Il porto sepolto - Riassunto LETTERATURA ITALIANA MODERNA E CONTEMPORANEA PDF

Title Il porto sepolto - Riassunto LETTERATURA ITALIANA MODERNA E CONTEMPORANEA
Author Elena Pascanean
Course LETTERATURA ITALIANA MODERNA E CONTEMPORANEA
Institution Università degli Studi di Urbino Carlo Bo
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Summary

Il porto sepolto riassunto del libro...


Description

GIUSEPPE UNGARETTI - IL PORTO SEPOLTO IN MEMORIA 1.Si chiamava 2.Moammed Sceab 3.Discendente 4.di emiri di nomadi 5.suicida 6.perché non aveva più 7.Patria 8.Amò la Francia 9.e mutò nome 10.Fu Marcel 11.ma non era Francese 12.e non sapeva più 13.vivere 14.nella tenda dei suoi 15.dove si ascolta la cantilena 16.del Corano 17.gustando un caffè 18.E non sapeva 19.sciogliere 20.il canto 21.del suo abbandono 22.L’ho accompagnato 23.insieme alla padrona dell’albergo 24.dove abitavamo 25.a Parigi 26.dal numero 5 della rue des Carmes 27.appassito vicolo in discesa. 28.Riposa 29.nel camposanto d’Ivry 30.sobborgo che pare 31.sempre 32.in una giornata 33.di una 34.decomposta fiera 35.E forse io solo 36.so ancora 37.che visse

COMMENTO

2 Il suo nome era Moammed Sceab (esule arabo amico d’infanzia di Ungaretti). 3-7 Discendente di capi musulmani nomadi (Emiri di nomadi: capi di tribù arabe che vivevano nomadi nel deserto) suicida perché non sopportava più la condizione di esule (non aveva più patria – non era più arabo ma neanche francese). 8-9 Amava la Francia e cambiò il suo nome (mutò nome: per sentirsi più francese). 10-17 Si fece chiamare Marcel, ma non era un francese e non era più neppure arabo, non riusciva più a vivere come un arabo nomade, nella tenda, ascoltando il Corano e sorseggiando un caffè (Non…suoi: l’esperienza francese aveva modificato la sua cultura e il suo modo di vivere, rendendolo incapace di adattarsi di nuovo alle consuetudini e alla mentalità della sua gente). 18-21 E non riusciva a risolvere nella poesia il senso angoscioso dell’abbandono, della mancanza di patria (Sciogliere il canto del suo abbandono: nella poesia avrebbe potuto esprimersi e trovare quindi uno sfogo liberatorio). 22-27 Ho accompagnato il suo feretro (l’ho accompagnato – per l’ultimo viaggio) insieme alla padrona dell’albergo (l’isolamento e la solitudine dell’amico vengono messi in rilievo da numero esiguo di persone che seguono il funerale) che ci ospitava a Parigi dal numero 5 della Rue des Carmes, del triste vicolo in discesa [il poeta elenca una serie di particolari insignificanti per evidenziare il senso di estraneità che una grande metropoli può far percepire]. 28-34 Ora egli riposa nel cimitero d’Ivry (grosso sobborgo parigino sulla Senna), sobborgo che appare sempre come in una giornata di festa ormai finita (decomposta fiera – anche in questo caso il poeta vuole trasmettere con annotazioni di cronaca grigia e triste il senso di angoscia e squallore con un ritmo prosastico che non dà alcun spazio alla retorica). 35-37 Forse solo io so che visse (il poeta si assume il compito di garantire attraverso il ricordo e la sua poesia la sopravvivenza dell’amico).

In questo componimento Ungaretti vuole ricordare il suo amico Moammed Sceab che nel 1913 si suicidò a Parigi; nella capitale francese il poeta studiò e con una precisa collocazione geografica ricorda dove abitava l’amico. L’evocazione di Moammed Sceab è fatta in nome della scrittura poetica Come lo stesso Ungaretti, Mohammed era un emigrato che purtroppo non seppe riconoscersi in nessuna patria, ciò rimarcato dal fatto che nessuno lo conosceva ed il ricordo è affidato solamente al poeta e quindi alla poesia che assume anche questa funzione. Il componimento può essere suddiviso in due parti: -nella prima: l’incipit è una breve presentazione delle generalità del compagno e delle origini probabilmente africane e di certo islamico. La terza strofa coincide con la descrizione della volontà di Moammed di riconoscersi in una patria, tanto che cambiò il suo nome in Marcel mutando così le proprie tradizioni; la condizione dell’amico è definita da una serie di formule negative che rimarcano l’incapacità di integrarsi. -nella seconda: Ungaretti rievoca la triste scena del funerale in un piccolo paesaggio urbano; l’estrema precisione geografica stride con la vaghezza della descrizione delle sue origini, ma fondamentali sono le ultime strofe dove il poeta crea uno scambio tra natura e vita umana. Con l’ultima strofa invece Ungaretti affida alla poesia la funzione di eternare e ricordare per sempre il suo amico Moammed. TEMI Seppur in questo testo non siano presenti temi quali la guerra, ricorrono comunque alcuni tratti dell’Allegria (la raccolta di opere di Ungaretti): il senso di estraneità, lo spaesamento, la perdita di identità.

