Ifigenia - Riassunto Scienze dell\'Educazione PDF

Title Ifigenia - Riassunto Scienze dell\'Educazione
Author Elisabetta Auguadro
Course Scienze dell'Educazione
Institution Università degli Studi di Milano-Bicocca
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Summary

fatto bene...


Description

Ifigenia Ifigenia in Aulide (Euripide) Paride, uomo giovane e bello, era il principe di Troia; viene ad un certo punto scomodato dagli dei: c’era stato un banchetto sull’olimpo a cui tutti erano stati invitati tranne Eris, la dea della discordia. Eris decide di vendicarsi, raccoglie una mela dorata e ci scrive sopra “alla più bella” e la getta sul bancone; tre divinità se la contendono: Era, moglie di Zeus; Atena, dea della saggezza; Venere, dea dell’amore. Si rivolgono a Zeus, che decide di affidare la decisione ad un mortale, e viene scelto Paride; le dee lo corrompono: Era promette potere e invincibilità, Atena promette intelligenza e vittoria, Venere promette l’amore della donna più bella del mondo. Paride sceglie Venere, e la donna più bella del mondo è Elena, che però era già sposata. Paride, con il fratello Ettore, va in missione e si trova di fronte a Menelao; con l’intervento di Venere, Paride e Elena si innamorano. Paride decide di rapire Elena e, senza che Ettore lo sappia, porta nella nave Elena per andare a Troia; Ettore si arrabbia tantissimo perché il re si accorgerà del rapimento della moglie scatenerà una guerra. Agamennone e Menelao, fratelli, chiamano tutti gli altri regnati della Grecia, e tra questi chiamano anche Ulisse; Ulisse aveva appena avuto un figlio e non voleva andare in guerra, per questo ordisce un inganno: si fa credere pazzo, si fa trovare dall’esercito mentre ara un campo con follia. I greci decidono di metterlo alla prova: mentre lui percorre il campo, gli mettono sul percorso il figlio appena nato con l’idea che se fosse stato davvero pazzo lo avrebbe ucciso; Ulisse si ferma e deve partire. C’è un inizio di un possibile sacrificio di un figlio, ma Ulisse decide di no sacrificarlo. Partono e si trovano in Aulide; il vento non favorisce la partenza delle navi, i soldati sono stanchi e affamati. Interviene l’indovino Calcante che se non verrà sacrificato qualcuno alla dea Artemide, dea della caccia, non potranno partire; Agamennone e Menelao però avevano appena ucciso un cerva sacra ad Artemide. L’indovino dice che, per placare la furia di Artemide, deve essere sacrificata la figlia di Agamennone, Ifigenia. Ifigenia è a casa, bisogna farla arrivare in Aulide; Ulisse ordisce un inganno: fa scrivere ad Agamennone una lettera in cui le dice di venire in Aulide per sposare Achille. Ifigenia parte con la madre e il piccolo fratello, e vanno in Aulide. Achille si arrabbia perchè scopre di essere stato coinvolto in un inganno di cui non ne sapeva niente, ma Ifigenia deve essere uccisa e sarà Calcante a tagliarle a testa. Le versioni di mito si dividono: mentre Calcante sferra il colpo per tagliare la testa, Artemide si impietosisce e sostituisce Ifigenia con una cerva. – Ifigenia vien uccisa, scatenando l’ira della madre che si vendica ed uccide il marito. – Artemide salva Ifigenia e la porta in Tauride, condannandola ad un trapasso terribile: dovrà uccidere tutti gli stranirei che arrivano su quella terra.

Ifigenia in Tauride (Euripide) Agamennone crede di aver sacrificato Ifigenia ad Artemide, che in realtà l’ha salvata e portata in Tauride; Ifigenia diventa sacerdotessa del tempio di Artemide. Il fratello Oreste e l’amico Pilade giungono a Tauride perchè l’oracolo di Apollo ha ordinato loro di prendere la statua di Atena dal tempio e di portarla ad Atene; vengono catturati e condotti da Toante che li destina al sacrificio per mano di Ifigenia. Ifigenia si appresta al sacrificio, ignorando che uno dei due prigionieri è suo fratello; interroga Oreste, ansiosa di avere notizie della propria famiglia: apprende che

