Riassunto Esplorare la città Ulf Hannerz PDF

Title Riassunto Esplorare la città Ulf Hannerz
Course Sociologia Urbana
Institution Politecnico di Milano
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Esplorare la Città Hannerz

Ulf

Cap.1 La formazione di un antropologo urbano Soltanto negli anni ’70 si affermò la tendenza degli antropologi a spostare il loro interesse sulla città. Nelle società esotiche (a cui gli antropologi erano soliti prestar attenzione), le popolazioni lasciavano in misura sempre maggiore i villaggi per trasferirsi nei nuovi centri urbani in rapido sviluppo. Il primo libro che aveva come titolo Antropologia Urbana è stato pubblicato nel 1968. Le caratteristiche della disciplina che vennero naturalmente assunte erano: una sensibilità per la diversità culturale, una familiarità con i fatti della vita quotidiana attraverso l’osservazione partecipante come metodo di ricerca prevalente, e la tendenza a definire i problemi con una visione ampia, “olistica” piuttosto che ristretta. Un altro aspetto delle condizioni della ricerca è che il campo dell’antropologia urbana è stato definito in modo molto ampio. Troppo spesso la definizione include tutti gli studi in cui la città è il luogo piuttosto che l’oggetto specifico. L’etnicità e la povertà, per esempio, possono essere osservate nella città, ma non sono per definizione fenomeni caratteristici della città. L’apporto originale dell’antropologia urbana consiste nello studio di un insieme di fenomeni sociali e culturali che altrove non si trovano mai o raramente e che vanno analizzati alla luce della varietà delle società umane. Noi tendiamo a concepire la città come un luogo in cui le persone non si conoscono fra loro troppo bene (almeno non inizialmente), dove le conoscenze reciproche sono costruite piuttosto che già date e la struttura sociale rende possibili contatti brevi e rapidi. Il fatto è che tali caratteri sono più tipicamente “urbani” perché si manifestano più facilmente nelle città che altrove. L’antropologia urbana come uno strumento con il quale gli abitanti delle città possono pensare in modo nuovo ciò che avviene attorno a loro. Alcuni osservatori ritengono che molte ricerche etnografiche valgono poco. Tuttavia si deve tener conto dell’interesse naturale dell’antropologo per la scoperta. Dal momento che per tradizione esplora contesti sociali e culturali sconosciuti, egli tende a massimizzare la sensibilità per l’inaspettato, cioè fatti nuovi e nuove connessioni fra i fatti. La differenza fra l’antropologia urbana e la sociologia si può comprendere utilizzando Leach che affermava che il presupposto del sociologo è che il campo di osservazione consiste di unità di popolazione, di individui; l’antropologo sociale, invece, ritiene che i suoi dati consistano di sistemi di relazione (prospettiva relazionale). L’antropologia e la sociologia hanno differenti centri di gravità, non solo nella scelta dell’oggetto, ma anche nelle forme d’analisi. Gli antropologi urbani tendono a definite la realtà urbana in primo luogo come un particolare sistema di relazioni sociali,e solo secondariamente e in modo derivato come un insieme di idee e di valori dei cittadini. E’ dunque soltanto dopo aver sufficientemente sviluppato la descrizione della struttura sociale che si può definire la cultura urbana.

