insegnanti con i loro studenti, dovevano essere imparati a memoria – una pratica questa rimasta nell’istruzione fino a molti secoli dopo. Quando si legge un testo bisogna tener conto di:   

Prosodia, che rivela la capacità artistica del poeta Intonazione, che rivela l’ispirazione, l’ingegno del poeta Diastolè, ovvero la pausa che è data dalla punteggiatura e che è fondamentale per la comprensione del testo.

La perfezione per gli antichi era data dalla congiunzione di ispirazione e capacità artistiche (vd. “Sul sublime” ).

OMERO E LA QUESTIONE OMERICA Secondo Bruno Gentili le caratteristiche della poesia greca sono 4: 1. Carattere pragmatico, significa che la poesia greca è d’occasione, non nasce per pura ispirazione; 2. Funzione paideutica ed educativa, come dimostrano in primo luogo i poemi omerici, assunti a vera enciclopedia, ma poi anche i componimenti lirici, come la poesia di Saffo destinata al tiaso o quella parenetica di Callino e Tirteo; 3. Contenuto mitico, costante se si escludono pochissime opere, come “I Persiani” di Eschilo, tragedia storica; 4. Carattere orale, ovvero la trasmissione orale della produzione poetica, valido in maniera esclusiva almeno fino al IV secolo a.C. In questo senso Platone si colloca in un periodo di transizione: pur disprezzando la scrittura, in quanto non rende necessaria la memorizzazione e, dunque, non permette di sfruttare la mente, come riconosciuto nel mito di Theut, si serve della scrittura per tramandare il suo insegnamento. Platone elogia la comunicazione orale perché è capace di coinvolgere maggiormente, a differenza della scrittura che lui vede come una statua. Tutte queste 4 caratteristiche si ritrovano in Omero. La questione omerica, come accennato, sorse in età alessandrina, quando sia avviarono i primi studi di grammatica e di filologia sui testi. (vd libro superiori) In età moderna la questione omerica fu ripresa da Fançois Hedelin, abate d’Aubignac che nel 1664 con la sua dissertazione sull’Iliade fu il primo a mettere in discussione l’esistenza di Omero e considerò l’Iliade una maldestra raccolta di canti anonimi composti in epoche diverse e unificati poi sotto Pisistrato. Posizione apparentemente simile è quella di Giambattista Vico che, come Hedelin, negò l’esistenza di Omero, ma, a differenza dell’abate, riconobbe l’Iliade come un’opera di grande vitalità artistica. Omero sarebbe soltanto un simbolo dietro cui si nascondono vari poeti, nonché tutto il popolo greco con le sue sensibilità e fantasie; in questo modo Vico indicò per primo un esempio di poesia popolare (Wolkgaiste), poesia di grande successo in età romantica. Vico, però, non può considerarsi padre della questione omerica, perché la sua fu solo un’intuizione, non convalidata da dimostrazioni, perché la sua tesi non trovò grande riscontro a livello europeo. Vero padre della questione omerica può dirsi Auguste Wolf, filologo tedesco, autore dei Prolegomena ad Homerum (1795), in cui sostiene che la scrittura in origine non era usata per la poesia ma solo per fini strettamente pratici; essendo, inoltre, i poemi omerici troppo vasti per essere tramandati oralmente (a parere di Wolf), questi non potevano che essere una raccolta di canti sparsi. Sulle orme di Wolf, che ebbe grande successo, si mossero altri studiosi tedeschi:   

Hermann che sosteneva che i poemi omerici sono il risultato di un ampiamento di un nucleo narrativo più ristretto (l’ira di Achille per l’Iliade e il nostos di Odisseo per l’Odissea) Lachmann che individuò nell’Iliade 16 o 18 einzellieder canti singoli aggregati insieme in età pisitratica Kirchhof che parlò di kleinepen, piccoli canti epici di epoca diversa che si sarebbero stratificati.

Il contributo più importante venne dato da Milman Parry. Nel 1925 egli individuò come unità minima del poema omerico la formula, ovvero un’idea che viene espressa una volta o più con la stessa struttura metrica. Altro elemento caratteristico nella poesia omerica è il sistema formulare che, invece, è la stessa idea espressa con soluzioni metriche differenti. L’epiteto ornante, come Achille piede veloce, … è usato per fini pratici, soprattutto per concludere il verso con la giusta quantità di sillabe. (Vd appunti Cataldo) Witt ha definito la lingua omerica una Kuntersprache (leggi Kunspra), ovvero “lingua d’arte”, una lingua artificiale che non è esistita storicamente ma che è stata il risultato di una stratificazione linguistica.

