IL Porto Sepolto - riassunto PDF

Title IL Porto Sepolto - riassunto
Course Italiano
Institution Liceo (Italia)
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riassunto...


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IL PORTO SEPOLTO Vi arriva il poeta e poi torna alla luce con i suoi cant e li disperde Di questa poesia mi resta quel nulla d’inesauribile segreto

Parafrasi: Il poeta vi discende (nel porto sepolto) e poi riemerge con le sue poesie e le diffonde Di questa poesia mi rimane un mistero insondabile e indicibile

Analisi: La forma e lo stile. Il porto sepolto è la seconda poesia della raccolta a cui dà il titolo. Conta sette versi di misura variabile e prevalentemente breve (due sono trisillabi), distribuiti in due strofe. La frammentarietà e la brevità del testo sono emblematiche di tutta la prima produzione ungarettiana. Come in tutti i componimenti della raccolta il titolo vale come verso zero, cioè offre informazioni fondamentali alla comprensione del testo, di cui è parte integrante: infatti il Vi del primo verso rimanda evidentemente al porto sepolto del titolo, senza il quale non sapremmo a cosa il poeta si riferisca. In calce al testo compaiono i riferimenti al luogo e alla data di composizione. I temi. La poesia è tra le più importanti della raccolta perché enuncia la poetica dell’autore. Il poeta trae spunto da un antico porto di Alessandria d’Egitto, inabissatosi per via di movimenti bradisismici, ma ne fa un motivo simbolico: infatti, immergendosi nel porto sepolto allude alle profondità dell’animo umano, a quel che resta dell’origine perduta, inabissatasi e diventata inesplorabile. Grazie alla poesia, il poeta è in grado di intuire e riportare alla luce tracce di quell’origine (quel nulla / d’inesauribile segreto) e, di conseguenza, diffonderle agli uomini. L’inabissamento e il successivo affioramento del poeta con i suoi cant rimandano inoltre al mito di Orfeo – figura che nella mitologia greca simboleggia la poesia – il quale discese agli inferi per riportare in vita la sua Euridice: allo stesso modo il poeta scende nelle oscurità del mistero poetico per cercare la scintilla dell’ispirazione, in modo da riportare alla luce i suoi cant, immagine che allude chiaramente allo scrivere versi. Tuttavia i canti (le poesie) non sono in grado di restituire per intero il segreto della creazione (poetica e non): una volta portati alla luce il poeta li disperde, cioè qualcosa del messaggio originario va inesorabilmente perso e il poeta non può far altro che scrivere in modo frammentario e per brevi illuminazioni. È interessante notare come l’effetto della dispersione sia reso da Ungaretti con la coppia di dimostrativi questa/quel: la poesia (questa) come elemento tangibile e vicino al poeta conserva quel nulla, che allude a qualcosa di distante e lontano. È evidente in questa scelta la lezione del Leopardi dell’Infinito, in cui la fitta alternanza dei dimostrativi questo/quello indica allo stesso modo vicinanza/lontananza, finito/infinito. 1

