Il Kimono di Odette PDF - Si tratta di una delle opere di questa materia, in questo file ci saranno tutte PDF

Title Il Kimono di Odette PDF - Si tratta di una delle opere di questa materia, in questo file ci saranno tutte
Author rosalinda lo nardo
Course Storia della musica moderna
Institution Università degli Studi di Palermo
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Si tratta di una delle opere di questa materia, in questo file ci saranno tutte le informazioni possibili sull'argomento. completo ...


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L’utopia del Giappone in Occidente STUDI SUL GIAPPONISMO

a cura di Carmelo Bajamonte e Maria Antonietta Spadaro

EDITORE

ATTI DELLA GIORNATA DI STUDI Palermo, 9 giugno 2017

Ringraziamenti Sara Bassarelli, Eliana Calandra, Famiglia Calderaro, Valentina Di Fazio, Alberto Facchetti, Antonio Giannusa, Alfonso Leto, Paolo Linetti, Massimiliano Marafon Pecoraro, Ernesto Reina, Laura Salamone. Un grazie particolare ad Antonina Barbaro per le segnalazioni su Messina e le accurate ricerche bibliografiche.

Referenze fotografiche Antonio Giannusa, Maria Muratore, Maria Antonietta Spadaro

Grafica copertina Antonio Giannusa

Stampa Officine Tipografiche Aiello & Provenzano Bagheria - Palermo

ISBN 9788896729397

Il kimono di Odette. Riflessi del japonisme nella musica europea del primo Novecento Dario Oliveri Palermo, Università degli Studi

I

l primo volume della Recherche du temps perdu, intitolato Du côté de chez Swann e suddiviso in tre parti – Combray, Un amour de Swann, Noms de pays: le Nom – viene pubblicato da Gaston Calmette nel novembre 1913, pochi mesi dopo il clamoroso debutto del Sacre du printemps al Théâtre des Champs-Élysées. Le vicende del libro si riferiscono tuttavia all’infanzia all’adolescenza del narratore e in alcuni casi, come nell’episodio-romanzo U amour de Swann, gli eventi si svolgono addirittura prima della sua nascita: secondo la cronologia interna della Recherche, l’incontro di Swann con Odett in casa dei Verdurin dovrebbe infatti collocarsi intorno al 1877-78.1 A quello stesso periodo risale anche l’amicizia di Proust con la danzatrice modella Méry Laurent, che in passato era stata l’amante di Édouard Man e di Stéphane Mallarmé: nella sua villa al numero 9 del Boulevard Lanne nei pressi del Bois de Boulogne, lo scrittore vide le pareti tinteggiate di col scuro su cui erano appese stoffe orientali, le lanterne legate a una cordicel seta, i paraventi, i ventagli, le lunghe cassette in cui fiorivano grandi crisant che in seguito avrebbe fatto rivivere nell’episodio della prima visita di Swan in casa di Odette, che lo accoglie indossando un kimono di seta rossa e cele brando per lui la cerimonia del tè.2 Il salotto di Méry Laurent, nel quale stava poggiato un quadro di Manet, co stituisce dunque il modello di alcune stanze della casa di Odette, rispecchia do al tempo stesso l’intensità e la durata di una moda dell’Oriente che nasc Parigi con le grandi Esposizioni Universali del 1867 e del 1878. Quel periodo è infatti segnato da due importanti fenomeni storici, strettamente corre

Cfr. G. Genette, Figure III. Discorso del racconto, trad. it. di Lina Zecchi, Einaudi, Torino 1972 (ed. orig. Figures III, Paris 1972), p. 139. 2 Cfr. M. Proust, La strada di Swann, trad. it. di Natalia Ginzburg, Einaudi, Torino (ed. orig. Du côté de chez Swann, Paris 1913), pp. 234-235. 1

