IL DONO DI Dioniso PDF

Title IL DONO DI Dioniso
Author Francesco Perrone
Course ISTITUZIONI DI FILOSOFIA MORALE
Institution Università della Calabria
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SEMINARIO DI STORIA GRECA...


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Il DONO DI DIONISO. Innanzitutto chi era Dioniso? Dioniso è nato dalla relazione extraconiugale di Zeus con Semele. Zeus rivelandosi umano comparve in folgori uccidendo Semele. Riuscì a salvare dal grembo Dioniso utilizzando la sua coscia per i 3 mesi restanti della gestazione. Dioniso, per sfuggire all’ira di Hera, moglie tradita di Zeus, fu allevato da 7 ninfe ed ebbe come precettore Silone che lo istruì alla vita. Un giorno Dioniso scoprì una pianta di uva ne raccolse un grappolo che schiacciò dentro una coppa d’oro dando vita al vino. Accertandosi della bontà del prodotto ne fece dono agli uomini raccomandandosi di farne buon uso e di moderarne il consumo, causa gli effetti collaterali di un uso improprio. Dioniso ha segnato la via agli uomini che, paradossalmente, con il loro comportamento sono arbitri del proprio destino. 1. L’OSPITE L’ospitalità è sacra per i Greci e ben si accomuna con il dono di una buona coppa di vino. Icario, Erigone e Maira sono i protagonisti di una storia di ospitalità e della conoscenza degli uomini del VINO. Dioniso fu ospite in casa loro, durante un lungo viaggio, e in segno di riconoscenza diede loro una pianta di vite spiegandogli come andava coltivata e di conseguenza prodotto il vino, raccomandandosi di diffonderne la conoscenza tra gli uomini. Gli uomini che lo assaggiarono si ubriacarono e, temendo di essere stati drogati, uccisero Icario. La figlia Erigone grazie all’aiuto della cagnolina Maira scoprì i resti sepolti del padre e dal dolore si uccise impiccandosi. CATASTERISMO: Fenomeno cui i morti uccisi ingiustamente vengono tramutati in costellazioni, è il caso dei tre protagonisti della storia. IL VINO PROFUMATO DEI CENTAURI Il vino con il suo forte profumo era dai centauri nascosto in un Orcio, che non era altro che un recipiente di terracotta, sotto terra. I Centauri che mangiavano carne cruda, data la loro natura umana e animale, non avevano familiarità con il vino che non ritenevano appartenere al loro mondo. LE FESTE IN ONORE DEL VINO: I VINALIA Dai Miti di Igino si apprende che l’ira di Dioniso per le due morti (Icario e figlia) impunite aveva scatenato una misteriosa malattia tra le fanciulle Ateniesi che le spingeva ad impiccarsi come la povera Erigone. Dopo aver vendicato i morti facendo giustizia sugli assassini, gli Ateniesi, come forma di riparazione, decretarono che durante la vendemmia le prime libagioni fossero dedicate a Icario e la figlia, istituendo la festa delle oscillatio: dei pupazzi di cera appesi agli alberi che se il vento faceva oscillare con il volto verso i campi, era segno di buona raccolta. Nella Roma antica le feste in onore di LIBERO, il Dioniso romano, erano tre: a metà marzo i LIBERALIA, metà di aprile i VINALIA PRIORA, ad agosto i VINALIA RUSTICA coincidevano con l’apertura delle botti che contenevano il vino nuovo. In una di queste Ovidio ci presenta per la prima volta il miele, che serviva per addolcire le focacce distribuite al popolo.

I NOMI DELLA VITE E DEL VINO Ámpelos = VITE da AMPELO che era amato dal dio del vino LIBERO, morì cadendo mentre raccoglieva un grappolo di uva e in suo onore il nome della VITE/Vendemmiatore OINOS = VINO Diverse sono le interpretazioni dell’origine del nome. Accreditata tra le tante è quella che derivi dal nome di uno dei quattro figli di Dioniso e Arianna: Oinopione

2. LA DUPLICE NATURA DEL VINO VINOSUS HOMERUS : Un famoso giudizio di Orazio affibbia ad Omero la qualifica di vinosus, visto che il vino compare in molte opere del Sommo Scrittore. Nell’Iliade e nell’Odissea chiari riferimenti al vino. Gli accecamenti di: Polifemo, Orione e Oinopione La Centauromachia Durante un pranzo di nozze l’uso smoderato del vino fu l’origine della causa del rapimento della sposa da parte di un centauro ubriaco, che portò allo scontro tra i Centauri e i Lapiti. Le libagioni, i rifornimenti durante i viaggi e i sacrifici di vino fanno parte di numerose testimonianze negli scritti di Omero e altri Scrittori. L’Ametista preserva dall’ubriachezza secondo i miti.