Cap.2 Gli etnografi di Chicago La crescita di Chicago nel secolo scorso e nei primi anni di quello attuale, che l’ha portata ad arrivare dal niente ad una grande metropoli, è stata spettacolare (emigranti grazie industria della conservazione della carne, acciaierie, mercato del grano..). Dalla prima guerra mondiale fino agli anni ’30, i sociologi dell’Università di Chicago hanno condotto una serie di studi, basati su indagini nella loro città, che sono stati generalmente riconosciuti come i primi studi urbani moderni. L’Università di Chicago, sorta nel 1892, si è presto data il primo dipartimento di sociologia nella storia dell’università americana. La sociologia americana di allora si divideva in due grandi orientamenti: una filosofia sociale speculativa che teorizzava a livello generale sui fondamenti della società umana e del progresso sociale, e un movimento di inchiesta sociale, debole concettualmente, ma molto interessato e impegnato a raccogliere dati sugli effetti perversi della società industriale in sviluppo. Entrambi gli orientamenti erano interessati a migliorare la condizione umana, ma erano fra loro distanti. William Isaac Thomas Ebbe il ruolo più importanti nei primi vent’anni di vita del dipartimento. Thomas sosteneva l’importanza di indagini empiriche sistematiche, impegnandosi a rimuovere gradualmente dallo studio dell’organizzazione sociale le inclinazioni biologistiche che lo avevano caratterizzato in precedenza. Egli attribuiva grande importanza alla necessità di comprendere il punta di vista dei soggetti, che chiamava la “ definizione della situazione” e, come aspetto metodologico di questa innovazione teorica, fu il primo a promuovere l’uso dei “documenti personali”: diari, lettere, autobiografie, resoconti delle esperienze di vita raccolti dagli psichiatri, dagli ass. sociali o dagli scienziati sociali. Thomas lasciò l’università a causa di uno scandalo personale. Ai suoi successori lasciò un corpo di idee importanti tra le quali il concetto di disorganizzazione sociale, “la diminuzione dell’influenza delle regole sociali di comportamento sui membri del gruppo che enfatizzava il processo sociale piuttosto che le caratteristiche individuali”.

Robert Ezra Park Arrivato a Chicago, Park aveva alle spalle già cinquant’anni di vita movimentata (cronista investigativo, studiò filosofia ad Harvard, formazione in Germania con Simmel, agente pubblicitario dell’Associazione riforma del Congo, si occupò di relazioni razziali in America). Park era in grado di ragionare sui fenomeni urbani sia su larga scala sia in dettaglio. La sua familiarità con scrittori come Simmel o Spengler gli aveva insegnato che la città è nella storia mondiale, una forza capace di plasmare e liberare la natura umana in forme nuove. Al contempo, egli era l’uomo che aveva trascorso un decennio della sua vita a caccia di notizia, osservando che cosa avveniva nelle strade e dietro le facciate. Da un parte, Park rileva la diversità delle caratteristiche dei quartieri urbani ma dall’altra la divisione del lavoro ha prodotto un tipo di uomo razionale specializzato, o piuttosto molti tipi nuovi, poiché ciascuna occupazione dà una sua forma alle persone. Park mostra un’attenzione costante per “l’ordine morale”. In una società, a suo avviso, l’uomo è impegnato in una lotta per preservare il rispetto di se stesso e il suo punto di vista, ma può riuscire in questo soltanto guadagnandosi il riconoscimento degli altri. Ma nella città, l’organizzazione morale delle relazioni sociali incontra delle difficoltà specifiche. Il denaro soppianta la cortesia come intermediario negli scambi; la gente quasi non si conosce. Il concetto di superficialità delle relazioni sociali nella città sarà un tema ricorrente negli studi urbani della scuola di Chicago . La teoria del processo culturale urbano sta nel fatto che la città tende a rivelare e a mettere a nudo pubblicamente i tratti e i tipi umani che ordinariamente sono celati e repressi. In tal modo, attribuisce alla città un ruolo permissivo piuttosto che di influenza attiva. Oggi l’analisi si spinge in direzione delle determinanti socio-strutturali del comportamento urbano. Park rivelò l’estrema varietà delle caratteristiche dei quartieri, provando anche che questi