IL PORTO SEPOLTO

1.Vi arriva il poeta 2.e poi torna alla luce con i suoi canti 3.e li disperde 4.Di questa poesia 5.mi resta 6.quel nulla 7.d’inesauribile segreto

Il poeta arriva nel porto sepolto che poi riemerge con le sue poesie e le comunica anche agli altri. Questa poesia resta in me come un mistero insondabile.

COMMENTO Il porto sepolto è la seconda poesia della raccolta a cui dà il titolo. Conta sette versi di misura variabile e prevalentemente breve (due sono trisillabi), distribuiti in due strofe. La frammentarietà e la brevità del testo sono emblematiche di tutta la prima produzione ungarettiana. Come in tutti i componimenti della raccolta il titolo vale come verso zero, cioè offre informazioni fondamentali alla comprensione del testo, di cui è parte integrante: infatti il Vi del primo verso rimanda evidentemente al porto sepolto del titolo, senza il quale non sapremmo a cosa il poeta si riferisca. In calce al testo compaiono i riferimenti al luogo e alla data di composizione. La poesia è tra le più importanti della raccolta perché enuncia la poetica dell’autore. Il poeta trae spunto da un antico porto di Alessandria d’Egitto, inabissatosi per via di movimenti bradisismici, ma ne fa un motivo simbolico: infatti, immergendosi nel porto sepolto allude alle profondità dell’animo umano, a quel che resta dell’origine perduta, inabissatasi e diventata inesplorabile. Grazie alla poesia,

il poeta è in grado di intuire e riportare alla luce tracce di quell’origine (quel nulla / d’inesauribile segreto) e, di conseguenza, diffonderle agli uomini. L’inabissamento e il successivo affioramento del poeta con i suoi canti rimandano inoltre al mito di Orfeo – figura che nella mitologia greca simboleggia la poesia – il quale discese agli inferi per riportare in vita la sua Euridice: allo stesso modo il poeta scende nelle oscurità del mistero poetico per cercare la scintilla dell’ispirazione, in modo da riportare alla luce i suoi canti, immagine che allude chiaramente allo scrivere versi. Tuttavia i canti (le poesie) non sono in grado di restituire per intero il segreto della creazione (poetica e non): una volta portati alla luce il poeta li disperde, cioè qualcosa del messaggio originario va inesorabilmente perso e il poeta non può far altro che scrivere in modo frammentario e per brevi illuminazioni. È interessante notare come l’effetto della dispersione sia reso da Ungaretti con la coppia di dimostrativi questa/quel: la poesia (questa) come elemento tangibile e vicino al poeta conserva quel nulla, che allude a qualcosa di distante e lontano. È evidente in questa scelta la lezione del Leopardi dell’Infinito, in cui la fitta alternanza dei dimostrativi questo/quello indica allo stesso modo vicinanza/lontananza, finito/infinito.

LINDORO DI DESERTO 1.Dondolo di ali in fumo 2.mozza il silenzio degli occhi 3.Col vento si spippola il corallo 4.di una sete di baci

LEGGERE PARAFRASI A PAGINA 116 (NON SI CAPISCE NIENTE!!!!) SU INTERNET NON C’E’

5.Allibisco all'alba 6.Mi si travasa la vita 7.in un ghirigoro di nostalgie 8.Ora specchio i punti di mondo 9.che avevo compagni 10.e fiuto l'orientamento 11.Sino alla morte in balia del viaggio 12.Abbiamo le soste di sonno 13.Il sole spegne il pianto 14.Mi copro di un tiedipo manto 15.di lind'oro 16.Da questa terrazza di desolazione 17.i braccio mi sporgo 18.al buon tempo

