Il gioco e il giocare di Gianfranco Staccioli PDF

Title Il gioco e il giocare di Gianfranco Staccioli
Course Metodologie del gioco e dell'animazione
Institution Università degli Studi di Firenze
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Breve sintesi "Il gioco e il giocare" ...


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IL GIOCO E IL GIOCARE Gianfranco Staccioli 1. Il gioco nella didattica e la didattica come gioco Da che mondo è mondo. L'infanzia non ha mai avuto una sua identità; ovvero i bambini ci sono sempre stati ma il loro riconoscimento come persone, come portatori di una specifica cultura è un evento recente. Un qualche tipo di insegnamento dell'adulto sul bambino c'è sempre stato, ma di istruzione vera e propria si potrà parlare solo dal momento in cui le comunità cominciano a rendere esplicita una qualche forma di educazione organizzata e a demandare ad altri dai genitori la cura dell'istruzione dei figli. Anche un tipo di interesse didattico per il gioco e il giocare c'è sempre stato: è probabile che giochi come la palla a muro, il gioco della conchiglia, il gioco delle 5 pietre fossero in uso sia nella Grecia antica sia a Roma e che gli scambi tra i 2 popoli erano costanti. In Egitto esistevano artigiani che fabbricavano bambole di stoffa o giocattoli di legno per i bambini dei ricchi. il gioco che appare più frequente nelle immagini e nelle tombe è senza dubbio il gioco del Senet. Senet significa passaggio ed era il più diffuso gioco di tavoliere egiziano; esso fu prima un gioco per faraoni, poi quando diventò un gioco per tutti, assunse un significato religioso: si cominciò a credere che le sorti dopo la morte fossero legate al risultato di una partita a Senet, giocata tra il defunto e il destino in persona. Successivamente il Senet acquista anche un carattere didattico, divenendo mezzo per meglio ricordare tutto il testo sacro. Nel mondo greco-romano l'attenzione al gioco infantile è più marcata e già vi era un legame tra gioco e didattica. Nelle scuole c'è già un tempo per ricrearsi e uno per giocare, i maestri regalano aliossi (ossicini tratti dal tarso del montone e sn gli antenati dei nostri dadi) come ricompensa di uno sforzo particolare. Per i romani ludus, che viene riferito al divertimento infantile, viene utilizzato anche per indicare la scuola e il verbo ludere viene usato per indicare sia giochi di società, sia quelli di tavoliere che quelli linguistici. La scuola elementare pubblica romana impartiva il primo grado di insegnamento che era definito ludico, ma era una scuola molto autoritaria e rigida. Tra gioco e lavoro. Il termine ludus non era utilizzato solo dai romani in riferimento al divertimento infantile, ma anche nella scuola. Non produce scopo, è un agire per divertimento. Opposto al ludus c’era l’otium un’interruzione della vita lavorativa e politica. Es. Tom Sawyer (ambiguità lavoro-gioco del dipingere la staccionata, libro p.15) La lingua latina distingueva il termine iocus dal termine ludus. Iocus era riferito al divertimento spicciolo, alla risata, era legato ad un'azione momentanea; il suo scopo era quello di produrre il riso. Gioco e giocare sono 2 termini che si mescolano tuttora ad esempio per indicare lo sport, le attività libere, quelle della vita civica. Visalberghi fa corrispondere il ludico con il gioco. Umberto Eco sostiene la distinzione fra game e play: game è il gioco astratto, il gioco giocante; play indica le realizzazioni del game stesso, ovvero è il “gioco giocato”. Jerome Bruner indica nel gioco il “prevalere dei mezzi sui fini”, il gioco è un’attività improduttiva. Edouard Cleparède lo definisce “il regno del come se”, dove convivono realtà e fantasia. Lev Semenovic Vygotskij riconosce il gioco come realizzazione dei desideri. Rogers Callois sostiene che il gioco sia un attività incerta e individua 6 caratteristiche del gioco come attività: • libera, nessuno può essere obbligato a giocare se non vuole; • separata, cioè circoscritta entro limiti d tempo e spazi precisi; • incerta, il cui svolgimento e risultato non possono essere determinati in anticipo; • improduttiva, che non crea nè riccheze, nè elementi materiali; • regolata, cioè sottoposta a regole; • fittizia, cioè chi gioca è consapevole di trovarsi in una realtà diversa. Secondo Visalberghi l’attività ludica è: • impegnativa; • continuativa; • progressiva, implica un cambiamento, se il gioco si ripete uguale non vi è attività ludica; • fine, è raggiunta quando si giunge alle finalità consapevoli.