3. L’ETICA DEL VINO Il protosimposio di Omero Il simposio non appartiene al mondo Omerico, nel quale però è anticipato e preparato dall’usanza di un’appendice conviviale al pasto preso in comune. Nell’Iliade il banchetto sacro degli Achei che consumano le carni delle vittime sacrificali ad Apollo ha un proseguimento: i giovani riempiono i crateri e distribuiscono il vino, tra canti in onore del dio da placare. Il termine sympósion compare in Letteratura tra il VII e il VI secolo a.C. grazie al poeta Alceo. Il senso del simposio è nell’equilibrio e nell’armonia. In questa direzione fa testo il GALATEO DI TEOGNIDE: Differenza tra agathói (ARISTOCRATICI) e kakói (POPOLINO). I primi conoscono la misura per il quale non eccedono nell’ubriachezza, i secondi bevono in modo smisurato. Il simpota deve si bere ma con moderazione, Raggiunto il limite, la scelta migliore è lasciare il simposio rientrando a casa. Distinzione tra SIMPOTA che ricorda e SIMPOTA che non ricorda. Il primo viene erroneamente definito come persona poco affidabile, poiché non riesce a custodire un segreto, ma questa versione viene smentita dal fatto che Socrate grande bevitore non è mai stato visto ubriaco. LA MISCELA Si dice che il vino che Ulisse propinò a Polifemo era così forte da doverlo allungare con venti parti d’acqua. Esistono varie miscelazioni. Esiodo consiglia tre parti di acqua contro una di vino. Anacreonte 5 a 3. Il rapporto 3 a 2 è quello che propina però, come ricorda Plutarco nelle Questioni Simposiali, la miscela più armoniosa.

I BRINDISI Nell’ambito del simposio ha un nome specifico: Propínein = bere per primo per poi passare la coppa al vicino. Le prime tracce dell’usanza si trovano nell’Iliade. In una riunione sull’Olimpo, Ebe versa il nettare degli dèi e questi con le coppe d’oro compiono reciprocamente un gesto di difficile interpretazione linguistica, che può essere considerato una forma di saluto. Il simposio è realtà esclusivamente greca per l’aurea di sacralità estranea ai romani, per la quale si può parlare di convito o cena. Cene importanti nell’antica Roma erano quelle in occasioni dei SATURNALI sotto il periodo dell’odierno Natale Cristiano, in esse venivano serviti grosse quantità di vino e, addirittura, Plinio elenca i mezzi escogitati per bere di più: POLVERE DI POMICE da deglutire, o addirittura la CICUTA per costringersi a ingurgitare grossi quantitativi di vino come contravveleno. Cene a cui partecipavano anche le mogli (matrone) al contrario dei Greci. 4. IL RIMEDIO PER GLI AFFANNI Nel libro X dei Deipnosofisti di Ateneo si parla di Alceo e della sua philoinìa: GRANDE PASSIONE PER IL VINO. Poeta di Metilene del VI sec. a.C. A lui si deve l’introduzione del termine VINO lathikēdés: RIMEDIO PER GLI AFFANNI. A seconda delle occasioni, egli esorta a berne a dismisura eccedendo, poiché il vino lenisce le pene dell’animo non è una droga, bensì un rimedio (phármakon) che irrobustisce il cuore e aiuta l’uomo a vivere il supremo imperativo etico di essere sé stesso. Le Leggi Dallo spartano Megillo, che sostiene l’eccellenza delle leggi della propria polis, afferma che dalle sue parti i simposi erano banditi e che, anzi, chiunque si imbatta in un ubriaco gli infligge subito un severo castigo, senza ammettere come scusante neppure le feste di Dioniso. Differenze di vedute tra Sparta e Atene per quanto riguarda il vino e il Simposio. L’Ateniese portavoce di Platone propone una via di mezzo legislativa: Essendo il vino RIMEDIO PER GLI AFFANNI, se ne proibisce la somministrazione ai cittadini al di sotto dei 18 anni di età, lo si beva con moderazione nella giovinezza e nella prima maturità, e lo si può bere smisuratamente dopo i 40 anni. Il vino, insomma, ha le sue leggi perché è definito “COLUI CHE SCIOGLIE E LIBERA” Orazio, addirittura, arriva ad affermare che i sobri non hanno diritto a comporre versi. Anche nelle Dionisiache, Nonno torna innumerevoli volte sul motivo del vino consolatore. Nel dialogo tra Zeus ed Eone. Eone lamenta l’infelicità degli uomini e che, a vantaggio dell’umanità, Prometeo nell’Olimpo avrebbe dovuto sottrarre non il fuoco (tolto da Zeus agli uomini), ma il nettare degli Dei. Zeus risponde promettendo che la terra produrrà presto l’equivalente del nettare tramite suo figlio. Una sorta di annunciazione “cristiana” del Salvatore che verrà. Le qualità Plinio fornisce un paziente catalogo, il quale dedica a vite, vino e vinificazione il libro XIV della Storia naturale. Arriva a calcolare 185 qualità nel mondo. A suo giudizio il vino più antico e il Maroneo della Tracia costiera, il Pramnio dalla zona di Smirne. Il vino di Taso è quello secondo Plinio bevuto da Socrate definito vino in SUMMA GLORIA.

