Introduzione Achille e Patroclo nell’antica Grecia PDF

Title Introduzione Achille e Patroclo nell’antica Grecia
Author Benedetta Iandolo
Course Storia dell'arte greca
Institution Università del Salento
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Achille e Patroclo nell’Iliade e rapporto pederastico nell’antica Grecia...


Description

Introduzione. La storia di due eroi, due guerrieri, due uomini. L’Iliade, il cui autore secondo la tradizione viene riconosciuto in Omero da circa venticinque secoli, è uno dei maggiori capolavori classici con il quale ha inizio la letteratura greca antica. Oltre alla narrazione di battaglie, gesta eroiche e sangue, compare nel racconto della guerra di Troia il ritratto di due uomini valorosi: Achille e Patroclo, il cui rapporto è stato da sempre oggetto di discussione. Omero nell’Iliade narra soltanto l’ultimo anno di guerra iniziata invece circa un decennio prima, incentrando il tutto su un singolo evento e le sue conseguenze: l’ira di Achille. Achille era un semidio nato da Peleo, re di Ftia, e dalla nereide Teti; decise di partecipare alla spedizione contro Troia al comando dei Mirmidoni nonostante fosse consapevole che, secondo la profezia della madre, lì avrebbe trovato la morte. Nel primo libro del poema vediamo già comparire lo scoppio de “l’ira funesta” dell’eroe in seguito a una forte lite con Agamennone il quale aveva minacciato il Pelide di sottrargli il bottino di guerra: la schiava Briseide. Ma questo non sarà l’unico momento in cui vedremo Achille abbandonarsi alla violenza e cedere al dolore: la morte del fedele compagno Patroclo invaderà l’eroe di un forte sentimento di vendetta per chi ha strappato la vita all’amico. Notizie biografiche riguardanti la figura di Patroclo non sono molte, sappiamo sicuramente che era figlio di Menezio e Stenele. La sua terra d’origine era la Locride e venne portato a Ftia, presso il palazzo di Peleo, quando era ancora un bambino e fu proprio in quest’occasione che conobbe Achille, diventando suo compagno inseparabile. Partirono insieme alla volta di Troia e conseguenzialmente al diverbio con Agamennone, Achille decise di non scendere più in campo e di astenersi dal combattere. Fu per questo che Patroclo, di fronte alla disfatta dei Greci ridotti senza più alcuna speranza alla sola difesa delle navi, implorò Achille di cedergli le sue armi e di condurre la battaglia al suo posto accanto ai Mirmidoni. Nel XVI libro dunque, l’unico che Omero dedica interamente alla figura eroica di Patroclo, descrive quest’ultimo pervaso da un naturale desiderio di raggiungere la gloria e recare soccorso ai suoi compagni, esaltando la grande gentilezza d’animo e il coraggio che appartengono al giovane che si avviava consapevolmente alla morte. Achille, pur mostrandosi inizialmente contrario, si piegò alle richieste dell’amico e gli raccomandò di ritornare alle tende non appena i nemici fossero stati cacciati. Patroclo sapeva di dover affrontare Ettore, uno dei più grandi guerrieri conosciuti per il suo valore in battaglia, ma la volontà di rendersi degno della lode che Achille gli riservava e di adoperarsi per sostenere i suoi cari compagni era più forte di qualunque altra cosa. Dopo aver tentato di scalare le

mura di Troia per tre volte e per tre volte allontanato da Apollo, al quarto tentativo il dio lo percosse alle spalle e Patroclo precipitò sul suolo tramortito. A quel punto Euforbo, guerriero troiano, avanzò verso il nemico e lo ferì alla schiena colpendolo con l’asta e, anche se l’eroe tentò di arretrare, sopraggiunse Ettore che, trafiggendogli il petto con la lancia, lo strappò alla vita. Nel XVII libro vediamo, invece, la difesa del corpo di Patroclo sul quale accorse Menelao, re di Sparta, insieme ad Aiace Telamonio, guerriero secondo per forza solo al Pelide, mentre Antiloco, figlio dell’indovino Nestore, si recò da Achille per informarlo dell’accaduto. Molto toccante è la descrizione umanissima dei cavalli di Achille che, lontano dalla zuffa, piangono in silenzio la morte del guerriero: > 1 E così anche Achille, appresa la notizia, si abbandonò al dolore e alla disperazione per la perdita di Patroclo, una sofferenza straziante che viene così descritta nel XVIII libro: 2 E ancora: 3