non rimangono stabili nel tempo (sviluppa quindi la sua ecologia umana). Si tratta di una prospettiva d’analisi in cui i fenomeni specificatamente umani del consenso e della comunicazione rivestono un’importanza trascurabile, e che, al contrario, trova ispirazione nel darwinismo sociale. Esiste un ordine della vita umana in cui le persone tendono a comportarsi come gli latri esseri viventi, un ordine biotico in cui la competizione è la forma basilare della coesistenza (controllate da fattori come gli obblighi morali). Di primaria importanza è la competizione per lo spazio. Gli abitanti più forti di un contesto urbano tendono ad occupare le posizioni più vantaggiose, mentre gli altri si adattano. Gli scritti di Park sull’ecologia umana consistono perlopiù in affermazioni di principi generali. Spettò ai suoi allievi McKenzie e Burgess sviluppare i concetti e mostrare le loro applicazioni pratiche. Da questo concetto, Burgess derivò il suo famoso diagramma, ideal-tipico, della città come una serie di cerchi concentrici (zona d’affari, zona di transizione –artisti,immigrati,affittuari, zona di abitazioni operaie, zona residenziale, zona dei lavoratori pendolari). I processi economici creano così delle aree naturali, vale a dire quartieri che si sviluppano spontaneamente, senza alcun progetto. Questo tipo di studi ebbe però come risultato l’accumulazione di conoscenze sulla base di generalizzazioni da dati quantitativi, un metodo dunque alquanto lontano da quelli preferito oggi dagli antropologi. Intorno al 1930 ciò che si qualificava come sociologia urbana cominciò ad emanciparsi dall’etnografia. Due tipi di studi urbani sono nati nell’Università di Chicago, concepiti insieme si sono poi separati: uno è divenuto più specificamente sociologico, l’altro più antropologico. Nel 1929 si costituì un dipartimento separato di antropologia. I contatti fra le varie scienze sociali erano insolitamente stretti. In un articolo del 1915, Park sottolineava come il metodo antropologico può essere una fonte di ispirazione per la ricerca urbana futura. Nels Anderson, The Hobo (1923) Il vagabondo, come Anderson lo intende, era un lavoratore migrante, perlopiù nato e cresciuto negli Stati Uniti, che si spostava attraverso il paese senza avere progetti definiti. Non molto tempo dopo lo studio di Anderson, apparve chiaro che questo particolare tipo di nomade era un specie in via d’estinzione. Il territorio abitato dai vagabondi si situava più a ovest; tuttavia Chicago rimaneva ancora la loto capitale (terminale di importante linee ferroviarie). In ogni momento dell’anno a Chicago vi erano dai 30.000 ai 75.000 vagabondi. Secondo Anderson, si potevano distinguere cinque tipi principali di persone senza fissa dimora; il vagabondo costituiva solo uno di essi: 1.Il primo tipo rappresentato dal lavoratore stagionale che seguiva un ciclo annuale nel lavoro agricolo (sorta di transumanza); 2.Il secondo tipo era costituito dal vagabondo, anch’egli un lavoratore migrante, ma che non seguiva un itinerario prevedibile e periodico; 3.Il terzo tipo consisteva nel migrante non lavoratore; si trattava di un girovago mendicante che viveva chiedendo l’elemosina e forse rubando; 4.Il quarto tipo chiamato “il guardiano” era un lavoratore ma non un migrante (stessa comunità, lavoro mal pagato e dequalificato); 5.Il quinto tipo era il barbone, il più misero di tutti, né lavoratore, né migrante. Diverse ragioni per questo tipo di vita: ricerca di nuove esperienze, contrazione del mercato del lavoro, famiglie in crisi. I più non erano sposati, pratiche omosessuali abbastanza frequenti causa isolamento sessuale, altri relazioni con prostitute o ballerine. I vagabondi trascorrevano la maggior parte della giornata passeggiando su e giù in cerca di cibo e lavoro. Sebbene la maggior parte dei senzatetto fosse probabilmente ostile alla religione ufficiale, alcuni potevano adattarsi a una conversione in cambio di un letto e di un pasto (chiamati “parassiti della missione”. Terminologia ben sviluppata tra loro per comunicarsi le varie personalità: “poiana della giungla” (lavava i piatti degli altri in cambio degli avanzi), “ghiandaia furba” (derubava i suoi compagni nel sonno o se ubriachi), “ganza armata” (prostituta pericolosa).