Il primo vino d’Italia nell’elenco di Plinio è quello laziale di Sezze, perché prediletto da Augusto. Sempre nella raccolta di Plinio si parla di una straordinaria annata di vendemmia: ossia il 121 a.C. sotto il consolato di Lucio Opimio. Il Falerno è il vino dell’antichità insignito da tante illustri citazioni letterarie come nessun altro in nessuna epoca. Vino campano considerato immortale per la sua lunga conservazione e, addirittura utilizzato per cuocere, ammorbidendo, una gallina come testimonia Orazio. 5. VINO E CREATIVITÀ: IL TEATRO Fra i testi tramandati, l’opera del teatro greco maggiormente legata al vino è il CICLOPE di Euripide, dramma satiresco ricavato dalla storia omerica dell’accecamento di Polifemo. Portata in scena dal siciliano Epicarmo e dall’ateniese Cratino. Rispetto all’originale scompare il macigno a chiusura della caverna e la differenza fondamentale è costituita dai personaggi che caratterizzano il genere teatrale stesso: il CORO DEI SATIRI capeggiati da SILENO. L’interpretazione teatrale rende esplicito un dato al quale l’Odissea allude in modo poco chiaro: prima dell’arrivo di Ulisse , nella terra dei Ciclopi il vino era sconosciuto. Ulisse con la sua astuzia induce Polifemo a bere smisuratamente, alludendo al fatto che il vino è il dono di Dioniso, il dio più grande. Con l’esclusione delle BACCANTI di Euripide, la presenza del vino nelle tragedie greche rimaste è incidentale. Dispute teatrali tra i maggiori commediografi dell’epoca, come quella tra Aristofane e Cratino. Il primo sbeffeggiò l’altro asserendo che era un grande bevitore e che la sua vescica, di conseguenza, era messa a dura prova. Oltre a rivalità dialettica tra i due, ci fu una rivalità professionale che portò Aristofane nel 424 a.C. a vincere il primo premio letterario ed a Cratino il secondo che, a sua volta, l’anno dopo si prese la rivincita con “LA DAMIGIANA PERDUTA” la trama voleva che COMMEDIA personificata, moglie di Cratino, si sentisse trascurata a favore dell’amante DAMIGIANA e portasse in tribunale il marito per maltrattamenti. Cratino si difese con esito vincente, affermando che il vino non era un ostacolo, bensì un formidabile aiuto per la creatività. Alla morte di Cratino, il suo rivale Aristofane affermò cattivamente che Cratino morì di crepacuore per aver visto rompersi un’orcia di vino durante l’invasione spartana in Attica. Nelle opere di Aristofane troviamo oltre ai BEVITORI le BEVITRICI. Nella LISISTRATA le donne sono tutte inclini al bere. Donne mezzane che non disdegnano grandi bevute e che, addirittura, utilizzano il vino per solenni giuramenti. Dal cratere allo stupro. Il cratere era un vaso di terracotta che serviva per mescolare l’acqua e il vino. Il vino che bevuto a dismisura e non mescolato con l’acqua poteva portare a drammatiche conseguenze sulla natura umana, sfociando in episodi drammatici quali lo stupro di una donna. In Plauto nell’Aulularia Liconide confessa al vecchio avaro Euclione di aver abusato di sua figlia durante la festa notturna di Cerere e imputa il misfatto all’accoppiata di vino e amore. Nel teatro di Plauto, comunque, il vino è uno dei grandi piaceri della vita, indispensabile per raggiungere la poca fugace felicità concessa ai mortali. Nelle sue opere il PERSIANO e lo STICO ci sono diversi riferimenti a conviti festosi con conseguenti brindisi. Vino e sangue. Tra le diverse opere teatrali che accomunano il vino al sangue ci sta TIESTE di Seneca dove il protagonista Tieste è invitato ad un banchetto ingannevole dal fratello Atreo, che gli