STASERA Stasera Balaustrata di brezza per appoggiare stasera la mia malinconia Stasera di Ungaretti è una poesia che si inserisce con la sua essenzialità nel solco dell’ermetismo. Infatti, un questi tre versi semplici ma densi di significati è concentrata l’immagine del poeta che sente la malinconia per la propria condizione . Non bisogna dimenticare che ci troviamo in piena prima guerra mondiale, che il poeta ha vissuto al fronte. Il termine balaustrata, inserito come incipit, potrebbe dare l’impressione di uno spazio geografico definito, e un tempo, il tempo in cui il poeta ha concepito la poesia. Una balaustra sulla quale si affaccia il poeta, magari trovando davanti un paesaggio da cui gli si fa incontro una brezza. Il poeta si appoggia alla balaustra e gli sembra allo stesso tempo di appoggiare la sua malinconia. Ma potrebbe anche essere al fronte e non aver alcun appoggio e allora la brezza che in quel momento lo lambisce, per la prostrazione e la malinconia, diviene una sorta di appoggio, di balaustra in cui trovare un momento di sospensione, essa stessa causa od effetto un cui il momento vissuto dal poeta in trincea diviene altro ed altrove. La metrica della poesia: tre versi tendenzialmente ascrivibili ad ottonari piani. Presenza di enjambement sia tra primo e secondo (debole) che tra secondo e terzo verso; Analogia in “Balaustrata di brezza”; allitterazione tra “balaustrata” e “brezza”, “mia” e “malinconia”. DANNAZIONE Chiuso fra cose mortali (anche il cielo stellato finirà) Perchè bramo Dio? (anche il cielo stellato finirà) Perchè bramo Dio? Chiuso fra cose mortali (anche il cielo stellato finirà) Perchè bramo Dio? La poesia mette in risalto due aspetti, in contrasto tra di loro. La prima strofa ci dice che il poeta è "chiuso tra le cose mortali". Con questo intende dire che c'è tanto di brutto intorno a lui, tra morte, desolazione, disperazione. Sono tutte cose che lo stringono e lo bloccano. Nella seconda strofa spiega che perfino una cosa grande e apparentemente infinita come il cielo stellato è destinata a finire, perciò a maggior ragione ogni cosa sulla terra (egli compreso) dovrà seguire lo stesso inevitabile destino. Eppure, nonostante tutto, si ritrova a 2

cercare Dio. Ungaretti quindi descrive la consapevolezza degli uomini riguardo ai loro limiti che non possono superare. Egli si domanda "Perchè bramo Dio", nonostante tutto questo? Il poeta non fornisce una risposta, ma ci spiega bene lo stato di smarrimento che prova e, allo stesso tempo, il desiderio di elevarsi oltre il materiale, alla ricerca di una completezza che nessun bene terreno potrà mai fornire. FRATELLI Di che reggimento siete fratelli? Parola tremante nella notte Foglia appena nata Nell'aria spasimante involontaria rivolta dell'uomo presente alla sua fragilità Fratelli

L'opera inizia subito con una domanda. Bisogna prima di tutto considerare il contesto della poesia. Essa è stata scritta durante la guerra ed è ambientata proprio sul campo di battaglia. Il poeta quindi domanda: "Di che reggimento siete fratelli?". Possiamo scorgere due sensazioni contemporanee, tipiche di qualunque soldato. La prima è il senso di appartenenza alla razza umana che induce a considerare ogni uomo come un fratello. La seconda è l'angoscia e la certezza di poter morire da un momento all'altro, al primo colpo di fucile. In tale contesto, risulta quindi importante sincerarsi subito del reggimento di appartenenza di ogni altro soldato incontrato (da qui la domanda iniziale). La parola "fratelli" viene ripetuta alla fine dell'opera e delinea una ricerca di sentimenti fraterni, di un calore umano che spesso è carente o assente nella vita degli uomini. C'è quindi un forte senso di fragilità negli uomini, con una conseguente ricerca degli altri come risposta alle atrocità e dolori della vita. Il finale stesso ci parla di una rivolta, intesa proprio come reazione alle proprie debolezze e difficoltà di fronte alla vita. Nella fratellanza, nella condivisione e condivisione con gli altri sta la reazione e la possibilità di andare avanti, nonostante tutto.

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LUCCA A casa mia, in Egitto, dopo cena, recitato il rosario, mia madre ci parlava di questi posti. La mia infanzia ne fu tutta meravigliata. La città ha un traffico timorato e fanatico. In queste mura non ci si sta che di passaggio. Qui la meta è partire. Mi sono seduto al fresco sulla porta dell'osteria con della gente che mi parla di California come d'un suo podere. Mi scopro con terrore nei connotati di queste persone. Ora lo sento scorrere caldo nelle mie vene, il sangue dei miei morti. Ho preso anch'io una zappa. Nelle cosce fumanti della terra mi scopro a ridere. Addio desideri, nostalgie. So di passato e d'avvenire quanto un uomo può saperne. Conosco ormai il mio destino, e la mia origine. Non mi rimane che rassegnarmi a morire. Alleverò dunque tranquillamente una prole. Quando un appetito maligno mi spingeva negli amori mortali, lodavo la vita. Ora che considero, anch'io, l'amore come una garanzia della specie, ho in vista la morte.