Le attività ludiche si possono riconoscere grazie a 4 criteri: 1. impegno completo del giocatore; 2. sviluppo continuo nella vita del bambino; 3. non vi è prosecuzione dopo che il gioco è terminato; 4. sono trasformabili. Ludiforme, secondo Visalberghi, è un'attività che possiede tre caratteristiche del ludico (impegnativo, continuativo e progressivo), ma il fine del gioco non corrisponde alla fine dell'attività. Le attività ludiformi sono assimilabili ai giochi didattici perchè il fine che si persegue non è interno a ciò che si fa, non si conclude con il gioco, il fine rimane esterno al gioco ed esso è determinato dall'adulto. Il gioco al caleidoscopio. Nella storia recente dell'educazione infantile, con il diffondersi degli istituti e delle scuole, si sono delineati 4 tipi di atteggiamento da parte degli educatori nei confronti del gioco: • la condiscendenza, il gioco viene considerato come momento di rilassamento, di evasione dal lavoro scolastico verso il fantastico. Questa scelta è caratterizzata dalla presenza di un gioco libero, spontaneo, abbandonato a se stesso. Al massimo l'adulto si occupa dell'organizzazione di un angolo-gioco nella classe o nel giardino; • la confisca, il gioco viene accolto, ma solo se didatticamente utile e diventa funzionale agli apprendimenti scolastici. E' un gioco ingannatore che induce a uno sforzo che non si vorrebbe compiere (ludiforme di Visalberghi). L'adulto spesso manipola le regole e gli strumenti ludici, in questo modo riesce a rendere la situazione ludiforme più diretta e controllabile. È la forza seduttiva del gioco che è interessante per l'educatore; • il lasciar giocare, l'adulto consente ai bambini di agire secondo i loro progetti e secondo i materiali disponibili e cerca di trarre dal giocare riflessioni sulla vita sei singoli e dei gruppi. La scelta principale dell'adulto è quella di non intervenire, è solo osservazione; • la fiducia “pedagogica” nel valore del gioco, in questo caso l'adulto cerca di accogliere il gioco, ma anche di rilanciarlo, valorizzando certe situazioni ludiche, potenziando determinati scambi relazionali. Questa prospettiva si pone in una zona intermedia tra la negazione e la strumentalizzazione del gioco. Ci sono 3 angolazioni diverse che mettono in mostra aspetti educativi importanti del gioco: la persona che gioca, le regole del gioco e il contesto nel quale si svolge l'attività. Individuo Logica personale (persona)

Struttura Cultura Logica interna (testo) Logica esterna (contesto) Non ci può mai essere un gioco uguale a un altro perchè ogni volta ci si trova difronte diversità legate alle persone che giocano. Questa imprevedibilità e irripetibilità è una delle forze del gioco e del giocare. Le persone-giocatori non rendono finito un gioco, anzi esse stanno nel gioco al di là del tempo di gioco, cercando di mantenere un legame infinito con la partita. Il gioco può essere descritto a partire dal suo significato, più o meno profondo, sia inseguendone le tappe durante lo sviluppo dell'individuo, sia cercando di interpretare le motivazioni nascoste che lo determinano. Si può anche affrontare l'analisi del gioco e del giocare partendo dai giochi stessi, dalle loro regole. Questa prospettiva consente di intravedere le potenzialità e caratteristiche non sempre evidenti. E' un percorso che richiede al giocatore di osservare le regole come fossero un testo, in modo da poter leggere le relazioni che si producono nei partecipanti. Le regole del gioco hanno un potere modellante sul comportamento dei singoli, le conseguenze pratiche dell'influenza delle strutture ludiche sui giocatori risultano importanti per l'educazione: in questa ottica è fondamentale che chi gioca si metta il relazione con persone, emozioni e strutture diversificate. Ogni gioco non vive in astratto, ma è sempre espressione e in relazione con il contesto nel quale il gioco si svolge. Esiste un rapporto profondo tra il ludico e il sociale, rapporto che conduce a far prevalere certi giochi in alcune epoche e giochi diversi in altri ad esempio i giochi dei bambini

