Hannerz antropologia urbana PDF

Title Hannerz antropologia urbana
Author Luca Guglielmetti
Course Antropologia e aspetti storico sociali c.i.
Institution Università di Bologna
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Summary

riassunto completo e dettagliato del libro "Esplorare la Città" du Ulf Hannertz. consigliatissimo...


Description

Antropologia Sociale Esplorare la città di Ulf Hannerz Ulf Hannerz è antropologo urbano svedese, che docente di antropologia all’università di Stoccolma. Il suo volume è abbastanza datato, in quanto pubblicato nel 1980, ma fondamentale per il lavoro di ricerca storico sull’antropologia urbana. Capitolo 1, La formazione di un antropologo urbano. Negli anni ’50 l’antropologia urbana non esisteva. Dalla metà degli anni ’60 gli antropologi iniziano ad interessarsi delle realtà urbane; interesse che, durante tutto il decennio successivo, diventerà una tendenza. Perché gli antropologi si interessano alle città ? •

Nelle piccole località esotiche del Terzo Mondo, mete tradizionali degli antropologi, le popolazioni lasciavano progressivamente i villaggi per trasferirsi nei grandi centri urbani in rapido sviluppo.



Il mutamento dell’immagine che gli americani hanno di se stessi: negli anni ’50 si percepivano come una società di massa florida ed omogenea, mentre negli anni ’60 furono riscoperte la povertà e l’etnicità, definite, e relegate, come “problemi urbani”.



In Europa la migrazione internazionale di persone e, sebbene in misura molto minore, di rifugiati di guerra dall’Africa, andava progressivamente a modificare le fisionomie urbane.

Queste cause aprono nuovi orizzonti di ricerca e moti accademici, che portarono gli antropologi alla ricerca di nuovi modelli interpretativi, precedentemente ricercati in contesti lontani ed esotici, capaci di descrivere i cambiamenti e la vita delle zone urbane. Hannerz critica questi primi approcci: •

Trasferimento e applicazione di concetti base/classici dell’antropologia tradizionale nei contesti urbani, senza riflettere su ciò che apparteneva prettamente alla sfera urbana.



Campo dell’antropologia urbana troppo ampio: spesso venivano inclusi, nell’ambito dell’antropologia urbana, tutti gli studi effettuati nella città, e non sulla città. → Ad esempio: la povertà è un fenomeno che possiamo trovare in un contesto urbano ma non è un fenomeno, per definizione, caratteristico del contesto urbano.

In maniera molto provocatoria, Hannerz ci parla dell’antropologia urbana come via di fuga, in quanto molto spesso, gli antropologi, in un periodo dove era sempre più difficile farsi accettare in contesti esotici ed i finanziamenti per fare ricerca diminuivano progressivamente, ricercavano nella città quei contesti di chiusura, etnicità e marginalità, tipici della disciplina, che avrebbero studiato normalmente in località lontane, portandoli spesso a fare ricerche su ghetti e quartieri etnici, o in contesti localizzati che rimandano al concetto di villaggio urbano. ∗

Villaggio urbano: termine coniato da Gans, intende idealmente una piccola comunità localizzata in cui risiede il raggio d’azione di ogni individuo. Il tessuto relazionale si sviluppa all’interno del villaggio e tanto più la popolazione sarà ridotta, tanto più sarà fitta la rete di relazioni. Queste relazioni spesso sono profonde (parentela, vicinato, amicizia) e durevoli nel tempo.

Conflitti razziali, periferie, e marginalità sociali sono ovviamente gli argomenti più familiari per un antropologo, ma l’antropologia urbana occupandosi, proprio come antropologia, di sensibilità per la diversità culturale e familiarità con i fatti della vita quotidiana, sempre attraverso l’osservazione partecipante come metodo di ricerca permanente, deve essere uno strumento con il quale gli abitanti delle città pensino a se stessi, ed a ciò che gli accade intorno, in maniera nuova.



L’osservazione partecipante nasce principalmente con Malinowski: l’antropologo si deve mimetizzare con la popolazione, l’approccio sincronico, utilizzo di interviste informali, padroneggiare la lingua, il presente etnografico, ecc.

