Handicap e pregiudizio 2 PDF

Title Handicap e pregiudizio 2
Course Pedagogia speciale
Institution Università degli Studi di Verona
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HANDICAP E PREGIUDIZIO – Le radici culturali Cap.1 → Pregiudizio, come si origina Cap.2 → si andranno a cercare le origini delle radici, quello sfondo in cui abita il pregiudizio. Sfondo pregiudizio, stereotipo a galla. Pregiudizio che affonda all’interno di una cultura Cap.3 → handicap: cosa significa, differenza tra deficit e handicap Cap.4 → superamento del pregiudizio, atteggiamenti mentali che ci aiutano ad andare oltre Cap.5 → prospettive dell’educazione -> importante -> ci aiutano a capire come intervenire per superare il pregiudizio attraverso l’azione educativa

CAP. 1 - PREGIUDIZIO 1. Il PREGIUDIZIO è un “potere” agito subito. Chi lo agisce allo stesso tempo lo subisce nei termini della riduzione della possibilità di comprendere la realtà. Chi lo subisce allo stesso tempo lo agisce portandone il peso, assumendone i contorni e le deformità. È il soggetto che ha il pregiudizio ma è un attore che ne subisce le conseguenze perché ne sono vittime (riduzione della possibilità d’incontro con l’altro). Potere del pregiudizio -> azione limitante, attiva e passiva. “potere” dell’uomo sull’uomo. 2. IL PREGIUDIZIO è una forma del “non vedere” – riflessione etica riguardante il “dover essere” dell’Io, del Tu e del reale. Nella difficile distinzione tra realtà e illusione, il pregiudizio è la maschera confezionata dalla ragione stessa o per altri quando la diversità non è compresa ma scartata. Quando non si riesce a capire che siamo tutti uguali. 3.Il termine PREGIUDIZIO significa giudizio anticipato, prima del tempo, prima di aver pensato, conosciuto, riflettuto abbastanza. Processo di pensiero dal quale emerge un’idea frettolosa, superficiale, preconcetta. Avere un pregiudizio vuol dire non aver riflettuto abbastanza, essere stati superficiali, non aver preso in considerazione i vari aspetti di una questione, le cui conseguenze sono lo sviluppo di errate o infondate convinzioni riguardanti la realtà o le persone. Alcuni pregiudizi non si fondano su evidenze certe ma su “a priori” (e condizionano le nostre coscienze) Pregiudizio non è un giudizio affrettato ma è qualcosa che viene prima del giudizio rendendo il giudizio falso, malsano, non veritiero. 4. Avere pregiudizi significa: essere stati superficiali con conseguente sviluppo di idee o convinzioni lontane dalla realtà riguardo cose o persone. 5. Differenza tra Opinio praeiudicata e prae-iudicium: Opinio praeiudicata (opinione preconcetta, contaminata dal pregiudizio) -> ragionamento o congettura inconsistente in quanto riflette pensieri e logiche date a priori. Effetto del giudizio anticipato. Sono qualcosa cosa che vediamo negli altri = effetto pregiudizio. La persona che emette l’opinio non lo fa in modo consapevole. Prae-iudicium (pregiudizio). Rinvio a ciò che viene prima del giudizio. A- priori – strutture di distorsione del senso su cui poggia la presunta bontà di quelle affermazioni che anche nel momento in cui sono condivise da molte persone non sono altro che espressione di altri pregiudizi. Dobbiamo cercare il pregiudizio fuori dall’ambito della coscienza soggettiva. 6. Reciprocità dei pregiudizi: a pregiudizio corrisponde pregiudizio (es. bianchi-neri, maschi-femmine). Questa reciprocità non ha fondamento per i gruppi di abili e disabili -> unica direzione = asimmetria Pregiudizio sull’handicap: capire quali siano le strutture di significato che incanalano la riflessione e il pensiero nella direzione della formulazione dei pregiudizi. 7. Rimedio: consisterebbe bel correggere i modi con cui il pensante formula i suoi giudizi, insegnandoli a procedere più lentamente, a raccogliere con cura le informazioni e ad attenersi ai fatti e non alle opinioni. Darsi il giusto tempo per riflettere prima di emettere qualsiasi giudizio.

