i padri della chiesa PDF

Title i padri della chiesa
Course Teologia
Institution Università Cattolica del Sacro Cuore
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riassunto libro "i padri della chiesa" (peters) in due volumi...


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I padri della chiesa Peters Gabriel

Riassunto da Marco Provezza

1. I padri apostolici In senso ristretto indica gli scritti dell’antichità cristiana che hanno conosciuto o potuto conoscere gli apostoli. I tre maggiori padri apostolici sono: 1. S. Clemente vescovo di Roma dal 92 al 101 2. Ignazio di Antiochia morto nel 110 3. S. Policarpo, vescovo di Smirne (Turchia occidentale) nato nel 70 morto verso 156 In senso più ampio indica gli scrittori ecclesiastici della fine del primo secolo e della prima metà del secondo. Il primo anello stabile della Tradizione è stato formato dalla testimonianza di questi scrittori. L’origine del termine «Padri Apostolici» la troviamo già alla fine del II, perché sant’Ireneo parla di Policarpo di Smirne come di un apostolico. Il termine verrà coniato definitivamente da Cotelier nella sua ristampa dell’opera Opere dei santi Padri vissuti al tempo degli Apostoli. Cotelier pubblicò gli scritti di 5 autori: 1. 2. 3. 4. 5.

S. Clemente vescovo di Roma Ignazio di Antiochia S. Policarpo, vescovo di Smirne S. Barnaba: pseudo-Barnaba, perché sconosciuto l’autore di questa lettera Erma, l’autore del Pastore di Erma

Nel XVII a questo lista vennero aggiunti altri due autori: 6. L’autore ignoto della lettera a Diogneto 7. Papia (uditore dell’Apostolo san Giovanni e familiare di S. Policarpo). Nuove scoperte allungano questa lista: 8. La Didachè scoperta nel 1883 9. Le Odi di Salomone scoperte nel 1905 Tutte le opere dei Padri della Chiesa vennero molto utilizzate nei primi tempi della chiesa, ma a partire dal IV secolo, la grande teologia le fece dimenticare, forse perché meno importanti dal punto di vista elaborativo del pensiero religioso. Fu il movimento della Riforma che richiamò l’attenzione generale su questi primi testimoni. Ai giorni nostri l’interesse suscitato dallo studio dei padri apostolici va intensificandosi e approfondendosi, incrementato dalle nuove scoperte di testi antichi.

2. Introduzione alla patrologia La Patrologia è la scienza che studia la vita e le opere dei padri della chiesa. Non è uno studio agiografico o biografico, ma la comprensione delle loro opere. Un padre della chiesa è:  



Uno scrittore ecclesiastico: deve aver lasciato opere scritte e appartenere alla chiesa cattolica Deve appartenere all’antichità: i limiti dell’antichità sono fissati in occidente con la fine della cultura greco-romana (476) (S. Gregorio e S. Isidoro), mentre in oriente la fine ha una collocazione meno chiara (VIII secolo) (S. Giovanni Damasceno). o L’ultimo padre si ritiene S. Bernardo (1090-1153). Deve essere considerato dalla chiesa come testimone.

3. Clemente di Roma (vescovo tra il 92 e il 101) Clemente è l’autore di una lettera ai Corinzi. Questa lettera ebbe un riscontro molto positivo fino al IV. La lettera ci informa anche sulla personalità del suo autore: cittadino romano, il suo linguaggio è impregnato di serena moderazione. È certamente il linguaggio di un vescovo, Clemente è di spirito profondamente religioso e al rispetto verso Dio, si accompagna il rispetto verso le anime.

3.1. La lettera ai Corinzi La lettera non dice neppure una volta il nome del suo autore. La lettera si presenta con un intervento della Chiesa di Roma in seguito di uno scandalo verificatosi nella chiesa di Corinto. Il suo scopo è una lunga ammonizione morale diretta tutta la Chiesa di Corinto. Dal punto di vista letterario la lettera abbastanza sbiadita il tono e piatto la finestra religiosa dell'insieme è commovente. Chi la legge attentamente può comprendere tutta la ricchezza la lettera importantissima da un triplice punto di vista: 1. Per la storia dei dommi 2. Per la liturgia 3. Per la storia della Chiesa antica Benché contestato dai protestanti la lettera testimonia l'importanza della Chiesa di Roma.

