La Política Lingüistica Del Estado PDF

Title La Política Lingüistica Del Estado
Course Lingua spagnola 1  
Institution Università degli Studi di Verona
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Summary

LA POLÍTICA LINGÜÍSTICA DEL ESTADOPerché si dà per scontato che esista una politica linguistica dello Stato spagnolo come una politica fiscale o una politica economica? C’è un reparto costituzionale di competenze tra lo Stato e le comunità autonome che Vernet caratterizza in questi termini: 1. le co...


Description

LA POLÍTICA LINGÜÍSTICA DEL ESTADO Perché si dà per scontato che esista una politica linguistica dello Stato spagnolo come una politica fiscale o una politica economica? C’è un reparto costituzionale di competenze tra lo Stato e le comunità autonome che Vernet caratterizza in questi termini: 1. le competenze in materia linguista non sono esclusive dello Stato; 2. ogni comunità autonoma stabilirà la portata delle proprie misure di politica linguistica, nel quadro costituzionale e conforme alla giurisprudenza che stabilirà il Tribunale Costituzionale; 3. la competenza è trasversale: la portata e gli effetti delle misure sono imputabili a tutte le amministrazioni (statale, autonoma, locale, universitaria e giudiziale); 4. le norme si applicano in tutto il territorio della comunità autonoma, non solo nell’amministrazione; 5. le prescrizioni autonome hanno applicabilità immediata. Quello che lo Stato considera imprescindibile lo ha plasmato nel suo ordinamento costituzionale: - articolo 3 della Costituzione spagnola: 1. il castellano è la lingua spagnola ufficiale dello Stato. Tutti gli spagnoli hanno il dovere di conoscerla e il diritto di usarla; 2. le altre lingue spagnole saranno anche loro ufficiali nelle rispettive comunità autonome di accordo con i loro Statuti; 3. la ricchezza delle distintive modalità linguistiche della Spagna è un patrimonio culturale che sarà oggetto di rispetto speciale e protezione. Per quanto riguarda la politica linguistica dello Stato, realmente è poco esplicito: 1. distingue tra: A. la lingua spagnola ufficiale dello Stato; B. altre lingue spagnole ufficiale nelle rispettive comunità autonome; C. delle misteriose modalità linguistiche da proteggere. 2. nomina la prima - il castellano - ma non le seconde e neanche le terze; 3. non specifica che effetti deve avere l’ufficialità per la lingue B, però mette in chiaro che la lingua A è un diritto e un dovere di tutti i cittadini. → lingua A = lingua materna; → lingua B = lingua straniera dominante; → lingue C = altre lingue di cui si ha una leggera infarinatura. Da un lato, nessun organo di espressione statale ha utilizzato un’altra lingua che non sia ufficiale (né il potere esecutivo, né quello giudiziario, né quello legislativo); dall’altro, nelle comunità autonome hanno proceduto per implementare l’ufficialità delle loro lingue, autodenominate proprie (lo fecero Cataluña, Galicia, Euskadi, Baleares e la Comunidad Valenciana). Questo processo provocò tensioni con i governi centrali, i quali capirono che l’ufficializzazione del catalán, del gallego e del vasco si scontrava con quella del castellano, soprattutto quando la coesistenza della lingua A e della lingua B in uno stesso spazio risultava impossibile. Non si possono insegnare due lingue contemporaneamente, infatti le tensioni sorgevano soprattutto nell’ambito dell’insegnamento. Tuttavia, il governo centrale come tale non intervenne perché non autorizzato dalla Costituzione: quello che fece è indurre i partiti correligionari, che governavano in ognuna delle comunità autonome, a farlo. Questo spiega come le politiche linguistiche di introduzione della lingua B sono state più attive quando il governo era occupato da partiti chiamati nazionalisti che da quelli chiamati statali; infatti in comunità come quella di

