LA GESTIONE DELL\'IMPRESA - Sciarelli PDF

Title LA GESTIONE DELL\'IMPRESA - Sciarelli
Author Matteo Milone
Course Economia e Gestione delle Imprese
Institution Università degli Studi di Salerno
Pages 59
File Size 697.7 KB
File Type PDF
Total Downloads 29
Total Views 164

Summary

Riassunto libro, integrato con appunti vari e dispense online....


Description

CAPITOLO 1 - L’IMPRESA E IL SUO RUOLO ECONOMICO E SOCIALE -L’IMPRESA QUALE SISTEMA SOCIO TECNICO L’impresa è un’organizzazione di persone e di beni rivolta ad uno scopo produttivo, quello di produrre beni e servizi per soddisfare i bisogni umani. Un’impresa si caratterizza per la sua messa a profitto, operando una trasformazione delle risorse impiegate ottiene beni destinati ad essere scambiati allo scopo di far scaturire un reddito. L’impresa ha bisogno di conseguire un reddito, cioè un divario positivo tra ricavi e costi della produzione per poter soddisfare chi ha investito i capitali nell’attività a rischio, i partecipanti dell’organizzazione e per potersi tenere ai tempi dell’evoluzione del mercato. Per realizzare il reddito deve accrescere il valore delle risorse impiegate in modo tale da realizzare beni cedibili ad un prezzo che permetta di realizzare un reddito, per farlo ha bisogno di un’organizzazione, ossia di una struttura in grado di svolgere processi di trasformazione e scambio. L’impresa si può quindi definire come l’organizzazione economica che, tramite l’impiego di un complesso di risorse, svolge processi di acquisizione e di produzione di beni o servizi da scambiare con entità esterne alfine di conseguire un reddito. Da qua si rilevano i 4 elementi distintivi dell’impresa: presenza di un’organizzazione economica,svolgimento di processi di produzione, relazioni di scambio con entità esterne e finalità imprenditoriale del reddito. Un concetto fondamentale è quello dell’azienda quale sistema che opera in stretto collegamento con il mercato e con l’ambiente. Il carattere fondamentale di un sistema è quello di essere costituito da un complesso interrelato di parti che operano per raggiungere un obiettivo comune.“un’impresa può essere classificata come un sistema sociale di tipo aperto poiché per operare deve intrattenere continue relazione di scambio con altri sistemi o entità esterne: queste relazioni sono input quando si tratta di approvvigionamento e output quando si tratta di cessione a terzi di beni o servizi”. (paragone con l’organismo vivente).Visto che l’impresa è un sistema all’interno del quale operano risorse umane e mezzi di produzione si può pervenire ad una sua classificazione quale sistema aperto di tipo sociotecnico, tecnico perché possiede mezzi di produzione per operare e socio perché risulta esserci un operare coordinato degli stakeholder. -LA VISIONE SOCIALE DELL’IMPRESA Il concetto economico d’impresa non può essere disgiunto da quello sociale. Le imprese, infatti, sono rette da uomini, operano per soddisfare bisogni umani, partecipano alla vita dell’ambiente circostante, la loro funzione non può quindi limitarsi a produrre beni e servizi ma deve estendersi al miglioramento della qualità della vita nel contesto in cui operano. Si parla di corporate social responsability, fondata sul contratto sociale che ogni impresa stipula con il contesto esterno per definire obblighi e diritti connessi con il proprio funzionamento. Da ciò, il prevalere dell’aspetto sociale che finisce per assorbire quello economico. -LE MOLTEPLICI FUNZIONI DELL’IMPRESA Le funzioni sono tra di loro interdipendenti l’impresa presenta 3 funzioni, quella economica, quella sociale e quella patrimoniale. Economica: l’impresa produce ricchezza soddisfacendo bisogni attraverso l’uso ottimale di risorse scarse. Sociale: l’impresa remunera il lavoro di chi opera nell’impresa e distribuisce il valore generato. Patrimoniale : come organizzazione patrimoniale produce reddito per remunerare il capitale investito e le competenze imprenditoriali.