3.1.1. Lettura della lettera 3.1.1.1.

Prologo

Clemente ricorda la precedente santità della Chiesa di Corinto e denuncia i gravi pericoli presenti.

3.1.1.2.

Prima parte: esortazione generale

Per prima cosa elementi necessari alla concordia e lo fa in forma negativa: 1. 2. 3. 4.

Bandiera della gelosia Fare penitenza Praticare l’obbedienza, la fede, la pietà, l'ospitalità Praticare l'umiltà sull'esempio di Cristo e dei Santi

Seconda cosa Clemente si sforza di rianimare la fede suoi destinatari: «non dubitino essi delle promesse di Dio perché la sua risurrezione è certa». «Dio è straordinariamente munifico». Terzo punto vengono presentate le vie che segue la benedizione di Dio per raggiungere gli uomini: 1. La fede 2. La carità

3. Gesù Cristo, la via per eccellenza, il grande aiuto della nostra debolezza

3.1.1.3. Seconda parte: i giusti rimedi proposti alla Chiesa di Corinto, durante i presenti disordini In questo capitolo si legge chiaro il regolamento del culto d suppongono ordinamenti di giudici già ben stabiliti. In questa parte come nella precedente sono presenti tantissimi esempi dell'Antico Testamento. Clemente ricorda di rileggere la lettera scritta loro da Paolo. Indica ai responsabili d cosa devono fare due punti: conversione ed esilio volontario per sacrificarsi per il bene comune.

3.1.1.4.

Conclusione

Clemente riassume tutta la lettera enumerando ancora una volta tutte le virtù che convengono a quelli che vogliono vivere nella pietà e nella giustizia. Un augurio di pace e l'annunzio dell'invio di rappresentanti chiude la lettera.

3.1.2. Importanza della Lettera 3.1.2.1.

Dal punto divista dottrinale

Nello scritto balza all’occhio una chiara ecclesiologia: 1. 2. 3. 4.

La chiesa è una La chiesa è cattolica La chiesa è il corpo di Cristo La chiesa è apostolica

3.1.2.2.

Aspetti liturgici

Offre il contributo più importante per la storia della liturgica con la sua preghiera finale. Vi si trova lo schema delle litanie o quello delle grandi preghiere del venerdì santo: preghiera per gli oppressi, i malati, i prigionieri, preghiera di intercessione

3.1.2.3.

Per la storia ecclesiastica

Difende il primato della Chiesa di Roma. Ci fornisce nel 5° capitolo testimonianza sul martirio degli apostoli Pietro e Paolo e conferenza i viaggi di quest’ultimo.

4. Il simbolo degli apostoli Il simbolo degli apostoli è un compendio degli insegnamenti degli apostoli. Questo «simbolo» è una professione di fede e di speranza cristiana composta dagli apostoli con l’insieme delle diverse verità che li avrebbe fatti distinguere facilmente; questo è quanto detto nel concilio di Trento [1566]. Vediamo di analizzare quali siano le differenza tra Simbolo, Regola di fede, professione di fede:   

Regola di fede: antica formula breve che sintetizza la fede cristiana. Simbolo: la regola della fede introdotta nella liturgia battesimale Professione di fede: simbolo più lungo e dettagliato indipendentemente dalla liturgia battesimale.

4.1. Storia della formazione Secondo una leggenda antica i 12 apostoli avrebbero espresso sotto l’azione dello Spirito Santo il Simbolo. Essi giudicarono conveniente comporre una formula di fede cristiana perché tutti avessero la stessa credenza e lo stesso linguaggio [1566]. Nel XV secolo l’origine suddetta venne contesta nel concilio di Firenze [1431], perché si sosteneva che se fosse esistito bisognava trovarne traccia negli atti. Questa ipotesi non fu ascoltata. Dal 1946 il gesuita Giuseppe Ghellinck con i suoi studi ha confermato definitivamente l’origine apostolica e la vicinanza con simbolo battesimale.

4.1.1. Tappe della fede popolare Si possono indicare due momenti principali:  

IV secolo: S. Ambrogio di Milano e Ruffino di Aquileia sostengono la stesura del Simbolo da parte degli apostoli pieni di Spirito Santo VI secolo: La leggenda si ingrandisce e offre le sue verità per annunziare verità dottrinali.

