Il giudicato 1a parte PDF

Title Il giudicato 1a parte
Course Diritto processuale penale
Institution Università degli Studi di Milano
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 La cosa giudicata formale e sostanziale Di "cosa giudicata" si occupano sia l'articolo 2909 del codice civile che l'articolo 324 del codice di procedura civile. La lettura combinata delle due norme ha indotto alcuni autori a distinguere tra cosa giudicata formale e cosa giudicata sostanziale. La cosa giudicata formale Parlando di cosa giudicata formale si intende far riferimento alla stabilità che acquisisce un provvedimento decisorio del giudice, nel momento in cui non può più essere impugnato per via ordinaria. In altri termini, si ha cosa giudicata formale quando il provvedimento non è più contestabile in giudizio dalle parti né modificabile da parte del giudice. Della cosa giudicata formale si occupa espressamente l'art. 324 c.p.c., il quale stabilisce che "si intende passata in giudicato la sentenza che non è più soggetta né a regolamento di competenza, né ad appello, né a ricorso per cassazione, né a revocazione per i motivi di cui ai numeri 4 e 5 dell'articolo 395". Benché il codice di rito faccia riferimento alla sola sentenza, la previsione è estensibile a tutti i provvedimenti con contenuto decisorio, quindi anche ai decreti e alle ordinanze. La cosa giudicata sostanziale Quando una sentenza passa in giudicato, il suo effetto è quello di obbligare le parti a osservare quanto statuito dal giudice. Si verificano quindi gli effetti del giudicato sostanziale, che sono quelli indicati dall'art. 2909 del codice civile, in base al quale "l'accertamento contenuto nella sentenza passata in giudicato fa stato a ogni effetto tra le parti, i loro eredi o aventi causa". Con il termine cosa giudicata in senso sostanziale, dunque, si fa riferimento all'effetto di diritto sostanziale che produce la sentenza e che consiste nella determinazione dell'esistenza o dell'inesistenza di un diritto delle parti e nell'imporre a queste ultime l'obbligo di osservare quanto stabilito dal giudice. Il giudicato in senso sostanziale è unanimemente riconosciuto solo con riferimento alle sentenze che decidono in maniera irrevocabile sul merito, mentre la sua estensibilità anche agli altri provvedimenti con contenuto decisorio è dibattuta in dottrina.

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 Limiti del giudicato: oggettivi e soggettivi Come detto, con il termine cosa giudicata si intende la questione decisa con provvedimento giurisdizionale non più assoggettabile ai mezzi di impugnazione ordinari e, pertanto, incontrovertibile. Essa è sottoposta sia a limiti oggettivi che a limiti soggettivi. I limiti oggettivi I limiti oggettivi del giudicato sono quelli che riguardano la causa petendi e l'oggetto della sentenza. In sostanza, il giudicato si forma soltanto su tale oggetto e non anche sulle questioni affrontate in via puramente incidentale. In relazione all'oggetto della domanda e della sentenza, però, il giudicato non si limita a coprire solo le questioni dedotte, ma anche quelle deducibili, pur sempre nei limiti della controversia svoltasi. I limiti soggettivi I limiti soggettivi del giudicato, invece, sono rappresentati dal fatto che, benché la cosa giudicata vada riconosciuta da tutti, i suoi effetti si estendono unicamente alle parti del giudizio, ai loro eredi e agli aventi causa, senza potersi estendere anche ai terzi. In sostanza, non è possibile con il giudicato pregiudicare i diritti di coloro che non hanno partecipato alla causa nella quale esso si è formato. E' chiaro che non rientrano tra i soggetti esclusi dal giudicato i soggetti che per loro volontà non abbiano preso parte al giudizio: si pensi, ad esempio, al caso di un soggetto che, benchè regolarmente citato, non si sia costituito permettendo, consapevolmente, che il processo si svolgesse in sua contumacia. Quanto detto, comunque, non vuol dire che il giudicato non produca alcun effetto in capo ai terzi. E' anzi frequente che questi subiscano,pur se di mero riflesso, vantaggi o pregiudizi dalla cosa giudicata. Ed è proprio per questo che anche le sentenze passate in giudicato restano assoggettabili a revisione, a revocazione e a opposizione di terzo.