uccide i tre figli e il vino delle libagioni che beve Tieste si trasforma in sangue. Tieste continua a bere, mentre ignaro mangia la carne dei suoi figli e in ultimo beffardamente beve il sangue che oramai ha preso il posto del vino nella sua coppa. 6. VINO E AMORE Il pugilato con Eros Il forte legame tra vino ed eros, anche se non risale ad Omero, è molto antico. Lo attesta già l’iscrizione sulla cosiddetta “coppa di Nestore” trovata e conservata ad Ischia, databile intorno al 725 a.C.: CHI VUOTERÀ QUELLA COPPA “sarà subito afferrato dal desiderio di Afrodite dalla bella corona”. Tale legame, presto radicato in letteratura, entra anche a far parte della saggezza popolare dei proverbi greci: “SE NON C’È VINO, NON C’È AMORE” Il poeta Anacreonte durante un simposio chiede di fare a pugni con Eros. Sospiri e lacrime di simpoti Durante i simposi si beveva per dimenticare un amore e nel contempo si soleva comporre epigrammi che erano una sorta di encomio funebre in versi. L’afrodisiaco I collegamenti tra vino e amore sono numerosi e molto vari. Leggendo la STORIA DI LEUCIPPE E CLITOFONTE di Achille Tazio si resta colpiti dalla pagina del banchetto per la festa di Dioniso, in cui la miscela viene preparata in un cratere di cristallo di rocca dai sorprendenti effetti cromatici: bevendo, il protagonista maschile incomincia a guardare la stupenda Leucippe senza imbarazzi di vergogna, secondo un effetto prodotto da Eros e Dioniso associato. Spesso la letteratura classica attribuisce al vino un esplicito potere afrodisiaco, manifestato nel vigore sessuale maschile e, meno frequentemente, nell’ardore femminile. Le bevute generose garantiscono valide prestazioni: così sentenzia Ione di Chio al simposio. Orazio in un’ode definisce il cratere “compagno di Venere” Gli amori di Dioniso. Nelle Dionisiache di Nonno si parla degli amori di Dioniso. Tra queste la ninfa Nicea che lo fa letteralmente impazzire. Ella ha ucciso un mandriano innamorato di lei per conservare la propria verginità. Eros vendicativo trafigge Dioniso con la sua freccia facendolo innamorare, non corrisposto, della ninfa che a sua volta finisce con il bere nell’acqua di un fiume tramutata in vino, addormentandosi. Dioniso la possiede sotto una grande vite generata dalla terra, spiati da Pan e un satiro. Quest’ultimo sbeffeggia Pan esortandolo a prendere esempio da lui. Al risveglio la ninfa Nicea, accortosi di aver perso la verginità, maledice il vino. La campagna di Tibullo. Tra gli elegiaci latini Tibullo è l’autore che, nonostante l’abbondanza di riferimenti al vino, meno appare sensibile al suo potere afrodisiaco. Il vino è per lui un mezzo valido per netraulizzare un rivale in amore addormentandolo. Nelle elegie di Tibullo il vino torna come segno della vita semplice in campagna, lontani dalle preoccupazioni della città e degli intrighi erotici. La malattia e la medicina di Properzio. Properzio caratteristico poeta maledetto è preso dall’ossessione dell’amore. La sua amata Cinzia è presa dal nettare degli dei. L’uomo che prende a tradirla alla morte di lei, per sopire le sue passioni amorose fa voto a Bacco Liberatore di piegare l’orgogliosa supremazia della folle Venere con il vino stesso, medicina capace di guarire da ogni affanno. Gli insegnamenti di Ovidio. Ovidio nei libri ARTE DI AMARE, AMORI, RIMEDI D’AMORE dispensa consigli sull’arte dell’amore e su come bere, coniugando le due cose. Egli disdegna le mezze misure: o bere fino a cancellare ogni preoccupazione o astenersi del tutto.