4.1.2. Tappe del lavoro scientifico e le sue conclusioni Possiamo individuare tre momenti fondamentali:   

Dal 1439 al 1860: si nega l’origine apostolica e si tende a negare la dottrina Dal 1860 al 1914: viene riscoperta una forma più antica, la quale attira l’attenzione, studi comparativi mostrano che questa è più breve e la conclusione porta gli studiosi a pensare che sia la forma del simbolo battesimale romano scritto in greco Dopo il 1918: studi più minuziosi portano alla conclusione che il simbolo romano non fu il solo simbolo. Esso stesso è composto da due formule una trinitaria e una cristologica amalgamata tra loro e che il testo trinitario più breve è il più antico [100 d.C.]

4.1.3. Momenti della redazione del simbolo battesimale romano 

Testi della scrittura: «andate e battezzate nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo» (testo trinitario di Matteo); «io credo che Gesù è il Figlio di Dio» (testo cristologico degli atti); fusioni tra i due in San Paolo





Testi della patristica: o I secolo: San clemente di Roma [96] o II secolo: S. Ignazio di Antiochia [100], S. Giustino [155], Didachè [50 o 150], S. Ireneo di Lione [177] o III secolo: S. Ippolito, Tertulliano, nei testi del III aggiungiamo l’epitafio di Abercio per quanto riguarda la testimonianza del valore della fede (Battesimo, eucarestia e c) o IV secolo: Ruffino trascrive per intero in latino e Marcelo in greco. La differenza tra questo simbolo e il nostro è che contiene 12 articoli e nostro 14 Conclusione: il Simbolo degli Apostoli è il più Antico catechismo. È il simbolo di fede, impegno battesimale dei cristiani recitato in prima persona: «Io credo». È un simbolo trinitario e ci rivela una trinità operante.

5. Origine Origine, che ben si può dire il più grande erudito dell’antichità cristiana, nacque intorno all’anno 185, probabilmente in Alessandria. Insieme con la sua famiglia cadde in grande indigenza negli anni 201/202 in seguito alla morte del martire Leonida, suo padre. Egli cercò di provvedere in qualche modo alle prime necessità della sua famiglia dando lezioni. Nel 204 il vescovo Demetrio lo pose, malgrado la giovane età, a capo della prima scuola catechistica di carattere ufficiale. Nei primi tempi seguì anche le lezioni del famoso neoplatonico Ammonio Sacca, il cui metodo e la cui filosofia dovevano assumere grande importanza per la sua teologia. Origine si preoccupò pure qualche conoscenza della lingua ebraica. Conduceva una vita ascetica e nel 210/211, interpretando falsamente il passo di Mt. 19,12 si evirò. In Cesarea venne ordinato sacerdote, ma il vescovo Demetrio dichiarò illegittima l’ordinazione per le modalità con la quale è stata fatta, ma anche per qualche opinione non ammessa dalla chiesa. La sua produzione scientifica lo aveva reso noto anche fra i pagani. Fin dai suoi tempi Origine fu considerato come il più importante fra importante fra i teologi della Chiesa greca. Origine volle essere un cristiano «ortodosso». Il che si rivela anzitutto dal valore grandissimo ch’egli attribuisce all’insegnamento ufficiale della Chiesa, tanto che ogni errore di dottrina ritiene peggiore di una deviazione di morale. Tuttavia, le sue preferenze per l’interpretazione allegorica della Scrittura e l’influenza della filosofia platonica, lo fecero cadere in gravi errori dogmatici. Origine superò in fecondità letteraria tutti i padri dell’antichità cristiana. Molte delle sue opere sono però produzioni occasionali, come prediche e conferenze, che venivano riprese dagli stenografi; così soltanto si può intendere l’enorme numero di scritti, e il loro grande valore letterario. Delle sue numerosissime opere, soltanto una piccola parte ci è pervenuta, e non nell’originale greco.

6. Epigrafe di Abercio L’iscrizione si conserva per circa un terzo, ma originariamente era incisa in tre registri, per un totale di 34 linee, divise in 20 versi. Si è potuta ricostruire quasi completamente grazie all’aiuto di un’epigrafe di Alexandros dall’identico formulario e grazie a numerosi codici manoscritti che hanno tramandato una vita greca di Abercio. L’epigrafe è il testamento spirituale di Abercio, in cui egli riassume tutta la sua esperienza di fede cristiana attraverso metafore ed espressioni simboliche dense di significato dogmatico.