Valencia, dove non hanno mai governato partiti nazionalisti, la lingua B non è stata introdotta. Alcuni tendono a chiamare la lingua B particolare, etnica o locale. Nelle facoltà di Traducción e Interpretación di Galicia le lingue A possono essere solo il gallego o lo spagnolo, la lingua B di solito è l’inglese, però possono esserlo anche il francese, il russo, il tedesco o qualsiasi altra lingua e queste stesse lingue possono essere C. Nello Stato spagnolo la lingua A è il castellano. La distinzione tra B e C è una novità della Costituzione del 1978, che non si affrontava nella repubblica del 1931, dove tutte le altre lingue non si consideravano spagnole ma regionali: - articolo 4 → il castellano è la lingua ufficiale della Repubblica. Ogni spagnolo è obbligato a saperla e ha il diritto di usarla, fatti salvi i diritti che le leggi dello Stato riconoscono alle lingue provinciali e regionali. Salvo quello che si dispone nelle leggi speciali, a nessuno si potrà imporre la conoscenza e neanche l’uso di nessuna lingua regionale. - articolo 50 → le regioni autonome potranno organizzare l’insegnamento nelle loro lingue rispettive, di accordo con le facoltà concedute nei loro Statuti. È obbligatorio lo studio della lingua castellana, e questa si userà anche come strumento di insegnamento in tutti i centri di istruzione primaria e secondaria delle regioni autonome. Una carenza grave della Costituzione del 1978 è che, al non nominare le altre lingue spagnole diverse dal castellano, ha lasciato l’arbitrio ai legislatori degli statuti delle comunità autonome di identificarle. Il problema sta nella ragione per cui alcune comunità, però non altre, si dotarono di una lingua propria che automaticamente fu assimilata alle altre lingue spagnole del testo costituzionale. Si sa che la Costituzione del 1978 differenziava tra comunità rapide (articolo 151) e comunità lente (articolo 148). Il nostro ordinamento costituzionale del 1978 ha previsto la possibilità che alcune comunità raggiungano l’approvazione del loro Statuto di Autonomia prima di altre e che quindi beneficino di massimali amministrativi più elevati (non si tratta di una differenza di tipo linguistico). Quello che successe è che le tre autonomie, definite «storiche» nei mezzi di comunicazione e nella conversazione ordinaria dei cittadini perché hanno approvato gli statuti di autonomia durante la Repubblica, furono le prime a dare importanza a quelle “altre lingue spagnole” nel loro statuto di autonomia: -

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18/12/79: Statuto di Autonomia di Cataluña (articolo 3): 1. La lingua propria di Cataluña è il catalano. 2. La lingua catalano è quella ufficiale di Cataluña così come lo è il castellano, ufficiale in tutto lo Stato Spagnolo. 18/12/79: Statuto di Autonomia del País Vasco (articolo 6): 1. L’euskera, lingua propria del País Vasco, avrà, come il castellano, carattere di lingua ufficiale di Euskadi e tutti i suoi abitanti hanno il diritto di conoscere e usare entrambe le lingue. 06/04/81: Statuto di Autonomia di Galizia (articolo 5): 1. La lingua propria di Galizia è il gallego. Le lingue gallego e castellano sono ufficiali in Galizia e tutti hanno il diritto di conoscerle e usarle.

Anche in Valencia, Navarra e Baleari si parlano lingue proprie insieme allo spagnolo, ma tardarono nel conseguire i livelli concorrenziali delle «autonomie storiche»: -

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01/07/82: Statuto di Autonomia della Comunità Valenciana (articolo 70): 1. Le due lingue ufficiali della Comunità Valenciana sono il valenciano e il castellano. Tutti hanno il diritto di conoscerle e usarle [...]. 2. … 3. … 4. … 5. La legge stabilirà i criteri dell’applicazione della lingue propria nell’Amministrazione e nell’Insegnamento. 10/08/82: Statuto di Autonomia di Navarra (articolo 9): 1. Il castellano è la lingua ufficiale di Navarra. 2. Il vascuence avrà anche carattere di lingua ufficiale nelle zone basco parlanti di Navarra. Una legge regionale determinerà queste zone, regolerà l’uso ufficiale del basco e, nel quadro della legislazione generale dello Stato, ordinerà l’insegnamento di questa lingua. 25/02/83: Statuto di Autonomia delle Isole Baleari (articolo 3): 1. La lingua catalana propria delle Isole Baleari avrà, insieme al castellano, il carattere di lingua ufficiale, e tutti hanno il diritto di conoscerla e utilizzarla. Nessuno potrà essere discriminato per la lingua.