Frederic M. Trasher, The Gang, (1927) Negli anni ’20 Chicago aveva una moltitudine di organizzazioni con nomi del tipo “Tinozze di Sangue”, “Sporchi Sceicchi e Saba Gementi” o “Duri Biancospini”. Ricerca pioneristica sulla delinquenza urbana; il sottotitolo la definisce lo studio di 1313 bande a Chicago. Alcuni dati derivano da inchieste giornalistiche, altri dall’osservazione personale, altri ancora da documenti personali di membri delle bande. Non è chiaro come Thrasher abbia contato le sue bande; alcune contavano solo tre membri, atri migliaia. La maggior parte dei membri delle bande erano adolescenti (ma anche 6 o 50 anni). Una delle scoperte fondamentali consiste nell’aspetto territoriale della formazione delle bande. Esse si costituivano in una zona (gangland) coincidente in gran parte con la zona di transizione dello schema ecologico di Burgess. Il concetto più significativo dello studio è il termine “interstiziale”. E’ interstiziale ciò che appartiene allo spazio che si frappone fra una realtà e un’altra. Una banda può essere considerata come un elemento interstiziale nella struttura di una società, e una gangland come una regione interstiziale nella configurazione della società. Le bande erano parte delle caratteristiche sociali della zona stessa, piuttosto che di un particolare gruppo di individui che si trovano a vivere in essa. Circa il 60% delle bande raggruppava esclusivamente o prevalentemente individui di una sola etnia. L’appartenenza etnica, però, non era il solo e neppure il principale fondamento della formazione delle bande e dei loro conflitti. Vi era antagonismo fra gruppi di livelli economici differenti; inoltre l’omogeneità etnica poteva spesso coincidere con la territorialità (reclutate sulla base del quartiere). Se questi quartieri venivano minacciati dall’invasione di un altro gruppo etnico, aumentava la solidità etnica all’interno della banda. Thrasher ha rintracciato l’origine delle bande nei piccoli e informali gruppi di gioco dei bambini sotto l’età scolare, progressivamente, i gruppi sviluppavano una struttura interna e tradizioni comuni. Ciò che definitivamente trasformava un gruppo in una banda era la relazione di opposizione e disapprovazione da parte dell’ambiente circostante: la banda era un gruppo conflittuale. Thrasher rileva che la maggior parte della loro attività consisteva semplicemente nel vagare per il mondo e nell’esplorarlo. Il conflitto può assumere forme diverse: “tipo diffuso”, era una banda rudimentale, i suoi componenti vivevano nello stesso quartiere e così interagivano l’uno con l’altro quotidianamente, occasionalmente lottavano fra loro; “tipo solidificato”, una macchina da guerra perfettamente integrata con la quale una banda poteva far fronte agli avversari, si trattava di solito di adolescenti, ma man mano che i suoi membri diventavano adulti, potevano verificarsi diversi sviluppi: la banda poteva trasformarsi in una società segreta, o che la banda diventasse un gruppo di “tipo convenzionale” liberandosi del suo orientamento conflittuale più vistoso e acquistando legittimità come club con obiettivi socialmente accettabili. Spesso le bande avevano anche legami con il mondo politico. Quando le bande diventano società segrete si danno necessariamente una struttura più formale. Le bande rappresentano lo sforzo spontaneo dei giovani di creare una società là dove non esiste nulla di adeguato ai loro bisogni (che la società non è capace di dare). Contraddizione perché non è disorganizzata. Louis Wirth, Il ghetto (1928) L’opera di Wirth è un lavoro di storia sociale. Quando il quartiere ebraico fece la sua apparizione negli Stati Uniti, portava già chiaramente i segni del suo passato nel Vecchio Mondo (emancipazione degli ebrei nell’Europa Occidentale e crescente repressione nell’Est). In origine, i ghetti erano concentrazioni volontarie di ebrei in certi quartieri, a poco a poco la loro segregazione fu regolamentata ufficialmente. Utili in alcuni settori e pertanto tollerati, ma con continue vessazioni e scoppi di persecuzione che essi avevano difficoltà a dimenticare. Il ghetto disponeva di una considerevole autonomia per quanto riguardava i suoi affari interni. Il mondo esterno tendeva a considerarlo come una comunità corporativa, responsabile globalmente della condotta di ciascuno dei suoi membri (istituzioni religiose, giuridiche, educative..). Il ghetto offriva una liberazione. Il