Essendo le città disomogenee e fluide, bisogna interessarsi a dati che riflettano i “sistemi di relazione” ossia le interdipendenze più o meno stabili tra le persone. In questo caso risulta fondamentale l’osservazione partecipante. In questo modo anche i dati, magari irrilevanti per l’antropologia classica, assumono un’importanza fondamentale. Inoltre, la città va considerata nel suo contesto più ampio (geografico, storico, infrastrutture, rapporto con la campagna, ecc.) Sociologia/antropologia I sociologi si trovano spesso di fronte al paradosso di astrarre gli individui dal loro contesto relazionale e dai loro legami, continuando però a definirli animali sociali. Hannerz cita Leach: il presupposto del sociologo, dato il suo orientamento statistico, è che il campo di osservazione consiste in un “unità di popolazione”. Non è interessato ad entrare nel dibattito, ma sottolinea come l’antropologia sociale sia molto attenta alla prospettiva relazionale, considerata come una specificità antropologica. Antropologia e sociologia hanno differenti centri di gravità e differenti punti di partenza, ma non sempre sono in disaccordo o non possono collaborare. Lo stesso Hannerz ammette che adotta una prospettiva più “sociale” che “culturale”. Il libro è un chiaro esempio di connubio tra sociologia e antropologia sociale. Presenta una serie di lavori fatti da sociologi sui metodi etnografici antropologici. Hannerz compie tre studi urbani: •

Studio su un quartiere povero afroamericano di Washington.



Studio sulla politica locale delle isole Cayman, nei Caraibi.



Studio della comunità urbana di Kafanchan, in Nigeria.

Da essi desume la corretta metodologia e delinea i campi di ricerca dell’antropologia urbana. Evince inoltre il bisogno di raccontare e capire la genesi di questa disciplina, onde poter meglio analizzare le sue prospettive future. Capitolo 2, La Scuola di Chicago Nel 1920 l’Università di Chicago, fondata nel 1892, si dota del primo dipartimento di sociologia americano. Inizialmente le reclute di questo dipartimento provenivano da altri settori scientifici più consolidati, dando vita, di fatto, ai due macro-orientamenti in cui si divideva la sociologia americana di allora: •

Il primo indirizzo consisteva in un movimento di filosofia speculativa che teorizzava, a livello generale, sui fondamenti della società umana e sul progresso sociale (scienze sociali classiche).



Il secondo indirizzo consisteva in un movimento d’inchiesta che, sebbene debole concettualmente, s’impegnava a raccogliere dati sugli effetti negativi della società industriale in via di sviluppo, con lo scopo di migliorarne la condizione.

William Isaac Thomas Primo rettore del dipartimento di sociologia, Thomas favorì la collaborazione fra questi due indirizzi: •

Sostiene l’importanza di indagini empiriche sistematiche e s’impegna a combattere le “inclinazioni biologiche” degli studi sulla società.



Attribuisce una grande importanza alla necessità di comprendere il punto di vista dei soggetti.



Dal punto di vista metodologico, per la prima volta viene promosso l’uso di documenti personali: diari, lettere, autobiografie, resoconti psichiatrici, ecc.



Studio sulla disorganizzazione sociale: la diminuzione delle regole di comportamento in un gruppo sociale, ne enfatizza il processo sociale piuttosto che le caratteristiche individuali dei singoli.

A causa di uno scandalo sessuale è costretto a dimettersi ed abbandonare l’università, ma prima introduce nel mondo accademico Robert Ezra Park. Robert Ezra Park Figura caratterizzata dal background di giornalista, reporter d’inchiesta ed investigatore privato, professioni che influenzeranno molto la sua visione della vita urbana (la tesi per il dottorato in Germania è uno studio sul giornalismo moderno come mezzo di controllo dell’attenzione collettiva). •

Si occupa di immigrazione, problemi razziali, marginalità sociali e diritti delle minoranze. Utilizza inchieste, documenti personali, interviste informale e cerca di guardare i fenomeni sociali nel loro ambiente naturale.