La poesia è tratta dal volume Allegria del 1931. Tale raccolta è caratterizzata dalla fede nella capacità evocatrice della parola e dall’istanza biografica. La punteggiatura è rifiutata per dare nuovo risalto alle parole in una autosufficienza espressiva, la metrica risulta scardinata per farsi prosa in un libero fluire dell’anima. Le esperienze dei due conflitti mondiali e il loro forte impatto emotivo influirono in modo determinante nell’espressione artistica di Ungaretti. Nelle sue opere trapelano infatti le fragilità dell’uomo stesso che si vede smarrito alla ricerca della propria identità e delle proprie radici. A lui si riconosce inoltre lo sviluppo di un nuovo stile che si realizza nell’immediatezza espositiva, nell’uso di analogie e nella rottura delle regole della metrica tradizionale con l’abbandono della punteggiatura, la parola è un "abisso" dove ricercare se stessi. Lucca è una poesia di ricapitolazione: il giovanile fermento pare finito, la responsabilità comincia a pesare, ci si avvia alla maturità. Solo ora, appena uscito dalla guerra, il pensiero di Ungaretti va alla morte. Ha più di trent'anni, è spaesato, vede per la prima volta Lucca e scopre le sue radici, lui nomade. In questa poesia riconosce esplicitamente le sue origini lucchesi e rievoca i ricordi personali, le tappe attraversate nello scorrere della sua vita. Il contatto con la violenza della guerra rafforza la tensione del poeta verso l’innocenza, la purezza, l’origine. Questa poesia è appunto il ritrovamento di un momento autentico e perciò puro, innocente, originario. L’immagine della città di Lucca lo pone in una condizione 4

di ancestrale armonia con la realtà circostante e soprattutto con la natura, rievocata attraverso la vividezza degli aggettivi utilizzati. Ungaretti rievoca la propria infanzia quando dopo cena la madre gli narrava di certi luoghi. La sua infanzia fu colpita da questi racconti. Successivamente il poeta si sofferma sulla città di Lucca tentando di descriverla, di vivere i suoi luoghi, si ferma in una locanda e sta a contatto con la gente, ascolta i discorsi. Si immedesima con l’anima degli abitanti e ciò gli suscita sentimenti profondi, conturbanti, si sente più vicino ai suoi antenati e alle sue origini. Riconosce e ammette le sue origini umili, si rende conto del suo destino e dell’approssimarsi della morte ed è intenzionato ad avere figli. Riflette poi sulle proprie esperienze sentimentali. Il realismo descrittivo di Ungaretti pregna profondamente questa poesia. Nel testo troviamo insiti rimandi e riferimenti alla città di Lucca. In "in queste mura" il poeta utilizza non a caso il sostantivo "mura" ad indicare la nota origine di Lucca quale città medievale, che conserva tutt’ora le sue cinte murarie. "Ho preso anch’io una zappa": il rimando all’arnese agricolo non è casuale, Lucca è una città di agricoltori, e di migranti. I versi 12-13 riescono a esprimente la fertilità e la procacità di una terra, quella lucchese, che viene equiparata a una figura di donna. Il ritorno ancestrale alla propria terra e alle proprie origini, vissuto quasi come un ritorno fetale, provoca nel poeta un sentimento di allegria ("e mi scopro a ridere"), parola chiave che intitola la raccolta da cui la poesia è tratta. Alla terra, con le sue "cosce fumanti", il poeta si sente legato quasi come in un idillio amoroso e passionale. Alla luce delle teorie psicoanalitiche elaborate in quegli anni, è possibile leggere in questi versi e in queste parole un riferimento alla sfera sessuale che coinvolge la terra in quanto Madre-Terra. Sappiamo infatti come la figura della madre sia centrale nella poetica di Ungaretti e quindi questa ipotesi potrebbe essere rivelatrice, ancora una volta, dell’attaccamento del poeta alla propria madre. La città di Lucca è descritta nei versi 4-6. Lucca è caratterizzata dal traffico "timorato" come di chi sta sempre in preda all’ansia e "fanatico", ovvero troppo entusiasta, in continuo fermento. Il poeta avverte infatti come non vi sia neanche il tempo per soffermarsi sulle mura, in una città dove, appunto, la meta è partire, andare sempre. Lucca è una città dove la conformazione urbana mantiene in maniera vivida le proprie origini medievali, quindi suggerisce e facilita il bisogno del poeta di rievocare e percepire le proprie origini. "La meta è partire" indica una conoscenza della città, del suo sviluppo e delle sue dinamiche storiche: Lucca è una città in cui fin dal Medioevo gli abitanti erano contadini, spesso costretti a partire per cercare nuove opportunità di sostentamento, dove l’emigrazione risultò decisiva per varie attività quali, ad esempio, il commercio della seta. Tale caratteristica il poeta la sente propria, esclusiva, riconosce che il suo destino ha delle origini profonde insite nella storia di questa città. Il poeta si sente sgomentato davanti a una verità che gli sembra rivelata nel contatto con gli abitanti e la città di Lucca. Qui riconosce se stesso, le origini del proprio destino di viandante e poeta. Lucca è una città determinante per il poeta, come la chiave che svela tutte le sue domande esistenziali cullate nel corso della sua vita: il rapporto con la madre, il viaggio, la sua personalità accesa e passionale, il rapporto con la terra. L'infanzia del poeta fu 5