di oggi sono diversi da quelli dei loro coetanei di altre epoche perchè i loro valori ludici risentono degli ideali, dei modelli, delle scelte socioeconomiche che sono caratteristiche del nostro tempo. Il gioco educatore. La vita ludica dei bambini greci si svolgeva all'interno della famiglia. Nella lingua greca si usava la desinenza -inda per indicare che si giocava a qualcosa: i giochi più comuni erano quelli che si facevano con la palla, con la trottola o con i birilli. I bambini di tutti i tempi hanno sempre giocato, ma il gioco si proponeva ai margini della vita sociale, come il bambino stesso, il quale, oltre ad avere scarsa sicurezza di sopravvivenza, era considerato un marginale che solo a 7 anni veniva inserito in istituzioni pubbliche e sociali che gli consentivano un'identità. Della vita e del gioco dei bambini greci ne ha parlato Platone, il quale riconosce nell'età fra i 3 e 6 anni come l'età più indicata per sperimentare giochi in gruppo. I giochi dei bambini piccoli, per essere formativi, dovrebbero avere alcune caratteristiche: • privilegiare il movimento; • svolgersi in gruppo; • mescolare maschi e femmine; • essere vegliati da nutrici. La situazione educativa dei piccoli descritta da Platone, si situa in una zona intermedia tra educazione formale e informale: si svolge in un luogo preciso, vi sono nutrici che guidano l'attività, ma il gioco tuttavia rimane ancora un'esperienza che precede la formazione vera e propria. Quando attorno ai 7 anni i bambini greci passavano dalla famiglia alle istituzioni pubbliche, ricevevano una prima formazione fisica. Man mano che la cultura greca si consolidava ed entrava in contatto con quella romana, il curriculo scolastico dedicava molta attenzione alla formazione del fisico, ma passava da una formazione agonistica-ludico a una più strettamente ginnico-sportiva. Uno dei giochi sportivi che erano in uso all'epoca si chiamava Ostrakinda. Nel gioco ci sono 2 squadre e una conchiglia (che ha una parte bianca, il giorno, e una lato scuro, la notte). Il campo rettangolare veniva diviso da una linea, da una parte e dall'altra sulla quale si sistemavano schiena contro schiena i giocatori avversari. La conchiglia veniva lanciata in aria e quando essa cadeva indicando un colore significava che i corrispondenti giocatori dovevano catturare gli avversari. I fuggitivi che venivano catturati dovevano riportare alla linea di partenza il loro conquistatore, caricandolo sulle spalle. Nell'educazione greca veniva rivolta molta attenzione allo sviluppo dei vari aspetti della personalità e a come la cura del corpo fosse finalizzata ad ottenere una formazione globale del cittadino (paideia). La formazione fisica veniva ritenuta molto importante perchè non solo adattava l'individuo a sostenere le fatiche delle possibili guerre, ma anche perchè sosteneva i giovani nella preparazione degli agoni che avvenivano di frequente fra le varie popolazioni sparse della Grecia. L'intelligenza dell'atleta era riconosciuta come elemento necessario per vincere le varie gare. Nella Grecia del periodo classico l'inizio del ciclo educativo avveniva a sette anni. Nelle scuole dette “palestre” l'insegnamento era triplice e 3 erano gli insegnanti: i grammatistes per leggere e scrivere, i chitaristes per la musica e i paidotribes per educare il fisico e istruire nei giochi atletici. L'addestramento sportivo più importante veniva denominato efebìa, e iniziava negli ultimi due anni di permanenza nella scuola ginnasiale (tra i 14 e 16 anni). L'efebìa fu un'istruzione sociale che lo Stato offriva al giovane per dargli la possibilità di divenire membro attivo della polis. Accanto alla preparazione fisica dovevano emergere i valori morali dello sport. L'educazione ginnica aveva lo scopo di facilitare uno sviluppo ordinato del corpo e dello spirito. Fino a V secolo la ginnastica occupò un posto di assoluto rilievo. Quindi in Grecia risultava molto forte il rapporto tra attività ludico-sportiva e contesto sociale. Il gioco infantile, da un punto di vista educativo,terminava in Grecia con la prima infanzia, anche se certi giochi di movimento si ritrovavano nella formazione fisica del giovano greco. Ciò che appare ben sviluppato è l'intreccio fra sviluppo fisico e crescita cognitiva, fra giochi ginnici e comportamenti culturali e sociali. La dimensione ludica era inglobata nella vita quotidiana, lo studente sapeva che il suo giocare era fisico e mentale e che l'attività ludica era socialmente importante ed eticamente formativa. Egli sperimentava un contesto scolastico che era strutturato in maniera tale da garantire un continuum di esperienza.