COMMENTO Lindoro è una delle maschere veneziane; indica nello stesso tempo il poeta e l’effetto di sole descritto nella poesia. Viene usato Lindoro perché è l’alba e perchè sembrava il personaggio della commedia più adatto a quest’allegria. Lindoro suona come il colore dell’alba. Deserto perché siamo in trincea. Silenzio degli occhi ( nei primi versi) perché tutta la notte il soldato

era rimasto senza sonno e nell’oscurità i suoi occhi, benché aperti, erano senza visione, erano silenziosi. Dal verso 3 si procede alla descrizione dell’alba. Come Il Porto Sepolto indica il “mito d’origine”, così Lindoro del Deserto dichiara le modalità della “visione”, la necessità anzi che essa abbia luogo, perché poesia possa risorgere. L’alba è propizia, quel momento tra essere e non-essere, tra luogo e nonluogo, visione e illusione ottica. L’alba è un “momento di silenzio, apocalittico”, cioè alla lettera “rivelatore”, portatore di visione: per questo “mozza il silenzio degli occhi”, “taglia d’un tratto” la tenebra, riporta alla “prima immagine”. Per questa esplicita funzione dichiarativa delle “modalità della “visione””, Lindoro di Deserto fu sempre carissima ad Ungaretti.

VEGLIA 1.Un'intera nottata 2.buttato vicino 3.a un compagno 4.massacrato 5.con la sua bocca 6.digrignata 7.volta al plenilunio 8.con la congestione 9.delle sue mani 10.nel mio silenzio 11.ho scritto 12.lettere piene d'amore 13.Non sono mai stato 14.tanto 15.attaccato alla vita

1-12 Un’intera (sottolinea la pena e l’orrore per quella lunga vicinanza forzata) notte sdraiato (buttato: quasi come un corpo inerme, perché costretto a rimanere immobile in quella posizione per evitare spari che potrebbero uccidere anche lui) accanto al cadavere di un compagno massacrato (questa parola occupa un intero verso a rafforzare l’atrocità di quella morte) con la bocca contratta in una orrenda smorfia di dolore (digrignata: la deformazione dei tratti del compagno morto in una maschera d’orrore; questa immagine priva la scena di ogni eroismo), rivolta verso la luna piena (volta al plenilunio l’immagine della luna trasmette pace, serenità, in netto contrasto con l’immagine di morte e violenza della scena), con le sue mani contratte e congestionate (congestione: l’accumulamento rapido del sangue rende gonfie e livide le mani del morto - metonimia) che penetrano (penetrata - metafora) fin nel profondo dei miei pensieri (nel mio silenzio) ho scritto lettere piene d’amore (la contrapposizione tra vita e morte è totale: alla morte il poeta oppone la vita ”della scrittura” per recuperare i lontani legami affettivi e come reazione alla disperazione). 13-15 Non sono mai stato tanto attaccato alla vita (vi è dello stupore da parte del poeta per questa istintiva reazione che lo porta a sentirsi tanto legato alla vita. La stupita constatazione è messa in rilievo dalla pausa che stacca gli ultimi tre versi dal resto della poesia e dalla rima al mezzo stato/attaccato).

COMMENTO La poesia è composta di due strofe, la prima di 13 versi e la seconda di 3 versi. Si tratta di versi liberi e nel testo ci sono delle rime; dominano suoni duri grazie alla presenza di lettere come l t e anche la scelta delle parole trasmette tutta la violenza e l’angoscia della situazione vissuta dal poeta. La pausa che divide la prima dalla seconda strofa serve ad enfatizzare il sentimento potente di attaccamento alla vita provato dal poeta.

In questa poesia l’atmosfera è creata dalla presenza della luna, in un richiamo leopardiano, che è probabilmente l’ultima cosa contemplata dal soldato, compagno di Ungaretti, che ormai ha perso la vita brutalmente. La sofferenza è data dai denti digrignati e dalle mani rosse e gonfie, gli occhi rivolti alla luna quasi a domandare: perché? Perché la morte, perché la sofferenza. Intanto Ungaretti è lì, accanto al corpo, che veglia il compagno e vede da vicino la morte: violenta, mostruosa, brutale, permanente. Proprio in quel momento emergono sentimenti positivi nel poeta, in contrasto con la morte che vede lì, palese; la bellezza della vita spinge Ungaretti a cantarne le gioie scrivendole. Il silenzio è la sola cosa che accomuna i due opposti, vita e morte. Le parole hanno un ritmo spezzato, quasi a voler concretizzare lo strazio provato dal soldato, la contrazione della sua bocca, le mani rovinate e deformi. La morte del soldato viene ascoltata e accolta dal poeta, che con le sue parole prova a dare voce a ciò che voce non ha, la fine di tutto. Sul finale lo slancio positivo di Ungaretti che, proprio perché davanti ai suoi occhi vede chiaramente la morte e lo strazio che ne deriva, ama la vita più che mai. Passando al piano dei significati, il tema centrale della poesia è la guerra, guerra senza alcuna possibile mediazione tra l’esperienza del poeta e la parola, quindi depurata da qualunque possibile riconducibilità ideologica come poteva essere per la polemica tra interventisti e non interventisti prima dell’ingresso dell’Italia in guerra; la guerra si incarna, si manifesta senza alcuna possibilità di sfuggirne nell’immagine molto truce e violenta del compagno di trincea massacrato, morto che sta vicino al poeta.