La psicologia sociale e in particolare Allport (the Nature of Prejudice) individua nel pregiudizio almeno 3 componenti intrinseche: a) Motivazionale b) Cognitiva c) Comportamentale Analisi dei fattori sociali Sherif: il conflitto e l’emulazione (desiderio di imitare) tra i gruppi siano alla base del processo di costruzione di atteggiamenti e comportamenti pregiudiziali. Cox: il pregiudizio trova la sua ragion d’essere nel contesto sociale (fattori utilitari e materiali) – divisione della società tra dominanti e dominati. Rose: fattori sociali come il senso di disagio e isolamento sono la base di ogni forma di pregiudizio. Il disagio sociale innesca un meccanismo che riduce le minoranze come capro espiatorio delle insoddisfazioni e del senso di colpa. Rokeach: ritiene che a influenzare gli atteggiamenti pregiudiziali sia l’incongruenza delle credenze, ovvero la percezione che gli altri non posseggano sistemi di credenze simili al nostro. Tentori: il pregiudizio semplifica le visioni del mondo riducendole ad un dualismo tra “consueto e consuetudinario” ovvero normale, giusto, valido, contrapposto al “diverso” ovvero inquietante, rischioso, ingiusto, cattivo. I veri pregiudizi (con significato sociale) non sono quelli che riguardano i rapporti tra persone ma sono quei giudizi che riguardano un gruppo nei confronti di un altro gruppo. Il pregiudizio in genere nasce a fronte di determinate situazioni. Entra nel rapporto tra gruppi, un gruppo percepisce l’altro come diverso. (Differenze tra razze per esempio) Idea che ci sono persone biologicamente diverse da noi è la matrice di ogni pregiudizio. AZIONE COORDINATA DI PREGIUDIZI E STEREOTIPI SOCIALI Gli stereotipi si definiscono come immagini molto semplificate riguardanti una categoria di persone che vengono condivisi dalla gente. Nel contesto della psicologia sociale e della sociologia gli stereotipi indicano opinioni precostruite riguardanti cose o persone che non variano con il variare del tempo e delle situazioni. Gli stereotipi favoriscono il senso di appartenenza del soggetto al proprio gruppo (ingroup) percepito come omogeneo e concorrono alla percezione di diversità degli altri, questa volta percepiti come eterogenei (outgroup).

CAP. 2 – LE RADICI CULTURALI RADICI DEL PREGIUDIZIO SULL’HANDICAP L’uomo che educa deve progettare per colui che cresce la capacità di affrontare il cambiamento, il distacco, la separazione per conquistare la propria autonomia e libertà. È nella diversità dell’altro che l’uomo ha la possibilità di poter essere nutrimento e vita. “Se ci si guarda in qualsiasi specchio, ci si può vedere interamente; basta regolare distanza e inclinazione e la nostra immagine compare in modo completo, senza scarti. Se poi lo specchio si rompesse in tanti pezzi (frammenti), non per questo si romperebbe anche la nostra immagine; infatti sarebbe sufficiente prendere un qualsiasi pezzo dello specchio rotto, riposizionarlo davanti a noi e potremmo rivedere la nostra immagine tutta intera”. L’uomo in quanto frammento necessità di essere visto alla luce dell’intero a cui si riferisce e a cui si rinvia in sé. Questo è anche l’unico suo vero handicap. Limes -> linea di confine, frontiera fortificata Limen -> soglia, ingresso, possibilità di trascendenza che rinvia a ulteriore trascendenza.