Il gioco unum et trinum. Il gioco ha caratteristiche plurime: certi giochi possono servire a cose diverse, possono essere utili a scopi differenti. La grande malleabilità del gioco ha fatto si che anche nelle istituzioni meno ludiche (collegi, scuole) il gioco abbia fatto la sua comparsa fin quasi dalla loro istituzione. Il Settecento è un'epoca nella quale si viene sviluppando una pedagogia orientata ai valori sociali e civili e dove si va precisando una cultura meno intessuta di morale religiosa e più aperta al cambiamento ed al rinnovamento. Il Settecento è anche il periodo storico che riconosce il valore dell'educazione per la formazione del cittadino. E' il periodo nel quale si diffonde un modello di educazione più aperta e democratica. Nel Sei-Settecento con la diffusione della cultura attraverso la stampa appaiono diversi giochi didattici a stampa, rivolti in primo luogo a un pubblico adulto, ma anche pensati per situazioni “familiari” dove vi è una mescolanza di età e di esigenze. I giochi a stampa sono quelli che riproducono i tavolieri (gioco dell'oca), le tavole per giocare con i dadi, i mazzi per giocare a carte (tarocchi). Nel Settecento i giochi più conosciuti dai bambini e dagli educatori erano quelli illustrati da Jacques Stella. Le 52 incisioni contenute nel suo libro raffigurano tutti i bambini nudi, paffutelli rappresentati in situazioni di gruppo, quasi esclusivamente in giochi all'aperto (altalena, mosca cieca, biglie). L'autore ci dà una particolare immagine dell'infanzia, rappresentandola felice, sazia e quasi divina; i bambini portano i segni della classe sociale cui appartengono. Un elemento interessante del volume di Stella è dato dal fatto che sotto ogni tavola si trovano due terzine che suggeriscono le regole, attirano l'attenzione del lettore sugli aspetti ludici dell'immagine e si concludono con un motto umoristico. Gioco, poesia e morale trovano in questa raccolta un'incontro che nobilita il gioco infantile e lo riconosce come un elemento della cultura adulta e dell'infanzia. Una figura pedagogica che rende esplicito questo nuovo modo di vedere nel rapporto fra gioco e cultura, gioco e didattica è Francois Fènelon, un sacerdote che insegna per diversi anni in un collegio cattolico francese, e che diventerà poi arcivescovo di Cambrai. Questo collegio, che si chiamava le Nuove Cattoliche, era una sorta di riformatorio in quanto accoglieva i figli di sospettati giansenisti o protestanti che andavano rieducati. Il quel collegio la vita era scandita da metodi educativi autoritari e noiosi che dovevano ricondurre quei ragazzi alla “retta religione”. L'educazione, secondo Fènelon, dovrebbe essere meno costrittiva, più a contatto con la realtà naturale e sociale. Secondo il suo modo di vedere, i bambini hanno un cervello molle, su cui si imprime facilmente ogni cosa e possiedono un gran calore, per cui sprizzano sempre energia e movimento. Un bambino quindi non può essere costretto oltre misura negli studi e negli esercizi noiosi e ripetitivi, l'istruzione invece separa il piacere dalla noia. Fenelon osserva che i giochi che i bambini amano di più sono quelli che comportano il movimento, ma si rende conto che ci sono molti mezzi divertenti che possono facilitare il piacere dello studio. Nel suo pensiero vi sono 2 temi del ludico scolastico: esiste un gioco per apprendere e un gioco per giocare. Egli distingue i due aspetti: secondo il primo, si può imparare a leggere e a scrivere utilizzando un atteggiamento di simpatia e di comprensione, rendendo l'insegnamento divertente. Invece per il secondo ci sono attività ludiche che non sono strettamente legate agli apprendimenti (giochi all'aperto, quelli a contatto con la natura). Inoltre c’è anche un terzo tema che è quello etico-morale, di solito questo tema si