A RIPOSO Chi mi accompagnerà pei campi Il sole si semina in diamanti di gocciole d'acqua sull'erba flessuosa Resto docile all'inclinazione dell'universo sereno Si dilatano le montagne in sorsi d'ombra lilla e vogano col cielo

C’è ben poco da aggiungere a questa poesia (tratta da L’Allegria, che vide la luce a Milano nel 1931), in cui Giuseppe Ungaretti declina il tema del riposo del corpo, della mente e del cuore alla luce del sole che si perde nelle gocce d’acqua. Un riposo che segue l’inclinazione dell’universo sereno, per usare le parole del poeta. ANCHE QUI C’E’ POCO DA DIRE E SU INTERNET NON SI TROVA NULLA

Su alla volta lieve l'incanto si è troncato E piombo in me E m'oscuro in un mio nido

FASE D’ORIENTE 1.Nel molle giro di un sorriso 2.ci sentiamo legare da un turbine 3.di germogli di desiderio 4.Ci vendemmia il sole

“NEL MOLLE GIRO DI UN SORRISO CI SENTIAMO LEGARE DA UN TURBINE DI GERMOGLI DI DESIDERIO”: molle giro inteso come la dolcezza, la morbidezza femminile del sorriso femminile. Questo sorriso è il sorriso dell’anima che rivela la femminilità di questo

5.Chiudiamo gli occhi 6.per vedere nuotare in un lago 7.infinite promesse 8.Ci rinveniamo a marcare la terra 9.con questo corpo 10.che ora troppo ci pesa.

oriente sognato: il sorriso è paragonato a quello di una donna. “Ci sentiamo legare da un turbine”: questo legame, questo desiderio di legame è talmente forte che è inevitabile. “Di germogli di desiderio” cioè….. “CI VENDEMMIA IL SOLE”: “Ci” cioè siamo impregnati, imbevuti di sole, pieni di sole: ci spossiamo in una vendemmia di sole, cioè sono gli uomini che si spossano. Il sole qui è l’elemento fecondatore ed è quello che dà la vita, elemento maschile che feconda la terra, che fa germogliare la vita: l’azione del vendemmiare è il momento in cui utilizziamo tutte le energie per abbandonarci al desiderio. La vendemmia, si sa, è il momento preciso per cogliere i frutti durante l’arco dell’anno ma è anche un momento di felicità dopo tutto il lavoro fatto. “CHIUDIAMO GLI OCCHI PER VEDERE NUOTARE IN UN LAGO INFINITE PROMESSE”: qui emerge la dimensione interiore nel momento in cui “chiudiamo gli occhi” e il sole qui sembra fecondare la vista e poi si chiudono per aprire lo sguardo nel ricordo, per vedere nuotare in un “lago”, cioè nelle profondità, colma con il nuotare delle dolcezze che sono svanite nel tempo, le “infinite promesse” cioè gettarsi nelle promesse infinite che stanno dentro la vita, che sembrano che nuotano nelle dolcezze del tempo svanito, nelle relazioni amorose. “CI RINVENIAMO A MARCARE LA TERRA CON QUESTO CORPO CHE ORA CI PESA”: ci rinveniamo nel senso che ritorniamo alla realtà, ritorniamo da questa fase di “sogno”: come se fosse un risveglio brusco. “A marcare la terra”: marcare è un francesismo che significa segnare, imprimere con il peso del nostro corpo (paragone con il sogno dato che in esso non sentiamo il peso). “Con QUESTO corpo”: il questo è aggettivo che marca la presenza del corpo incatenato “che ora troppo ci pesa”, cioè qui il poeta ci fa capire che il risveglio da questa “fase d’oriente” non solo si risente nell’anima, ma anche nel corpo che si “appesantisce” davanti alla realtà.