Studia i fenomeni urbani sia su ampia scala sia al dettaglio: la città è una forza capace di plasmare e liberare la natura umana in forme nuove, e permette il proliferare di comportamenti normalmente segregati.



Focus sui quartieri urbani: alcuni sono dei micro-cosmi chiusi su se stessi composti prevalentemente da immigrati che hanno pochissimi contatti con la società, altri sono composti da individui di passaggio con pochissime relazioni (sia interne che con la città), altri sono caratterizzati più dalle attività che si svolgono all’interno che dalle persone residenti, ecc.



L’urbanizzazione porta alla divisione del lavoro che, formando una pluralità di uomini specializzati per ogni divisione/specializzazione/professione. Questo nuovo tipo di uomo, caratteristico del contesto urbano, modifica/abbatte il tradizionale tipo di organizzazione, fondato su parentela, vicinato, ecc. Il confluire di nuovi modelli organizzativi e di nuove specificità di gruppi professionali porta alla formazione di un nuovo tipo di società urbana.



Concetto di ordine morale. Park non ne dà mai una definizione specifica, ne stabilisce i suoi limiti. Per ordine morale intendiamo la caratteristica di un individuo, in un contesto sociale, a lottare per preservare il rispetto di se stesso e del suo punto di vista, guadagnandosi il riconoscimento degli altri. In un contesto urbano però, l’organizzazione morale delle relazioni passa in secondo piano per via del guadagno economico, facendo si che lo status di una persona sia determinato da convenzioni sociali (moda, apparenza, ecc.) → L’ampiezza del contesto urbano permette a persone diverse di frequentare gruppi simili, e gruppi simili possono fornire un supporto morale che al di fuori della città non potrebbe esistere, data la tendenza al conformismo dei piccoli nuclei sociali (ad esempio, il barbone è solidale con il ladro). Questo porta alla formazione di regioni morali (o “mondi sociali”) in stretto contatto tra loro. Il tema sarà trattato da Park con gli studi sull’uomo marginale, ma in maniera inadeguata. → Introduzione del tema della superficialità delle relazioni morali all’interno delle città, molto ricorrente nella Scuola di Chicago.



Ecologia umana Ideologia di ricerca, in parte ispirata dal darwinismo sociale, che si pone l’obiettivo di dare un ordine alla vita umana, attraverso lo studio e l’analisi dei comportamenti. Questa prospettiva prevede l’esistenza di un ordine “subsociale” in cui avviene una violenta lotta per l’esistenza dei cittadini. Sebbene questo ordine è controllato da fattori appartenenti ad un ordine superiore, tipo gli obblighi morali, ha un forte impatto nel modellare la città odierna. Usa il termine “ecologia” in quanto pensava appropriata l’analogia con il mondo vegetale. Si basa su due principali concetti:

→ Competizione: inteso come competizione per lo spazio, gli abitanti più forti occupano le posizioni più vantaggiose, obbligando quelli più deboli ad adattarsi. Gli abitanti più forti si espandono, obbligando gli altri ad una nuova sistemazione. È il concetto cardine di tutta l’ecologia umana. → Simbiosi: abitanti di diverse categorie possono beneficiare reciprocamente della coesistenza in un determinato ambiente.

Diagramma di Burgess Gli allievi di Park svilupparono in senso pratico le tesi sull’ecologi umana: poiché la competizione per lo spazio è il maggior principio regolatore, ne deriva che le differenti attività umane devono suddividersi in specifiche zone, con valori differenti.