CAPITOLO 2 - I RAPPORTI TRA L’IMPRESA E L’AMBIENTE SOCIO-ECONOMICO

L’impresa vive all’interno di un ambiente, il quale può convenzionalmente scomporsi in due contesti: MICRO-AMBIENTE: definito dai mercati con cui l’impresa attiva lo scambio delle risorse in entrata e in uscita. MACRO-AMBIENTE: da cui derivano le condizioni e i vincoli entro cui questo scambio può verificarsi. Il micro-ambiente può a sua volta suddividersi in altre due parti: - Ambiente transazionale: definisce i confini dell’impresa (scambi in entrata); - Ambiente competitivo: dipende dalle porzioni di mercato cui cedere prodotti e servizi ( scambi in uscita). In sostanza, ogni impresa opera in stretto contatto con un micro-ambiente all’interno del quale vi sono dei contraenti a cui dovrà rivolgersi per attingere alle risorse o per cedere prodotti. Questi soggetti, a loro volta, si raggruppano originando dei mercati con i quali l’impresa dovrà attivare un sistema di scambi commerciali. Ogni impresa si collega infatti con (ambiente transazionale) : - mercato del lavoro, costituito dall’offerta di risorse umane; - mercato della produzione, composto dai produttori di materie prime, semilavorati, impianti e macchinari; - mercato finanziario, rappresentato dal mercato mobiliare (borse valori), dagli intermediari finanziari; - mercato di vendita, costituito da potenziali acquirenti dei beni o servizi prodotti. Noi consideriamo il concetto di ambiente sotto il profilo economico-sociale, contesto regolato da un sistema di vincoli e opportunità entro cui dovrà svilupparsi l’attività aziendale. Il macro-ambiente può essere scomposto in 4 sub-sistemi: -Sistema politico istituzionale, rappresentato dalla forma di governo e dall’ordinamento legislativo prevalenti nel territorio considerato. Esso esercita una grande influenza sulla vita dell’impresa, il cui ruolo e le cui alternative di gestione possono essere più o meno vincolate dalle leggi, dagli interventi e dai controlli dei pubblici poteri; -Sistema culturale-tecnologico, il quale si compone di una serie di elementi come tradizioni,costumi, arte tecnologia, ciascuno dei quali concorre ad influenzare ogni singolo individuo e la società nel suo complesso; - Sistema demografico sociale, il quale è definito dalla struttura della popolazione residente e dalle relazioni fra gli individui e i gruppi che la compongono; - Sistema economico, dove si introduce il concetto di meccanismo di regolazione della vita economica e la proprietà dei mezzi di produzione. Per economia di mercato si intende un sistema regolato dalle leggi di mercato, in queste economie prevale il principio della libera iniziativa e quello della proprietà privata dei mezzi di produzione, per cui in questo caso si parla di economia liberista. Per economia di piano si intende un mercato dove tutto è stabilito da piani governativi, anche l’uso dei mezzi di produzione, che sono prevalentemente di proprietà della collettività, per cui in questo caso si parla di economia collettivista. -GLI EFFETTI DELL’INTERNAZIONALIZZAZIONE E DELLA GLOBALIZZAZIONE Le modificazioni avvenute nell’ambiente negli ultimi anni hanno toccato tutti gli aspetti della vita sociale,economica e politica. Inoltre il superamento dei confini nazionali ha rapidamente portato ad una riorganizzazione del sistema produttivo su scala mobile. La maggiore complessità è discesa anche dai processi di internazionalizzazione dell’economia e di globalizzazione dei mercati. Quello di maggior peso è l’internazionalizzazione. Il concetto di globalizzazione deve essere inteso a livello mondiale, come il processo di convergenza degli aspetti culturali, politici ed economici e come il superamento del contratto sociale degli stati nazionali sull’economia. La globalizzazione può dunque essere intesa come superamento delle barriere geografiche, per effetto del quale il mercato finisce per essere rappresentato da tutti i gruppi di consumatori caratterizzati da comportamenti di acquisto simili, a prescindere dal paese in cui risiedono.