Sappiamo che le prime redazioni scritte dei poemi omerici risalgono all’VIII – VII sec a. C. e si devono agli Ioni, però la lingua in cui vennero scritti non corrisponde interamente allo ionico, ma ci sono soluzioni linguistiche più arcaiche fino al miceneo che testimoniano il lungo processo di elaborazione e trasmissione orale di questi poemi e che non potevano essere ricondotte alla corrispondente forma ionica per motivi metrici. Secondo Habelock i poemi omerici sono il risultato di una commistione meccanica e non chimica. Meccanica perché naturale, non orchestrata da una sola mente ordinatrice, chimica l’opposto. Questo spiega alcune incongruenze presenti nei poemi: 



Incongruenze storiche: armi di ferro e armi di bronzo compaiono insieme, nonostante il ferro all’epoca dei fatti narrati non fosse ancora stato scoperto; oppure vengono descritte armi di bronzo lavorate come fossero di ferro… Incongruenze narrative: personaggi che muoiono e poi risorgono misteriosamente a distanza di alcuni canti, o durata eccessivamente prolungata di notti durante le quali si tengono più cene…

Bruno Gentili ha affermato che affinché una poesia possa dirsi orale sono necessarie tre condizioni che possono coesistere o meno a seconda del periodo storico di riferimento: 1. La composizione orale: i testi vengono improvvisati sul momento. 2. La comunicazione orale: l’accesso ai testi tramiteil canale orale, come nel caso del canto degli aedi… 3. La trasmissione orale: i testi vengono trasmessi oralmente In base a queste condizioni si possono distinguere tre periodi della poesia greca: 1. Periodo arcaico in cui queste tre condizioni coesistevano 2. Periodo classico in cui la composizione e la trasmissione hanno cominciato a essere miste. Questo periodo si conclude nel IV sec con Platone che rappresenta un punto di svolta 3. Periodo in cui prevale la forma scritta per quanto riguarda sia la composizione che la comunicazione e la trasmissione.

METRICA GRECA La nostra metrica in poesia è diversa dalla metrica usata dagli antichi. La nostra metrica è qualitativa, accentuativo-sillabica, si basa cioè sull’alternanza di sillabe accentate e sillabe atone e ogni verso presenta lo stesso numero di sillabe. La metrica classica, invece, è quantitativa, si basa cioè sull’alternanza di sillabe brevi e sillabe lunghe. L’unità minima di questo sistema è rappresentata dunque dal piede. Dunque, a differenza della metrica moderna, la metrica greca non prevede che necessariamente si conti lo stesso numero di sillabe in ciascun verso. Un’eccezione nella metrica classica è costituita dalla metrica eolica (vd lirica di Saffo e Alceo) che è stata tramandata come quantitativa, ma che, in realtà, è più vicina alla nostra metrica qualitativa. Distinguiamo all’interno di un piede l’arsi e la tesi. Secondo la definizione di Prisciani e Capella l’arsi è la positio fors, ovvero la sillaba su cui cade l’accento, mentre la tesi è la positio debilis, ovvero la sillaba atona. Per i greci, in realtà, era l’opposto. In base al rapporto tra arsi e tesi vengono distinti alcuni generi ritmici: 1. Il metro pari, chiamato ison, che consiste in un rapporto 2 : 2. In esso rientra l’esametro perché composto da dattili, spondei

2. Il metro doppio, chiamato diplasion, che consiste in un rapporto di 1 : 2 opp di 2 : 1. In questo genere rientrano metri in cui ricorrono piedi come i trochei e i giambi, come ad esempio trimetri giambici, tetrametri trocaici, strofi alcaiche, strofi saffiche 3. Il metro emiolio (emiolion in greco) che consiste in un rapporto di 3 : 2 oppure di 2 : 3. A questo genere ritmico appartengono le soluzioni: tribaco (UUU) + una sillaba lunga(_) oppure trocheo (_U) + sillaba lunga(_) oppure due sillabe brevi(UU) / una lunga (_) + un giambo (U_) . Si tratta di un genere ritmico orientaleggiante. La soluzione _U_ è chiamata cretico proprio perché proveniente da Creta, più vicina e a contatto già in tempi antichi con l’Oriente (a Creta per esempio si teneva il culto di Cibele). L’emiolio è caratteristico, però, anche del peana.