Agamennone è stato ucciso da Clitemnestra, che a sua volta è stata uccisa da Oreste; Ifigenia gli dice di essere originario di Argo; Oreste però continua ad ignorare che sia Ifigenia. Ifigenia offre ad Oreste la salvezza purchè egli porti un suo messaggio ad Argo; Oreste rifiuta per salvare Pilade, Ifigenia accetta lo scambio. Pilade vuole rimanere e morire con Oreste, Oreste insiste perchè si salvi e sposi sua sorella Elettra; Oreste ritiene di essere stato ingannato dall’oracolo di Apollo e che debba morire in Tauride. Torna Ifigenia per consegnare il messaggio a Pilade; Ifigenia e Pilade giurano reciprocamente: Ifigenia di salvare la vita a Pilade e Pilade di recapitare il messaggio. Per sicurezza Ifigenia decide di leggere il messaggio: in questo modo Oreste scopre l’identità e viene a sapere come si era salvata dal sacrificio, sostituita con una cerva all’ultimo moneto da Artemide. In un primo momento Ifigenia non crede di avere davanti agli occhi il fratello, ma Oreste glielo prova facilmente, citando particolari di vita domestica noti solo a loro. Dopo l’entusiasmo di essersi ritrovati i due fratelli si preoccupano del modo in cui mettersi in salvo; Ifigenia gli promette di aiutarlo a qualsiasi costo a trafugare la statua, da parte sua Oreste le giura di ricondurla in patria o di morire con lei. Ifigenia concepisce un piano; dirà che Oreste è impuro e che prima del sacrificio deve essere purificato con le acque del mare, con lui dovranno essere bagnati Pilade e la statua di Atena, perchè contaminata dalle mani di Oreste; in questo modo giungeranno alla costa, vicini alla nave di Oreste e potranno tentare la fuga. Arriva Taonte, Ifigenia lo convince a lasciarla andare sulla spiaggia con i due uomini e con la statua; chiede inoltre al re di tenere tutti lontani per non profanare il rito sacro. Un messaggio racconta a Taonte che Ifigenia aveva liberato i prigionieri e tutti e tre avevano raggiunto la nave greca; mala nave non riusciva ad uscire dal porto a causa delle cattive condizioni del mare. Taonte ordina subito di inseguire i fuggitivi ma appare Atena chi gli intima di lasciarli andare; si rassegna al volere della dea ed ordina di cessare l’inseguimento. Racine la flotta greca è pronta per salpare verso Troia, ma i venti sono fermi ed il mare è piatto: l’oracolo Calcante annuncia il volere degli Dei affinchè le navi possano partire, ossia il sacrificio della figlia di Agamennone, Ifigenia. Agamennone è diviso tra la responsabilità di fronte all’esercito che vuole partire e l’amore per la figlia; Ifigenia vien promessa sposa ad Achille, il quale giurerà di difenderla a costo della vita contro il volere degli dei. Ulisse esorta Agamennone al sacrificio, ricordandogli le conseguenze dell’atto. Dopo una serie di ripensamenti, Agamennone decide di ingannare l’oracolo per evitare il sacrificio, permettendo la fuga di Ifigenia e della propria moglie Clinnestra; ma Erifile, portata in Aulide come schiava, la quale non conosce le sue origini ed il suo nome, denuncia l’inganno progettato da Agamennone. Il sacrificio sembra imminente, quando Calcante chiarisce l’oracolo: c’è un’altra Ifigenia che deve essere resa in dono agli dei: si tratta della schiava Erifile, chiamata segretamente Ifigenia. Goethe Da molti ani Ifigenia di trova nel santuario di Artemide, in Tauride; ignare dell’esito della guerra, assolve malvolentieri il compito di sacerdotessa, che prevede il sacrificio di qualcuno straniero arrivi lì. La sua presenza è riuscita a calmare il crudele re Taonte, il quale le chiede di sposarlo; Ifigenia lo dissuade raccontadogli la dolorosa storia della sua famiglia, rivelando il suo nome e la sua storia. Taonte, di fronte al suo rifiuto, le ordina di riconminciare i sacrifici umani, in particolare i