6.1. Simbologia Abercio utilizza un lignuaggio criptico e fa riferimento a usi propri della sua epoca; ecco una decifrazione dell’epigrafe:  

 



Linea 3-6: egli si ritiene discepolo del Buon Pastore (riecheggia anche un passo famoso del Vangelo di Giovanni), cioè Cristo. Linea 7-12: descrive il suo viaggio a Roma dove conobbe il centro della Chiesa universale, manifestandosi come una regina vestita d’oro e un popolo, cioè la comunità cristiana, munito dello splendido sigillo «battesimale» della fede cristiana; Linea 17: l’apostolo Paolo è il compagno spirituale di Abercio Linea 18-26: contiene alcune metafore per indicare l’eucarestia: la fede lo guidò ovunque e gli diede come nutrimento il pesce mistico, nel quale è da riconoscere l’immagine di Cristo sotto forma di acrstico della parola pesce in greco ichthys: Iesus Christos Theou Hyios Soter (Gesù Cristo Figlio di Dio Salvatore) concepito dalla vergine casta, sotto forma di vino e pane. Linea 31-34: Abercio invita i fedeli a pregare per lui e, secondo un formulario consueto nell’epigrafia pagana, intima una pena pecuniaria da paragonarsi all’erario di Roma e di Geropoli nel caso di violazioni del sepolcro; una multa, 3000 aurei, corrispondenti a circa 22 chili d’oro.

7. Efrem il Siro Nacque in Mesopotamia, a Nisbi verso il 306 da famiglia cristiana. Fu ordinato diacono e l fu per tutta la vita. Fu anche monaco, ma mai eremita. Andò a Ededda nel 363; qui ebbe un intensa attività pastorale, predicò e insegnò con gli scritti e la Parola. Visse nella povertà e nella verginità del servizio alla chiesa. Efrem è poeta esegeta e teologo. Gli vengono attribuiti innumerevoli poesie e inni.

8. La scoperta della Didachè Nel 1873, nel monastero del Santo Sepolcro in Costantinopoli, il metropolita di Nicomedia Filoteo Bryennios (Dignitario della Chiesa ortodossa, che occupa un posto intermedio tra il patriarca e i vescovi), sfogliando un manoscritto del 1056, dopo alcuni scritti di s. Giovanni Crisostomo e le due lettere dette di s. Clemente, trovò uno scritto il cui titolo tradusse così: La dottrina dei dodici Apostoli. AI primo titolo seguiva un secondo che sembrava spiegare meglio il primo: Dottrina del Signore insegnata alle genti dai Dodici Apostoli. Poiché il monastero di Costantinopoli dipendeva dal patriarcato greco ortodosso di Gerusalemme, il manoscritto fu trasferito in questa città e si chiamò perciò Gerosolimitano. Nel 1883, apparve l'editio princeps. La Didachè non era sconosciuta. Eusebio di Cesarea (Ω 339) la ricordava in una lista di scritti cristiani, ponendola sul piano degli apocrifi. S. Atanasio, nella sua lettera festale del 367, ci informa che la Didachè fu per lungo tempo utilizzata in Egitto per la formazione dei catecumeni. In più, leggendo il testo, si credette di ravvisarne citazioni in numerosissimi autori, tra i quali i più antichi: lo pseudo-Barnaba ed Erma. Venne così spontanea la manda: la Didachè era, dunque, anteriore ad essi? Non poteva l'autore di essa aver copiato lui lo pseudo-Barnaba ed Erma?

Così ritornavano le questioni: data, luogo di origine, portata dello scritto, ecc

8.1. Sommario del contenuto Un doppio titolo. Segue il testo, diviso in 16 capitoli:

8.1.1. Le «due vie» i primi 6 capitoli: I primi sei capitoli sviluppano quest'introduzione. Vengono chiamati comunemente chiamati le due vie. In quattro capitoli viene esposto il «cammino della vita». Al contrario, quello della morte è raccolto nel solo capitolo quinto. Il capitolo sesto è la conclusione del tutto e comincia così: «Vedi che qualcuno non ti distolga dalla via della dottrina, perché ti istruirebbe fuori di Dio». Va notato che ogni mutuazione dalla Didachè (ved. Io pseudo-Barnaba ed Erma), anche se probabile, viene fatta da questi primi sei capitoli.