Burgess, ispirandosi al modello di Chicago, propone questo modello ideal-tipico della città, formata da cerchi concentrici che partono dal centro (loop), che dividono la vita, le zone e le relazione sociali. Il primo cerchio è formato da uffici e zone commerciali, il secondo comprende la zona di transizione, zona mista, che accoglie quartieri di immigrati, nuove comunità ed industrie leggere. Questo fa si che gli abitanti si spostino verso le periferie più esterne. Con l’ampliarsi del centro per esigenze economiche, le comunità del secondo cerchio sono costrette a spostarsi verso l’esterno, facendo nascere di fatto quartieri non pianificati, chiamati dai sociologi di Chicago aree naturali. Hannerz critica questo diagramma: è applicabile solo alla Chicago del tempo, non prende in considerazione le caratteristiche fisiche della città e le infrastrutture (trasporti, ecc.), e le divisioni fra le aree sono troppo nette. Esso comunque ha un’importanza cruciale per i sociologi di Chicago, specie per il concetto di zona di transizione.

Burgess (ma in generale gli allievi di Park) prende la via dell’analisi sociale su generalizzazioni di dati quantitativi (metodo cartografico), che diventa il metodo di studio principale nell’ambito dell’ecologia urbana. Perciò, all’interno dell’Università di Chicago, sociologia urbana ed etnografia iniziarono a separarsi e, nel 1929, nacque il dipartimento di antropologia. H. analizza una serie di produzioni della scuola di Chicago, sottolineandone il carattere quasi sperimentale rispetto alle scuole antropologiche del tempo. È una scuola inoltre indipendente da giochi e pratiche politiche.



The Hobo di Nel Anderson (1923) → Primo studio pubblicato sui mondi sociali prodotto dalla scuola di Chicago rappresenta il lavoro più famoso della scuola. Ebbe un fortissimo impatto sociale, tantoché con questo termine s’intende ancora la figura del vagabondo. → Racconta dell’espansione verso ovest, dai flussi di migranti all’espansione ferroviaria. Chicago al tempo era uno snodo fondamentale ferroviario, con un enorme presenza di vagabondi (300000-500000). La figura del vagabondo è eterogenea. Essa che racchiude molte realtà sociali diverse, acquisisce un nuovo status nella metropoli. Lo stesso Anderson fu un migrante. Anderson ne distingue 5 categorie diverse valicabili. Anderson parla quasi esclusivamente di uomini. Queste categorie risiedono nelle zone di transizione. → Distingue cinque categorie di vagabondo: 1. Lavoratore stagionale agricolo. 2. Vagabondo Considerato come una persona che compie itinerari imprevedibili, periodici, e non legati al lavoro. 3. Migrante non lavoratore. I mendicanti (accusati di rubare). 4. Guardiano. Un lavoratore migrante, alter ego urbanizzato del vagabondo. Una volta che inizia a lavorare si ferma. 5. Barbone. Né lavoratore né migrante. Rappresenta la condizione umana più sfortunata. → Queste cinque categorie si caratterizzano per tutta una serie di regole e linguaggi codificati che adottano per comunicare/vivere fra loro. → Studio pioneristico che riflette le trasformazioni della Chicago del tempo nell’ambiente di crescita del paese.

Hennerz elogia in generale quest’opera, ma la mancanza di una metodologia scientifica e di un apparato teorico fa si che questa etnografia risulti a metà fra l’autobiografia e il testo scientifico, finendo per dare una visione quasi romantica dell’hobo. Hannerz inoltre nota che nella modernità rimane solo la categoria dei barboni. •

The Gang: a study of 1313 gangs in Chicago di Frederic M. Trasher 1927 → Studio pioneristico che si occupa di un fenomeno, quello delle gang, che fino ad allora non era stato considerato. Si concentra sulle zone di transizione. Approccio originale, sperimentale e per certi aspetti esagerato (1.313 gang studiate!) che comunque ha inaugurato tematiche ancora oggi attuali. → Hannerz dice che molti dati arrivano da osservazione partecipante, giornali e materiali privati. L’opera risulta quasi come un compendio/ enciclopedia dei luoghi, dei metodi e delle attività delle bande.

Gang: gruppo specifico che va a riempire la zona di transizione di Burgess, che acquista un nome diverso, la Gangland, che è molto importante nel processo formativo/identitario della gang. La gang infatti, oltre all’etnia ed alla classe sociale che la contraddistingue, è sempre legata al quartiere/zona di provenienza. Le gang in qualche modo sono una risposta autonoma del territorio ai vuoti ed i bisogni lasciati dalla società (alla disorganizzazione sociale).