COMMENTO Titolo: già dal titolo capiamo che questa “fase” è un momento di svago e di sospensione e “oriente” inteso come oriente favoloso e fiabesco, come immagine di una vita dove il piacere è più acuto, raffinato. È un oriente fantastico, un luogo dove si può fantasticare: definito come un carattere seducente.

ANNIENTAMENTO

1.Il cuore ha prodigato le lucciole 2.s'è acceso e spento 3.di verde in verde 4.ho compitato

3-4 precede e si collega a M’ama non m’ama

5.Colle mie mani plasmo il suolo 6.diffuso di grilli 7.mi modulo di 8.sommesso uguale cuore

17 tuffo sta per “ciuffo”

14 presumibilmente il “crespino”, arbusto spinoso

9.M'ama non m'ama 10.mi sono smaltato di margherite 11.mi sono radicato 12.nella terra marcita 13.sono cresciuto 14.come un crespo 15.sullo stelo torto 16.mi sono colto 17.nel tuffo di spinalba 18.Oggi 19.come l'Isonzo 20.di asfalto azzurro 21.mi fisso 22.nella cenere del greto 23.scoperto dal sole 24.e mi trasmuto 25.in volo di nubi 26.Appieno infine 27.sfrenato 28.il solito essere sgomento 29.non batte più il tempo col cuore 30.non ha tempo né luogo 31.è felice 32.Ho sulle labbra 33.il bacio di marmo. COMMENTO Si potrebbe dire che la complessa tessitura della poesia è un omaggio stilistico ai poeti della “Voce”, dall’incipit reboriano all’explicit debitore al finale dello Specchio di Soffici. Tale ricerca di linguaggio, di uno stile che corrisponda a un lessico poetico adeguato alle scelte metriche (e simboliche), è capitale per il primo Ungaretti, poeta bilingue fino almeno agli anni della collaborazione a “Commerce”,e incerto tra la lezione “alta” di Leopardi e gli apporti lessicali caotici delle avanguardie, non senza il filtro delle “foniche”interferenze” del significante sperimentate dal Pascoli. In Annientamento tale quete linguistica manifesta le sue piu forti escursioni, passando dai ricalchi, anche di grafia, del francese alle citazioni analogiche di una botanica di simboli e d’infanzia. Il titolo sembra alludere al lessico dell’esperienza mistica e la poesia chiudersi el supremo congiungimento della “morte di bacio”. Occorre notare inoltre che ancora una volta lo “stato di grazia” coincide con l’assimilazione panica al cosmo, sino a liberarsi nell’apoteosi.

TRAMONTO

Il carnato del cielo sveglia oasi al nomade d’amore

l cielo color rosa carne (al tramonto) suscita delle sensazioni che appaiono sotto forma di oasi che si mostrano al nomade come una rara salvezza nell'arido deserto.

COMMENTO All'interno della sezione Il porto sepolto, la poesia "Tramonto", si trova collocata dopo la poesia "Fase d'oriente": non è una collocazione casuale, infatti quando usa i termini "oasi" o "nomade" non fa nessun riferimento all'Oriente o al deserto egiziano, perché lo ha già fatto nella poesia precedente e, quindi, questa ne è il continuo. Anche "il carnato del cielo" fa riferimento al tramonto nel deserto. Non va dimenticato che Ungaretti è nato ad Alessandria d’Egitto e che il paesaggio della sua città natale è molto presente in questa raccolta. Per Ungaretti la parola deve essere innocente e capace di recuperare i contatti del passato; deve essere intensificata e lui concentra tutto il verso in un'unica parola. Primo verso: Essendo il cielo di un colore rosaceo, per via del sole al tramonto, adotta il termine "carnato" che sta per carnagione. È come se al cielo volesse dargli un volto tondo e paffuto con le guance rosa. Secondo verso: significa che il colorito del cielo fa scaturire nell'innamorato delle forti emozioni come quelle che proverebbe un nomade che attraversando il deserto vede l'oasi, ovvero un luogo che offre sollievo e ristoro. Terzo verso: il nomade d'amore è un individuo che è in cerca di amore, ne ha bisogno, così come metaforicamente chi attraversa il deserto ha bisogno di trovare un oasi per assetarsi dopo un lungo viaggia intrapreso senza sosta. In questa poesia la meta del nomade potrebbe essere la terra promessa. Con questo termine si indica la regione compresa tra i...


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