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fra di loro: la fine del lungo isolamento del Giappone e la scoperta dell’ar dell’artigianato giapponesi da parte del pubblico occidentale. Nella secon metà del xix secolo (Epoca Meiji) l’impero del Sol Levante vive infatti un rapido, tumultuoso processo di modernizzazione3 che coincide con la diffusione di un japonisme che può intendersi quale punta emergente di un esotismo che investe i più diversi aspetti del gusto e della cultura europei. A u numero sempre crescente di esibizioni e collezioni private (di stampe, disegni, lacche, armature, strumenti musicali) corrisponde infatti il successo di n merose pubblicazioni e riviste dedicate all’arte orientale, mentre le opere maggiori poeti cinesi vengono pubblicate per la prima volta in Europa: non a caso, a partire dal 1907 Gustav Mahler compone il ciclo Das Lied von der Erde, in cui utilizza sei liriche di autori dell’epoca T’ang nella versione tedes di Hans Bethge (dalla raccolta Die Chinesische Flöte). La moda dell’Oriente affiora anche nelle opere di alcuni grandi pittori (Manet, Monet, van Gog e persino negli arredi – per altri versi emblematici – del Vittoriale di Gabrie D’Annunzio: le lanterne e il Buddha della Stanza della musica; gli idoli, vasi e le statuette sostenute da elefanti della Stanza della Leda; gli anima maioliche, i piatti del Bagno blu; le statue di Confucio, i draghi, gatti, ucce e altri animali della Stanza delle reliquie; le pareti laccate in rosso, nero, o celeste della Stanza delle cheli.4 Avendo come centro d’irradiazione Parigi, la moda del Giappone dilaga rapidamente verso Londra, come dimostra una celebre commedia musicale di William S. Gilbert e Arthur Sullivan, intitolata The Mikado e rappresenta ta per la prima volta al Savoy Theatre nel 1885, dove fu replicata per qua due anni. Nell’ambito della cultura francese la prima, importante espressio letteraria del japonisme è invece costituita da Madame Chrysantème di Pierre Loti (Parigi 1887), un romanzo autobiografico ambientato a Nagasaki e dal quale deriva il libretto – firmato da Georges Hartmann e André Alexandre dell’omonima opera lirica di André Messager.5 Lo spettacolo, che va in scena

Cfr. F. Oliveri, O’Tama Kiyohara. Dal Sol levante all’Isola del sole. Una pittrice giapponese in Sicilia dal 1882 al 1883, Krea, Palermo 2003, pp. 8-10. 4 Cfr. U. Di Cristina, La dimora di D’Annunzio. Il Vittoriale, introduzione di Giorgio Petrocchi, Novecento, Palermo 1980. 5 Ambientata «au Japon, de nos jours», l’opera si articola in quattro atti, con un prologo e epilogo. Nello spartito pubblicato dall’editore Chaudens nel 1893 sono riportate le segue indicazioni: «Prologue - En mer - La Passerelle / Acte I - En rade de Nagasaki - Le Pont de navire / Acte II - La Maison de Chrysantème / Acte III - Fête sur une place publique aux

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al Théâtre de la Renaissance nel 1893, ottenne un notevole successo e non a caso poco dopo Félix Régamey diede alle stampe un seguito o compendio del libro di Loti dal titolo Le cahier rose de Madame Chrysantème e concepito nella forma di un diario segreto nel quale la vicenda è rivissuta attraverso gli oc della protagonista. Nel 1898 la rivista «Century Magazine» comincia invece la pubblicazione del romanzo a puntate Madame Butterfly di John Luther Long, un avvocato di Philadelphia la cui sorella aveva vissuto per molti anni Giappone al fianco del marito missionario metodista. Pur essendo presentat come il racconto di una storia vera, il testo di Long risente in maniera mol esplicita dell’influsso di Loti: la vicenda si svolge infatti a Nagasaki e na ancora una volta la storia di un ufficiale della Marina americana che sposa giovane geisha e poi l’abbandona, promettendo di tornare «quando i pettiross avranno rifatto il nido». Com’è evidente, sia Madame Chrysantème che il racconto di Long costituiscono il più immediato antefatto dell’dramma teatr di David Belasco Madame Butterfly, andato in scena per la prima volta a New York nel 1900. Nella transizione fra i due secoli, la moda del japonisme comincia diffonders anche in Italia, come dimostrano per esempio l’interesse che circonda a Paler mo la pittrice Eleonora Ragusa (O’Tama Kiyohara), certi disegni di Ernesto Basile e Duilio Cambellotti6 oppure – in una prospettiva assai più vasta – i successo di due opere liriche come Iris di Pietro Mascagni (Roma 1898) e Madama Butterfly di Giacomo Puccini (Milano 1904). In particolare, il melodramma di Mascagni, divenuto celebre soprattutto p l’Inno al Sole («Io! Son Io, la vita! / Son la beltà infinita…»), costituisce il primo esempio di esotismo nel teatro musicale italiano e non a caso il librettis Luigi Illica aveva pensato all’inizio di intitolare il suo lavoro La Giapponese Mascagni, invece, si era subito procurato una raccolta di musiche orienta «caratteristiche fino all’eccesso»7 per cominciare a studiarle: assai sensibil mutare dei tempi, egli avverte infatti l’esigenza di superare il modello verista Cavalleria rusticana e adotta in varie occasioni «il tipo armonico giapponese»,8