8.1.2. Insegnamenti vari    

Istruzione sul rito del battesimo: «Battezzate così». [7] Istruzioni sui digiuni settimanali: è necessario allontanarsi dalle pratiche giudaiche e sulla preghiera quotidiana il Padre nostro, che viene riportato. [8] Istruzione sull'Eucaristia: preghiere eucaristiche bellissime, formule di benedizioni. [9 e 10] Avvertimento a tenersi lontano dagli insegnamenti contrari, è una conclusione di quanto detto sopra. [11]

8.1.3. Istruzione nuove (relative soprattutto all’organizzazione della comunità)       

Come comportarsi verso gli apostoli e i profeti [11]. Doveri dell’ospitalità [12]. Offerta delle primizie ai profeti [13]. Sinassi domenicale [14]. Scelta dei vescovi e dei diaconi [15]. Correzione fraterna [15]. Preghiera, elemosina e altre pratiche [15].

8.1.4. Consclusione «Vegliate». 

L’attesa del ritorno del signore [16].

8.2. L’importanza di una data certa. Dopo 75 anni di critica, non si è ancora giunti ad una soluzione definitiva per l'assenza di un consenso generale in merito. Precisarla è come dire tutta l'importanza della Didachè:  O lo scritto rimonta a una data antica, e allora esso per noi è uno scritto preziosissimo, un documento storico di prim’ordine, che ci informa sulla Chiesa primitiva;  Oppure, e in questo caso la Didachè avrebbe ricopiato lo pseudo-Barnaba ed Erna, risulta una finzione apostolica. Dove trovare la risposta? Forse proprio nel testo.

8.3. Bilancio di 75 anni di critica Harnack è uno degli studiosi che ha orientato tutte le ricerche posteriori. Harnack ci dice della Didachè: «Scritta per convertire i gentili, quest'opera è veramente, come appare dal suo titolo, un sommario dell'insegnamento ricevuto da Cristo e offerto alla comunità dei cristiani su tutto quanto concerne la vita cristiana stessa e quella ecclesiale, al punto che nel pensiero dell'autore, i dodici Apostoli in persona l’hanno predicato e trasmesso»1. Restano da determinare i rapporti letterari tra la Didachè e la Lettera detta di Barnaba: «Senza esitazione -aggiunge ancora Harnack- si deve dire che la Didachè ha utilizzato la Lettera di Barnaba». Ma non tutti la pensano così, Lightfoot: «Io penso a una […] soluzione, che mi pare più probabile delle […] precedenti. I due scritti potrebbero contenere qualcosa di comune, raccolto da una terza fonte»2 e conclude il suo studio sulla Didachè con un giudizio ben chiaro: «Con ogni evidenza, l'opera rimonta a una data antichissima»3. Harnack e Lightfoot sono come due capifila di correnti di studiosi. Non è stata detta l'ultima parola e ancora oggi si rimane incerti e sfiduciati: questa finzione arcaizzante dovrebbe datarsi alla fine del II secolo e non del I, come ancora osano proporre alcuni studiosi conservatori, abbastanza in ritardo.

8.4. Rinnovo della questione della Didachè nell’importante studio di P. Audet 8.4.1. Genere letterario del titolo Primo titolo: La dottrina dei Dodici Apostoli La Didachè è abbastanza povera di dottrina. Basta scorrerne l'intero piano: nessuna traccia del Kerigma, cioè della predicazione, dell’insegnamento, della proclamazione dell’avvento del regno di Dio, dell’annunzio della buona novella del Vangelo. Quello che percorre l’intero scritto è la preoccupazione di organizzare la comunità. Il contenuto non corrisponde al titolo dell’opera. Bisogna notare ancora che le due testimonianze più antiche del nostro scritto ne danno il titolo, una in latino (doctrina al singolare) l’altra in greco (docrinae al plurare). Il significato del titolo al plurale, intanto, è ben differente da quello al singolare. Si tratta di «istruzioni» degli apostoli. E questa volta, il contenuto corrisponde con il titolo. Lo scritto è chiaramente una raccolta di diverse istruzioni legate le une alle altre senza vuoti intermedi, abilmente costruite. La Didachè parla non solo ai dodici apostoli, ma semplicemente di apostoli in senso più ampio, come lo troviamo nella p...


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