primi due uomini che giungeranno nel luogo; Ifigenia prega Diana di non dover fare sacrifici. Oreste, fratello di Ifigenia, approda con l’amico Pilade in Tauride per trovare aiuto nel santuario; deve rubare la statua di Diana per portarla ad Atene. Poiché su di lui incombe la maledizione dopo l’uccisione della madre, non vuole mettere a rischio la vita di Pilade, che invece lo incoraggia ad agire. Pilade ed Oreste si presentano a Ifigenia sotto false identità di figli del re di Creta; Ifigenia li congeda velocemente, turbata dal racconto di Pilade sul destino degli eroi greci dopo la guerra di Troia, inclusa la morte del padre Agamennone. Oreste e Ifigenia si riconoscono e Oreste le racconta l’uccisione della madre. Oreste chiede di venir sacrificato per placare la maledizione; dopo un preghiera di Ifigenia ad Apollo e Artemide, Oreste viene liberato dalla maledizione. Ifigenia, affascinata da Pilade, è pronta a favorire il loro piano per sottrarre la statua di Artemide ma Ifigenia non lo segue, rendendosi conto di non poter sfuggire al suo destino. Toante, giuntagli voce della fuga dei due stranieri favorita da Ifigenia, esige da lei la verità; Ifigenia confessa l’identità dei due stranieri e la missione che li ha spinti in Tauride. Ifigenia ha quasi persuaso Taonte a lasciarla libera di andare con Oreste, ma Oreste armato irrompe per portar via Ifigenia: propone di sfidare a duello un guerriero di Taonte, e in caso di vittoria cesseranno i sacrifici umani; in caso di sconfitta morirà. Oreste comprende il vero significato dell’oscura profezia: scopre che la sorella da rapire non è quella di Apollo, cioè la statua di Artemide, ma la sua, Ifigenia, Taonte il re li lascia tornare in patria. Ritsos Tutto si è compiuto e concluso; anche il destino della vergine sacrificata in Aulide, tornata ormai con Oreste e Pilade ad Argo dall’esilio nella Tauride: una donna dall’età indefinita, ma ormai matura. Siamo alla fine di un percorso che non prevede un’evoluzione in positivo, ma sembra cristallizzarsi in una immobilità esistenziale ed emotiva. Tra i tre amici non c’è più complicità né condivisione. Pilade se ne è andato, e il rapporto tra i due fratelli è di incomunicabilità e quasi di indifferenza, minato da una congenita incapacità di amarsi. Ifigenia è seduta di fronte al fratello in una grande stanza della casa dove hanno concluso il loro viaggio; li divide un tavolo rotondo, ricoperto di un velluto di porpora stinto. Intorno a loro, molti vecchi mobili e oggetti di uso quotidiano. E anche il tempo, oltre che lo spazio, perde ogni connotazione realistica per divenire somma di momenti frammentari che associano passato, presente e futuro seguendo il flusso del pensiero della protagonista e si compongono in sequenze disarticolate e folgoranti. I ricordi di infanzia si mescolano alla percezione del contingente; fatti, persone, cose si fondono in maniera illusoria sospesi in una dimensione onirica che provoca oppressione e turbamento. Gli stessi oggetti-simbolo del mito degli Atridi, le maschere d’oro, non sono più icone immortali, tangibile testimonianza del potere regale e di un passato glorioso, ma appaiono vacue ed estranee, prive di autentica sostanza; così come i leoni di pietra della porta sono di vapore e si spostano se solo vi soffi sopra, ma la porta non cade perché non c’è nessuna porta da cui entrare o uscire. Lo splendore concreto di strutture e cose e quello immateriale dell’eroismo, ridotto a una quotidianità fatta di gesti e di passioni di breve respiro, rivelano entrambi il vuoto che li sottende. Allo stesso modo, della dea del mito, sopravvive solo una misera icona: un ceppo grossolanamente intagliato e bruciacchiato, abbandonato su una sedia, simile a un corpo di donna privo di gambe e di braccia. Allontanandolo da Argo Ifigenia lo porterà con sé per deporlo nelle mani della sacerdotessa, ottemperando a un rito che appare svuotato di qualsiasi valenza religiosa o rituale: non sarà la conclusione tanto attesa e pacificatrice di una parabola esistenziale, ma un gesto che conferma ulteriormente l’assurdità dell’agire umano, simbolo dello scacco della religione e del suo tentativo di fornire un’interpretazione del mondo. La destrutturazione del mito si accompagna alla

demistificazione della falsa retorica, impone il silenzio al frastuono della gloria. È il crollo di un universo epico che investe anche Ifigenia, rivela l’assurdità del suo sacrificio, l’effimera durata di una fama generata dal sangue. La statua eretta in mezzo alla piazza in sua memoria, una bella statua ora ridotta in pezzi, è ignorata dalla folla di uomini e donne. Al suo posto, perfettamente identica, adesso non c’è altro che l’aria. Ora rimane solo la consapevolezza dell’assurdità e vacuità della condizione umana, la coscienza di un destino comune, impenetrabile e ineluttabile, che tuttavia non elide la sostanziale solitudine dei singoli, chiusi in se stessi, inabili a condividere dolori e sofferenze e neppure consolazione e sollievo. Ma il loro commiato, il freddo bacio d’addio ottenuto da Ifigenia posando la guancia sulla bocca del fratello senza sollevare il velo che le copre il volto, sancisce una profonda estraneità e una distanza affettiva incolmabile e non lascia spazio a illusorie speranze. Tre gabbie d’uccello vuote e un involucro avvolto nella carta – forse la maschera da cerbiatta indossata da bambina – che porta con sé sulla carrozza, rappresentano l’unico superstite legame con il passato familiare....


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