Anacreonte nell’epigramma e le ANACREONTICHE. Anacreonte poeta che si esibiva con la lira, poeta del SIMPOSIO, la sua poesia aveva un carattere amoroso ed edonista (bene morale con il piacere) POESIA ANACREONTICA. 7. VINO NELL’EPIGRAMMA Esempi del vino nell’epigramma si hanno nel libro XII dell’ANTOLOGIA PALATINA in cui interpreta in chiave erotica il grande tema “VINO E VERITÀ” STRATONE DI SARDI nel libro XII dedicato alla MUSA PUERILIS, è autorità indiscussa nell’epigramma EROTICO OMOSESSUALE. Anacreonte è sempre il modello di partenza, implicitamente dichiarato quando STRATONE ammonisce i lettori a non cercare nei suoi versi racconti mitologici, ma a essere pronti a trovarvi BACCO e il dolce Amore unito alle Grazie. Altri brindisi. Riportano ai temi amorosi anche i brindisi, occasioni per manifestare i propri sentimenti in forma, per così dire pubblica, ossia davanti a tutti i partecipanti al simposio o convito. Un esempio illustre della Palatina è stato composto da Callimaco. “Versa e ripeti: “A Diocle”. In queste coppe sacre / da bere alla sua salute l’acqua non entra”: A un ragazzo che merita attenzione esclusiva il poeta offre vino non allungato. Esempi di brindisi in età ellenistica sono offerti dagli IDILLI di TEOCRITO. Nell’INCANTATRICE, narrando alla dea Selene la propria passione, Simeta ricorda che il suo amante ha rivelato l’esistenza di una nuova fiamma durante il simposio, facendosi versare vino schietto in onore di Eros. Nell’idillio 14 Eschine racconta di essere stato lasciato dall’amante in occasione di un banchetto in campagna: quando si decide che ciascuno dedicherà un brindisi con vino puro, il silenzio di Cinisca dimostra il suo amore per un altro. Nelle riunioni conviviali degli Spartiati, invece, non si usava brindare. A quanto pare nella polis austera per eccellenza, era sconveniente passare la coppa da mano in mano poiché si induceva a bere di più. Il modo di bere spartano è qui elogiato da Crizia in quanto equilibrato e notevole di benefici. Le coppe e le labbra. Più volte la coppa è al centro dell’epigramma per una forma di manifestazione mediata del desiderio erotico. MELEAGRO invidia quella da cui beve l’amata ZENOFILA, perché ha la fortuna di venire a contatto con lei, e si augura di provare lo stesso destino: come ZENOFILA beve il vino dalla coppa senza staccare le labbra, così il poeta vorrebbe che, incollate alle sue, le labbra della donna gli succhiassero l’anima in un unico sorso. Fuoco nel fuoco. Nella PALATINA l’intreccio fra il dono di Dioniso e le conseguenze della potenza di Eros è segnato dall’immagine del fuoco. Nato dall’incenerimento della madre SEMELE, che aveva preteso di ammirrare ZEUS in tutto il suo fulgore, DIONISO ama la fiamma che brucia nell’eros: così afferma MELEAGRO nell’epigramma 119 del libro XII. Il simposio e il carpe diem. La poesia di Alceo, Teognide e Anacreonte nasce in riferimento all’ambito del simposio. Al simposio erano legati anche tutti quei testi, in massima parte perduti, nati in forma di improvvisazioni o variazioni e adattamenti: gli skolia. Nella Palatina si fanno riferimenti al bere con moderazione e a non costringere a bere controvoglia per non cadere negli effetti collaterali che ciò comporta. Alla riunione conviviale si ricollega spesso l’invito a godere la vita per contrastare la fuga del tempo, concetto che nell’uso riceve la

definizione, tratta da ORAZIO, di CARPE DIEM (COGLI L’ATTIMO). Godere oggi, perché la vera vita coincide con il piacere e il domani è ignoto a tutti. Pallada ammonisce che, sebbene lo stesso destino attenda tutti, il giorno della morte è sconosciuto e oggi potrebbe essere l’ultimo per ciascuno di noi; sapendo ciò, è opportuno tenere fra le mani Bacco “che fa dimenticare la morte”, godere delle gioie di Afrodite “trascinando giorno per giorno la vita” e lasciare che di tutto il resto si occupi la sorte. Antifane considera che la vita è comunque breve, anche se si raggiunge la vecchiaia afflitta dalla privazione dei piaceri, e tanto più breve è la giovinezza, durante la quale, quindi, non ci si deve porre limiti con canti, amori e brindisi. I grandi bevitori davanti all’eternità. La presenza del vino è diffusa in molte sezioni dell’ANTOLOGIA PALATINA: concentrata in modo particolare nella prima parte del libro XI. Argomentazioni varie, da quelle AMOROSE a quelle meno leggere come la MORTE. VITA e MORTE che si rincorrono nel DONO DI DIONISO. Nel libro XI l’incisivo ANTIPATRO DI TESSALONICA sembra anticipare in parte un autoepitafio. A un bevitore come lui, afferma, viene predetta morte prematura; l’i...


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