PARTICOLARITA’ PROSODICHE IN OMERO       

La corretio attica: cons. muta + cons. liquida fanno positio debilis (soprattutto poi in poeti più tardi), tranna in alcuni casi, ovvero beta + lambda, gamma + lambda, gamma + ni, delta + mi, delta + ni. La sinezesi : uno iato viene considerato come un’unica sillaba. Le consonanti lambda, mi, ni, ro, sigma, digamma possono allungare la sillaba precedente. La correptio in iato: una vocale lunga o un dittongo seguite da una vocale diventano brevi. La prima legge di Shulze: se abbiamo una successione di tre sillabe brevi, la terzultima si allunga per evitare un tribaco. La seconda legge di Shulze: se abbiamo una successione _U_ la posizio debilis al centro si allunga per evitare un cretico. L’allungamento in cesura: quando una sillaba breve precede la cesura pentemimera maschile, questa si può allungare.

STRUTTURA DEI POEMI OMERICI In origine i poemi omerici erano canti separati. Questo è dimostrato, per esempio, dalla testimonianza di Eliano:>. Cantato separatamente, ogni episodio era indicato con il titolo: il riscatto di Ettore, la Dolonia, l’antro del Ciclope, il colloquio di Ettore e Andromaca. Il luogo in cui originariamente venivano cantati era la Ionia, sul territorio dell’Asia Minore; venivano cantati in occasione di particolari feste, gli agoni rapsodici, ovvero le gare poetiche (come saranno anche le panatenee, in cui avveniva l’exypobules, i poeti, cioè, iniziavano il loro canto là dove l’altro aveva finito). Licurgo (non il legislatore spartano), avrebbe, secondo Eliano, portato per primo in Grecia questi canti, che sotto Pisistrato, poi, furono sottoposti alla prima redazione scritta di cui siamo oggi in possesso. Quindi Eliano fa riferimento già alle unità tematiche narrative dei poemi. Furono i filologi alessandrini a correggere e a mettere insieme, dividendoli per libri, questi canti, così che al tempo di Eustazio (X sec d.C., età bizantina) l’Iliade e l’Odissea apparivano . L’opera di divisione dei poemi in 24 libri si deve, secondo Eustazio e lo PseudoPlutarco, ad Aristarco; ogni libro venne intitolato con una delle lettere dell’alfabeto. Per quanto riguarda la struttura dell’Iliade, essa risulta più semplice rispetto a quella dell’Odissea per la successione lineare dei fatti: fabula e intreccio, cioè, coincidono, si segue un’esposizione dei fatti secondo l’ordine cronologico con cui sono accaduti, dall’ira di Achille ai giochi funebri per Ettore, negli ultimi 51 giorni della guerra di Troia. La struttura dell’Odissea, invece, è costituita anzitutto da 2 blocchi: 1)i viaggi di Telemaco prima, di Odisseo poi, fuori Itaca. I viaggi di Odisseo sono ricostruiti da lui stesso attraverso un lungo flah back che si apre nel 9° libro, quando l’eroe si trova ospite di Alcinoo sull’isola dei Feaci. 2)le vicende a Itaca.

Il 6° canto dell’Iliade è preceduto, in breve, dagli episodi della peste e dell’ira di Achille (libro I), dal catalogo delle navi (libro II), dal duello di Paride e Menelao (libro III), dalla teicoscopia (libro III), dall’aristìa di Diomede (libro V). (vd libro superiori).

VI CANTO DELL’ILIADE Il sesto canto dell’Iliade si compone di 2 blocchi: 1) 2)