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 I rimedi contro il giudicato Se, in via generale, la cosa giudicata formale determina la definitiva conclusione del processo, sono fatti salvi i casi eccezionali di rimedi contro il giudicato. Sono rimedi contro il giudicato la revocazione straordinaria e l'opposizione di terzo. Nonostante il giudicato, inoltre, è possibile ottenere il risarcimento del danno ingiusto eventualmente subito a causa di un comportamento, di un atto o di un provvedimento giudiziario posto in essere da un magistrato, agendo contro lo Stato sulla base di quanto previsto dalla legge n. 117/1988, come recentemente riformata dalla legge n. 18/2015 ("Responsabilità civile dei magistrati"). La revocazione: i rimedi contro le sentenze civili passate in giudicato Che cosa è la revocazione La revocazione è uno strumento che la legge mette a disposizione delle parti per impugnare sentenze pronunciate in grado di appello o in unico grado nei casi (che vedremo più avanti) indicati dall'articolo 395 del codice di procedura civile. Essa trova il suo fondamento nella scoperta di nuove circostanze che, se conosciute in precedenza, avrebbero comportato una decisione diversa da quella già presa. Attraverso la revocazione, la parte può quindi ottenere una nuova valutazione del caso dallo stesso giudice che si è già pronunciato sulla questione e che potrà ora tenere conto delle nuove circostanze. La revocazione può far cadere persino una sentenza già passata in giudicato. Sotto questo profilo, si usa fare una distinzione tra revocazione ordinaria e revocazione straordinaria. La prima si ha quando l'azione impedisce il passaggio in giudicato della sentenza. La revocazione straordinaria, invece, è quella che viene proposta dopo il passaggio in giudicato della sentenza. La revocazione costituisce, come tutte le altre impugnazioni, un rimedio alle possibili ingiustizie che possono derivare da una sentenza sbagliata. Rispetto ai tre gradi di giudizio previsti dal legislatore, però, la revocazione è uno strumento ulteriore che consente di rimediare anche ad errori per così dire "esterni" al procedimento logico che porta alla formazione della sentenza. I motivi che consentono di richiedere la revocazione della sentenza Per quel che riguarda i motivi della revocazione, stando al testo della norma, si possono impugnare per revocazione anche le sentenze passate in giudicato: - se sono l'effetto del dolo di una delle parti; 3

- se le prove su cui si è deciso sono state dichiarate false ; - se dopo la sentenza sono stati trovati uno o piu' documenti decisivi che la parte non aveva potuto produrre in giudizio per causa di forza maggiore o per fatto dell'avversario; - se la sentenza e' effetto del dolo del giudice, accertato con sentenza passata in giudicato. Si possono poi impugnare per revocazione le sentenze pronunciate in grado d'appello o in unico grado, non solo se ricorre una delle ipotesi sopra menzionate ma anche: - se la sentenza e' l'effetto di un errore di fatto risultante dagli atti o documenti della causa. - se la sentenza e' contraria ad altra precedente sentenza avente fra le parti autorita' di cosa giudicata, purche' non abbia pronunciato sulla relativa eccezione; Il procedimento La revocazione è composta da una fase (chiamata rescindente), che ha lo scopo di eliminare la sentenza impugnata, e una fase (chiamata rescissoria), che invece ha lo scopo di sostituire con un’altra decisione di merito la decisione revocata. La domanda di revocazione deve essere inoltrata allo stesso giudice che ha emesso la sentenza impugnata (intendendo in questo caso, con l’espressione “giudice”, non la persona fisica ma l’ufficio giudiziario). La citazione deve indicare, a pena d'inammissibilita', il motivo della revocazione e le prove che dimostrano i fatti di cui ai numeri 1, 2, 3 e 6 dell'articolo 395, del giorno della scoperta o dell'accertamento del dolo o della falsita' o del recupero dei documenti. Anche se viene proposta, la domanda di revocazione non sospende il termine per proporre il ricorso per cassazione. Il giudice davanti al quale e' proposta la revocazione, tuttavia, su istanza di parte puo' sospendere l'uno o l'altro procedimento sino alla comunicazione della sentenza che abbia pronunciato sulla revocazione, qualora ritenga non manifestamente infondata la revocazione proposta.

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L’opposizione di terzo

L'opposizione di terzo è uno strumento che la legge mette a disposizione di quei soggetti che, pur non avendo preso parte a un giudizio, sono stati in qualche modo pregiudicati da una sentenza. La finalità è quella di rimuovere gli effetti pregiudizievoli che derivano da detta pronuncia. Più precisamente, posto che il terzo potrebbe intervenire nei giudizi in cui ha un interesse, il legislatore, con tale strumento, ha tentato di rimediare a quei casi in cui una sentenza pronunciata tra altre persone e con effetti pregiudizievoli per i diritti del terzo sia passata in giudicato o, comunque, sia esecutiva. L'opposizione di terzo viene definita un mezzo di impugnazione straordinario proprio perché può essere proposta senza limiti di tempo e nonostante il passaggio in giudicato della sentenza. Nozione di terzo Come detto, il terzo che può proporre l'opposizione è un soggetto che, pur avendo un interesse nel giudizio tale che ne avrebbe anche consentito l'intervento, non ne ha invece fatto parte. Si ricorda a tal proposito che la nozione di parte può declinarsi in tre diverse connotazioni: vi è la parte in senso formale, che è quella che compie gli atti del processo, la parte in senso sostanziale, che è quella cui sono imputati gli effetti di merito delle pronunce, e la parte in senso processuale, che è quella cui vengono imputati gli effetti degli atti compiuti. Orbene, ai fin dell'opposizione di terzo la sola nozione di parte rilevante è quest'ultima. Il terzo che può subire un pregiudizio potrebbe essere ad esempio il proprietario della quota di un immobile oggetto di causa che non è stato citato in giudizio. Se la sentenza va ad incidere sui suoi diritti di comproprietario, egli vi si può opporre attraverso il procedimento dell'opposizione di terzo. Per rimediare al pregiudizio subito, la legge consente dunque al terzo di rendere inefficace la sentenza e di fare in modo che il giudizio sia rinnovato nel rispetto del contraddittorio.

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