Come lasciano intuire i versi del poema omerico, Achille è ormai pervaso da un forte sentimento di vuoto che verrà placato solo dalla vendetta, unico scopo che da questo momento in poi darà senso alla sua vita. Patroclo, infatti, prima di morire predisse a Ettore la sua morte per mano di Achille, e così accadde. Il forte legame tra i due eroi rappresenta da sempre l’incognita di molti studiosi, attratti dal desiderio di conoscere la vera natura che si cela dietro la profonda devozione che hanno l’uno per l’altro. Intorno al V secolo a.C. iniziò a diffondersi il pensiero sempre più comune secondo cui Achille e Patroclo fossero legati da un rapporto di tipo pederastico. La tradizione riporta diverse testimonianze che ci consentono di conoscere a fondo questo particolare fenomeno che prese piede in Grecia intorno al tardo VII secolo a.C. Con il termine pederastia si intende una relazione omosessuale a scopo educativo che vi era tra maschi di età differente. L’uomo più adulto era definito ἐραστής (dal greco antico, amante) e istruiva il ragazzo più giovane, definito invece ἐρώμενος (amato), nella sfera erotica e sessuale, oltre che culturale ed etica. Sin dall’antichità alcuni autori classici si dedicarono alla stesura di opere che avevano per oggetto la profonda amicizia tra Achille e Patroclo: tra questi ricordiamo Eschilo, uno dei più grandi tragediografi greci. L’autore compose un’opera oggi andata quasi completamente perduta: “I Mirmidoni” che, ispirandosi a “l’Iliade” di Omero, ha per oggetto la storia dei due guerrieri troiani e ne rivela un ritratto del tutto singolare. Anche secondo l’autore, i due giovani erano uniti da una relazione esplicitamente sessuale, come si può leggere chiaramente in uno dei pochi frammenti superstiti in cui Achille parla di “unione devota delle cosce”4. Tuttavia Eschilo commise un errore (a patto che abbia attinto alla tradizione più comune): mentre Achille rappresentava l’ ἐραστής della coppia pederastica, Patroclo era stato indicato, invece, come l’ ἐρώμενος, lasciando intuire che quest’ultimo fosse il più giovane tra i due quando in realtà Omero stesso, all’interno del suo poema, individua Patroclo come il più anziano.

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Eliano, Storie Varie, XII libro, cap. 7.

Altri autori che posero l’attenzione sulla coppia omerica furono tra gli altri Plutarco, Arriano ed Eliano, i quali analizzarono all’interno dei propri scritti un episodio in particolare delle spedizioni di Alessandro Magno in Asia. Questi si interrogarono a lungo sulla vera natura del rapporto tra Alessandro ed Efestione uniti, secondo alcuni, da un sentimento che rispecchiava esattamente quello profondo e totalizzante che vi era tra Achille e Patroclo. Efestione era uno degli amici più fedeli del grande condottiero macedone, nonché suo generale e consigliere e intorno al 334 a.C. seguì Alessandro Magno nella campagna militare in Oriente. Secondo quanto riportano gli autori sopracitati, quando i due giunsero a Troia, si recarono presso il sacro tumulo innalzato in memoria di Achille e Patroclo per omaggiare i loro nomi. Già Eliano commentava l’episodio nel modo seguente: «Alessandro pose una ghirlanda sulla tomba di Achille ed Efestione una su quella di Patroclo, volendo con ciò significare che era l’ἐρώμενος di Alessandro, così come Patroclo lo era stato di Achille» 5. Questo gesto, compiuto di fronte a tutto l’esercito schierato, rappresentò secondo gli storici un’esplicita dichiarazione sulla natura del loro legame dimostrata ancora una volta dalla reazione struggente e violenta che Alessandro Magno ebbe difronte alla morte di Efestione, quasi facendo riecheggiare nell’aria le stesse parole che il più grande dei cantori usò per avvicinarsi, per quanto gli fosse possibile, all’immenso dolore provato dal migliore dei greci quando l’ultimo sospiro trascinò con sé l’uomo della sua vita.

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Eschilo, I Mirmidoni, framm. 135 Radt....


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