abords du Temple d’Osueva / Acte IV - Le Jardin de la maison de Chrysantème / Epilogue». 6 M. Marafon Pecoraro, Japonisme e Art Nouveau: la donna e le arti in Europa tra XIX e XX secolo, in O’Tama e Vincenzo Ragusa. Un ponte tra Tokyo e Palermo, a cura di M.A. Spadaro, Fondazione Sant ’Elia, Palermo 2017, pp. 89-94. 7 Pietro Mascagni, lettera a Luigi Illica del 7 luglio 1896, in Epistolario. Volume I, a cura di Mario Morini, Roberto Iovino e Alberto Paloscia, Libreria Musicale Italiana, Lucca 1996, p. 176 8 Pietro Mascagni, Lettera a Luigi Illica del 23 settembre 1896, in ivi, p. 179.

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aggiungendo all’orchestra tradizionale anche i timbri-colori di alcuni st menti orientali che aveva scoperto nella collezione del barone Alessand Kraus “figlio”. In vari passaggi dell’opera – e soprattutto nella scena del t trino, nell’episodio del risveglio di Iris e nei preludi al secondo e al terzo at – si ascoltano dunque le corde pizzicate di uno shamisen e i rintocchi di alcuni campanelli, timpani e piccoli tam-tam giapponesi. L’aria Un dì (ero piccina), con la quale la quale l’ingenua protagonista cerca di sottrarsi alle seduzion suo rapitore Osaka, è invece ispirata a un celebre disegno erotico di Hokusai Un dì (ero piccina) / al tempio vidi un bonzo a un paravento / tutto fatto a simboli, / sciorinare il velo di un Mistero. / Era una plaga d’un gran mare morto / color de bronzo; / e v’era un cielo rosso come sangue, / d’un rosso livido e una gran spiaggia, / una gran spiaggia morta / di grigio e nero. / Una fanciulla giacèavi adagiata / scar ne le membra, sparsi i capelli / e sulla bocca un riso ch’era uno spasimo. / Su dal mar morto / una gran piovra il capo ergeva / e la fanciulla col grande occhio guatava questa, domata a quel terror lo sguardo, tutta affissava! / Su dal mar morto i visc tentacoli / muoveva il mostro / e per le gambe, per i reni e per le spalle, / poi per le chiome e il fronte e gli occhi / e il petto esile ansante, / e per le braccia la stringe allaccia. / La stringe e allaccia in viso. / Essa sorride ognor! Essa ride e muor. / Con un estremo spasimo / che par un sorriso / lei sorride e muor e muor! / E il bonzo a voce forte: “Quella piovra è il Piacere, / quella piovra è la Morte!” 9

Sembra che in un primo momento Puccini fosse «entusiasmato» per le novità di Iris,10 ma in seguito, dopo avere assistito a una recita di Madame Butterfly di Belasco al Duke’s of York Theatre di Londra nel luglio 1901, preferì allon tanarsi dall’atmosfera morbosa e tenebrosa dell’opera di Mascagni per dar v – sia pure con lo stesso librettista – a un’immagine del Giappone più personal (o sentimentale), in cui l’esotismo fosse un aspetto non soltanto esteriore decorativo del dramma. Mentre lavorava alla partitura di Tosca, Puccini aveva chiesto all’amico d Pietro Panichelli la trascrizione della melodia del Te Deum in uso nella turgia romana e l’esatta intonazione della campana grande di San Pietro, cui Mi grave si aggiunge nel terzo atto ai rintocchi delle campane intorno Castel Sant’Angelo, fissando la «tonalità di mi minore per l’entrata dell’a 9 L. Illica, Iris. Melodramma in tre atti. Musica di Pietro Mascagni, Atto ii, Ricordi, Milano 1925, pp. 285-299. 10 «L’Iris ha fatto gran colpo: sono tutti rimasti a bocca aperta per la novità. – [Giulio] Ricor dice che sono un altro Mascagni. – Puccini era entusiasmato e si alzava sulla sedia ment suonavo. – Tosti, poi, non fa che parlare di Iris »: Pietro Mascagni, lettera a Lina Mascagni de 21 settembre 1897, in Epistolario. Volume I cit., p. 197.