L’integrazione del frammento è un processo di restituzione di significato che risana la carenza ontologica di cui l’uomo in quanto frammento è portatore. Integrazione non significa l’imposizione di un frammento ideologicamente assunto a totalità. Ogni uomo rappresenta un valore universale in quanto parte dell’espressione dell’umanità intera. È unico, irripetibile. L’integrazione del frammento ha senso a partire da un’anticipazione simbolica che sappia dare ragione al tutto senza scarto. Il pregiudizio sull’handicap è il risultato di un sistema simbolico che alimenta la “cultura dello scarto”. Da qui l’incapacità di operare quei cambiamenti che portano ad accoglierlo, comprenderlo e conoscerlo. Pregiudizio sull’handicap: azione di scarto, processo di disintegrazione di quel frammento che è l’umanità di colui che ha un handicap. Si sviluppa a livello sociale, economico, politico, culturale. La “cultura dello scarto”: errata interpretazione del significato del frammento. La cultura che scarta l’handicap non lo ritiene “bello”; il pregiudizio si fonda anche su un meccanismo estetico. Eppure dentro ogni frammento, anche se frammentato dall’handicap, si trova lo splendore della vita, dell’umanità della persona che può divenire personalità. Essere frammento è un dato che riguarda ogni uomo, non solo il portatore di handicap. La società produce sia scarti materiali sia scarti umani: disagiato, disabile, l’inefficiente, l’anziano. La capacità di recuperare e reintegrare gli scarti sia a livello materiale che culturale, può aprire a nuove prospettive di sviluppo umano e sociale. Nell’imparare a prendersi cura dell’altro, specialmente perché debole, si ottiene per sé un guadagno consistente nel potenziamento e nell’espansione del valore e del significato dell’umana esistenza. Il contesto in cui si è insediata la cultura dello scarto si fonda sulla logica dell’indifferenza e della sofferenza. L’ Essere indifferente è di colui che esalta il valore in sé della soggettività per cui l’altro diviene strumento di affermazione dell’io. L’Essere insofferente è di colui che non riconosce l’apertura ontologica dell’essere al dover essere. Integrare materialmente e spiritualmente ogni frammento significa risanare queste carenze. L’ideologia si radica nella cultura che da un lato la genera, dall’altro la copre. Non è possibile superare il pregiudizio senza un affondo nella cultura. In questa prospettiva scarto culturale significa follia: di chi vuol essere potente su chi è debole, di chi vuol nascondere a sé stesso il proprio “essere fatto di limite” (deficienza ontologica), in altre parole il proprio essere-di bisogno. Severino: il prezzo della potenza è la Follia. Follia come sintomo del forte pregiudizio. Per illudersi di avere potenza la follia deve rimanere nell’inconscio delle persone. LO SCARTO DELLA CRISI Ci troviamo di fronte non tanto ad una crisi di civiltà ma una “civiltà della crisi”. “Crisi” non va più inteso come luogo di passaggio, di transizione ma come modalità stabile del divenire. Questo mette paradossalmente in crisi il sapore pedagogico perché l’azione educativa deve fondarsi su dimensioni spazio/temporali che possano essere di facile definizione e analisi. Lo “stato” di crisi permanente rende il lavoro dell’educatore difficile in quanto risulta quasi impossibile formulare progettualità funzionali. Mari osserva che la crisi è potenzialmente feconda in quanto è sia “pericolo” sia “opportunità”. Ogni crisi è crisalide cioè vita in trasformazione. La crisalide della civiltà per potersi realizzare necessità di una trasformazione culturale idonea a liberare la ragione dal pregiudizio in primis quello sull’handicap.

CAP.3 – HANDICAP

“Vedere l’uomo al di là dell’handicap” PREGIUDIZI, STEREOTIPI E HANDICAP Vedere l’uomo al di là dell’handicap vuol dire vedere nell’handicap l’uomo, il limite di ogni uomo: abile o disabile che sia. Non riuscire a vedere questo è una distorsione risultante da un’educazione non corretta. Handicap: condizione di svantaggio, conseguente a menomazione o disabilità che limita o impedisce lo svolgimento normale del ruolo in relazione all’età, al sesso, ai fattori culturali e sociali. In base al sapere pedagogico speciale, il termine handicap indica una condizione di svantaggio sociale, stato di bisogno derivante da specifiche difficoltà che il soggetto trova nell’incontro con l’ambiente e che e nelle quali è possibile intervenire a livello educativo. Deficit: perdita o anomalia a carico di strutture o funzioni, danno irreversibile. Situazione di handicap: emarginazione, svantaggio, esclusione a causa di fattori culturali, sociali, psicologici. Handicappato: non designa più solo la situazione ma connota l’intera persona conferendole un nuovo status esistenziale consistente nelle condizioni di “diverso”, “inferiore”, “imperfetto”, “sbagliato”.