mondo esterno era freddo ed estraneo, in quanto il contatto con esso era limitato a rapporti astratti e razionali, ma entro il ghetto egli si sentiva libero.. Nella sua trattazione sul ghetto europeo, Wirth si è riferito in particolare all’esempio di Francoforte, dove si trovava il più famoso dei quartieri ebraici nell’Europa occidentale (sviluppo intellettuale e cosmopolitismo, mentre nell’Europa orientale piegati sulla loro comunità e su una visione mistica). A che cosa, dunque assomigliava il ghetto di Chicago? Per cominciare, per un periodo di molti decenni di presenza ebrea nella città, non vi era nulla che potesse essere definito un ghetto (non dispersa casualmente, né isolata, lavorava perlopiù nel commercio, soprattutto di origine tedesca). Verso la fine del XIX secolo il numero di immigrati ebrei continuava a crescere, soprattutto provenienti dalla Polonia, dalla Russia, dalla Romania. In questo periodo inizia l’espansione di un vero ghetto nella parte occidentale di Chicago (250.000 abitanti). Naturalmente non tutti gli ebrei vivano nel ghetto. Quelli meglio integrati rimanevano nei quartieri più agiati in cui si erano insediati. Si parlava l’yiddish, vi erano sinagoghe ortodosse, società di mutuo soccorso, giornali e teatri. Nonostante l’intensità della sua vita interna, il ghetto era una comunità vulnerabile. Fin dagli inizi, i suoi abitanti dovettero constatare che alcuni ebrei preferivano vivere all’esterno e avevano apparentemente rifiutato la concezione dell’identità tipica del ghetto (soprattutto quelli di origine tedesca). Cl passare del tempo, gli ebrei tedeschi non erano più l’unico simbolo di questa relazione problematica fra l’essere ebrei e il successo, così come veniva concepita dagli abitanti del ghetto (successo, generazione successiva metteva in dubbio i valori tradizionali). Questo dilemma dell’adattamento determinò una differenziazione all’interno della comunità e anche il declino del ghetto come centro della vita etnica. Gli abitanti avevano una loro terminologia per designare questo fatto (Menschen, non avevano sacrificato molto il giudaismo; Allrichtnicks, opportunisti per quanto riguarda la cultura;

Deitchuks, avevano come modello gli ebrei tedeschi). Il Ghetto mostra l’influenza del pensiero ecologico di Chicago. Si è visto che Wirth ha considerato la residenza come un indicatore utile dello stile di vita. Alcuni fattori culturali specifici, quali l’accesso a un mercato dove si vendevano prodotti tradizionali o le relazioni con altri gruppi etnici, possono aver esercitato una certa influenza sull’ubicazione del ghetto; tuttavia, i principi della competizione economica apparivano determinanti. (Park analogia con le piante: dominanza, simbiosi e successione. Il principio di simbiosi ritiene che abitanti di differenti categorie possono beneficiare reciprocamente della coesistenza in un dato ambiente).Il Ghetto può essere però visto come un’applicazione del pensiero di Park sulle relazioni razziali. Secondo Park, il tipico “ciclo delle relazioni razziali” porta all’isolamento, attraverso la competizione, il conflitto e l’adattamento, all’assimilazione (l’ebreo del ghetto è provinciale e ha una personalità non sviluppata, quando entra nella società più ampia egli si colloca a cavallo di due mondi e in nessuno dei due è a casa). E’ da sottolineare lo stato ci continuo mutamento, descritto da Wirth, che segue all’abbandono al ghetto non termina necessariamente con l’assimilazione. Harvey W. Zorbaugh, The Gold Coast and the Slum (1929) Nell’introduzione allo studio di Zorbaugh, Park ha stabilito una distinzione fra le comunità classificate e quelle non classificate. Le prime, a differenza delle seconde, sono dei luoghi omogenei e ben caratterizzati (Il Lower North Side di Chicago è chiaramente non classificata). Zorbaugh distingueva, all’interno del Lower North Side, sei “aree naturali”: la Costa Dorata, l’area degli appartamenti in affitto, la Bohemia, una zona commerciale decaduta e trasformata in centro divertimenti, lo Slum e la Little Sicily. Alcune di queste aree naturali avevano più di altre il carattere di comunità. Di solito, gli studiosi urbani di Chicago si interessavano dei poveri, degli stranieri, o di coloro che avevano una più o meno cattiva reputazione. Il capitolo sulla Costa Dorata costituisce un’eccezione in quanto questa era ab...


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