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di Cavaradossi».11 Nel caso di Madama Butterfly, la cui vicenda si svolge «A Nagasaki, epoca presente», l’esigenza di dar vita a «un Giappone vero» lo spinge invece ad assistere ai drammi kabuki presentati a Milano dalla Compagnia teatrale giapponese imperiale: in particolare Puccini è affascinato da un bra per koto intitolato Echigo-jishi, che nel dramma Kesa Gozen viene eseguito da una giovane sposa in un giardino di alberi fioriti: nel primo atto di Madama Butterfly l’effetto del koto, realizzato dai clarinetti e dai fagotti insieme con viole e i violoncelli in “staccato”,12 accompagna non a caso «l’annuncio da part di Goro dell’arrivo del corteo per la festa di matrimonio […], in una scen anche qui piena di fiori».13 Nei giorni in cui si tengono le recite della Compagnia imperiale (aprile 1902), Puccini incontra a Milano l’attrice Sada Yacc (Kawakami Sadayakko) e acquista «molto materiale della razza gialla»,14 t cui una raccolta di canti popolari giapponesi che include anche Echigo-jishi e dalla quale riprende alcune melodie per la sua opera. A tali indicazioni, Alberto Cantù aggiunge nei suoi Sette elzeviri per Madama Butterfly alcuni altri elementi di grande interesse: Giugno 1902. Puccini scrive a Gaston Knosp, “Chargé de la Mission Musicale” per la Francia ad Hanoi, chiedendo «musica giapponese, temi, indicazioni di ritmo, di strumenti a percussione». Knops gli invia il materiale due mesi dopo.

D. Schickling, Giacomo Puccini: la vita e l’arte, trad. it. di Davide Arduini, Felici, Ghezzano (Pisa) 2008 (ed. orig. Puccini: Biografie, Stuttgart 2007), p. 163. Per ricreare l’atmosfera di un’alba romana, Puccini chiese al poeta Luigi Zanazzo di scrivere i versi di una canzone romanesca da far cantare a un pastorello «a voce spiegata, ma molto lontana» mentre «si o no […] le campanelle d’un armento che di mano in mano vanno sempre più affievolendosi» (Giuseppe Giacosa e Luigi Illica, “Tosca. Opera lirica in tre atti”, in V. Sardou, La Tosca, a cura di Guido Davico Bonino, Einaudi, Torino 2012, p. 155). 12 G. Puccini, Madama Butterfly. Tragedia giapponese in due atti, Ricordi, Milano 1999 (i ed. 1904), pp. 61-62. Il passo citato corrisponde ai seguenti versi: «[Goro] Ecco. Son giunte al sommo del pendio. / (Accenna verso il sentiero) Già del femmineo sciame / qual di vento il fogliame / s’ode il brusìo; [La amiche di Butterfly] (interno, lontano) Ah!... ah!... ah!...». L’indicazione ti tempo è “Allegro” (semiminima = 144). 13 Arthur Groos, cit. in A. Cantù, Il Giappone di Puccini. Sette elzeviri per Madama Butterfly, in Madama Butterfly. Tragedia giapponese in due atti, a cura di Nino Cefalù, Fondazione Teatro Massimo, Palermo 2002, p. 17. 14 G. Puccini, Lettera a Luigi Illica del 30 aprile 1902, in Carteggi Pucciniani, a cura di Eugenio Gara, Ricordi, Milano 1958, p. 221. Moglie dell’attore e drammaturgo Otojro Kawakami considerato il riformatore del teatro giapponese, Sada Yakko (1871-1946) aveva ottenuto immenso successo a Parigi con un adattamentento in stile orientale de La dame aux camélias, di Alexandre Dumas “figlio”, intitolato Kosan et Kinkoro e andato in scena nel 1901 al Théâtre de Aténée. 11

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Settembre 1902. Il musicista prende contatto con Hisako Oyama, moglie dell’ambasciatore giapponese in Italia e provetta esecutrice di koto. Scriverà a Ricordi: «M ha detto tante cose interessanti e mi ha cantato delle canzoni native. Mi ha pro messo che mi manderà musica del suo paese […]. L’Ambasciatrice è a Viareggio e ci andrò e prenderò nota di ciò che mi canta».15

Com’è noto Puccini si accosta nuovamente al tema dell’esotismo – inteso questa volta come chinoiserie – con il suo ultimo capolavoro incompiuto, ossia Turandot (1920-24), nel quale realizza un’immagine della città di «Pekino, al tempo delle favole» impiegando alcune fonti originali provenienti da u carillon acquistato in Cina del barone Edoardo Fassini-Camossi e dall’an tologia di J.A. van Aalst Chinese Music (Shangai 1884). Rispetto a Madama Buttefly, l’esigenza di evocare le atmosfere e i colori – a tratti anche barbari – dell’estremo Oriente appare tuttavia molto più esplicita e segna alcuni fra episodi cruciali dell’opera: a partire dal memorabile attacco «nell’ora più s gorante del tramonto» sino al coro dei ragazzi «Là, sui monti dell’est…», al canzone dei tre dignitari «Ho una casa nell’Honan…» nella scena iniziale de secondo atto e alla «melodia pentafonica dolcemente patetica di Liù “Signo ascolta”».16