duelli vari sul campo di battaglia in cui hanno la meglio i greci Ettore a Troia

Per quanto riguarda il primo punto è tipico in Omero il prevalere della descrizione della “singolar tenzone”, ovvero della descrizione di duelli, rispetto alla descrizione di combattimenti di massa degli eserciti, come, invece, si avrà nelle elegie di Callino e di Tirteo. L’epica omerica pone attenzione sull’individuo, sul singolo, piuttosto che sullo schieramento, sulla massa di uomini: è la funzione individualizzante della poesia omerica. La prima parte è a sua volta divisibile in più scene. La prima di queste è l’elenco di una serie di androktasiai, ovvero uccisioni di uomini, dettagliate, cruente e varie: Aiace Telamonio uccide Acamante (la sua morte ricorda in parte quella di Ettore: Acamante è colpito con l’asta in fronte, Ettore tra la gola e la spalla. A tal proposito ricordiamo che oltre alla lancia, usata per combattere da lontano, i guerrieri omerici usano lo xifos, il pugnale, la spada per combattimenti ravvicinati), Diomede uccide Assilo, Eurialo uccide Dreso e Ofeltio, ecc. Da notare il contrasto che si viene a creare tra la brutalità della guerra, come emerge dai particolari descrittivi, e la pietà per i vinti, che sembrano riacquistare dignità al momento della loro morte, quando il narratore accenna a quella che è stata la loro esistenza; così accade con Assilo di cui veniamo a sapere il padre, il luogo di origine e la filìa per gli uomini; oppure, ancora, questo sguardo pietoso verso i vinti emerge quando si parla di Adrasto, che, catturato da Menelao, promette al suo aguzzino un ricco riscatto se lo manterrà in vita, finchè non arriva Agamennone che convince il fratello a uccidere l’uomo. Dunque, nell’Iliade non c’è spazio solo per l’eroismo guerriero, la celebrazione della forza e del coraggio dei combattenti greci, ma anche per la pietà nei confronti dei vinti troiani. La prospettiva di Omero è comunque ellenocentrica: certamente il poeta non parteggiava per i troiani. Dal verso 66 al verso 72 si inserisce la parenesi militare di Nestore ai suoi compagni greci. Nestore, definito altrove , è tra i più anziani guerrieri; grande oratore, qui esorta i compagni a non fermarsi a spogliare i cadaveri dei troiani per recuperare subito il bottino (rapacità: altra immagine cruenta della guerra), ma a proseguire nell’assalto ai nemici. Dal verso 73 emerge un guerriero troiano, Eleno, fratello di Ettore, indovino (figura molto importante per questo come lo è Calcante tra i greci) , il quale fa due diverse esortazioni: 1)una a Ettore ed Enea, i più valorosi combattenti troiani, a cui chiede di organizzare gli schieramenti dell’esercito per il contrattacco. 2) un’altra a Ettore, a cui chiede, dopo aver riordinato le file, di recarsi in città per invitare la madre a guidare le donne di Troia presso il tempio di Atena e qui compiere un sacrificio propiziatorio per placare l’impeto di Diomede. A molti questo secondo invito è parso strano: nonostante le difficoltà in cui si vengono a trovare i troiani Eleno esorta Ettore ad allontanarsi dal campo di battaglia. Gli studiosi sono, dunque, giunti a conclusione che si tratta di un esempio di testo di raccordo tra due scene. Già Eliano aveva detto, infatti che >.

Ettore si reca a Troia; nel frattempo avviene un duello, quello tra Glauco e Diomede, che occupa i versi dal 119 al 236. La legge di Zilinsky dice che non esistono interruzioni temporali nell’Iliade come nell’Odissea, dove, per esempio, mentre si racconta dei viaggi di Telemaco per la Grecia alla ricerca del padre, Odisseo compie i suoi viaggi. Tra Glauco e Diomede ha inizio un dialogo: prima interviene Diomede, poi Glauco, poi di nuovo Diomede. Circa il 45% dei poemi omerici è formato de dialoghi: l’Iliade e l’Odissea sono esempi di narrazione mista, per cui parti narrative si alternano a parti dialogiche. Il primo intervento di Diomede presenta una struttura ad anello (Ring-composition): l’eroe chiede chi sia a Glauco, si mostra preoccupato della stirpe, affermando che se fosse un dio, un immortale, non si sarebbe rifiutato di combattere con lui. Quindi riporta l’esempio paradigmatico, il mito di Licurgo, figlio di Driante, re di Tracia, che osò uccidere le baccanti e spaventare Dioniso e che per questo venne reso cieco e morì giovane, inviso a tutti gli dei. Poi, di nuovo, riprende quanto detto all’inizio: >. Anche questo è un passo che è stato a lungo oggetto di discussioni a proposito del mito di Licurgo qui riportato, perché a lungo si è pensato che Dioniso non appartenesse in origine al pantheon greco e che fosse un dio proveniente dall’oriente, in seguito integrato nella cerchia degli dei greci. Questa idea avvalorerebbe la tesi secondo cui questo passo è stato aggiunto posteriormente dai grammatici alessandrini e che sarebbe, dunque, una specie di testo di raccordo anche questo. In realtà recenti studi hanno riportato alla luce testimonianze di età storica che fanno menzione del dio e che attesterebbero l’esistenza già allora nel mondo greco di questo dio. Per cui alla luce di questa nuova scoperta il passo sarebbe una dimostrazione di come Dioniso è sin dall’inizio un dio del pantheon greco.

ESAMETRO DATTILICO CATALETTICO  

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Esapodia = perché formato da sei piedi dattilica = questi piedi sono dattili _UU opp spondei _ _ sostituendo le due brevi con una lunga; questa sostituzione dimostra come l’esametro possa rientrare nel genere ritmico del metro pari: la posizio fors, l’arsi in rapporto identico di 2 : 2 con la posizio debilis, il tema, perché, come si vede, le due brevi del dattilo corrispondono a una lunga nel...


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