Il caso di Navarra è particolarmente significativo: 1. pur possedendo una lingua propria; 2. pur essendo stato l’ultimo territorio ad aggiungersi alla confederazione dei regni originari dello Stato spagnolo; 3. pur avendo conservato il suo regime forale quando persero gli altri territori della Corona orientale con i decreti di Nueva Planta nel secolo XVIII; ⇒ nonostante tutto, i legislatori del 1978 fecero aspettare Navarra. La Spagna si impegnò il 9 aprile 2001 a rispettare la Carta europea delle lingue regionali o minoritarie che il Consiglio d’Europa aveva sottoposto alla firma degli stati membri il 5 novembre del 1992 a Strasburgo. La carta è composta da un preambolo e da 5 parti: - preambolo: il proposito della stessa è la protezione delle lingue minoritarie e la non discriminazione dei cittadini per ragioni linguistiche; - parte 1: definisce le lingue minoritarie; - parte 2: definisce genericamente gli obiettivi di rispetto e promozione di queste lingue; - parte 3: specifica le misure concrete in insegnamento, giustizia, amministrazione, cultura, mezzi di comunicazione, economia e interscambi di frontiera; - parte 4-5: si riferiscono all’attuazione e al conseguimento di queste misure. Lo Stato Spagnolo poteva optare per diversi livelli di esigenza e decise di optare per il più alto per le lingue dichiarate ufficiali nei rispettivi statuti di autonomia, mentre optò per livelli inferiori per le altre. Decisione coerente con la Costituzione del 1978, nella quale queste lingue si trovano in cima alle altre. L’articolo 15.1 della Carta europea delle lingue regionali o minoritarie prevede che gli stati firmatari della stessa presentino un rapporto sul grado di applicazione un anno dopo l’entrata

in vigore. Il rapporto, presentato dallo Stato spagnolo il 22 settembre 2002, fu duramente criticato da un’istituzione catalana che scrisse un controrapporto che tratta del plurilinguismo dello Stato e delle lingue definite proprie, diverse dal castigliano, delle Comunità Autonome. La Costituzione del 1978 non conferisce la co-ufficialità agli statuti di autonomia in cui viene riconosciuta una lingua propria, ma a quegli statuti in cui si parla una delle altre lingue spagnole. La tendenza a considerare che le lingue sostentano la nazione, si è tradotta nell’uso del termine lingua propria, usato come sinonimo di lingua nazionale di fronte alla proibizione costituzionale di usare la denominazione di nazione per altre entità che non siano la Spagna. Lo Stato dice che va a fare molte cose, però non le fa. Certe misure che si prendono in alcune comunità bilingue vanno al di là della sua intenzione di proteggere la lingua minoritaria. Non tutte queste lingue hanno avuto la stessa sorte nel beneficiare dell’opzione statale della banda ancha. Di accordo con la scala GIDS (Graded International Disruption Scale), sono stati individuati 8 livelli: il livello 8 è il più debole, il livello 1 il più forte, ovvero quello che identifica le lingue minoritarie che vengono usate nell’amministrazione, nei mezzi di comunicazione di massa e nella vita professionale. In questo quadro, mancano il catalano di Valencia e il gallego, ai quali corrisponde il livello 1 insieme al catalano di Cataluña e al vasco di Euskadi; tre lingue che si usano in entrambe le camere del Parlamento. I successivi governi democratici che hanno governato le sorti dello Stato spagnolo dalla Transizione sono molto influiti dalle questioni simbolici, tanto che accettano progressi davvero notevoli sia diacronicamente che sincronicamente nelle comunità bilingui, però si mostrano riluttanti al minimo progresso in tutto il paese. Diacronicamente: dal 1978 ad oggi il progresso è stato considerevole e sarebbe ingiusto non riconoscerlo. Sincronicamente: la comparazione del catalano, del gallego e del vasco con altre lingue minoritarie dell’UE mette in evidenza che si collocano in livelli alti o massimi. Tuttavia, simbolicamente sembra esistere un forte rifiuto a considerare le altre lingue spagnole come lingue spagnole. La Spagna, per quello che si riferisce alle lingue, non è come Germania, Francia o Regno Unito. Il problema è se il fatto lo spagnolo sia lingua comune implica che per questo motivo la Spagna si converte automaticamente in un paese di comunità linguistica. Comune (común) è un aggettivo, comunità (comunidad) è un sostantivo. La lingua spagnola è la lingua comune nel senso che tutti i cittadini la condividono e la condivideranno lo stesso anche se una regione si dichiarasse indipendente, però questo non implica che basti a sostenere la comunità spagnola senza il concorso di altre lingue e di molti altri interessi condivisi. Común è una parola polisemica che come aggettivo ha varie accezioni: 1. adj. Detto di una cosa che, non essendo privatamente di nessuno, appartiene o si estende a vari → lengua puente 2. adj. Corrente, ricevuto e ammesso da tutti o dalla maggior parte → lengua mayoritaria 3. adj. Ordinario, volgare, frequente e molto conosciuto → lengua popular o vulgar 4. adj. Basso, di classe inferiore e disprezzabile → lengua minorizada