Cattaneo: La tabella a doppia entrata indica la complessità della situazione relativa a soggetto e difficoltà

Sì handicap Sì deficit DISABILE

Si handicap No deficit HANDICAP INDOTTO

No handicap Si deficit DEFICIT/MENOMAZIONI

No handicap No deficit NORMALE

DISFUNZIONE O RESPONSABILITA’ MORALE? Studi di Pettigrew: mettono in evidenza il fatto che i fattori situazionali e socioculturali possono determinare il pregiudizio anche in assenza di disfunzioni della personalità. Bauman: mette in luce come il regime nazista generò e utilizzò scientificamente pregiudizi e stereotipi sociali contro gli ebrei per inibire la responsabilità tedesca di fronte allo sterminio. La soluzione finale non sarebbe stata possibile senza l’esclusione progressiva degli ebrei dalla società tedesca-> azione subdola. Macchina di distruzione umana: si entra persone se n’esce cose, pezzi, oggetti. Primo fondamentale passo: definizione = espressione terribile del “potere del pregiudizio” -> collocare l’umanità dell’altro su un piano di valore e significato inferiore rispetto a quello di tutti gli altri. Pregiudizio: imprigiona le persone, le rende diverse da quello che sono e le allontana le une dalle altre, provocando incomprensioni, sofferenze e scontri. Pregiudizio sull’handicap: funziona come anestetico della coscienza rispetto al proprio limite affinché si possa prodigare a perseguire nell’altro il proprio limite. L’ALTRO PER IL “REALISMO INGENUO”

Per Imbasciati è necessario distinguere percezione da recezione:  Recezione: processo fisiologico attraverso cui un apparato recettore recepisce certi segnali degli oggetti esterni e li veicola lungo vie neurologiche o stazioni di elaborazioni più complesse.  Percezione: processi più complessi, in cui è importante il dato soggettivo. Fenomeno psichico. Implica la consapevolezza. Fenomeno mentale. Percezione dell’altro come handicappato = costruzione mentale. Ogni dato nella percezione è sempre mediato La psicologia della Gestalt: “realismo ingenuo” – si fonda sull’assunto base denominato “ipotesi della costanza”, secondo cui gli oggetti sono percepiti come sono nella realtà oggettiva, fisica, cosicché l’esperienza soggettiva sia una copia della realtà stessa. -> ritenere che vedere, udire, toccare sia uguale a conoscere la realtà così com’è è l’effetto del realismo ingenuo. Le persone con dei pregiudizi vedono il mondo in coerenza con i loro pregiudizi, non vedono il mondo ma lo inventano. Sarà lo stigma a determinare la modalità della comunicazione e dell’interazione.

UN DIFETTO DI RAGIONE: I “TUNNEL” DELLA MENTE Può capitare di pensare che certe idee siano sicuramente giuste, senza avvederci del fatto che, magari, potrebbero essere frutto di un inganno della mente. Come pure, non ci sembra possibile che alcune idee che ci sembrano nostre, possano essere state indotte in noi da altri. Avviene anche di sentirci sicuramente certi che le nostre intuizioni, come vere e proprie scorciatoie, ci guidino senza errori verso i nostri obiettivi. Non ci passa nella mente nemmeno per un istante che forse non siamo nel giusto, che potremmo sbagliarci. Tunnel della mente: Palmarini – rinvia a una sorta di nuovo inconscio che coinvolge a nostra insaputa la sfera cognitiva cioè l’universo dei ragionamenti, giudizi, scelte. Modalità di interferenza nel processo decisionale e nelle frasi della valutazione razionale della realtà.

IL PREGIUDIZIO DELLE VITTIME: LA “ZONA GRIGIA” Un altro pregiudizio sull’handicap è pensare che tra oppressi e sofferenti ci sia sempre solidarietà. Il fenomeno zona grigia si ripete ogni volta che si innalzano i muri della segregazione del rifiuto e dello scarto. L’umanità del disabile cresce e si sviluppa grazie all’educazione. Ciò che la educa sono le relazioni umane. Il male più grande di chi ha una disabilità consiste proprio nel sentire di dover vivere isolatamente il proprio dolore, la propria sofferenza. A volte la solitudine è una scelta, dettata dalla disperazione. Avviene in questi casi che si preferisca sottrarre sé stessi al contatto benefico con gli altri, alle relazioni con chi vive situazioni uguali.