caratterizza in negativo, con i divieti e le proibizioni. Secondo Fenelon occorre togliere dai giochi tutto ciò che può appassionare troppi i bambini o che consente la presenza contemporanea di maschi e femmine. Questi 3 temi corrispondono a: i giochi per l'educazione del corpo (giochi di movimento), i giochi per l'educazione degli affetti (giochi di regole) e i giochi per l'educazione della mente (i giochi didattici che vengono elaborati nelle istituzioni scolastiche). L'attenzione al fisico. Le pratiche corporee non scompaiono del tutto nemmeno del periodo medievale (400), ma erano considerate solo degli svaghi per dare agli studenti un po’ di riposo. Il pensiero religioso basso-medievale, attraverso l'atteggiamento della chiesa e l'opera di diffusione svolta dai predicatori, aveva cercato di negare ogni forma di gioco. Dopo l'inutile battaglia, cominciò a valutare l'idea di dedicare spazio allo svago e all'attività ludica e un esempio lo si ha nelle scuole dei nobili (scuola “Giocosa” di Mantova), dove l'attenzione per il corpo si manifestava attraverso giochi vari come la palla, la corsa e il salto. Nel 500 c'è un fiorire di pubblicazioni sul gioco dove si iniziano a vedere rappresentati bambini e giovani che svolgono attività ludico-motorie. Le attività fisiche si sviluppano in questo periodo attraverso 3 itinerari fondamentali: • arte della guerra, giochi d’armi (finte battaglie, tornei), si esalta la forza;

formazione dell'uomo di corte, il più famoso testo dell’epoca è il “Libro del Cortegiano” (1528) di Castiglione. Si enumerano delle attività fisiche necessarie al nobile per avere una gradevole “forma del corpo”; • ginnastica medica, “De Arte Gymnastica” di Mercurialis è il più completo trattato sull’educazione fisica che distingue la ginnastica militare da quella atletica e medica. L'istruzione educativo-religiosa che più si occupa in questo periodo del gioco è quella dei Gesuiti, che seguivano la regola di sant’Ignazio di giocare con moderazione. Nei collegi erano vietati i giochi troppo violenti ed erano invece permessi giochi come il calcio, la pallacorda, le bocce, esercizi di ballo o ginnici. Nel 600 si diffonde un gioco che viene utilizzato dai docenti per ricreare lo spirito, per riposare e per distendere la mente. I giochi violenti vengono sostituiti da giochi di abilità o da giochi che contribuivano ad avere un corpo atletico. Il corpo viene modellato secondo la pedagogia delle buone materie, che modificano le deformazioni attraverso una ginnastica severa. L'autore che, verso la fine del 600, ebbe una grande influenza sull'educazione ludico-sportiva nella formazione fu Locke, le cui idee miravano a ottenere, nella formazione dei bambini, la salute e l'efficienza del corpo attraverso una sana alimentazione, un’educazione severa, ma non autoritaria e la valorizzazione delle attività ludiche sotto forma di rappresentazioni e di giochi. L'immagine dell'educazione che emerge dalle sue opere è quelle di una formazione seria, dura, improntata alle regole dell'indurimento del corpo, ma è anche un'educazione piacevole che si fonda sulla libertà e sulla ragione. I giocattoli, secondo Locke, dovrebbero essere semplici, non acquistati, di uso comune o costruiti dagli stessi bambini. Nella sua concezione prevale l'importanza del rispetto della crescita naturale del bambino, che va sostenuta dagli adulti. Secondo Locke vanno rilevati 2 aspetti: • il piacere ludico infantile deve essere uguale a quello che bisogna far provare ai ragazzi verso lo studio e le attività proposte dagli adulti; • se i ragazzi vogliono continuare a giocare, non sono ancora pronti per lo studio, ed è necessario lasciarli fare fino a che non divengono stanchi. Locke valorizza il rispetto de...


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