A. Cantù, Il Giappone di Puccini cit., p. 17. La lettera è datata «Torre del Lago, 18 settembre ’902». In un altro, successivo messaggio al «Carissimo Sig. Giulio», Puccini riferisce quanto segue: «La giapponese ministressa è tornata diverse volte da me. Ha scritto a Tokio [sic] pe avere delle canzoni popolari, ma ci vorranno 3 mesi prima di averle! serviranno per gli al quadri» (Giacomo Puccini, Epistolario, a cura du Giuseppe Adami, introduzione di Enzo Siciliano, Mondadori, Milano 1982, p. 92). 16 W. Ashbrook e H. Powers, Turandot di Giacomo Puccini: la fine della Grande tradizione, trad. it. di Gabriele Dotto, Ricordi-Accademia Nazionale di Santa Cecilia, Milano 2006 (ed orig. Puccini’s Turandot: The End of the Great Tradition, Princeton 1991), p. 146. Di fondamentale importanza per la “tinta cinese” dell’opera il ricorso a un numero del tutto incons di strumenti a percussione: timpani, triangolo, tamburo, gran cassa, piatti, tam-tam, go cinesi, xilofono, xilofono basso e campane tubolari, ai quali si aggiungono sulla scena anch un tamburo di legno e un gong grave (oppure tam-tam). Com’è noto, al momento della morte (Bruxelles, 29 novembre 1924) Puccini non aveva ultimato il iii atto dell’opera: l’8 ottobr aveva dato il suo placet al testo del duetto finale e il manoscritto completo della partit arresta poco dopo la morte di Liù, con un lungo Mi bemolle dell’ottavino e degli archi “pianissimo”. Facendo riferimento al libretto approvato da Puccini e agli abbozzi dapprim continuativi e poi via via più frammentari lasciati dal compositore (in cui è tuttavia prese l’idea di utilizzare nelle ultime battute dell’opera la melodia dell’aria di Calaf del iii Franco Alfano ha realizzato fra il 1924 e il 1926 due diverse versioni del finale: la second voluta da Arturo Toscanini, è costituita da 268 battute di cui almeno 97 riconducibili ag abbozzi di Puccini: a questo riguardo, cfr. Jürgen Maehder, Studi sul carattere di frammento 15

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Intanto però, nello stesso periodo in cui Puccini stava ultimando Madama Butterfly, Debussy lavora ai trois esquisses symphoniques del ciclo La Mer (190304), per la cui copertina sceglie una riproduzione della Grande onda di Kanagawa di Hokusai (1830-31). Il disegno è tuttavia modificato e reso per certi versi più astratto: i colori sono completamente trasformati, sullo sfondo c’è più il profilo del monte Fuji innevato, ma soprattutto sono scomparse l barche dei pescatori. Il mare di Debussy è infatti «un vuoto infinito» al d là della storia umana, un paesaggio nel quale si svolgono fenomeni soltant naturali di luci impercettibili o risplendenti, di onde agitate dai venti. Ed è a cora Marcel Proust a proporre una descrizione poetica del movimento inizial intitolato De l’aube a midi sur la mer: […] La nuova opera s’iniziava in mezzo a un silenzio acerbo, in un vuoto infinito, su superfici uniformi e piane come quelle del mare, in un mattino temporalesco; e, in quel rosa di aurora, quell’universo ignoto veniva tratto fuori dal silenzio e dalla no per formarsi progressivamente dinanzi a me. Quel rosso così nuovo […] tingeva come l’aurora tutto il cielo di una misteriosa speranza. […] L’atmosfera fredda, lava dalla pioggia, elettrica […] mutava ad ogni istante, cancellando la promessa purpur dell’aurora. Nell’ora del meriggio, tuttavia, in uno splendore di sole bruciante e pa seggero, essa pareva trovare il suo compimento in una felicità greve…17

Debussy aveva scoperto le musiche dell’Estremo Oriente all’Esposizione Universale del 1889, ascoltando i concerti tenuti nel padiglione olandese da Gamelan proveniente da Sunda, nell’o vest dell’isola di Giava: la sinuosa be lezza delle danzatrici e i colori di quella musica esotica riaffiorano per esem nel breve Pagodes, il primo brano del ciclo Estampes (1903), un “Modérément an...


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