IL DEFICIT: UN MURO PER L’HANDICAP L’analisi del pregiudizio sull’handicap, consente la comprensione dell’origine del rifiuto delle persone che presentano deficit e vivono una condizione di disabilità. Tanto più una persona è giovano, umile, equilibrata, provata dalla sofferenza, tanto più è capace di abbattere le barriere interpersonali con i soggetti affetti da handicap.

CAP. 4 – OLTRE IL PREGIUDIZIO SULL’HANDICAP

Cos’è un contesto? È ciò che accompagna sempre il testo, è la cultura del tempo storico in cui si vive, ma è anche l’IO di fronte al TU. Si può compiere una vera azione sul testo se si agisce contemporaneamente anche sul contesto. Infatti non si può agire con la speranza di cambiare il tu se non si è aperti anche alla possibilità del cambiamento del proprio io. Per superare la cultura del pregiudizio sull’handicap, ci vuole un’azione educativa capace di modificare i testi e i contesti nei quali il pregiudizio, non solo agisce, ma si costruisce. La possibilità del superamento del pregiudizio sull’handicap, la cui essenza sta nell’accoglienza dell’altro non più visto come “diverso” ma accolto in sé come simile in quanto anche noi, come lui, costituiti di limite, non dipende da processi di socializzazione ma dalla struttura del nostro IO, originariamente aperto all’altro. Non sono le esperienze di incontro e di conoscenza diretta di persone che hanno deficit a generare l’atteggiamento di pregiudizio nei loro confronti. Questo significa che il pregiudizio sull’handicap precede l’esperienza dell’incontro con chi ha disabilità. Per modificare atteggiamenti pregiudiziali e stereotipi è necessario ripartire dall’educazione e superare le barriere interpersonali che si frappongono tra le persone. ESPERIENZE DI RIDUZIONE DEL PREGIUDIZIO A CONFRONTO IPOTESI DEL CONTATTO (Allport) → la promozione sociale del contatto fra gruppi in cui si evidenziano atteggiamenti pregiudiziali, può ridurre gli effetti negativi del pregiudizio. Affinché l’ipotesi del contatto funzioni, è necessario rispettare determinate condizioni: - Le azioni dirette alla promozione del contatto tra i gruppi siano sostenute a livello sociale e istituzionale; - La durata e la frequenza dei contatti siano sufficientemente prolungate al fine di consentire la nascita di relazioni significative; - Lo status sociale dei membri sia paritetico; - Che fra le persone ci sia uno stato di reciproca dipendenza rispetto all’acquisizione di obiettivi comuni; Si è potuto osservare che i cambiamenti positivi derivanti dal contatto non sopravvivevano oltre il perimetro del contesto sociale e delle relazioni di gruppo nei quali l’ipotesi è stata sperimentata. Principio della regressione degli atteggiamenti, teoria secondo la quale, dopo un certo periodo, le opinioni tendono a regredire verso il punto di vista originario. RICCHEZZA DEL DIVERSO Siano tutti unici, in quanto nessuno è uguale a qualsiasi altro. In questo tipo di diversità è presente una ricchezza. Pregiudizi e stereotipi nascondono alla vista la ricchezza derivante dalla diversità perché il diverso fa paura in quanto rappresenta il nuovo, l’estraneo, il non uguale. Per cogliere la ricchezza del diverso, è necessario il confronto con la sua persona, la sua individualità, il suo volto e il suo nome. Calegari osserva che la persona tollerante non si precipita a valutare, a giudicare. Essa tende a non attribuire importanza alle differenze di gruppo; tende a sospendere il giudizio e a elaborare. La sospensione del giudizio appare come la caratteristica fondamentale dell’atteggiamento tollerante. Superare il pregiudizio sull’handicap risulta possibile laddove si riesca a porsi dinanzi all’altro, al diverso, senza fretta, in un atteggiamento di apertura.

CAP. 5 - PROSPETTIVE D’EDUCAZIONE

La prospettiva è data dal punto di vista che l’osservatore ha della realtà ed è a partire da essa che assume significato la scelta dell’azione da compiere. Gli studi di Pettigrew sulle cause sociali del pregiudizio, evidenziano il fatto che fattori situazionali e socioculturali determinanti forti limitazioni alla soddisfazione dei bisogni fondamentali, possono causare atteggiamenti pregiudiziali anche in assenza di disfunzioni della perso...


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