"meravigliata" dai racconti materni che, parlando di Lucca, mantennero vivo il legame tra il poeta e la città. Ungaretti era un poeta molto passionale e in questa poesia medita sul proprio vissuto, sulle proprie esperienze sentimentali traendone un’osservazione. Quando l’amore era vissuto dal poeta solo nella sua sessualità, nella fugacità dei rapporti e del piacere, lodava la vita; ora che sente l’approssimarsi della morte l’amore gli sembra l’unica via per perpetrare la specie umana, unica garanzia affinché il genere umano continui a sopravvivere. Dalle sue esperienze di vita, quindi, ricava una meditazione filosofica. L’amore è l’unico sentimento in grado di sconfiggere la morte, di mantenere la vita. Ritengo la poesia di Ungaretti estremamente vivida, passionale ma anche attuale. La Lucca degli anni '30 attraversava dinamiche e problematiche ancora oggi presenti in molte aree d’Italia. L’emigrazione forzata, caratteristica del nostro Sud, dei nostri giovani, laureati e non, è uno dei grandi nei della società moderna. Il senso di attaccamento e di appartenenza che il poeta sente forte dentro sé è lo stesso sentimento di quanti oggi sono costretti ad allontanarsi dalla propria terra. Le grandi guerre del Novecento avevano portato ad una decostituzione dell’Io e della propria identità, che il poeta in primis ha vissuto sulla propria pelle, "so di passato e d’avvenire quanto un uomo può saperne". Adesso Ungaretti vuole ricostruite il suo Io: "il sangue dei miei morti" è proprio il bisogno di ricercare la propria autenticità ed identità. Lo stato d’animo che si può cogliere nei versi finali è di pace e rassegnazione, serenità e mancanza di turbamento. Ora il poeta ha ricostruito le dinamiche della propria esistenza, conosce la sua origine e il suo destino, l’inizio e la fine, e può abbandonarsi all’idea della morte. E’ questa una poesia autoriflessiva. E’ il bilancio di una vita, di una dura esistenza. Ha amato la vita con le sue passioni e i suoi turbamenti. Ha conosciuto amori mortali dettati da un "appetito maligno". Comprende ora che l’amore è "garanzia della specie", che permette cioè la sopravvivenza dell’essere, ed è quindi pronto a morire. Il contrasto amore-morte è qui sintomatico dello struggimento interiore del poeta. L’idea dell’amore lo induce inevitabilmente ad un pensiero di morte, di rassegnazione ("alleverò tranquillamente una prole").

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