La Spagna dovrebbe adottare il modella della Svizzera? 1. in Svizzera le 4 lingue non godono degli stessi diritti: solo tedesco, francese e italiano sono ufficiali 2. contano solo tedesco e francese 3. nessuno di loro funziona come lengua puente → i cittadini dei vari Cantoni non parlano le altre lingue e tra poco non le capiscono neanche Secondo i dati dell’ultima edizione di Ethnologue del 2009, vediamo che, in termini numerici, le lingue definite locali dovrebbero essere classificate nella stessa categoria di quelle nazionali. Quello che differenzia le lingue nazionali rispetto a quelle locali è che sono lingue statali, nel senso che c’è uno stato che le riconosce come proprie. Il discorso della lingua propria nelle comunità bilingui dello Stato spagnolo maschera l’idea della lingua nazionale come argomento per convertirla in lingua statale. In Spagna una delle violenze inaccettabili è la violenza linguistica. Lo Stato spagnolo si formò per l’unione di tre entità politiche che erano già bilingui: la Corona di Castiglia, la Corona di Aragona e il Regno di Navarra: - nel transito dal XV al XVI secolo, nella Corona di Castiglia, il gallego, lingua cortigiana e della letteratura, era in declino come conseguenza di varie elezioni dinastiche sfortunate della nobiltà di Galizia e della castiglianizzazione imposta dal clero e dalla amministrazione di giustizia. - a Navarra, l’euskera perse terreno più o meno verso il Medioevo, in quanto non proveniva dal latino e non si poteva considerare una sua continuazione naturale. - nella Corona di Aragona predominava il catalano, anche se a Valencia già era cominciata la castiglianizzazione della nobiltà. Se il primitivo Stato spagnolo del XVI secolo era quadrilingue, è giusto che lo sia anche adesso nel XXI secolo. La Costituzione del 1978 si preoccupò di garantire il vecchio patto forense dello Stato con vascos e navarros e concedeva il cammino per un’integrazione di Navarra e Euskadi, cosa che proibiva esplicitamente a tutte le altre comunità autonome. 1. è necessario che la gradazione costituzionale che distingue le lingue A,B e C si trasformi in due livelli: lingue statali, includendo spagnolo, catalano, gallego e vasco; e lingue regionali, che saranno le restanti. 2. è necessario sensibilizzare tutta la popolazione spagnola nel senso che la Spagna è storicamente un paese quadrilingue e, per lo stesso motivo, uno Stato con 4 lingue, con una determinata opera di sensibilizzazione attraverso i mezzi e l’insegnamento. 3. è opportuno preparare tutta la popolazione per capire (non per parlare) il catalano e il gallego scritti e orali, nonché per avere nozioni dell’euskera. 4. è opportuno che i poteri pubblici, i leader sociali e le distinte amministrazioni si abituino a usare catalano, gallego e, sempre che non impedisca la comprensione, il vasco, al di fuori delle comunità bilingui. Per lo stesso motivo, è opportuno essere rispettosi nei confronti della popolazione hispanohablante delle comunità bilingui smettendo di considerare la lingua materna come una lingua che è più o meno illegittima. 5. è inadeguato affrontare la convivenza linguistica come un conflitto. In Spagna le 4 lingue del paese sono obbligate a convivere anche in presenza di una modifica della presente configurazione politica. Miquel Siguán distingue 5 situazioni progressivamente più paritarie: 1. monolinguismo (x es. Francia).

2. protezione o tolleranza delle minoranze linguistiche (x es. Gran Bretagna con il gallese). 3. autonomia linguistica (Spagna). 4. federalismo linguistico (x es. Belgio e Svizzera). 5. bilinguismo istituzionale (Lussemburgo). → quest’ultimo modello è quello che, accomodato alla situazione spagnola, Ángel López García-Molins ha cercato di delineare in questo saggio....


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