CAPITOLO 3 - LA TEORIA DEGLI STAKEHOLDER

Nell’impresa la figura centrale è quella dell’imprenditore, ovvero del soggetto economico che decide di rischiare i proprio capitali e di dedicare le sue capacità professionali alla produzione di beni o servizi da cedere a terzi. Le definizioni di imprenditore e di imprenditorialità non sono sempre convergenti in dottrina perché si possono verificare più profili e a seconda dell’ottica di osservazione, si tende a privilegiare uno anziché l’altro. Schumpeter, nel distinguere i ruoli di chi finanzia e di chi gestisce, individuò nella promozione delle innovazioni il focus dell’imprenditorialità. Secondo Schumpeter, l’imprenditore deve possedere in modo superiore tre qualità: - Capacità di previsione, razionalità consapevole, intuito; - Spirito d’iniziativa, forte volontà, libertà intellettuale; - Autorevolezza e capacità di leadership nei confronti dei collaboratori. Quindi con il termine di imprenditorialità si definisce l’attitudine ad assumere decisioni rischiose finalizzate all’innovazione dei comportamenti aziendali e per managerialità si intende la capacità di sviluppare queste decisioni e di attuarle in modo razionale. Il valore proprio dell’imprenditorialità è l’efficacia intesa come bontà delle decisioni, mentre il valore proprio della managerialità è l’efficienza intesa come un buon rendimento dell’uso delle risorse. -REQUISITI PER L’ESERCIZIO DEL POTERE DECISIONALE L’attività decisoria è posta in essere nell’azienda con il concorso di tutti i componenti dell’organismo personale. In realtà, il potere decisorio viene a concentrarsi nelle mani di un gruppo ristretto di organi. In tal senso, si possono distinguere gli organi di impresa in organi deliberanti, organi di controllo e organi esecutivi. Gli organi deliberanti sono caratterizzati da un ampio potere discrezionale. Nelle strutture societarie di grandi dimensioni, questi ultimi organi possono suddividersi in tre gruppi: organi di proprietà (azionisti), organi di amministrazione e organi di direzione. L’autorità gioca un ruolo importante ma ad essa si devono accompagnare tre elementi: abilità professionale, disponibilità delle informazioni, capacità di controllo delle decisioni assunte. Ci sono anche organi di staff, ovvero organi dotati di poteri di consulenza e assistenza nei confronti degli organi di line, ma non investiti di poteri decisori e di comando. -LA TEORIA DEGLI STAKE-HOLDERS I protagonisti dell’impresa sono soggetti interni ed esterni nei confronti dei quali si sviluppano relazioni di interesse e di influenza. L’impresa si pone al centro di una serie di rapporti bilaterali con differenti gruppi sociali, rispetto ai quali attiva relazioni di scambio, di informazione, di rappresentanza. Questi gruppi costituiscono i portatori di interesse (stakeholder) che possono influenzare l’impresa o essere influenzati dall’impresa. I primi sono i lavoratori, i finanziatori, i fornitori, ovvero chi si collega con l’impresa mediante contratto e quindi sono interessati al rispetto del contratto stesso. I secondi sono, invece, istituzioni,ambientalisti, associazioni dei consumatori e tutti gli altri centri di pressione di cui chi governa l’impresa non può non tenerne conto. Si distinguono quindi: - Stakeholder primari: esercitano un ruolo più diretto e immediato nella gestione aziendale ( proprietari, fornitori, dipendenti, clienti); - Stakeholder secondari: sono in grado di influenzare i comportamenti di lungo termine( comunità locale, gruppi di opinione, gruppi di consumatori, ambientalisti, sindacati,media); - Stakeholder interni: dipendenti, manager, proprietari; - Stakeholder esterni: società, governo, creditori, azionisti, clienti ( suppliers). L’imprenditore si qualifica come il primo degli stakeholder, sul quale ricade la responsabilità di valutare i vari rapporti con gli altri interlocutori. Si può ora fornire una ulteriore definizione dell’impresa: organizzazione economica, legata ad un complesso di interlocutori interni ed esterni che, mediante la combinazione di risorse differenziate, svolge processi di acquisizione e di produzione di beni e servizi allo scopo di creare e distribuire valore tra di essi. -LA CLASSIFICAZIONE DEGLI STAKEHOLDER Ai fini del successo aziendale è importante rispondere a 5 requisiti di fondo:

1. Chi sono i gruppi portatori di interesse; 2. Quali sono gli interessi in gioco; 3. Quali opportunità o sfide questi portatori di interesse creano per l’impresa; 4. Quali responsabilità ha l’impresa verso di essi; 5. Quali strategie dovrebbero essere adottate dall’impresa per rispondere; L’individuazione degli stakeholder e la valutazione del loro grado di importanza e di influenza può essere guidata con alcuni criteri: - La FORZA, ovvero il potere da essi detenuto in virtù del ruolo ricoperto; -La LEGITTIMAZIONE, ossia il riconoscimento ufficiale della loro funzione di rappresentanza di particolari interessi o soggetti economici, politici o sociali; -L’ATTUALITA’ dell’interesse difeso, ovvero l’urgenza della risposta da parte dell’azienda. La classificazione degli stakeholder è nel tempo mutevole perché nel tempo cambia anche la loro forza, la loro legittimazione e l’attualità dei loro interessi. Sotto questo profilo , secondo la matrice di Savage-Nix-Whitehead-Blair, si possono distinguere 4 gruppi: - Stakeholder amichevoli, dai quali si può ottenere un sostegno decisivo per l’attività dell’impresa ( strategia di coinvolgimento); - Stakeholder avversari, dai quali potrebbero invece generarsi difficoltà per l’attività aziendale ( strategia di difesa); - Stakeholder non orientati, da cui si potrà avere, a seconda della situazione, un sostegno o un atteggiamento negativo ( strategia di collaborazione); - Stakeholder marginali, il cui peso nei confronti dell’impresa, nel particolare momento risulterà del tutto moderato ( strategia di monitoraggio).

-IL PROBLEMA DELL’AGENZIA Rapporto “imprenditore – manager” -Imprenditorialità diretta: imprenditore = manager; - Finalità impresa = finalità imprenditore; - L’imprenditore ha scopo economico e sociale. Imprenditorialità delegata : imprenditore diverso dal manager, diverse finalità: l’imprenditore ha finalità economica, reddituale; il management ha scopo di prestigio, potere, retribuzione, sicurezza del posto di lavoro. Il problema è la separazione tra proprietà e controllo, quindi tra forza e gestione. Un imprenditore o un manager raccoglie fondi dagli investitori per far funzionare l’impresa. I finanziatori hanno bisogno del capitale umano altamente specializzato dei manager che farà fruttare i loro investimenti; i manager hanno bisogno dei fondi dei finanziatori senza i quali non ci sarebbe impresa. Il rapporto di agenzia si ha quando un soggetto ( agente) svolge un’attività nell’interesse di un altro soggetto ( principale). L’agente si caratterizza per : discrezionalità nelle scelte, maggiori informazioni ( asimmetria informativa),remunerazione che non dipende dal risultato. Il rischio d’agenzia consiste nel fatto che l’agente possa sfruttare la discrezionalità per perseguire i propri interessi, l’asimmetria per celarli, e contare sul diritto ad essere remunerati anche in caso di risultato negativo.