→ Concetto di interstiziale: interstiziale è ciò che appartiene allo spazio che si frappone fra una realtà ed un’altra. La gang è un elemento interstiziale nella struttura della società e la gangland è un elemento interstiziale nella configurazione della città. Gli spazi riempiti da questi elementi si creano a partire dall’espansione della città e dalla sua trasformazione in metropoli.

→ La gang spesso è composta da giovani. Il bisogno identitario etnico/territoriale dei giovani rappresenta il loro approcciarsi con uno spazio sociale ed il conflitto fra bande ne costituisce l’elemento di demarcazione. Trasher individua due categorie: 1. Conflitto diffuso: conflitto banale, rimarca le differenze tra gang. 2. Conflitto solidificato: conflitto complesso, costruisce l’identità delle gang sulla violenza e sulla forza, espresse nella cruenta lotta di dominazione sulle altre gang. ∗

Le maras Gangs di origini latine, molto interessanti poiché presentano elementi identitari-storici poco conosciuti. Nascono a Los Angeles alla fine degli anni '80, fra individui di etnia salvadoregna come gruppi di mutuo soccorso per difendersi dalle altre gang più potenti. Quando in El Salvador finisce la guerra civile nel ’92, il governo di Los Angeles compie retate e ne rimpatria i membri. Molti individui però sono cresciuti in contesti urbani ed, essendo immigrati di seconda generazione, non hanno alcun legame con la madrepatria. Nel giro di qualche anno la situazione diventa un problema internazionale enorme: si scatena una cruentissima lotta tra Mara 18 e Mara Salvatrucha . In Italia possiedono cellule a Milano e Genova, con implicazioni nel narcotraffico e nel traffico umano. Si caratterizzano per attività criminali ed una simbologia visiva legata al tatuaggio ed alla visibilità; e come ogni gang vi sii entra da adolescenti, dopo riti di passaggio estremamente violenti, e se ne esce da morti.

→ Per Hannerz, Trasher sviluppa un approccio micro-sociologico che, sebbene caotico, dimostra una profonda consapevolezza dei rapporti interni/esterni delle gang. Hannerz infatti lo propone come studio contraddittorio: visione interessante ed innovativa ma il bacino di studio è troppo ampio per essere scientificamente credibile. In più le fonti non sono chiare e la sistemazione dei dati etnografici risulta confusa.



Il Ghetto di Louis Wirth (1928) → Studia il quartiere ebraico e la sua storia nella città di Chicago. Inizia raccontando la storia dei ghetti in Europa e America, focalizzandosi su alcune città: i ghetti nascono come concentrazioni volontarie di ebrei in alcune aree delle città, la cui segregazione fu progressivamente istituzionalizzata. Egli nota che nell’Europa dell’ovest (in particolare, a

Francoforte) abbiamo una buona integrazione sociale e organizzazione, mentre nell’Europa dell’est marginalità e problemi sociali. → A Chicago si focalizza sulla questione etnica del ghetto: da dove venivano gli ebrei ? Perché si erano installati lì ? ecc. Inizialmente la concentrazione del ghetto fu un atto volontario e con poco impatto sociale, ma quando Wirth scrive il libro, dopo le ondate migratorie del XIX secolo, si era arrivati alla cifra di 250000 persone, con un’organizzazione sociale complessa definita come comunità corporativa. ∗

Comunità corporativa: comunità responsabile globalmente della condotta di ciascuno dei suoi membri. → Ghetto come area naturale: molti ebrei, specialmente le nuove generazioni ed i diasporici provenienti dall’Europa dell’ovest, progressivamente si allontanano dal ghetto, andando ad insediarsi in quartieri più esterni. Essendo però sempre maggiore il numero di ebrei che esce dal ghetto, nei quartieri esterni aumenta la concentrazione di ebrei, formando di fatto un nuovo ghetto. → Ciclo delle relazioni razziali: teorizzato da Park, è un ciclo che porta dall’isolamento, attrav...


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