CAPITOLO 4 - TEORIE IMPRENDITORIALI

Una figura centrale per la conduzione dell’impresa è l’imprenditore perché le finalità che persegue non possono non condizionare quelle degli altri soggetti interni ed esterni. Sulle finalità del soggetto economico si può condividere una diversità di interpretazioni, le distinzioni di maggior rilievo sono due: imprenditoria diretta e imprenditoria delegata (manageriale). ESISTONO 6 TEORIE: 1) Teoria della massimizzazione del profitto: bisogna introdurre il concetto di profitto. Secondo la teoria economica classica, è il compenso che spetta all’imprenditore per l’organizzazione dei fattori produttivi. Secondo altri il profitto è una categoria di reddito affine al salario, alla rendita e all’interesse che rappresentano i compensi di lavoro, terra e capitale. Un’altra teoria considera il profitto come la quota destinata a ripagare il rischio corso nell’attività aziendale. Invece, secondo Schumpeter, il profitto è un premio che spetta a colui che promuove l’innovazione, perché l’innovazione crea vantaggio nei confronti della concorrenza. Un’ultima teoria tende a spiegare la sua origine quale risultato dell’acquisizione di posizioni monopolistiche. Queste 4 visioni risultano complementari perché il profitto può essere considerato un’entità in cui rientrano il compenso per il lavoro imprenditoriale, il premio per il rischio, la contropartita dell’innovazione e la rendita connessa con la posizione monopolistica. Secondo la teoria classica, i comportamenti del gruppo imprenditoriale sarebbero orientati al conseguimento del maggiore divario positivo tra i ricavi e i costi di gestione. La teoria potrebbe apparire convincente in senso astratto perché, se si passa sul piano pratico incontra una serie di limiti. Bisogna analizzare bene le condizioni di tempo e di rischio. Ci si può infatti chiedere quale profitto l’imprenditore voglia rendere massimo e se egli intende puntare al massimo profitto sostenendo rischi elevati. Per poter spiegare la teoria bisogna introdurre il fattore tempo ( time-preference) e il fattore rischiosità ( uncertainty conditions) . l’imprenditore tende a massimizzare il risultato della gestione nel lungo andare, questo obiettivo può essere anche sacrificato nel breve termine con l’intento di pervenirvi più agevolmente nel lungo tempo. Sotto questo profilo si può giustificare una politica di vendita di beni o servizi a prezzo di costo o inferiore al costo; o una politica di ingresso in mercati non remunerativi ma che consentono il controllo di certe fonti di materie prime. Così è importante considerare il fattore rischio, in quanto l’imprenditore tende a condizionare le sue aspirazioni reddituali ad un determinato grado di rischiosità globale della gestione. Si tende quindi a diversificare e compensare merceologicamente e geograficamente i rischi di gestione. ( finalità imprenditoriale = finalità impresa). 2) Teoria dello sviluppo e della sopravvivenza aziendale: una critica alla teoria della massimizzazione del profitto è stata illustrata dagli economisti sociali, i quali hanno rilevato che essa non regge più a cagione della dissociazione fra livello di proprietà e di governo dell’impresa. Mentre i proprietari potevano essere interessati ad ottenere il massimo profitto dall’impresa, i dirigenti sono preoccupati della sopravvivenza dell’organizzazione. Secondo la teoria della sopravvivenza, il fine è quello di assicurare la continuità dell’organismo aziendale. Ciò si traduce , da un lato, nel puntare al profitto come mezzo per irrobustire la struttura patrimoniale dell’impresa e dall’altro, nel rifiutare attività gestionali con coefficienti di rischio che possano porre in pericolo la vita dell’organizzazione. Questa teoria ha trovato un sostenitore in Drucker , il quale ha proposto di misurare il raggiungimento delle finalità su indicate sulla base di 5 aspetti fondamentali: posizione, innovazioni, risorse umane, risorse finanziarie e redditività. Il tema della sopravvivenza è stato ripreso da Galbraith, il quale ha sottolineato l’esigenza di realizzare un livello stabile di profitto che consenta all’impresa di non correre rischi eccessivi e di destinare risorse sufficienti all’autofinanziamento. 3) Teoria della creazione e diffusione del valore : la teoria del valore sostiene che la finalità da assegnare è quella di far crescere il valore economico dell’impresa. Con essa, la visione dei risultati aziendali è orientata al futuro, perché ciò che conta non è il differenziale positivo tra ricavi e costi, ma la capacità di produrre risultati sempre migliori. Chi gestisce l’impresa dovrebbe pensare a creare valore e a diffonderlo nel mercato attraverso le quote azionarie. 4) Teoria manageriale dello sviluppo dimensionale: secondo questa teoria, i manager sono più interessati all’espansione dell’impresa, perché quest’ultima si traduce in un irrobustimento dell’organizzazione e nell’assunzione di una maggiore forza nei confronti della concorrenza e nell’incremento delle retribuzioni ai

livelli più elevati di direzione. Di conseguenza, con lo sviluppo dimensionale si riuscirebbero ad ottenere obiettivi di stabilità, di prestigio e di miglioramento economico. Quindi , al posto della crescita del profitto si sostituisce quella del fatturato quale obiettivo primario della conduzione aziendale. Questa è la tesi di Baumol, secondo il quale massimizzare le vendite significa massimizzare il fatturato e non necessariamente le quantità fisiche del venduto. Questo vuol dire che l’obiettivo da raggiun...


Similar Free PDFs